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Autore: D a k o t a    02/06/2014    8 recensioni
Incentrata su nessuna ship, solo sull'amore di un padre per sua figlia, molto fluff, dunque. Ovviamente sto parlando di Klaus, e.. chi ha letto "Who is the woman in the picture?", ha una vaga idea del temperamento di Rachel, la bambina, che nella fanfiction ha già otto anni, e che identifico come la figlia di Klaus.
[Fluff!Come in tutto ciò che scrivo]
"In quei momenti lo assaliva la consapevolezza di non meritare quella bambina, e lo uccideva il dubbio che potesse pensare di non essere degna del suo amore.
Perché Klaus sapeva che non era Rachel a non essere degna di lui , ma era lui a non meritarla.
Guardò Cappuccetto Rosso, La Bella e La Bestia, La Sirenetta.
Lui non avrebbe mai potuto essere nient’altro che l’antagonista che animava e seminava discordia nelle sue fiabe. Il cattivo.
Il mostro.
In fondo, c’erano cose che Elijah non sapeva, ma c’erano cose che nemmeno Klaus sapeva.
Elijah non gli aveva mai raccontato quanto Rachel desiderasse un lieto fine e una seconda possibilità, anche per il lupo cattivo."
[Vincitore del "Premio Fluff" al contest "I miei gusti e le vostre storie" di Fefy_07]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Klaus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

Lei aveva girato a lungo senza sosta alla ricerca di un posto nel mondo che non era mai riuscita a trovare. Ma non era stata a Parigi, non a Roma e sicuramente non a Tokyo e mai e poi mai avrebbe messo piede a New Orleans.

Era questo che si ripeteva, mentre la città del jazz le sorrideva offrendole il suo benvenuto.

O meglio la residenza Mikaelson.

Residenza di cui lei stessa aveva chiesto la strada, soggiogando accuratamente la prima barista che le era capitato a tiro. Si sentiva strana, euforica, ma allo stesso tempo spaventata.

Perché lei, la maniaca del controllo, perfezionista incallita, il controllo lo aveva perso.

Lo aveva perso, nell’esatto momento in cui distrutta dall’ennesima storia finita male –perché lei non era la prima per nessuno, tranne che per lui- aveva preso la macchina senza una meta, con il solo intento di fuggire da quella cittadina dove aveva perso prima sua madre, e poi, piano piano, sé stessa, riducendo la sua esistenza a un’ombra che si beffava di lei e della ragazza di otto anni prima, che tutto aveva progettato fuorché quella vita piatta, molto lontana dai suoi canoni.

E così quella spietata e folle corsa in auto, che avrebbe potuto portarla forse appena al Mystic Grill, l’aveva portata in Lousiana.

Non si chiese perché, forse perché provare a rispondersi sarebbe stato controproducente, e perché la risposta - lo sapeva- non le sarebbe piaciuta.

Qualcosa attirò la sua attenzione, nel giardino della tenuta Mikaelson.

Protetta dall’inferriata metallica di un giardino, vi era una bambina. La vampira si avvicinò, incuriosita, per sbirciarla.

Rachel era seduta su un gradino. Gli occhi color cielo intonati al prendisole blu, intenta a disegnare un cavallino nero. Era molto felice e serena. Convincere il suo papà a farla uscire in giardino quel pomeriggio non era stato semplice, ma lei gli aveva promesso che non avrebbe parlato con nessuno e lui le aveva detto di divertirsi. Lei gli aveva regalato un sorriso, l’aveva stretto forte ed era scappata fuori. Aveva ancora il naso sul disegno, quando sentì i rumori e si accorse di non essere sola e di essere osservata. Non riconobbe la sagoma davanti casa, del resto come avrebbe potuto?

Si avvicinò al cancello, un po’ offesa.

“Non è carino sbirciare le persone. Sei un’amica del mio papà?”

Caroline sorrise dolcemente.

Ma lei non doveva sorridere.

Doveva essere arrabbiata.

Klaus le aveva mentito, le aveva nascosto l’esistenza di quella figlia. Doveva correre verso la macchina, sbattendo i piedi.

Finché poteva.

Se poteva.

Lanciò un’occhiata al disegno della bambina, mentre un ricordo lontano riaffiorava, strappandole un sorriso.

“E’ un bel disegno. Piacciono anche a me i cavalli.”

Rachel le lanciò uno sguardo sospettoso. Non aveva risposto a una sua domanda e in più aveva già disobbedito a Klaus, però la bionda non sembrava intenzionata a farle del male. E non le capitava spesso, anzi mai di chiacchierare con qualcuno esterno alla sua famiglia, quindi, convinta di essere protetta dal cancello in ottone, decise di continuare.

“Zio Elijah dice che piacevano anche alla mamma.”

“Piacevano?”

Un velo triste calò sugli occhi della bambina, mentre il sorriso giocoso di pochi istanti prima si affievoliva. La vampira, d’altra parte, dopo quella domanda, avrebbe voluto mordersi la lingua a sangue.

Non doveva chiedere, non doveva interessarle.

Andava contro ogni etica morale che si era posta.

Ma in fondo, la sua sola presenza lì infrangeva ogni sua convinzione.

“Lo zio dice che mi guarda sempre dal cielo, ma non ci credo. Quando ci sono i lampi e la nebbia, come fa a vedermi?”

La vampira avvampò, presa dallo sconforto. Si morse un labbro sinceramente dispiaciuta, non doveva essere quella bambina a pagare i peccati di suo padre. Pensò di dire la prima cosa che le capitava a tiro; doveva smorzare la tensione e riportare tutto alla perfezione.

“I cavalli sono i tuoi animali preferiti?”

Complimenti per l’originalità, Caroline.

La vampira sbuffò, frustrata e infastidita da quel tentativo. Rachel però sorrise, scuotendo il capo. I cavalli erano belli e veloci e le sarebbe tanto piaciuto vederne uno dal vivo, ma c’era un animale che le piaceva di più.

“No. Mi piacciono di più i lupi, come quello di Cappuccetto Rosso. Mi piacerebbe adottarne uno.”

Caroline la guardò. Quella bambina doveva essere davvero particolare e tutto sembrava fuorché la figlia dell’Ibrido psicopatico che aveva conosciuto. Ma era sconcertata. Come poteva dare, quella bambina una risposta così poco lineare?

“Davvero? Ma i lupi sono cattivi. Soprattutto nelle fiabe”

Rachel piantò i piedi a terra, quasi arrabbiata e decisa a rientrare in casa.

I lupi non erano cattivi, ne era convinta.

Perché se il lupo di Cappuccetto Rosso era cattivo perché l’aveva mangiato, era cattivo anche il cacciatore per averlo ucciso.

“Loro non sono cattivi. Sono le persone che ripetono che lo sono e li lasciano soli. Così loro ci credono e fanno cose cattive. Lo faresti anche tu, se ti dicessero così in continuazione.”

La vampira era sconvolta, mentre Rachel voltava le sue fragili spalle, girandosi verso casa.

E non poteva negare che qualcosa di vero nelle parole di quella strana bambina c’era, anche se i lupi erano senz’altro l’ultimo dei suoi pensieri.

O forse no.

 

**

“Papà! Una ragazza mi ha fatto arrabbiare!”

Rachel si precipitò sull’uscio, furiosa. Klaus le regalò un sorriso dolce e apprensivo. Era così buffa quando metteva il broncio. Poi gli venne in mente che le aveva esplicitamente chiesto di non dare confidenza a nessuno, e pensò che glie ne avrebbe parlato con più calma dopo.

“Che facciamo, amore? La uccidiamo?”

L’Ibrido scherzava, mentre la bambina lo guardava di sottecchi, con aria interrogativa. Sbuffò, innervosita. Per lei quella situazione era molto seria e molto grave. Nessuno doveva criticarle i lupi e nemmeno le streghe. Le faceva dare le escandescenze come poche altre cose.

“Mi ha detto che i lupi sono cattivi e invece sono tanto dolci.”

Klaus, che ovviamente non poteva conoscere il nocciolo della questione, corrugò la fronte. Se qualcuno stava monitorando segretamente la sua famiglia per fare del male alla sua bambina, avrebbe davvero pagato con la sua stessa vita. Doveva verificare quella situazione, senza ombra di dubbio.

“Come si chiama questa ragazza, tesoro?”

La sua voce tradì un velo di nervosismo. Se qualcosa fosse successo a Rachel non se lo sarebbe mai perdonato. La bambina, d’altra parte, non conosceva la risposta.

“Vado a chiederglielo, papà.”

Il fatto che la presunta sconosciuta non avesse detto il suo nome lo allarmava ancora di più. Rachel aprì la porta uscendo di corsa, per fare quella domanda curiosa di sapere il nome di quella ragazza che l’aveva fatta tanto arrabbiare.

“Io mi chiamo Rachel. Tu come ti chiami?”

La vampira era quasi sul punto di andarsene, dopo aver discusso con la bambina.

Ma in realtà era sempre stata sul punto di andarsene nel momento esatto in cui un cartello rovinato le aveva annunciato il suo arrivo in quella città ed era ancora lì.

“Caroline. Il mio nome è Caroline.”

Ci sono momenti, di due tipi.

Momenti in cui tutto ciò che senti di dover fare è gettare la spugna, strapparti i capelli, o forse strapparli agli altri, per far palpare loro una frazione del dolore che provi tu. Klaus e Caroline quei momenti li conoscevano bene.

E poi c’è la seconda categoria di momenti, di attimi, molto diversa, molto più complessa. Sono quelli che fanno vibrare ogni fibra del tuo essere, che ti riscattano di tutto ciò che hai passato in precedenza.

Attimi che ti faranno capire per certo, che tutto ciò che hai passato, tutto il tempo che hai aspettato, ne è valsa la pena.

Attimi come quello in cui Klaus sopraggiunse alle spalle di Rachel, già pronto ad estrarre l’ascia di guerra, e Caroline aveva inclinato la testa con quella espressione scettica che faceva solo a lui, ma –stranamente, avrebbe detto Klaus- non aveva detto niente.

L’unica ad essere perplessa, davanti a quel siparietto che avrebbe commosso chiunque, era Rachel. Che quella bionda fosse in realtà una strega e avesse fatto un incantesimo sul suo papà come quello della “Bella Addormentata Nel Bosco”?

Ma poi ci pensò bene.

“Caroline. Si chiama come la regina dei tuoi quadri, papà!”

***

Erano seduti a tavola durante quella cena, in cui finalmente erano in tre e Rachel seguiva curiosa ogni occhiata fra L’Ibrido e la vampira. La bambina, però, era delusa. Suo papà aveva aspettato quella strana regina senza corona per così tanto tempo ed ora, faceva finta di nulla?

Gli si avvicinò all’orecchio, piano piano, perché non voleva che Caroline sentisse.

“Papà, perché non gli chiedi di diventare la tua fidanzata?”

Klaus scoppiò a ridere, sapendo perfettamente che Caroline, che era seduta appena lì, aveva sentito perfettamente. Ed era anche piuttosto indignata.

“Io non voglio diventare la fidanzata di un tale psicopatico narcisista.”

Rachel li guardò entrambi con aria interrogativa.

Quella vampira parlava in modo ancora più strano di Elijah.

Ma aveva notato anche un’altra cosa.

Il suo papà non sorrideva spesso in quel modo, con quell’intensità.

“Era questo che ti ripetevi, mentre guidavi verso New Orleans, amore?”

L’Ibrido si girò verso Rachel, regalandole un sorriso, e scoppiando a ridere, poi abbassò la voce, con il puro intento di far arrabbiare e squittire ancora di più la vampira. Gli era mancata così tanto.

“Dai tempo al tempo, Rachel. Presto si accorgerà di non potermi resistere”

Caroline lo fulminò con un’occhiataccia. Era cambiato in tante cose e con il passare delle ore avrebbe avuto sempre più modo di notarlo. Ma il gusto che provava nel prenderla in giro non sarebbe passato mai.

Klaus accarezzò dolcemente la guancia di sua figlia guardandola intensamente e poi posando lo sguardo sull’unica donna che aveva veramente amato.

Era felice.

Lì, con lui, vi erano le due bionde più importanti della sua vita.

Le uniche due donne di cui la felicità, aveva messo davanti alla sua.

“Papà, che cosa vuol dire psicoparcisista?”

E il suono della risata dell’Ibrido echeggiò di nuovo nella stanza accompagnato ben presto da quella inizialmente più trattenuta e controllata della vampira.

Due risate, che insieme, componevano la più dolce delle melodie.

***

“Caroline, devo farti vedere un cartone così vedi che i lupi sono dolci e non cattivi. “

La vampira guardò Klaus, pensando a come quella bambina stesse ancora rimuginando su una discussione avvenuta quasi tre ore prima e lui sorrise avvicinandosi alla vampira.

“Non ti darà tregua finché non l’accontenterai, amore. Quindi è meglio farlo subito.”

La vampira sbuffò forte, annuendo, mentre l’Ibrido si alzava in piedi.

“Allora va bene, papà? Perfavore!”

Klaus posò una tenera carezza sulla guancia della bambina, aiutandola con il videoregistratore. Caroline si domandò se era davvero quella la persona che aveva lasciato otto anni prima.

Non riusciva a vedere un mostro.

Tutto ciò che vedeva era un padre.

Forse era per quello che non era arrabbiata.

Per la curiosità dirompente della bambina, e per il modo in cui L’Ibrido si divertiva a saziarla, per il modo premuroso e delicato con cui si rivolgeva a lei, soppesando le parole.

Sorrise mentre i due tornavano verso il divano, e la bambina si ritagliava uno spazietto fra loro, ma insoddisfatta si sistemava sulle ginocchia di Klaus, appoggiando la testolina sul suo petto, e sorridendo a entrambi.

Aveva sempre saputo che l’amore aveva varie sfaccettature.

Quella era sicuramente la sfaccettatura più bella che avesse visto.

***

Il cartone animato che Rachel aveva scelto, non era niente di meno che “Balto.” La storia del canelupo che sapeva chi non era, ma non sapeva chi era. Quel canelupo che tutti trattavano male, ma che sarebbe stato capace di salvare tutti dalla difterite che dilagava in città. E fu una scena in particolare a colpire Klaus a tal punto da irrigidirsi e ad allertare Rachel.

Nel momento in cui la bambina già febbricitante si era avvicinata a Balto e l’animale le era saltato addosso per confortarla, un uomo l’aveva tirata via bruscamente e aveva detto una frase.

“Stagli lontano. E’ un mezzo lupo.”

Klaus serrò la mascella e Rachel che era appoggiata su di lui lo sentì. Si girò, preoccupata , carezzandogli la barba per confortarlo.

“Papà, non ti dispiacere troppo. Tanto poi quei cani cattivi oggi non se li ricorda nessuno e lui diventa un eroe. Lui vince, papà.”

“Nella realtà non sarebbe finita così. A forza di essere ferito, avrebbe desiderato fare del male a chi lo maltrattava e poi avrebbe continuato a farne a tutti, anche alle persone a cui voleva bene.”

Un velo negli occhi copriva ciò che in realtà aveva turbato L’Ibrido.

Perché lui sapeva cosa voleva dire, essere disprezzati per l’unica parte di sé che non poteva cambiare.

La stessa parte di Balto, quella così fastidiosa, troppo fastidiosa da dover essere nascosta per non doverci fare i conti ogni mattina.

Così sbagliata da non doversi vedere.

E lui sapeva - aveva testato sulla sua pelle, la veridicità delle sue parole. La sua vita in fondo non era stata che la trasposizione più cruda , più reale, di quella di Balto.

E sapeva bene che non c’era un lieto fine per quelli come lui.

Rachel fece per rispondere, ma poi si girò verso Caroline.

“Vedi che i lupi non sono cattivi? La gente pensa che loro sono cattivi così ci diventano, ma non nascono così.”

Caroline alzò gli occhi al cielo. Quella –adorabile- nanetta da giardino non smetteva di darle lezioni di vita, dimostrando una maturità maggiore di quella che un bambino della sua età doveva avere.

Ma lei era speciale.

Non speciale perché il suo sangue avrebbe potuto creare Ibridi, speciale perché sapeva mettere a sedere un Originale e costringerlo a guardare un cartone animato e a rifletterci su.

“Hai ragione, Rachel. Non avrei dovuto dire quella cose sui... lupi. Mi perdoni?”

Rachel si strinse le spalle analizzando le sue parole per verificare che non le stesse mentendo, perché lei sapeva captare le bugie. Poi annuì vigorosamente prima di esordire, con un tono particolarmente solenne.

“Zio Elijah dice che tutti meritano una seconda possibilità.Quindi, anche se hai detto che i Lupi sono cattivi, ti perdono.”

E L’Ibrido si trattenne dal ridere, colpito dalla serietà con cui Rachel aveva preso la questione. Scosse la testa, mentre i malumori e i ricordi dolorosi tornavano al loro posto. Poi mentre Caroline si univa alla risata, prese in braccio Rachel, rivolgendole un sorriso grato. L’aveva salvato e protetto un’altra volta, anche se doveva essere l’esatto contrario.

“Ti porto a letto, amore.”

**

Tenne la sua principessa a mo’ di sposa finché non arrivarono al letto e le rimboccò le coperte. Rachel sorrise, mettendosi a sedere. Klaus però voleva parlare di lei degli avvenimenti di quella giornata e non sapeva bene come iniziare. Quindi, vista la sua incapacità di parafrasare, decise di andare dritto al sodo.

“Amore, cosa ne pensi di Caroline?”

Rachel aggrottò la fronte. Il suo incontro con Caroline era stato un po’ traumatico, perché nessuno doveva toccarle i suoi lupi, ma non le era sembrata tanto male. Tuttavia, un dubbio la assilava.

“Tu mi vuoi bene come prima?”

Klaus la guardò, perplesso. Perché quella domanda? Pensava che avesse finito di tormentarsi con quelle paure infondate. Ingrossò la voce, utilizzando un tono un po’ burbero.

“Signorina, Elijah non ti ha insegnato che non si risponde a una domanda con un’altra domanda?”

Rachel spalancò gli occhi, preoccupata per quella mancata risposta.

“Nemmeno tu mi hai risposto, papà”

Quella piccola, puntigliosa ragazzina lo avrebbe portato alla follia. Klaus aspirò forte, poi le prese la manina, stupendosi di quanto fosse piccola rispetto alla sua e la strinse piano.

“Certo che ti voglio bene. Non è cambiato nulla. Non smetto di volertene.”

Rachel passò un dito sulle labbra di Klaus, piegato in un sorriso.

Le piaceva vederlo sereno e meno triste e imbronciato e ci teneva a farglielo notare.

E soprattutto le piaceva che non si vergognasse a dirle quanto le voleva bene.

“Mi piace quando sorridi, papà.”

Klaus la guardò, esasperato. Cosa c’entrava questo, con la domanda che le aveva fatto? Possibile che non riuscisse a giungere a un compromesso?

“Non hai risposto alla mia domanda, signorina.”

Rachel incrociò le braccia sul petto. Possibile che non avesse capito?

Eppure lei era stata così chiara.

Le piaceva il suo sorriso.

“Mi piace quando sorridi, papà. E quando c’è lei sorridi più spesso. Quindi mi piace. Però non voglio che dica più cose brutte sui lupi.”

E Klaus sorrise stringendola forte fra le sue braccia baciandole piano la fronte, prima di metterla a letto.

Mentre andava verso la sua camera, pensò a cosa avesse fatto di così tanto bello da meritare così tanta luce.

O meglio, da meritare Rachel.

***

Caroline era seduta sul letto. In camera di Klaus.

Nell’unico posto dove non sarebbe dovuta mai essere.

E sentiva la resa dei conti sempre più vicina.

Aveva bisogno di distrarsi. Aprì un cassetto, e vi trovò un disegno.

Due disegni.

Tre disegni.

Quattro disegni.

Ma un solo soggetto. Una voce la sorprese, alle sue spalle.

“Ti piacciono?”

Lei si girò, fingendo di non essere colpita come doveva essere.

“Hai passato otto anni a disegnarmi?”

Klaus sorrise beffardo, perché aveva sempre saputo che una parte di lei era tutt’altro che dispiaciuta di quelle attenzioni.

“Perché ti stupisci? Ti avevo promesso l’eternità, Caroline.”

La vampira sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Perché doveva essere così maledettamente di parola ?

Ma no, non era stato di parola e lei non era una bambina. Lei non si lasciava abbindolare così da –cinque, sei, sette....- disegni.

“Te ne sei andato da Mystic Fall e non mi hai più cercata. E ti ritrovo con una figlia. Cosa vuoi che valga quella promessa, oramai?”

La vampira si sdraiò sul letto, e l’Ibrido la guardò serio e ferito. Possibile che la vampira, non credesse nel reale sentimento che provava nei suoi confronti?

“Hayley è mancata la notte in cui ha dato alla luce Rachel.”

Caroline si alzò. Era quello che voleva fare? Ferirla?

“Condoglianze, allora.”

L’Ibrido però si stava arrabbiando. La tirò giù, sul letto. Non aveva mai provato nulla per Hayley, ma le aveva portato la cosa più importante della sua vita. Rachel.

“Non significava niente per me. Aveva un debole per il mio nobile fratello. E vorrei ricordarti, amore, che sei stata tu a chiedermi di non tornare a Mystic Fall.”

La vampira scrollò le spalle e Klaus la osservò. I capelli scompigliati e sparsi sul letto, il respiro; quel suo modo irripetibile di contrastarlo. La sua futura risposta l’avrebbe spiazzato.

“Forse non lo volevo. Forse non mi aspettavo che l’avresti fatto sul serio. Forse…”

L’Ibrido sorrise. Un sorriso furbo e gioioso. E la interruppe.

“Perché sei qui, Caroline?”

Lei scosse le spalle infastidita, leggendo la sua espressione vittoriosa. No, non gliel’avrebbe data vinta né ora… né mai.

“Togliti dalla testa l’idea che possa essere qui per te, idiota. Sono qui per me. Proviamo ad essere amici, per una settimana. Facciamo un accordo.”

Il solo pronunciare quelle parole era un colpo basso per il suo orgoglio ed era tutto ciò che non doveva fare.

Era così frustrante!

“Va bene, amore. Proviamo ad essere amici. Buonanotte.”

La vampira fece per dire qualcosa, compiacendosi per aver raggiunto così velocemente un accordo con Klaus. Ma non poté cantar vittoria quando la bocca dell’Ibrido premette sulle sue labbra per entrare, e le loro lingue si buttarono in una danza, anzi in una lotta per il controllo.

Fu Caroline in un attimo di lucidità a staccarsi.

“Questo non era nei piani.”

E l’Ibrido le regalò un sorriso,felice di poterla nuovamente prendere in giro.

“Ma forse non era quello l’accordo che volevi veramente. O forse non volevi che lo rispettassi.”

Klaus sorrise, girandosi di lato al gridolino frustrato della bionda.

Non avrebbe dormito quella notte. In casa c’erano le due donne che amava più di ogni altra cosa e avrebbe assaporato ogni momento.

 

Note dell’autrice.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Personalmente penso sia uno dei più belli, insieme al terzo. Vi ricordo che è il penultimo. Lasciate una recensione, se vi è piaciuto e se questo klaroline vi ha smosso qualcosina *----* Grazie mille a chi recensisce e a chi legge. E grazie a chi lo fa abitualmente.

   
 
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