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Autore: Sery_24    03/06/2014    2 recensioni
Katniss è una giovane donna, con un ottimo lavoro, ma pochi amici. Un passato difficile che stenta a superare. La sua vita sembra incentrata solo sulla carriera. Eppure tutto è destinato a cambiare. Modern AU.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ricordava il giorno in cui aveva conosciuto Gale. Come avrebbe potuto dimenticarlo? I giorni in cui la sua vita aveva subito uno scossone ed era cambiata radicalmente erano impressi in modo indelebile nella sua memoria.
Il giorno del suo dodicesimo compleanno.
Il giorno in cui sua madre aveva ricominciato a lavorare.
Il giorno in cui aveva conosciuto Gale.
Il suo migliore amico gli aveva cambiato la vita. In meglio. Le parole non avrebbero mai potuto spiegare cosa rappresentasse per lei. Una roccia. Un appiglio. Un’ancora.
Era l’unica persona con la quale era riuscita ad aprirsi completamente. Conosceva tutte le sue paure, ogni sua lacrima, ogni sua cicatrice.
Non poteva essere diversamente.
Condividevano un passato. Un dolore indescrivibile, impronunciabile. Una sofferenza che si rinforza giorno dopo giorno. Che attecchisce nelle insicurezze umane e si nutre della disperazione che genera. Un tumore che si riproduce trasferendosi dal centro in tutte le zone periferiche dell’organismo. E proprio come questo, ti uccide. Uccide per sempre una parte di te. Aveva distrutto, annientato, in modo lento, straziante e doloroso il Gale e la Katniss bambini. Entrambi erano cresciuti improvvisamente. Avevano perso la dolcezza e l’innocenza dei bambini nel giro di pochi giorni.
 
Era l’agosto dei suoi dodici anni. Non c’era scuola. Il sole era alto in cielo. I bambini più fortunati stavano trascorrendo qualche giorno di vacanza al mare. L’anno precedente anche la famiglia Everdeen era al mare. In Florida. Ricordava ancora l’acqua fresca e rigenerante. La sabbia morbida e bollente sotto i piedi. Le corse per arrivare al bagnasciuga. I castelli di sabbia che crollavano sotto l’azione delle onde. Le lezioni di nuoto che suo padre iniziava ad impartire a Prim. La piccola di casa aveva finalmente deciso, non senza timore, di abbandonare i braccioli.
A distanza di dodici mesi, si ritrovava invece a camminare da sola. Il sole era ugualmente cocente, ma non c’era nessun luogo in cui riuscisse a trovare un po’ di refrigerio. Sua madre era andata in una clinica privata locale per sostenere un colloquio di lavoro. Prim era a casa di una compagna di scuola. Probabilmente a quest’ora stavano giocando nella piccola piscina gonfiabile della famiglia Prescott. Suo padre era sparito tre mesi prima. Non una telefonata. Non una notizia. Si era volatilizzato.
Senza nemmeno badare alla direzione dei suoi passi, si ritrovò nel bosco che si stagliava al limitare della piccola cittadina. Finalmente riuscì a trovare un po’ di refrigerio all’ombra degli imponenti alberi. Si sedette alle radici di una quercia, la schiena poggiata al tronco irregolare. Inspirò l’odore delle foglie, dei fiori. Chiuse gli occhi e cercò di elaborare quello che nei suoi occhi di bambina doveva necessariamente essere un film. Uno di quegli squallidi film drammatici di quart’ordine. Un padre che abbandona la moglie con due figlie. La donna che, da casalinga, è costretta a trovarsi un lavoro da cameriera per pagare le bollette in attesa del posto di lavoro dei suoi sogni. Una figlia che da piccola benestante, che non aveva mai badato a quanti soldi poteva spendere in vestiti, giocattoli o dolci, non riusciva più ad addormentarsi con lo stomaco pieno. Una bambina di otto anni che non avrebbe più rivisto il padre e che, probabilmente, alla fine non avrebbe nemmeno più ricordato. O almeno questo, con un po’ di fortuna, Katniss lo sperava. Nemmeno più un ricordo meritava di essere quell’uomo. Una rabbia forte ed incontrollata la percorse da capo a piedi. Tremava. Sentiva le mani stringersi a pugni e il sangue affluirle al viso. Non riusciva nemmeno più a mettere a fuoco l’orizzonte. Le figure di fronte iniziavano a sbiadire. Le ombre si confondevano. Gli uccelli erano solo macchie proteiformi che viaggiavano da un punto all’altro del cielo.
Fu solo quando sentì i suoi singhiozzi si rese conto di star piangendo. Piangeva disperatamente. Non aveva mai pianto fino a quel momento. Non voleva che la madre o la sorellina si preoccupassero anche per lei. Doveva essere forte. Non doveva essere un peso per nessuno. Non poteva permetterselo. Aveva paura di esserlo. Un peso finisce per essere abbandonato. E lei non voleva più esserlo. Sarebbe migliorata, sarebbe cresciuta, sarebbe diventata indipendente. Sarebbe diventata qualcuno su cui gli altri si sarebbe potuti appoggiare. Sarebbe diventata necessaria. In questo modo nessuno più l’avrebbe potuta abbandonare.
Quando anche l’ultima lacrima si fu seccata sulla sua guancia, sentì un ronzio provenire da lontano. Una macchia grigia si stagliava all’orizzonte. Non riusciva a mettere a fuoco lo strano uccello grigio con una lunga coda. Si alzò in piedi di scatto. La curiosità la spinse ad avvicinarsi a quella strana creatura. Più si avvicinava, più non sapeva decifrare quello strano essere. Improvvisamente, questo si posò a terra a pochi metri di distanza. Con passo lento e silenzioso, cercò di avvicinarsi. Il cuore le batteva forte. Le mani le sudavano. I sui occhi spalancati erano vigili e concentrati. Iniziò ad allungare una mano verso quella strana cosa, quando una voce la fece sobbalzare.
“Cosa credi di fare? Quello è il mio elicottero!”
La voce apparteneva ad un ragazzo. Era magro e alto. Più alto di qualsiasi ragazzo che frequentava la sua classe. Aveva i capelli neri e gli occhi grigi. La sua pelle era scura per il sole.
“Volevo solo capire cosa fosse.” rispose con un filo di voce, intimidita dall’autorità che quel ragazzo più grande emanava.
“Sei una femmina. Non puoi capire.” la liquidò subito lui avvicinando alla cosa.
“Sarò anche una femmina, ma non sono stupida!” si infervorò subito, rispondendolo a tono.
Lui la fissò per un attimo, per poi indicare con lo sguardo la strana scatola grigia che aveva in mano. Aveva una lunga antenna grigia.
“Non lo dico perché sei stupida. Ma perché questo è un gioco per maschi. E’ un elicottero radiocomandato e questo è il suo telecomando.”
Katniss guardò i due nuovi oggetti affascinata. “Posso vederli?”
Il ragazzo annuì facendole segno di avvicinarsi. Erano i giochi più belli che avesse mai visto. Niente bambole. Niente cucine giocattolo. Nessun castello magico. Era un piccolo elicottero funzionante, che volava davvero e che poteva essere pilotato da lontano con un semplice telecomando.
“E’ fantastico…” commentò lei estasiata.
L’altro le sorrise entusiasta: “Sei intelligente per essere una femmina.”
Il giorno dopo, incontrò nuovamente quello strano ragazzo che sembrava già un adulto. E anche il giorno dopo. E ancora quello dopo. Non s’erano mai dati un appuntamento preciso, eppure ogni giorno allo stesso orario, entrambi erano lì. Passeggiavano, giocavano, parlavano. Katniss presto scoprì che Gale aveva due fratelli ed una sorellina più piccola. La madre lavorava in una lavanderia. Suo padre era morto l’anno precedente.
“Era un militare. E’ stato coinvolto in un incidente aereo. Sai, era un pilota. Guidava gli elicotteri dell’esercito. Questo – disse indicando l’elicottero che aveva riportato con sé – è l’esatta riproduzione di quello che guidava lui. Me l’aveva regalato il giorno in cui è partito per il suo ultimo viaggio. Ho quattordici anni, sono troppo grande per continuare a perdere tempo coi giocattoli. Solo, non riesco a staccarmi da questo elicottero. E’ l’ultimo ricordo che ho di lui. So che è difficile da capire.” concluse ridendo imbarazzato.
Katniss non rispose. Era difficile da capire. Soprattutto quando l’unica cosa che lei, invece, voleva era dimenticare. Dimenticare tutto di suo padre.
“Tuo padre che fa, invece?”
“E’ morto anche lui.”
E, in cuor suo, sapeva che, per lei, era peggio che morto. Avrebbe preferito di gran lunga che fosse morto. Sapeva, però, che non avrebbe mai potuto dire queste parole ad un orfano di padre. Gale seppe la verità solo dopo settimane. Ma non fece commenti. Non le fece notare la sua bugia. Semplicemente, continuarono a passeggiare assieme come avevano sempre fatto.
L’estate passò, anche l’autunno. In poco tempo, anche gli anni iniziarono a volare e Gale era diventato tutto il suo mondo. Ogni volta che la madre era al lavoro, ogni volta che Prim era affidata alle cure di qualche altra donna, Gale era con lei. Da quando lo aveva incontrato, non aveva più saputo cos’era la solitudine.
Questo fino al diciottesimo compleanno di lui.
“Stai per farlo anche tu! Sapevo che l’avresti fatto! Avrei dovuto aspettarmelo! Perché, Gale? Perché?” gli urlò contro una sera d’estate.
“Sto per fare cosa?! Sto realizzando il mio sogno, Katniss! Tu più di tutti dovresti capirmi!” la sua voce era ugualmente alta. I loro volti erano contratti in una smorfia di rabbia e risentimento.
“Lascia perdere. Non ne vale la pena!” e così dicendo gli voltò le spalle e lo lasciò da solo nel bosco. Dopo pochi giorni, Gale si arruolò nell’esercito e partì per il corso d’addestramento in Ohio. Quando arrivò il Natale, quell’anno Katniss non aspettava alcun dono. Solo la sua seconda chance. Quando lo vide varcare l’uscita dell’aeroporto, non riuscì più a trattenersi. Gli corse incontro e lo strinse in un forte abbraccio.
“Scusami Gale, scusami.”
“Scusami tu. Avrei dovuto immaginarlo. Ma dovevo farlo, ti prego, cerca di capire.”
“Lo so…”
 
 
“Forza, alzati!”
Un grugnito di protesta si levò dall’altro lato del letto matrimoniale.
“Devi alzarti, faremo tardi! E poi ho fame.” continuò lei a lagnarsi.
Peeta finalmente si rigirò nel letto. Era steso supino, le mani a stropicciarsi gli occhi.
“Alla buon’ora. Sono già le dieci. Dobbiamo sbrigarci.”
L’altro le rivolse uno sguardo tagliente, per poi sbadigliare rumorosamente.
“Il tuo alito puzza ancora di birra.” commentò fingendosi disgustata.
L’altro ignorandola si mise finalmente seduto. Poi, improvvisamente, realizzò l’intera situazione e si voltò verso di lei. “Dimmi, ancora, perché ho acconsentito a questa cosa?” le chiese con voce ancora impastata.
“Perché non voglio pagare la consegna e tu sei abbastanza forte per trasportare una poltrona letto dall’auto fino a su in casa.” gli rispose in tono pacato e razionale.
L’altro annuì debolmente, per poi dirigersi verso il bagno. Lasciando la porta socchiusa, chiese ancora: “Pancake?”
“Ovvio. Altrimenti avrei cucinato io.”
Quando fu uscito dal bagno, si diresse in cucina ed iniziò a mettersi al lavoro.
“Sai, questa nostra cosa inizia a non piacermi più.” commentò lui.
Katniss subito sorrise. “Cosa è successo, adesso?”
“Credo che tu mi usi solo per le mie abilità culinarie.”
“E sarebbe un male perché?”
“Sai, se mi usassi per la mia intelligenza, per la mia capacità a letto, per la mia prestanza, andrebbe bene. Ma il fatto che tu approfitti delle mie abilità culinarie, non fa molto bene al mio ego.” rispose ironicamente.
“Ma oggi ti uso come facchino! Solo un uomo forte come te avrebbe potuto offrire questo servizio.”
“Zitta donna e apparecchia.” concluse la conversazione lui con finto tono duro.
Erano passate tre settimane da quando lei e Peeta avevano deciso di frequentarsi. La mattina dopo si era sentita particolarmente in imbarazzo: non le era capitato spesso di svegliarsi nel suo letto assieme ad un uomo. L’imbarazzo era stato però subito stemperato da lui. “Preparo la colazione?” le aveva chiesto subito dopo essersi completamente svegliato. Lei aveva semplicemente annuito e, ancora un po’ intontita dalla situazione, lentamente si era sentita sempre più a suo agio. Le cose tra loro erano così. Semplicemente normali. Nessuno dei due programmava. Nessuno dei due analizzava. Semplicemente agivano. Facevano ciò che volevano, senza doppi fini, senza troppe preoccupazioni. Se una sera volevano incontrarsi, semplicemente si chiamavano. Durante la settimana era capitato che avessero cenato assieme, poi ognuno tornava al proprio appartamento. Dovendo lavorare la mattina, era preferibile rimanere ognuno a casa propria.
Questa era la più evidente differenza tra la relazione che aveva con Peeta, rispetto a tutte quelle che aveva condotto fino a quel momento. Con lui c’era del sesso, ma non era solo quello. Lo aveva capito già dal primo lunedì. “Stasera cena?” era il messaggio che le aveva inviato al lavoro. “Certo.” gli rispose immediatamente. La cosa più stupefacente, però, fu il ritorno a casa. Solo un bacio sulle labbra, e dopo pochi secondi Peeta fu fuori dal suo campo visivo.
Non era un aspetto positivo della loro relazione. Era l’occasione che presupponeva un di più. Era la routine che portava con sé familiarità. Era il sentimento che scacciava la solitudine. Ed era qualcosa cui non auspicare. Avere qualcuno con cui parlare la sera dopo il lavoro, avere qualcuno con cui lamentarsi dei colleghi stacanovisti, avere qualcuno con cui ridere scacciando via lo stress della giornata. Era qualcosa cui ci si abituava facilmente. E lei non poteva permetterselo. Aveva imparato che questo tipo di felicità non dura a lungo. E lei non voleva tornare a piangere nei boschi. Non con Gale così lontano.
Eppure non riusciva a negargli quei momenti. Lui le aveva concesso l’incertezza. Lei poteva offrigli almeno la routine.
Se dentro di sé, continuava a ripetersi che non era reale, che non c’erano sentimenti, al termine di tutto non avrebbe sofferto. O almeno così sperava.
Il fine settimana subito dopo la cena da Finnick, aveva trascorso il venerdì sera a casa di lui. Era un appartamento più spazioso del suo. Le mura erano dipinte con maestria, di tanti colori vivaci. La cucina era rosa pallido, il salone e l’ingresso di un tenue giallo. La sua camera da letto, invece, era di un arancio rosato. “Il colore del tramonto” lo aveva definito lui. Eppure, lei, ancora non aveva visto nessun tramonto di quel colore. Quelle mura erano troppo perfette per poter rispecchiare la realtà.
Quella domenica mattina, invece, Peeta era rimasto a dormire da lei. La sera prima erano usciti a bere qualcosa con Rye e Johanna. Avevano subito alzato un po’ il gomito e, quindi, ancora non ricordava bene come precisamente erano giunti a casa sua. Ad ogni modo, non se ne preoccupava.
“Terra chiama Katniss.”
“Mh?”
“Muoviamoci, non voglio stare tutto il giorno in giro alla ricerca di una brandina.”
L’altra sbuffò. “Non è una brandina! E’ una poltrona letto.”
“Come vuoi.” Liquidò lui subito la situazione.
Da un paio di giorni, Peeta era diventato un po’ più brusco nei suoi confronti. Ieri sera aveva ipotizzato che, semplicemente, era una giornata no. Ma iniziava ad irritarla, quella mattina, il suo modo di fare. Cercava di ripensare agli avvenimenti degli ultimi giorni, eppure, non ricordava di essersi comportata in modo diverso dal solito. Inoltre, prima di ieri non si erano visti per tre giorni. Katniss era andava a San Diego per lavoro e si erano sentiti solo un paio di volte per telefono. Non avrebbe avuto modo di fare qualcosa di sbagliato.
Convincendosi del fatto che fosse solo una seconda brutta giornata, si vestirono ed uscirono per strada.
Raggiunsero a piedi il negozio di arredamento in cui lei aveva notato un’offerta per una poltrona letto: solo 300 dollari. Vista l’imminente visita di Gale di lì a pochi giorni, si era convinta che fosse giunta l’ora di acquistarne una. Inoltre in questo modo, anche le visite di Prim sarebbero state più comode. Non avrebbero più dovuto dividere il letto. Non pesava a nessuna delle due, ma almeno in questo modo, qualche volta, sarebbe potuta venire anche la madre per passare qualche giorno tutte assieme.
Appena varcata la soglia, subito adocchiò la poltrona rossa dell’offerta. Era un colore troppo vistoso e sgargiante per i suoi gusti, ma dato il prezzo, non poteva permettersi di essere schizzinosa. Con l’aiuto della commessa, la aprirono per valutare il materasso.
“Non è molto ampio, meno di una piazza, ma almeno in questo modo, anche aperto non dovrebbe occupare troppo spazio” le spiegò cortesemente la commessa.
Katniss posò il suo sguardo su Peeta. Era più basso di Gale, ma aveva le spalle decisamente più ampie. “Che ne dici di provarlo? Così posso farmi un’idea e valutare se fa al caso mio.” gli chiese. Il biondo sospirò nervosamente. “Mi ci devo stendere sopra?”
“Se vuoi.” gli rispose sulla difensiva, notando ancora il suo cattivo umore. L’altro semplicemente scrollò le spalle e si distese.
“Mh, Gale è più alto, ma credo che forse potremmo farcela con un materasso di questa lunghezza. Sì, credo che vada bene. La prendo.” statuì rivolgendosi alla commessa.
Quando questa si fu allontanata, si rivolse poi al biondo. “C’è qualcosa che non va?”
“Stavo pensando che se il tuo amico non ci dovesse entrare, potresti dormirci tu e lasciare a lui il letto matrimoniale.”
“Tu dici che dovrei?”
“Si, decisamente.” concluse ancora con voce aspra.
Anche questa volta, Katniss decise di lasciar perdere. Con un po’ di difficoltà riuscirono a trasportare la poltrona grazie al furgoncino messo a disposizione dal negozio. Poi, Peeta riuscì a trascinarlo per due rampe di scale fino al suo appartamento.
“Ora posso andare o ti servo per qualche altra cosa?”  
“Peeta, è successo qualcosa? Se hai qualche problema, puoi parlarmene.” si ritrovò a chiedergli dolcemente. Non sopportava più quella versione meschina del biondo.
“Non lo so, è successo qualcosa?” le rispose a tono lui.
“In che senso, scusa? Ho fatto qualcosa io?” gli chiese nuovamente incredula.
Lui si passò nervosamente una mano tra i ricci, per poi sedersi sul divano.
“Non lo so, Katniss. Forse sono solo un po’ nervoso. Quando arriva il tuo amico?” tentò di cambiare discorso.
“Mercoledì.”
L’altro annuì debolmente.
“Lo incontrerò?”
Questa domanda la spiazzò leggermente. Non ci aveva realmente pensato. “Se capita, perché no? Non ho davvero fatto piani. Se Gale vorrà uscire anche con voi, organizzeremo. Starà qui solo qualche giorno, magari vorrà trascorrere più tempo possibile con me. Posso provare a proporglielo.” concluse poi con voce più soffice.
“Io per te sono come tutti gli altri.” mormorò in tono basso. Probabilmente era una constatazione rivolta a se stesso e non a lei.
“Io… No, certo che no, in che senso scusa?” si ritrovò a corto di parole lei.
Lui subito si alzò dal divano e si diresse verso la porta.
“Lascia perdere, Katniss. Non è solo questo. Anche i giorni in cui sei stata fuori. Io… io ancora devo abituarmi a questa situazione. Non è facile per me.”
Percependo il silenzio della ragazza, aggiunse poi: “E’ meglio che vada, ci vediamo.”
“Aspetta Peeta. Non è facile nemmeno per me. Anche io mi sto abituando.”
“A me sembra che tu stia andando alla grande.”
E detto questo si chiuse la porta alle spalle.
 
 
“Così non vi sentite da ieri?” chiese Johanna. Erano in pausa pranzo nell’ufficio di Finnick. Il lunedì si sentivano sempre troppo fiacchi per andare a mangiare qualcosa in qualche tavola calda.
“Ma tu hai provato a chiamarlo la sera?”
“Certo  che no. Perché dovrei essere io a chiamarlo? Tutto il finesettimana si comporta in maniera fredda e scorbutica, senza spiegazioni esce da casa mia e adesso dovrei anche essere io a chiamarlo per prima?” le rispose in tono indignato.
“In amore non c’è posto per l’orgoglio.” S’intromise Finnick dando un morso al suo sandwich.
“Appunto. Amore. Io e Peeta stiamo uscendo assieme da soli pochi giorni e lui già inizia ad avere pretese su di me assurde. Cosa si aspetta? Non capisco cosa vorrebbe di più da me. Anzi, davvero, non mi interessa. Non dovrebbe aspettarsi nulla da me. Così eravamo d’accordo: senza impegno, senza legami. Ecco perché non volevo iniziare nessun tipo di relazione con lui! Evidentemente non è in grado di essere distaccato.” 
“Da quanto mi ha detto Rye, Peeta ha sempre avuto relazioni serie.” aggiunse l’amica tra un boccone e l’altro.
Katniss lo aveva già immaginato. E questo significava solo una cosa: la loro storia non aveva futuro. Non poteva continuare. Ed ora che ne aveva avuto conferma, doveva porre un termine a tutto ciò.
Una volta uscita da lavoro, si diresse immediatamente verso casa di Peeta. Una fermata di metro da casa sua. Questa era la distanza che li divideva. Due minuti di metro. Erano le 19. Il sole era da poco tramontato. L’aria primaverile era fresca. Il palazzo in cui viveva, era una di quelle vecchie costruzioni in mattoni chiari, a più piani con le scale di sicurezze esterne in bella vista. Il portone d’ingresso del palazzo era aperto, decise quindi di salire i tre piani e di raggiungere direttamente la porta d’ingresso dell’appartamento. Con un profondo respiro, bussò al campanello. Sette secondi. Probabilmente furono solo sette i secondi che passarono prima di scorgere il viso del ragazzo. La sua pelle chiara, le onde bionde, gli occhi azzurri. Appena la vide, il suo viso si contrasse in un’espressione confusa. Katniss notò la stanchezza sul suo volto. Si chiese se fosse stata lei a procurargli queste pene. Questa situazione doveva finire.
“Ciao, Katniss. Non ti aspettavo, entra.” Le disse facendosi da parte e permettendole di entrare, chiudendole la porta alle spalle.
“Come mai qui?” Le chiese ancora.
“Ho bisogno di parlarti.”
L’altro fissò gli occhi chiari in quelli scuri di lei. Parve leggervi qualcosa, perché dopo poco sbuffò e si passo una mano tra i capelli.
“Senti, oggi non è giornata. Io non ho voglia di parlare, se tu vuoi, fallo, ti ascolto.” E si sedette sul divano di pelle marrone al centro del salone.
“Allora. – iniziò prendendo un profondo respiro. – Volevo parlarti di quello che è successo ieri…”
Le sue parole vennero interrotte dallo squillo del telefono di casa. Peeta che non la stava nemmeno guardando in faccia, scattò improvvisamente in piedi e con un balzo prese in mano il ricevitore.
“Pronto, Delly? Novità? Hai parlato con la Perry? E la famiglia?”
Katniss vide il suo volto illuminarsi e la sua mano stringersi in un pugno trionfale. In pochi secondi tutto il suo corpo passò dall’emanare disperazione a gioia.
“Grande Delly, sei grande! Io ti amo!” esclamò con una lunga risata. Lo stomaco della ragazza si contrasse spiacevolmente, ma scacciò la sensazione con un sospiro lieve e un’alzata di spalle.
“Non so come ringraziarti! Cena domani sera? No, non preoccuparti. Allora a mercoledì. Si, sono libero, nessun disturbo, non preoccuparti. A domani allora, ciao e grazie ancora!” Chiuse il ricevitore continuando a sorridere. Era un sorrise che emanava luce e soddisfazione. Ma il pensiero che questa gioia non era dovuta a lei, continuava a crearle un forte disagio.
“Chi era al telefono?” gli chiese più bruscamente del previsto.
“Ah, nessuno non preoccuparti. Che dicevi prima?” le disse liquidando la questione e sedendosi nuovamente sul divano, questa volta in modo più rilassato e rivolgendo tutta la sua attenzione a lei.
“A me non sembrava nessuno. Chi era?”
“Katniss, qual è il problema? Parla, ti prego. Sono stanco, domani ho una giornataccia avanti, e davvero non era nessuno di importante al telefono. Ti prego, parla, così posso andare a riposare.” La pregò con tono stanco.
L’animo della giovane s’infervorò improvvisamente. Perché non voleva parlarle di quella Delly? Perché mercoledì sera avrebbero cenato assieme? Perché era così felice di parlare con Delly, mentre lei veniva liquidata con poche parole affrettate? E soprattutto, perché sentiva di odiare così tanto una persona che non aveva mai nemmeno incontrato?
“Va bene, Peeta, sai che ti dico? Va pure a dormire, non è importante quello che devo dirti. Anzi, niente di ciò che facciamo assieme è importante. Quindi, dimenticatene. Amici come prima!” gli urlò contro le ultime parole.
Il ragazzo alzò un sopracciglio confuso. “Scusami, Katniss, non volevo offenderti, solo che questi ultimi giorni sono stati davvero pesanti per me.”
“Adesso avrai modo di riprenderti e di uscire con chi vuoi, anche con Delly” e detto questo si avviò alla porta. Peeta in pochi secondi le fu davanti e le bloccò di peso la porta.
“Se non ti conoscessi meglio, penserei che tu sia gelosa di me.” le mormorò in tono malizioso.
“Io non sono mai stata gelosa di nessuno e certamente non inizierò con te.” gli rispose in tono aspro. Vide Peeta accusare il colpo, per poi riassumere, con nuova consapevolezza, la stessa espressione compiaciuta di prima.
“Guarda che non c’è nulla di male ad essere gelosi. Significa solo che teniamo a una persona e che non vogliamo perderla.”
Katniss sbuffò annoiata dalle sue parole dette con troppa convinzione.
“Devo ammettere che anche io sono un po’ geloso. Dell’arrivo di Gale, sai? Lui è il tuo migliore amico, conoscerà tutto di te. Io, invece, non so nulla. Oltre a che lavoro fai e che hai una sorella. Non mi sembra molto.”
“Nemmeno io so nulla di te. Solo che sei un artista, un insegnante e che hai un fratello.” gli rispose sulla difensiva.
“In realtà ho due fratelli. I miei genitori sono divorziati. Mio padre vive ancora qui a New York, mia madre si è trasferita in Texas col suo fidanzato. Non la vedo da dieci anni circa. Ma continua a mandarmi cartoline d’auguri ogni natale e compleanno, quindi, forse, dovrei ritenermi fortunato. I miei fratelli nemmeno quelle ricevono. Ho diversi amici che frequento da quando sono bambino. Questa è una delle fortune di essere cresciuti a New York: qualcuno va via, ma la maggior parte rimane sempre qui. Abbiamo la possibilità di farlo, è una città che offre tantissimo. Non c’è bisogno di trasferirsi, a meno che tu non lo voglia, certo! Mio fratello maggiore, ad esempio, è andato via. Troppa confusione diceva.”
“Comprensibile…”
Peeta ridacchiò. “Già, mi ero dimenticato che anche tu non sei una fan della grande mela! Tornando alla storia della mia vita, Delly è uno di quei numerosi amici d’infanzia dai quali non puoi e non vuoi allontanarti. Ormai, siamo anche colleghi di lavoro. Insegniamo nella stessa scuola. Lei inglese, io arte. Abbiamo questo studente in comune. Un ragazzino di dodici anni, che si è ammalato di leucemia. Jamie. La famiglia non ha alle spalle un situazione economica piuttosto stabile ed è per questo che io e Delly abbiamo deciso di organizzare una giornata di beneficenza. Questo sabato. Per cercare di raccogliere più denaro possibile.”
“Con cosa attirerete le persone?”
Peeta si passò nuovamente una mano tra i capelli. “Non sappiamo ancora. Non credo che i miei quadri possano attirare troppa gente, inoltre, credo sia preferibile puntare su qualcosa che possa essere venduto a pochi dollari. Pensavo a caramelle, muffin, cupcakes.”
“Non basta. – lo interruppe lei. – Dovete organizzare una qualche attività che possa coinvolgere i ragazzi. Direi una gara di corsa, una partita di basket, una caccia al tesoro. Dobbiamo creare un incentivo anche per i genitori: portate da noi i vostri ragazzi, noi ve li restituiremo scarichi. In questo modo loro potranno rilassarsi mangiando dolciumi e sorseggiando bibite fresche, mentre i ragazzi si divertiranno tra di loro. Non credi?”
Il ragazzo la guardò leggermente stupito. Poi con voce dolce le disse: “Direi che è un’ottima idea, ma avremo bisogno dell’aiuto di qualcuno che sappia fare da animatore a questi ragazzini. Non è un compito semplice.”
“Quando hai detto che ci sarà questa manifestazione?” gli chiese interrompendolo.
“Sabato, perché?”
“Perfetto! Ci penseremo noi, non preoccuparti! Io e Gale abbiamo sempre partecipato ai campeggi organizzati dall’associazione scout della nostra città. Lascia fare a noi.”
Peeta visibilmente incredulo subito si alzò per abbracciarla.
“Katniss, davvero grazie! Non sai quanto apprezzi il tuo aiuto. E’ da quando ho saputo della sua malattia, che continuavo a torturarmi. Non sapevo cosa fare, ma sapevo che dovevo cercare in qualche modo di aiutare tutti loro. I suoi genitori non avrebbero mai accettato una semplice colletta, quindi l’unica alternativa che avevo era offrire qualcosa in cambio di denaro. L’unica cosa che potevo fare era offrire dolci. Non avrei mai immaginato che ti saresti unita a noi e che ci avesti aiutato così spontaneamente, grazie!”
“E’ per questo che eri così lunatico ultimamente?”
L’altro ridacchiò tristemente. “Certo, ero arrabbiato, anzi, sono arrabbiato per la malattia di Jamie. Nessun dodicenne dovrebbe ammalarsi così gravemente. Inoltre, ero anche arrabbiato con te.”
La ragazza subito si staccò dal suo abbraccio. “E perché mai eri arrabbiato con me?”
“Perché sono geloso, è ovvio! Sono geloso di Gale e di Finnick.”
“Cosa?! Ma Finn è sposato!”
“Non sono geloso del fatto che tu possa innamorarti di loro, sono geloso del fatto che loro conoscono una Katniss a me sconosciuta. Io non so nulla della tua vita e tu non vuoi aprirti con me, pensando che confidandoti con me tu possa in qualche modo far evolvere la nostra relazione e renderla impegnativa. E tu non vuoi nulla di impegnativo nella tua vita. E guarda, posso accettarlo, ma non lo capisco. E non lo capisco perché non ti conosco e perché tu non vuoi che io ti conosca. E’ un cane che si morde la gola.”
Erano giunti al momento della verità.
“Io ero venuta qui per troncare la nostra relazione.” gli disse con voce ferma, guardandolo negli occhi. Per sua sorpresa, Peeta non sembrava sorpreso.
“L’avevo capito. Non mi aspetterei mai una tua visita a sorpresa per un motivo diverso da questo.”
“Non capisco. Perché adesso non sei arrabbiato, deluso o altro? Sei solo felice.” gli fece notare con tono leggermente deluso.
“Non fraintendermi. Ero arrabbiato appena sei venuta, ma dopo la chiamata di Delly ho rimesso a posto i vari pezzi del puzzle. Tu potresti anche rompere la nostra relazione assieme, ma non posso farmi abbattere da questo. Ho qualcuno che ha bisogno di me. La mia vita andrà avanti lo stesso. Inoltre, davvero non sono triste, perché sono certo che non stai per rompere con me. Non te lo permetterò. E non lo permetterai nemmeno tu. Almeno non fino a sabato.” concluse ridacchiando.
Anche Katniss non riuscì a trattenere un sorriso. “Okay, credo che fino a sabato riuscirò a sopportarti.”
“Però devi promettermi una cosa. – la interruppe improvvisamente serio. – Devi aprirti con me. Non voglio essere solo il tipo con cui fai sesso, voglio essere anche tuo amico e voglio che tu sia mia amica. Ho bisogno di sapere se posso parlare con te dei miei problemi. Quando tu eri a San Diego e io ho saputo del problema di Jamie, ero combattuto. Volevo chiamarti e sfogarmi con te, ma contemporaneamente non sapevo se potevo farlo e se a te avesse fatto piacere sentirmi. Non so come comportarmi, tu mi confondi. Devi capire che questa situazione è nuova per me e non so qual è il mio ruolo, il mio compito.”
Katniss gli prese le mani e le strinse alle sue. “Ci proverò. Ci proverò davvero ad aprirmi con te, ma sappi che non sarà facile. Non amo molto parlare di me. Se vorrai sapere qualcosa sarà meglio che tu inizi a porre qualche domanda. Invece tu, tu puoi parlarmi di tutto ciò che vuoi, davvero. Sono felice di poterti aiutare sabato e sarei felice se tu ti confidassi con me ogni volta che avrai un problema. Possiamo essere amici, davvero. Posso essere qui per te.”
“Grazie, ma non mi basta.”
Tenendola per mano la portò a sedersi sul suo divano.
“Io ti ho parlato di Delly. Ora voglio sapere di Gale. Da quanto tempo siete amici?”
“Da quando avevo dodici anni. Siamo cresciuti assieme. Poi lui è partito per l’esercito, ma siamo riusciti a rimanere sempre in contatto. Lui rimane sempre il mio migliore amico.”
“Prim disse che è stato anche qualcosa in più di un amico.”
Lei ruotò gli occhi al cielo. “Mai avuto un vero fidanzato. Solo storie poco importanti. Con Gale, c’è stato qualcosa. Gli voglio bene, ma nulla di romantico.”
“Qualcosa di che tipo? Un abbraccio, un bacio?”
“Con lui è stata la mia prima volta. Ma è stato solo quello, nulla di più.”
Prima di continuare Peeta fissò il suo sguardo sul muro di fronte.
“Solo una volta?”
“Solo una.”
“Dovrai aiutarmi, allora.”
“In che senso?”
“Dovrai aiutarmi ad accettare il fatto che la mia ragazza condivida l’appartamento con un suo ex per qualche giorno.”
“Ma non è un mio ex!”
“Infatti è qualcosa in più. Qualcuno con cui condividi un passato, qualcuno cui vuoi bene, qualcuno che forse è ancora l’uomo più importante della tua vita. Capisci il mio problema Katniss? Lui è qualcosa che io vorrei essere. Qualcosa cui aspiro ad essere. Cioè, solo in parte. Io vorrei essere molto di più. Ma vorrei essere anche quello.”
“Ma non è quello che abbiamo deciso.”
“Si fotta quello che abbiamo deciso! Questo è quello che voglio essere, e io farò di tutto per convincerti ad aprirti con me. Ci proverò con tutto me stesso.” le disse guardandola fisso negli occhi.
“Inoltre, tu e gli scout? Questa anche mi è nuova! Non ti immagino ad intrattenere ragazzini tutta la notte attorno al fuoco.” concluse in tono ironico, cambiando discorso ed alleggerendo l’atmosfera.
“Se sei povero in canna, credimi, faresti di tutto per mettere da parte qualcosa di soldi per il college. Anche intrattenere ragazzini viziati!” gli rispose ridendo.
“Sei una donna piena di sorprese, Katniss Everdeen.”
“Anche tu, Peeta Mellark.”
“Allora ti ho convinta?”
“A fare cosa?”
“A presentarmi come tuo fidanzato al tuo ex? A permettermi di conoscerlo?”
“Mi stai rendendo la vita un inferno, sappilo.” gli disse con un finto tono disperato.
“E’ quello che ci si aspetta dai fidanzati. Rovinarci la vita.” le rispose con un sorriso.
“Ed io in che modo te la starei rovinando?”
“Essendo così difficile! Io non sarei più felice di urlare al mondo che sto uscendo con te! Tu, invece, pare te ne vergogni e tendi sempre a nascondermi. Sono sorpreso anche del fatto che Rye, Johanna e Finnick sappiano di noi.”
“Io non mi vergogno di te, Peeta.”
“Lo so, ma questo è quello che provo. Soprattutto quando sembra che tu non voglia farmi conoscere Gale, soprattutto quando so che è una persona così importante per te.”
Con un sospiro, Katniss si ritrovò a cedere. “Arriva mercoledì. Quando vuoi incontrarlo?”
Sorridendole, le rispose: “Mercoledì sera. Io conosco Gale e tu Delly. Un bell’appuntamento a quattro.”
Sorridendogli di rimando, annuì col capo.
Peeta lentamente stava infrangendo ogni sua regola. E la cosa che più la sconvolgeva era che, infondo, quasi non le dispiaceva. Ne era quasi contenta.
Mercoledì avrebbe presentato a Gale, Peeta: il suo primo fidanzato.
 

 
Salve a tutti! Prima dell’arrivo di Gale avevo bisogno di un capitolo di transizione. Non mi sembra reale far evolvere la relazione tra Peeta e Katniss in modo troppo repentino. Dev’essere un’evoluzione lenta. Inoltre ho bisogno che i due inizino a conoscersi meglio, quindi, nonostante la mia prima intenzione era quella di far apparire Gale già da adesso, poi scrivendo, i miei piani sono mutati. Spero di non avervi deluso con questo capitolo, fatemi sapere! Ringrazio tutti quelli che hanno recensito la volta scorsa, vi adoro.
Quotando un’autrice americana su un altro sito di FF: Review make me smile
Un bacio e alla prossima,
Serena
   
 
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