03/06/2014
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Peter e Wendy
Continuo a tremare come una foglia distesa sul letto.
Sospiro e una nuvoletta appare proprio sopra la mia testa.
Chiudo gli occhi.
Respiro forte.
Mi alzo.
Scendo le scale il più lentamente possibile.
Ho la testa da un’altra parte. Come al solito.
Arrivo in salotto e come sempre non ricordo il motivo per cui sono scesa.
Poi un brivido percorre la mia schiena e guardo il camino.
Come immaginavo!
Erano passati ormai cinque anni da quando non vivo con i miei genitori e ancora non ero abituata a portare la legna dentro.
Ma con me c’era sempre stato Zayn.
Pensava lui a queste cose.
Dopo cinque anni vivevo veramente sola.
Sola senza Zayn.
Come farò a sopravvivere non lo so.
So solo che mi manca.
Mi manca il modo in cui mi svegliava la mattina.
Mi mancano quei momenti passati a bere cioccolata calda e a vedere un film.
Mi mancano le sere passate a cantare a squarciagola.
Ma sono stata io a respingerlo. A mandarlo via.
L’ho odiato.
Ho odiato il modo in cui mi parlava,
ho odiato come chiudeva le comunicazioni.
Ho odiato come voleva sempre avere l’ultima parola, quando sembrava non gl’interesse di me.
Odiavo quando mi fissava,
e quando mi leggeva nella mente.
Odiavo i suoi modi poco carini.
Odiavo i suoi sbattermi contro il muro e poi baciarmi.
Odiavo il suo non essere metaforico.
Odiavo quando mi chiamava,
e quando non mi chiamava,
quando rompeva il mio equilibrio di emozioni precario.
Odio.
Odiavo quando scompariva e
odiavo quando ricompariva.
L’ho odiato così tanto che quasi mi far star male.
L’ho odiato, odiavo quando aveva sempre ragione
E poi non ce l’aveva ma era come se l’avesse.
Odiavo quando mentiva.
Odiavo quando mi faceva ridere.
L’odio anche più di quando mi facava piangere.
E odiavo quando mi era troppo intorno.
Quando non riuscivo a dirgli di no.
Quando non volevo dirgli no.
Quando gli dicevo no ma avrei dovuto dirgli si.
Quando dicevo si senza pensarci.
Ma più di tutto odiavo il fatto che non ti odiavo.
Nemmeno quasi.
Nemmeno un pochino.
Nemmeno niente.
Odiavo il fatto che forse invece quasi ti amavo.
Un pochino ti amo.
Tanto ti amo.
Però ora basta.
Fa troppo male ricordare.
Cosa pretendevo? A cosa pensavo? Una persona come lui non sarebbe mai rimasto.
D’altronde tutti scappano da me. Perché non avrebbe dovuto farlo lui?
Me lo aveva detto:
- Cambia carattere, fingi di essere qualcun altro … non so … ma non riuscirei a stare tre secondi con te ! –
Ma non l’avevo ascoltato. Ed ora guardatemi. Che schifo.
Prendo il telefono senza pesarci.
Sono settimane che se ne è andato e non ho provato nemmeno a chiamarlo.
Fottuto orgoglio!
Compongo il suo numero.
Quello stesso numero imparato infinite sere prime leggendo i suoi messaggi.
Un piccolo sorriso amaro appare involontariamente sulle mie labbra. Quelle labbra baciate milioni di volte da lui.
Visto? Qualsiasi cosa stia facendo mi pensare a lui. Anche respirare.
Porto il telefono all’orecchio e l’occhio mi cade sul nostro disegno.
L’aveva disegnato lui. Eravamo noi, insieme, in un vicolo pieno di graffiti. Eravamo disegnati tipo fumetto.
E sopra di noi le scritte “Peter e Wendy”.
Peter era lui. Wendy ero io.
Bell’abbinamento, no?
Aspetto ancora. Più passa il tempo, più gli squilli aumentano, più io mi convinco di averlo perso.
“È troppo tardi” penso.
- Finalmente ce l’hai fatta, Wendy – mi dice lui
Sorrido come non facevo da tempo ormai.
Sorrido come non facevo da tempo ormai.
- Peter lascio la finestra aperta. Vienimi a prendere. Qui non ci voglio più stare -