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Autore: kotori96    03/06/2014    2 recensioni
Luca è un ragazzo di 18 anni, bocciato e costretto a ripetere il IV superiore.
La sua vita è una noiosissima routine: Scuola, Amici, Sport, ma ben presto tutto questo cambierà... L'incontro con Alex, il nuovo compagno di classe, gli farà vivere nuove esperienze e scoprire nuove emozioni.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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“Quando avevo 14 anni io e la mia famiglia abitavamo nei pressi di Roma, eravamo in affitto in una piccola villetta a schiera vicino all’aeroporto, mia madre è un’Hostess quindi cambiamo casa molto spesso, è per questo che viviamo in affitto.
Il quartiere in cui abitavamo non era male, c’erano molte persone e io uscivo sempre con la mia sorellina di 5 anni.
La portavo spesso all’oratorio per farla giocare con gli altri bambini, e ben presto i catechisti incastrarono anche me! Mi ‘costrinsero’ a far parte del circolo per aiutarli, e dato che non me la cavo male coi bambini fui ben presto accettato. Giocavamo, organizzavo attività sportive e facevamo un sacco di cartelloni divertenti da portare in chiesa tutte le domeniche.
Un sabato pomeriggio, sono rimasto fino a sera tarda, perché non eravamo riusciti a completare il cartellone, e… in quel momento notai che la sala dell’oratorio affianco alla mia era ancora aperta!
Non avevo le chiavi per chiuderla, quindi accostai solamente la porta.
Tornato nella cappella continuai il lavoro iniziato, era un bel cartellone, dal colore verde acceso e con al centro disegnato da me un grosso pacco regalo che conteneva citazioni su cosa significasse il dono, scritte dai bambini stessi con i pastelli a cera. Non ci volle molto tempo e terminato il lavoro mi affrettai ad entrare in chiesa e ad appenderlo in un punto strategico, in modo che sarebbe saltato subito all’occhio di tutti durante la messa.
Mi assicurai di chiudere la cappella, con le chiavi lasciatemi dal parroco e mi affrettai per andarle a riporre nell’ufficio del parroco, ma… in quel momento sentii singhiozzare proprio dalla porta che avevo accostato qualche minuto prima.
Entrai pian piano e… Beh, mi arrivò dritta in faccia una seggiola.
Subito dopo si precipitò verso di me una ragazza vestita tutta di nero e incappucciata, con intento minaccioso mi urlò – Vattene via, disgraziato!! –
Non feci in tempo a rialzarmi, che si precipitò su di me intenta a tirarmi un cazzotto. La supplicai di fermarsi, dicendole che aveva sbagliato persona, e che non la conoscevo.
  • Ti ha mandato mio padre vero? – disse stringendomi i capelli.
  • T- ti sbagli… non conosco nessuno…- cercai di difendermi, e come mio solito cominciai  a piangere.
Credo proprio di averle fatto tenerezza in quel momento, perché mi lasciò seduta stante.
-Perché sei qui?- chiese ancora in tono minaccioso.
- F- forse sono io che dovrei chiederlo a te! Io sono un catechista!- alzai un po’ la voce e mi rialzai in piedi.
Avevo un graffio in prossimità della mano sinistra e mi faceva male…
Andai verso il bagno a sciacquarmi la ferita, la ragazza mi seguì poco dopo con un cerotto in mano.
La guardai stupito di tanta gentilezza…
  • G- grazie…- le dissi a bassa voce.
Non mi rispose, e si accovacciò per terra nello spigolo della stanza.
Volevo andarmene di lì, non volevo rimanere ancora con quella psicopatica, ma contrariamente a quanto pensato mi sedetti al suo fianco, mantenendo le giuste distanze…
Singhiozzando mi urlò ancora – Che ci fai ancora qui? Vattene!-
Le risposi pacatamente – Emm… purtroppo hai incontrato una persona che non riesce a lasciare una ragazza da sola che piange…-
Lei mi guardò con gli occhi tutti rossi e umidi – Sei stai cercando di rimorchiarmi non abbocca!-
Mi difesi subito – M- ma no! Non era affatto questa la mia intenzione!-
Diventai rosso come un pomodoro…
La tizia si mise seduta normalmente a gambe incrociate, sospirando.
La guardai per un momento – Se ti do proprio fastidio… me ne vado…-
-E no caro mio! Ma come, prima insisti nel rimanermi a fianco e poi te ne vai?- urlò avvicinandosi.
Pensavo volesse picchiarmi di nuovo e mi portai le mani al viso –N- no ti prego…- supplicai.
Lei scoppio a ridere fortemente, non avevo mai visto ridere una ragazza in un modo sì così sgraziato…
Si asciugò le lacrime con la sua felpa nera – Te l’ha mai detto nessuno che sei buffo?-
Capendo che non mi avrebbe fatto niente, mi rilassai di poco…
  • P- pensavo mi avresti picchiato di nuovo- le alzai la voce, mentre lei continuava a ridere.
  • Faccio così tanta paura?- mi chiese
  • Beh… A me si… - mi voltai dall’altra parte.
La ragazza si alzò in piedi di scatto.
-Sai cosa mi fa stare veramente bene in momenti così?-
Non le risposi, ma la guardavo mentre sfoderava uno dei suoi sorrisetti maliziosi…
Cominciò a sfilarsi la felpa nera di dosso.
Io diventai rosso e coprii il mio viso con entrambe le mani –M- M- MA SEI PAZZA- urlai.
-N- N- NON SONO PRONTO PER QUESTO GENERE DI COSE…-
Lei gettò a terra l’indumento.
  • Ma sei scemo o ci fai? Non avevo tutti i torti a pensare che eri un pervertito!- disse battendosi una mano sulla faccia.
Si avvicinò al suo zaino rosso fuoco e tirò fuori una console, era strana, non ne avevo mai vista una così.
-Allora? Vuoi rimanere seduto lì per sempre?- disse.
Mi alzai di scatto in piedi –Che cos’è sta roba?-
Scoppiò di nuovo a ridere – Tu vuoi farmi credere che non sai cos’è??-
Feci finta di pensarci un attimo – Seriamente, non lo so… -
Lei sbruffò –Mi chiedo perché sto sprecando il mio tempo con uno come te!-
Forse quella frase l’avrei dovuta dire io…
Mi limitai a sfoderare un debole sorriso.
-Bene, allora è tempo di riscaldare la serata!- urlò compiaciuta.
Si affrettò per attaccare la spina della console alla presa senza neanche chiedere il permesso a qualcuno…
Tentai di fermarla – E- e se ci scopre qualcuno?-
Mi sorrise di nuovo.
Cominciavo ad odiarli quei suoi sorrisetti…
  • Cos’è hai paura di una semplice lavata di capo? Non fare la femminuccia!- disse fiera di se.
Mi arresi subito, non potevo contrastare un carattere così energico.
Attaccò alla console un Pc portatile, e appena acceso si scatenò l’inferno!
Cominciò a remixare un sacco di musiche a me sconosciute, ma mi piaceva vedere con quanto impegno lo faceva, e come si scatenava ogni qual volta che faceva scivolare le sue piccole dita sui dischi rotondi della console.
Muoveva la testa a destra e sinistra, facendo ondeggiare quei capelli corvini sciolti e perfettamente mossi.
Quanto erano belli pensai… e ancora prima di accorgermene fiondai lentamente le mie dita sulla sua folta chioma.
Quei capelli erano perfetti, morbidi e lucenti…
La ragazza si fermò, ma non era per niente sorpresa dal mio gesto.
-Ti stai annoiando?- chiese.
- N- no assolutamente, solo che hai dei capelli bellissimi…-
-I miei capelli sono belli?- accennò con stupore discostandoseli alla sua destra.
Nel farlo notai che sul collo aveva il tatuaggio di una bellissima rosa bianca e lo stelo, pieno di spine, si arrampicava intorno al suo collo.
-Wow, non ti ha fatto male? Fare quel tatuaggio intendo!- chiesi stupito.
Lei sorrise – No, assolutamente, vuoi provarne uno anche tu? Io so farli!-
Allargai gli occhi, quando sorride in quel modo, significa che sta tramando qualcosa…
Cercai di evadere con una scusa - N- no, figurati, a me piace osservarli sulle altre persone i tatuaggi…-
Non credo di essere stato abbastanza convincente in quel momento.
Sfoderò dalla tasca anteriore del suo zaino un pennarello indelebile nero e tolse il tappo provocando uno schiocco.
  • Su su, micetto, vieni qui!-
Mi incitò con quella sua vocina stridula… mentre si scrocchiava le dita.
Cominciai a scappare, correvo come un forsennato per tutta la stanza e lei ridendo mi inseguiva, come se stessimo giocando ad chiapparella.
Fu divertente, fin quando non mi prese…
Mi saltò letteralmente addosso, sulla schiena, e una volta caduto per terra, mi sfilò la maglia.
Urlai perché il pavimento era gelido – M- ma sei pazza, rimettimi la maglia, sto congelando!-
-Non frignare! Dunque… vediamo un po’… dove potrei mai disegnartelo!-
Si sfregò le mani, mentre mi teneva saldamente fermo con le sue gambe.
Cercavo di dimenarmi, ma era tutto inutile, quelle gambe paffute mi cingevano il dorso talmente saldamente che mi limitavano i movimenti…
-A qui ! – esultò la pazza.
Sentivo la punta gelida dell’indelebile scorrermi sulla scapola sinistra, ma non capivo bene cosa stesse disegnando.
Dopo alcuni minuti esultò di nuovo –Ecco fatto!-
Si tolse dalla mia schiena.
Mi alzai tutto indolenzito.
Giravo su me stesso tentando di vedere che cosa mi avesse disegnato.
-Che cos’è? – chiesi.
-E’ un lucchetto! -  rispose compiaciuta.
-Un lucchetto? E che significato ha?- sorrisi.
- Significa che ora sei mio! A tempo indeterminato!- disse gettandomi addosso la mia maglia.
Io ero incredulo…
  • Che significa che sono tuo? –
  • Vuol dire che fin quando non aprirò il tuo lucchetto, tu dovrai stare sempre al mio fianco!-
Ero sempre più preoccupato…
  • E dove si trova la chiave? – chiesi sconcertato.
Lei si tolse la maglia e rimase con la canottiera, si girò di schiena, sulla scapola destra aveva il disegno di una chiave a forma di cuore.
  • Questa è la tua chiave!- rise compiaciuta.
Mentre si avvicinava a me, mi cince con entrambe le braccia il collo.
  • Non ci rimane che sigillare il patto!-
Non avevo ben capito cosa volesse dire con quella frase, ma ancora prima di chiederglielo ebbi la risposta e non fu piacevole…
Mi baciò energicamente e mi diede anche un morso nel labbro inferiore…”
 
Barto interruppe il discorso “Tu l’hai baciata??” Urlò.
Anche io ero incredulo alla sua versione dei fatti, Minz era una ragazza vivace, ma era impossibile che avesse baciato uno come Alex.
Barto lo prese per le spalle “Com’è stato? Si dice che bacia da Dio!”
Io rimasi a bocca aperta “Barto, non pensavo gli credessi!”
Barto aggiunse “Ma da quanto descritto è proprio lei!”
Alex sospirò “Credermi o non credermi, quella m’ha baciato! E non è stato piacevole!”
Barto urlò “Cosa? Magari io ci fossi stato al tuo posto!”
Alex sospirò di nuovo “Te lo avrei ceduto molto volentieri!”
Io volevo sentire il resto della storia e mi intromisi nel discorso “Beh, allora com’è andata a finire?”
 
“Dunque… subito dopo avermi baciato, mi sono sfregato il polso contro le labbra…
E lei non l’ha presa nei migliori dei modi.
- Ehi! Ma che fai ti pulisci?- chiese arrabbiata.
- Sai mi hai dato un morso! -  risposi seccato.
Lei sbruffò – Ma se non ti butti, non avrai mai una fidanzata!-
Alzai lo sguardo verso il soffitto senza risponderle.
Lei mi diede un pizzicotto sul braccio – Eddai, scherzavo! Quanto siamo permalosi! –
Cambiai subito discorso.
  • Allora, perché prima piangevi? Ora puoi dirmelo? –
Il sorriso che aveva fino a qualche minuto fa si incurvò.
  • Ecco… a me piace molto la musica… E ho fatto domanda per entrare in una band come DJ! -
Mi infilai la maglia.
  • Fantastico! E ti hanno preso? –
  • Si… -
  • E allora perché piangevi? –
Mi voltò le spalle, e io gli appoggiai la mano sinistra sulla testa…
  • Mi dispiace… avertelo chiesto di nuovo… -
Si girò e mi abbracciò.
  • Tu non devi scusarti… è tutta colpa di mio padre, è colpa sua se sono così… -
Le continuavo ad accarezzare la testa, per farla calmare.
  • Io vengo da una famiglia abbastanza importante, e siccome sono l’unica figlia un giorno dovrò ereditare l’azienda di mio padre… Ma io non voglio, quello non è il mio destino… Non è il mio sogno! –
  • Quindi sei scappata? –
  • Si, dopo aver discusso con mio padre, ho preso il mio zaino con dentro le prime cose che mi sono capitate sotto mano e… Beh, ora sono qui! –
Non sapevo cosa dirle in quel momento, non conoscevo bene i fatti…
Lei si staccò da me.
  • Ora però ho te! – disse maliziosamente.
  • Eh? E cosa vorresti farci con me??- chiesi preoccupato.
  • Abbiamo fatto un patto! Ovviamente dovrai aiutarmi con la faccenda di mio padre! –
Mi distaccai da lei.
  • Come pensi che riuscirò ad aiutarti? E poi ti ho appena conosciuta non so niente di te, ne di tuo padre!-
  • Devi far finta di essere il mio fidanzato, e convincere mio padre del fatto che io sono più brava a comporre musica che a tenere la contabilità! –
  • Scusa ma… COME PENSI CHE POSSA FARE UNA COSA DEL GENERE?- Mi gettai a terra, frustrato.
  • Devi trovare un modo per farmi ascoltare da mio padre! Lui pensa che sia una bambina viziata, e che ancora non so cosa voglio fare! –
  • Non ha tutti i torti… - dissi.
La ragazza mi scagliò uno sguardo algido, per poi avvicinarsi gattonando verso di me…
  • Prima abbiamo fatto un patto… Ma non preoccuparti alla fine, sarai ricompensato come meglio credi –
Continuava ad avvicinarsi, credo che volesse baciarmi di nuovo…
Sta volta girai il viso dall’altra parte.
  • V- Va bene, ma adesso allontanati! –
Gli luccicavano gli occhi dalla contentezza, mi abbracciò fortemente.
  • Lo farai sul serio? Evvivaaaa! - Esultò come una bambina piccola.
Ero caduto nella sua trappola…”
 
Il discorso di Alex venne interrotto di nuovo, Il cellulare di Barto suonava all’impazzata.
“Chi è?” chiesi scrupolosamente.
Barto guardò lo schermo del suo telefonino con stupore “Non è nessuno… Presto ragazzi dobbiamo andarcene di qui!”
Si affrettò a scendere dall’altare dove c’era il pianoforte.
“Barto, calmati!” gli urlai.
Alex si alzò dallo sgabello in cui era seduto “Barto, che succede? Chi è al telefono?”
Barto mi lanciò il suo cellulare e io lo presi a stento.
“Ma sei scemo! E se mi cadeva?” gli urlai di nuovo.
Guardai sullo schermo, effettivamente nessuno lo stava chiamando era un App che stava trillando.
“A cosa serve quest’app?” chiesi.
Barto si porto le mani al viso, accasciandosi per terra “Serve a rintracciare il mio cellulare ovunque esso sia… Fra non molto arriverà mio padre!”
Io e Alex ci precipitammo al suo fianco.
“Che ti prende? Adesso calmati!” dissi.
“Sono morto… presto sarò morto!” balbettò.
Era completamente andato nel panico più totale, non riusciva a pensare lucidamente.
“Devo andarmene! Fatemi uscire di qui!” disse e si alzò di scatto in piedi.
Volevo tirargli un altro pugno per tanta codardia, ma non lo feci, Alex intervenne e abbracciò il ragazzo.
Ci sedemmo tutti e tre per terra.
Alex iniziò a parlare col suo solito tono delicato “Barto… Io so poco di te, ma perché hai così tanta paura di tuo padre?”
Il ragazzo tremava come una foglia “I- io paura?” Balbettò di nuovo.
Sta volta cominciai io a parlare  “Aspetta, calmati un attimo e vedrai che se ci spieghi la situazione poi in qualche modo la risolviamo!”
Alex pronunciò “Su forza, Inspira ed Espira, Inspira ed Espira…”
Aveva pronunciato quelle frasi talmente sicuro di se che ne imitava il movimento.
Io e Barto scoppiammo a ridere.
“Ma non sono mica in cinto!” disse battendo a terra i pugni dalle risate.
Alex divenne rosso dalla vergogna, poi incrociò le braccia e gonfiò la guancia sinistra “Uffa… e io che volevo essere gentile”
Barto scoppiò ancora più a ridere “Così assomigli ad Adele, ti ha attaccato il suo stesso Tic?”
Non potei non ridere anche io, il mio amico aveva ragione quello era il Tic nervoso di Adele quando qualcuno la contraddiceva.
Alex sgonfiò la guancia, ma rimase con le braccia e gambe incrociate, aspettando che finissimo di ridere.
Pochi minuti dopo ci rimettemmo seduti composti.
“Grazie Alex era da un po’ che non ridevo così” disse.
Il ragazzo sospirò “Finché faccio ridere…”
Io gli battei una pacca sulla spalla “Dai non fare il permaloso!”
Mi rivolsi a Barto “Adesso, mi dici perché eri così impaurito prima?”
“Beh, dovete sapere che mio padre non sta molto spesso a casa con me e la mamma, ma quando c’è si fa sentire… Odio stare a casa con lui!”
Mi affrettai a rispondergli “Anche io se potessi me ne andrei di qui, stare con quell’ubriacone di mio zio mi da sui nervi!”
“Vuoi scherzare? Mio padre fa molta più paura di tuo zio!” affermò Barto.
“Si, ma il tuo non si ubriaca tutte le sere al punto che non si regge neanche in piedi!” continuai arrogantemente.
Alex si mise fra noi due per dividerci “Ragazzi non litigate!”
Barto si rivolse ad Alex “E tu? Vieni da una famiglia benestante, tu non hai problemi…”
Alex guardò per terra “Io non ce l’ho un padre…”
Io e Barto ci zittimmo… Non pensavamo che Alex non avesse il padre…
Io aggrottai la fronte “Ma io pensavo che i tuoi genitori fossero separati…”
“Si, lo sono, ma quello è il padre di Michela e Mita… il mio non l’ho mai conosciuto…” mentre lo diceva ad Alex gli scesero delle lacrime sul viso, si affrettò ad asciugarle.
Barto lo abbracciò “Fratello mi dispiace! Non volevo farti ricordare cose così brutte…”
Io gli diedi un coppino sul collo “Fratello? E questa da dove salta fuori?”
Alex tornò a sorridere.
Barto lo guardò con aria dispiaciuta, ma poi disse “Beh, dato che ci rimane poco tempo, perché non mi finisci di raccontare cos’ha fatto la mia Mintz!”
Alex sospirò “Va bene, però sta volta la faccio corta!”
 
“Dopo quel giorno Io e Mintz, o per come la conoscete voi, ci vedevamo quasi tutti i giorni.
Voleva comporre un brano che avrebbe tolto il fiato persino a suo padre, che di musica ne sapeva ben poco!
E… io gli davo una mano, visto che so suonare il piano, non ho difficoltà a leggere e comporre spartiti.
Lei era sempre così vivace, e ogni momento era buono per darmi fastidio o per farmi scherzi… sono state settimane da incubo, ma almeno pareva che le cose si fossero sistemate tra lei ed il padre, era persino tornata a dormire in casa sua!
Dopo giorni di duro lavoro, e di pazienza nel sopportare tutta la sua vitalità, riuscimmo a finire la nostra composizione.
La iniziammo a registrare col software che Mintz aveva nel suo Pc, parte del sottofondo musicale l’ho suonato io col pianoforte e quella è stata la parte più divertente!
Lei si divertiva ad aggiungere sul mio sottofondo, il suono di altri strumenti, grazie al suo programma le quali funzionalità, ancora oggi, sono un mistero per me!
Verso la fine di maggio, avevamo composto il nostro primo brano e non era niente male!
Mintz l’ha chiamato ALTZ, che sarebbe la contrazione dei nostri nomi…
Era brava a comporre remix e cose varie, ma a fantasia lasciava proprio a desiderare…
Il 31 maggio, data indimenticabile, mi presentai assieme a Mintz nella sua casa spacciandomi come suo presunto fidanzato.
Ero nervosissimo…
Ci accolse subito la madre, una bellissima donna bionda con gli occhi verdi smeraldo ed un sorriso che fa sciogliere.
  • Accomodati! Tu devi essere il fidanzato di mia figlia!-
  • S- si – accennai timidamente.
Era mattino presto e se non sbaglio erano appena le 8, il padre ci aspettava nel salone.
Il salone era grandissimo! Divani in pelle bianchi, un televisore al plasma grosso quanto una parete ed un magnifico pianoforte nero laccato padroneggiava su tutto!
 Il padre, un uomo alto e ben piazzato dai capelli canuti, aveva proprio l’aria da economista, come mi aveva descritto Mintz.
Si presentò con una stretta di mano, non molto calorosa…
  • Piacere di conoscerti, tu devi essere il ragazzo che ha portato mia figlia verso una cattiva strada! - 
Io ero rigido come un pezzo di ghiaccio, tentai di abbozzare un sorriso, ma fu quasi inutile…
  • P- P- piacere mio… - dissi balbettando.
Mintz si apprestò ad intervenire, mi prese per un braccio come fanno i fidanzati e con voce sensuale, o come lei credeva, mi incitò a fare un giro della casa.
  • Amore, non ti ho ancora fatto vedere la casa! Vieni che te la mostro! –
Uscimmo fuori dal salone, Mintz mi dovette quasi trascinare, perché ormai ero diventato una stalattite.
Mi porto di sopra, in camera sua, tutta in disordine…
  • Forza, mettici un po’  d’impegno! Di cosa hai paura? – disse stringendomi le mani.
Io continuavo a fissare per terra, ancora imbarazzato…
  • Ti prego… Vedrai che andrà tutto bene! Abbi fiducia nell’ ALTZ ! – Disse ancora.
In quel momento decisi di prendere coraggio, tanto c’ero dentro fino al collo in quella situazione!
Chiusi gli occhi e mi calmai… inspirai per ben due volte
  • V- va bene, ora ci sono! – dissi riaprendo gli occhi fermamente.
Mintz si avvicinò a me stringendosi al mio petto.
  • Quello si che è uno sguardo convinto! – disse tentando di baciarmi di nuovo sulle labbra, ma girai di nuovo la faccia verso il muro
  • D- dobbiamo andare -  le accennai.
Ma prima, le misi una mano sulla spalla e le chiesi un favore immane per una ragazza calorosa come lei…
- Mintz… potresti evitare di baciarmi? - le chiesi.
Mintz rimase un po’ delusa… Ma prima o poi avrei dovuto dirglielo…
Tornammo di sotto.
Il padre e la madre della ragazza erano seduti sul divano in pelle bianco, anche noi due ci accomodammo.
Il padre accese una sigaretta che gli dava un aria ancora più altezzosa, si rivolse a me – Dunque… Alex giusto? Che scuola fai?-
  • Faccio l’istituto tecnico… - risposi cercando di dare un tono secco e composto alla mia voce.
  • Capisco… quindi sarai sicuramente bravo in economia e diritto? – continuava a farmi tutte quelle domande trabocchetto per tentare di intimorirmi…
  • Ovviamente… non sono il primo della classe, ma neanche l’ultimo. – cercavo di rispondere senza fare frasi inconcludenti o troppo grossolane.
  • Insomma sei il contrario di mia figlia- Squadrò la ragazza in malo modo, per poi riprendere il discorso…
  • Mia figlia parla sempre molto bene di te, dice che sai suonare il pianoforte e questo le da la forza per comporre la sua ‘Musica’, Allora perché non mi fai vedere anche a me quanto sei bravo?- chiese con arroganza.
Non battevo ciglio… non mi aspettavo che mi avesse fatto suonare il pianoforte di fronte a tutti…
  • Certo! – risposi.
Mi alzai dal divano, mi diressi verso il piano e una volta seduto sullo sgabello in velluto nero, cominciai a suonare un pezzo di musica classica chiamato ‘Claire de Lune’.
Fortunatamente mi ero allenato a casa su quel pezzo… Non perché pensavo lo avessi dovuto suonare di fronte a loro, ma perché mi divertivo ad impararmi gli spartiti a memoria!
Lo suonai quasi perfettamente, avevo fatto solo due o tre disaccordi, ma solo un critico di musica avrebbe potuto notarli.
La madre fu la prima che mi applaudì – Magnifico! Conosci Debussy, è raro per un ragazzo della tua età! –
Io arrossii per tanti complimenti - La ringrazio… -
Anche Mintz mi applaudì.
Il padre rimase impassibile – Può andare – disse.
Mi girai verso di lui stringendo i pugni.
  • I- io non sono un granché a suonare, però sua figlia è veramente brava, le dia una possibilità! –
L’uomo rimase sbigottito.
Io continuai il discorso – Sua figlia ha composto un brano per farglielo ascoltare… Deve assolutamente sentirlo…-
Il padre abbastanza infuriato per la mia pretesa, acconsentì quasi come se ci stesse sfidando.
  • Bene, allora sentiamo questa fantomatica musica! –
Guardai Mintz, che era tutta tesa… lei tirò fuori dal suo zaino il suo pc, si affrettò ad accenderlo e aprì il programma.
Vedevo che era rigida, e tremolante, le strinsi una mano per farle forza.
Lei mi guadò e accennò un tenero sorriso, poi fece partire la traccia audio…
Rimanemmo in silenzio per tutta la durata del brano, continuando a tenerci per mano… e anche se sapevo che da tutta quella faccenda non ci avrei ricavato niente di buono, ero comunque in pensiero per lo svolgimento dei fatti.
Entrambi avevamo il respiro sospeso…
 
Finito il supplizio, entrambi fissavamo la reazione del padre, Non sembrava disgustato, ma neanche eccessivamente colpito…
  • Questa… l’avete fatta voi due da soli? – disse.
Mintz rispose positivamente.
La madre sorrise – Sapevo che mia figlia era brava, ma non fino a questo punto! Caro tu cosa ne pensi? –
Il padre si mise a fumare un’altra sigaretta
  • E con questo cosa volete provare? – ci chiese.
  • Io papà ho del potenziale, ma non per diventare un’imprenditrice… Io sono nata per comporre musica!- disse Mintz.
Il padre stropicciò la sigaretta appena accesa nel portacenere.
  • Non dire cavolate! Perché tentare la sorte quando hai già un’azienda avviata alle spalle? – disse furibondo.
  • Perché odio la tua azienda! Odio la scuola che faccio! Mi fa schifo questo posto!! – Mintz alzò la voce drasticamente.
  • Non permetterti di urlarmi!! – tuonò il padre.
 
Iniziò un lungo battibecco che non vi descriverò…
Ma alla fine sono riuscito a tenere a bada Mintz!
  • Vogliamo calmarci? -  intervenni.
Entrambi mi guardarono sconcertati… io mi imbarazzai di nuovo…
  • S- secondo me… Lei dovrebbe lasciar proseguire Mintz per la sua strada, se non dovesse riuscire… potrà sempre rinfacciarle il fatto di aver sprecato un’occasione d’oro! – mi rivolsi al padre.
 
Avevo capito che il padre era un uomo che giocava molto sugli interessi… magari ponendo la carriera di Mintz sotto forma di scommessa avrebbe giovato ad entrambi.
Il padre mi guardò compiaciuto.
  • Beh, se le cose stanno così… potrei lasciarla tentare… Ma se fallirai non venire da me a piangere signorina!! – pronunciò.
Mintz fece una smorfia – Vedrai, che vincerò ! –
 
Io tirai un sospiro di sollievo… era finita!
Più ci ripenso e più mi rendo conto di quanto sia stato facile convincere il padre alla fine!
Mintz mi abbracciò più volte e mi ringraziò tantissimo in quel momento, evitando di baciarmi, come avevamo pattuito.
La madre s’insospettì del fatto che fossimo così poco… intimi pur essendo fidanzati.
  • Ma voi due siete sicuri di stare insieme? – ci chiese.
  • Si… - rispose Mintz.
Io non risposi.
 
Mintz mi fece di nuovo salire in camera sua.
  • Alex, tu sei stato assolutamente fantastico! Cioè hai saputo tener testa a mio padre!!- Era stracolma di felicità.
Sentivo le forze abbandonarmi, come se le avessi tirate fuori tutte per combattere contro suo padre…
Mi distesi sul letto e Mintz si mise sopra di me.
  • S- sei pesante… scendi – le dissi.
  • Ah, è così che fai il carino con le ragazze? – mi tirò un cuscino in faccia.
Nel momento in cui lo stavo togliendo, ecco che la ragazza tornò all’attacco tentando di baciarmi.
Le appoggiai una mano sulla labbra per fermarla.
  • Cosa ti avevo detto prima? –
  • Beh… riguardo a questo… c’è una cosa che devo dirti Alex…- si fece rossa in viso.
Sapevo cosa avrebbe voluto dirmi… la fermai ancora prima che iniziò a parlare.
  • Ascolta… è stato divertente comporre musica con te, ma il fatto è che… io non posso stare con te perché io sono… - Non riuscivo a dirglielo ero troppo imbarazzato, e poi detto in quella maniera non avrei avuto tatto…
Mintz continuava a fissarmi per sentire la mia risposta.
  • I- io… sono… SONO IN AFFITTO – urlai a squarciagola.
La ragazza rimase di stucco.
  • E… allora? –
  • A- allora… fra non molto me ne andrò…- dissi.
  • Dove te ne andrai??- mi chiese preoccupata.
  • Non lo so… -
  • E non potremo più rivederci? – disse insistentemente
  • C- credo proprio di no… -
Mintz si coprì il viso con le mani, per non far vedere che le stavano scendendo delle lacrime dagli occhi.
  • Ma molti riescono a mantenere una relazione a distanza…- singhiozzò.
  • I- io non credo ci riuscirei… -
  • Quindi, vuoi dire che questo è un addio?-
  • Non lo sarà se tu riuscirai a far carriera- le dissi.
  • Ovvio! Ah, bada bene, quando sarò diventata importante, non tornare da me pretendendo che ti riprenda! – Accennò con un tono leggermente arrabbiato.
Mi limitai a sorridere.
La ragazza continuò a parlarmi – Beh, avevo promesso che ti avrei ricompensato, perciò cosa vuoi? Io posso fare di tutto… -
Ecco che ci risiamo… Pensai…
  • Voglio che tu ti impegni al tuo massimo per proseguire la tua passione! – cercai di sviare il discorso.
  • Ma questa è una cosa ovvia! Io pensavo tu volessi qualcosa di più…- rispose.
  • F- far prendere forma ad un sogno nella realtà non è affatto una cosa ovvia, anche quando ci saranno situazioni sfavorevoli tu dovrai sempre andare avanti! – le dissi convinto.
  • Si… Ma non c’è bisogno che ti scaldi così tanto… - mi ripeté, poi si alzò in
piedi continuando il discorso – Se è questo ciò che vuoi mi impegnerò ancora di più, non solo per vincere la scommessa con mio padre, ma anche per te… E un giorno quando verrai al mio concerto, vedrai che splendida donna ti sarai perso! –
Mi fece la linguaccia.
Da quel giorno non la rividi mai più… forse perché mi sono trasferito, o forse era lei stessa a non volermi più vedere per essere stata scaricata…
 
Eh… bene il mio racconto finisce qui.”
 
Barto era quello più interessato al discorso e gli fece alcune domande “Ma quindi non l’hai neanche sfiorata con un dito?”
Alex arrossì “O- ovviamente!”
Entrai nel discorso anche se non m’importava niente delle vicende di quella Mintz “Tanto ormai si sarà fidanzata talmente tante volte, che t’importa se Alex l’ha fatto o meno!”
Barto e Alex si apprestarono a lanciarmi un occhiataccia.
“Cosa ho detto di tanto scandaloso? Tanto si è capito che è una sveltina!” dissi seccato.
Barto si avvicinò minacciosamente a me “Non dare della sveltina a Mintz! E poi senti chi parla, il dongiovanni del sabato sera! quante te ne fai in discoteca?”
“Tu non sei da meno! E poi si sa che in discoteca siamo tutti fatti!” dissi.
Alex mi guardò come se avessi detto l’ennesima stupidaggine.
“Che hai da guardare? È una cosa risaputa!” dissi in mio proposito.
“Io non cred-“ Il ragazzo non fece in tempo a contraddirmi che il portone della chiesa si spalancò di colpo e il suono si propagò per tutta la stanza.
 
Subito ci alzammo in piedi… erano arrivati.
 
“Finalmente vi abbiamo trovati!” Ci urlò mia zia ansimando dalla fatica.
“Avete finito di sfuggirci piccoli bastardi!” tuonò successivamente la voce rantolante del padre di Barto.
Eravamo tutti e tre pietrificati, nessuno di noi si azzardò a fiatare…
La preside comparve sulla soglia del portone poco dopo “Ragazzi! Eccovi finalmente, per favore tornate a casa!”
Non mi aspettavo l’arrivo della preside…
 
Il padre si avvicinò minacciosamente continuando a farneticare frasi offensive, ma in quel momento eravamo talmente spaventati che non capivamo niente!
L’unica frase che capii perfettamente fu “Allora non dite niente deficienti?”
Alex indietreggiava sempre più…
Quel ragazzo aveva il coraggio di un opossum!
Arrivato a poco più di un metro da noi l’uomo si fermò squadrandoci dall’alto al basso.
Barto cominciò a tremare, ma riuscì a formulare un discorso seppur con voce sussultante “P- papà… T- ti prego Calmati”
L’uomo non ascoltò neanche una parola e prese Barto per il colletto della t-shirt “Sei una delusione! Mi fate schifo tu e i tuoi amichetti!”
Mia zia e la preside si avvicinarono per fermarlo, ma non ci fu niente da fare.
Il padre di Barto aveva la collera alle stelle e  tiro uno schiaffo al figlio.
Ci provò per la seconda volta, ma gli fermai il braccio e spinsi Barto a terra per liberarlo dalla presa.
“Levati di torno!” Mi urlò l’uomo.
Persi le staffe “Non mi levo dai coglioni finche non ti calmi!”
Gli diedi una spinta.
Pareva avesse capito le mie parole, continuava a fissarmi con aria minacciosa, ma perlomeno non tentava di picchiarci.
Sospirai e li invitai a sedersi sulle panche di legno “Sentite… parliamo un attimo, dobbiamo chiarire questa faccenda!”
Il padre di Barto mi interruppe “Certo, vogliamo parlare di come vi divertite a scopare?”
Mi sedetti sopra l’altare seguito da Alex e Barto.
“Certo che il detto tale padre tale figlio è proprio azzeccato! Siete entrambi talmente cocciuti che neanche ascoltate ciò che vi dicono!”
L’uomo rimase attonito, tutti e tre gli adulti ci fissarono per sentire cosa avevamo da dire in nostra difesa.
“Bene, Iniziamo col chiarire il fatto per cui oggi in classe ci stavano menando! E’ da qualche tempo che non sto più col mio gruppo, per questo io e Barto siamo arrivati alle mani!” dissi.
La preside intervenne “Perché non esci più col tuo gruppo?”
“Lo chieda alla professoressa Paci! E’ stata lei ad insistere perché andassi a casa di Alex per recuperare il mio voto d’Italiano!” risposi.
Alex si appresto a confermare la mia risposta “S- si è vero! Luca è venuto molti pomeriggi da me a studiare!”
Barto mi guardò con aria dispiaciuta “Cosa? E’ per questo che il pomeriggio non venivi a giocare a calcetto?”
“Ovvio! Ho provato a dirtelo ma tu non volevi ascoltarmi!” dissi.
Mia zia si fece avanti nel discorso “Quindi non stavate litigando per motivi… amorosi… giusto?”
Sospirai profondamente “Ma voi vi siete fissati col fatto che io e Barto stiamo insieme? Come ve lo devo dire che non lo siamo?”
Anche Barto diede la sua risposta “Luca è quasi come un fratello per me! Ne abbiamo combinate talmente tante e poi sono circondato da fin troppe ragazze per essere il suo fidanzato!”
Concluse con una delle sue solite battute da narcisista.
Nei loro occhi riuscivo a vedere l’incertezza delle nostre presunzioni, il padre di Barto era ancora su di giri “E come ce lo spiegate che in biblioteca stavate limonando?”
“Ecco… Barto stava sfottendo Alex e… ho pensato di tappargli la bocca…” risposi vergognandomi del mio gesto.
L’uomo aveva scorto dell’insicurezza nelle mie parole “Quello era tutto meno che tappargli la bocca! Se non fossimo arrivati chissà che cosa avreste fatto! Schifosi!”
Mi prudevano le mani e avrei voluto tirargli un pugno dritto in faccia.
“Allora pensa quello che ti pare!” urlai acidamente.
Scesi con un gran balzo dall’altare “Io ce l’ho messa tutta per parlare con calma da persona civile, ma a quanto pare siete persone che vedono solo ciò che vogliono  vedere!”
  
  
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