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Autore: Lady_Dragon99    03/06/2014    5 recensioni
Ambientata subito dopo l'episodio 28 di Inazuma Eleven GO
In una sera in cui spira vento di dolorose memorie, un incontro permette alla sofferenza e alla rabbia di sfogarsi in parole.
Dal testo:
"I pensieri volano, trasportati via da ricordi lontani, che credevi non ti appartenessero più, che non fossero più tuoi. E invece eccoli lì. Prepotenti, a stuzzicarti il cuore e il cervello. Una risata che credevi dimenticata, legami che credevi sepolti dagli anni. Ma chi vuoi prendere in giro? La creatura non può dimenticare il creatore. Mai."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jude/Yuuto, Shindou Takuto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Memories~

 
Cammini per la strada, le mani affondate nelle tasche profonde del lungo cappotto, gli occhi fissi su una via che non vedi veramente. I movimenti sono meccanici. Conosci la strada e la percorri per inerzia. I pensieri volano, trasportati via da ricordi lontani, che credevi non ti appartenessero più, che non fossero più tuoi. E invece eccoli lì. Prepotenti, a stuzzicarti il cuore e il cervello. Una risata che credevi dimenticata, legami che credevi sepolti dagli anni. Ma chi vuoi prendere in giro? La creatura non può dimenticare il creatore. Mai. Nemmeno dopo dieci anni. Nemmeno dopo essergli sfuggito. Tutto è ancora vivido. Potresti rievocare ogni istante, se lo volessi. Non lo vuoi, ma non sei così ingenuo da credere di poterti sottrarre a quella dannata morsa di rabbia, memorie e nostalgia. Ti senti così simile a lui, e al contempo totalmente diverso. Quasi foste le due facce di una stessa moneta. Hai visto il tuo odio, negli occhi di quei ragazzi. E, come fece lui con te anni prima, non hai tentato di smorzarlo. L’odio sarà la loro forza, la tua forza. Così lui diceva e così tu hai pensato. Creato a sua immagine. Un creatura a immagine e somiglianza del suo dio. Dio abiurato, insultato, calpestato, ma pur sempre il tuo creatore. La rabbia ti scuote il cuore. “Così tanto? Fino a questo punto può tenermi legato a sé?” Quel dannato fantasma che non vuole scomparire può ancora stritolarti nella sua presa mortale. Presente ovunque, ovunque, nelle tue parole, nei tuoi modi di fare, in quello sguardo doloroso che tu e David vi scambiate ogni volta che l’occhio scivola sul suo polpaccio, eternamente segnato da una singola follia. Non è possibile. Devi togliertelo dalla testa; non oggi, non vuoi pensarci anche questa sera, basta…  Con un sussulto, ti riscuoti dai tuoi pensieri. Una voce, giovane, pura, chiama insistentemente il tuo nome. -Allenatore Sharp!
Le gambe si fermano, e lasci che ti raggiunga. Riccardo. Quante potenzialità in lui. Vedi il talento del regista, nascosto sotto un animo fragile. Vedi il bambino che non sei potuto essere, il ragazzo libero che si diverte a giocare a calcio con gli amici. Vedi tutto quello che non sei stato. Non lo sei stato perché il tuo destino era un altro. Eri il prescelto. Colui che sarebbe diventato il migliore, la sua più grande creazione. Di nuovo. Ci stai cascando di nuovo, Jude. Concentrati su Riccardo, lascia andare i ricordi e il dolore al passato, almeno per il tempo di quella breve conversazione.
È lì, davanti a te. -Allenatore, io…  mi dispiace per il nostro comportamento nei giorni scorsi –si inchina un poco, lo sguardo cristallino fisso a terra - stavamo perdendo la fiducia in lei, non capivamo le sue ragioni, e noi… -lo vedi scrutare il tuo viso con la coda dell’occhio, in cerca di un’espressione che possa alleviare il suo timore. Non gli concedi quella soddisfazione. Suo malgrado, probabilmente diverrà la valvola di sfogo per i tuoi ricordi di dolore. La tua espressione resta impassibile, mentre completa la frase -…noi stavamo per gettare la spugna. Mi dispiace tanto di non aver creduto in lei.
Per qualche secondo lo lasci in sospeso, vedendo l’ansia dipingersi sul suo volto. Poi, gentile, gli sollevi il viso con due dita, dandogli come il benestare per alzarsi. –Perché? – domandi a bruciapelo.
-Cosa?
-Perché non mi avete confessato questi dubbi? Sono il vostro allenatore, per quale motivo non avete dichiarato apertamente quel che pensavate?- la voce tradisce un velo di nervosismo.
Lo lasci spiazzato. Non hai accettato le sue scuse, hai solo domandato. E non sa cosa dire. Non sa se mentire: scorgi l’indecisione nei suoi occhi caldi e dolci. Gli occhi di un cucciolo; ti ritrovi a pensare. Chissà se nelle tue iridi cremisi si è mai posato quello sguardo di pura innocenza.
Alla fine, sceglie di raccontare la verità. O almeno; prova. –Noi… eravamo… ecco…
Capisci al volo, e gli completi la frase, scaraventandogli in faccia la realtà: -Intimoriti da me. Avevate paura di me, Riccardo? – l’ira inizia a trapelare fra le parole.
Non risponde, gli occhi spaventati guizzano intorno in cerca di un aiuto che non può giungere. Ora il suo terrore è comprensibile. Non dovresti sottovalutare l’angoscia che puoi incutere, Jude. Balbetta, tentando di giustificare una risposta affermativa.
-Ora voglio davvero capire. Per quale motivo dovreste temermi?- sempre più pressante. Riccardo non vede alcuna via di fuga. 
-Mister, ecco, io… - lo interrompi brutalmente. –Seguimi. - Riprendi a camminare, consapevole della timida presenza alla tua destra.
-Non avete alcun motivo per aver paura di me. Perché di paura si tratta. Non è timore, no. Quello è un termine riduttivo. Ho visto paura e odio in voi, durante quegli allenamenti, eppure nessuno si è lamentato. Alcuni sono scappati come vigliacchi, ma nessuno, nessuno, ha avuto il coraggio di parlare con me. Vi ho forse mai minacciato? Mai umiliato? Mai imposto dolorosi allenamenti dopo i quali ogni fibra del vostro corpo minacciava di spezzarsi? No. – la rabbia muove le tue labbra – Codardi.
-Allenatore, cosa…?- lo stupore gli dona la forza di parlare.
-Voi non conoscete la vera paura. Siete solo delle bestiole timorose di uscire dalla tana. Mark vi aveva costruito un bel nido caldo, eh? Beh, io quel nido non l’ho mai avuto. Non sono in grado di crearne uno artificiale per voi. E nemmeno vi serve. Riccardo, perché non te ne sei andato, durante gli allenamenti? Per cosa combattevi?
La risposta sorge spontanea alle sue labbra, come una filastrocca imparata a memoria: -Per il nostro calcio.
Altrettanto pronto, ribatti senza pietà: -Follia. La follia lucida di Mark e Arion. Il calcio è uno sport, non una ragione per combattere. È una passione, non un motivo di vita. A volte, può essere addirittura una schiavitù.
Riccardo, esasperato e sull’orlo del pianto, con voce spezzata, chiede: -Qual era la sua ragione per lottare, allora?
-Mia sorella. –la verità. Ma poi aggiungi, unendo l’unica realtà con il dolore che hai dentro: - Il mio orgoglio. La mia vita intera. Un orribile spettro di cui non mi libererò mai. La fede che i miei compagni riponevano in me. Il ricordo di mio padre. Un amore verso Celia che ho pagato con sofferenza, dolore e sangue. Questi erano i motivi per cui lottavo. Non un… - la bocca ti si piega in una smorfia - …uno stupido idealismo. Da ragazzo, per un po’, anche io la pensavo come te e Arion. Poi venne il Football Frontier International, e allora… - scuoti la testa – capii. Non sarei mai stato libero. Nonostante quella falsa sensazione di sollievo che avevo provato con la vittoria, nonostante tutto ciò che mi lasciava presagire il contrario, compresi. E con il tempo tutto fu dannatamente chiaro. Mai. Mai sarei stato abbandonato dal passato. –mentre parli, ricordi di aver mentito. Di aver mentito quel giorno, su quel campo, sul campo dell’ultima partita. Il perdono non ha mai albergato nel tuo cuore. E mai lo farà. Non esiste perdono, per quei peccati; non c’è redenzione per lui. Bruci all’inferno, per l’eternità. Questo è quello che avresti voluto urlargli, anche quel giorno, ma non l’hai fatto. Perché? Avevi paura di lui, come ne hai sempre avuta. Il cuore pulsava freneticamente, temevi che con poche parole taglienti riuscisse a conficcarti un pugnale fra le costole, come già aveva fatto più volte senza fatica. Hai ancora paura di lui, Jude. Lo temi in quel fantasma che ti tormenta nei tuoi incubi peggiori. Sogni orribili, che fanno capire quanto tu sia ancora stretto nel suo pugno di ferro.
È di nuovo Riccardo a salvarti dal mare dei ricordi, tua unica ancora in questa sera che pare volerti inghiottire nel passato: -Allenatore, se lei ha sofferto, perché siamo noi a pagare? – il ragazzo, fermo qualche passo dietro di te, urla il suo disappunto.
-Perché? Perché con il dolore si viene temprati. - ti fermi, accorgendoti  di aver pronunciato una sua frase. La tua voce si addolcisce, rendendoti conto di essere stato troppo duro e, soprattutto, volendo essere diverso da lui. -Riccardo.- gli posi le mani sulle spalle e i suoi occhi ti fissano, stupiti dall’improvviso calore ricevuto -Il dolore ti obbliga a pensare. A cercare il motivo, a guardare in te e al di fuori di te. Ti impone di vedere tutto con più chiarezza, per non affogare. È il dolore che rende grande uno stratega. Vieni da me, domani pomeriggio, e forse riuscirai a capire meglio.
Senza lasciargli tempo, ti allontani, verso casa. Cammini, con gli occhi rossi fissi davanti a te, ancora preda dei ricordi.
Sai che domani Riccardo verrà. Un sogghigno si apre sulle tue labbra. Quel ragazzo sarà un grande regista un giorno e lo sarà per merito tuo. E non lo sai, ma il tuo sorriso è lo stesso di Ray Dark.



Angolo dell'autrice:
Sera, popolo! (O giorno. O notte. Dipende quando leggete XD) Questa è la mia prima FF del fandom, spero che questa cosa non sia troppo oscena ^^ Comunque, se siete arrivati fino qui è già una buona cosa, no? Passando alle cose importanti: io adoro questi dueeee ** E temo per voi che questa non sarà la mia ultima one-shot con come protagonisti questi due soggetti a rischio (?).
Ok... non so che altro dire: sono un caso perso con questi angolini ^^
Lasciate una recensione, e ci vediamo alla prossima <3
Peace and love.
Dragon

ps: ah, già, con David mi sono presa una licenza poetica, scusate XD Ma mi era venuta quell'idea e faceva figo metterla.
  
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