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Autore: Towards The Sun    04/06/2014    0 recensioni
Non hai mai letto una storia del genere. Taylor Swift è in Giappone, impegnata con la parte finale del "Red Tour". Qualcuno farà un attentato alla sua vita, così la CIA manderà il suo più valido elemento per salvarla. Ben presto la cantante statunitense si troverà coinvolta in qualcosa più grande di se stessa.
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quegli spari che sentii mi fecero rabbrividire. Ero arrivato troppo tardi? eppure il concerto non era neanche incominciato. Corsi con tutta la mia velocità nel corridoio seguendo il rumore dei 2 spari che sentii, il quale mi condusse in un altra stanza non molto lontana. La porta era chiusa ma con un calcio la buttai giù. Era troppo tardi, ma dovevo comunque fare tutto il possibile. La porta andò giù facilmente, e quello che vidi fu orribile. Vidi come prima cosa il mio obiettivo, Taylor Swift, che era li nel centro della stanza con le mani nei capelli, in panico. Accanto a lei, due corpi che giacevano per terra privi di vita. Davanti a lei, un uomo senza capelli e vestito elegante, con la pistola ancora fumante in mano. La ragazza non si girò nemmeno, da quanto era in panico, ma mantenne le mani nei capelli in modo che le sue braccia le coprivano la visuale. Probabilmente ormai aveva accettato il fatto che stava per morire, ma almeno non voleva vedere. Appena quell’uomo mi vide, mi puntò la pistola contro, ma impiegai solo poche frazioni di secondo per prendere la mia, quella vera, e la puntai su di esso.

Eravamo ora uno di fronte all’altro, camminando in circolo, con entrambe le pistole puntate verso l’altro. Vidi con la coda dell’occhio, senza perdere di vista il mio obiettivo, Taylor abbassare piano piano le braccia, e guardare verso di me. Tremava di paura, e si poteva vedere quanto era terrorizzata nei suoi occhi.

“Miss Swift, non si preoccupi. È tutto sotto controllo. Sono un agente della CIA e sono qui per salvarla. Resti li dove è”.

Vi era molta tensione nell’aria, e sia me che il mio avversario non ci potevamo permettere di avere alcun calo di concentrazione. Ecco che quell’uomo misterioso si rivolse a me.

“Cosa ci fa la CIA qua? cosa sapete?”

Subito risposi.

“Metti giù la pistola e fatti arrestare. Ti assicuro che se collabori troveremo un compromesso e non finirai male. Ma metti giù la pistola.”

La situazione era di stallo, ci furono pochi secondi di silenzio, rotti poi dal gesto coraggioso della ragazza che, essendo già molto vicina alla porta e non avendo la nostra completa attenzione essendo noi impegnati a puntare l’arma addosso all’altro, con uno scatto prese ed uscii fuori dalla porta. Il mio avversario urlò forte ordinandole di fermarsi, evidentemente era cosi preziosa che era più importante della sua stessa vita: questo perché lui abbassò la guardia, correndo verso di lei e urlandole di fermarsi, ma io rimasi concentrato, e gli sparai ad una gamba, facendolo cadere a terra. Avrei potuto ucciderlo, ma avrei potuto ottenere importanti informazioni da lui, e in più c’è un fatto di me: non mi piace uccidere le persone, a meno che non sia strettamente necessario. Subito presi un paio di manette che tenevo in tasca e lo legai al piccolo calorifero, in modo da non farlo andare da nessuna parte. Beh, avendo una pallottola nella gamba difficilmente si sarebbe mosso ma non si sa mai. Mentre l’uomo urlava di dolore corsi con tutta la mia velocità per recuperare la ragazza.

Non era andata molto lontana e la raggiunsi con facilità, essendo più veloce di lei. Corse verso l’uscita, da sola, essendo le sue guardie del corpo state stese da me poco tempo prima, e le sue fide compagne uccise da quel misterioso uomo. Cercai di urlare qualcosa per fermarla, dicendole che ero della CIA e che cercavo solo di aiutarla, ma era in un evidente stato di shock nel quale non capiva niente e non era in grado di prendere decisioni razionalmente. Arrivammo dunque alla fine del corridoio, quando la presi per un polso e la sbattei contro il muro con delicatezza, senza farle del male, ma per fermarla. Lei continuò ad urlare molto forte di paura, e quando vide che avevo ancora la pistola in mano, visto che non avevo fatto in tempo a rimetterla a posto data l’esigenza di muoversi velocemente, svenne nelle mie braccia di paura. Subito le controllai il polso, e quando capii che era solo svenuta, tirai finalmente un sospiro di sollievo. Pochi secondi dopo, vidi arrivare una decina di agenti in mia direzione: i rinforzi che avevo chiesto ad Eden erano finalmente arrivati, anche se ormai era troppo tardi. Ma ero comunque contento del loro arrivo, mi avrebbero aiutato ad uscire dall’arena insieme alla cantante senza problemi, e mi avrebbero potuto aiutare a trasportare il corpo zoppicante dell’uomo misterioso. Subito mi rivolsi al comandante dell’operazione di rinforzo che avevo chiamato, il quale mi chiese un aggiornamento della situazione.

“È salva. Manda i tuoi uomini in quella stanza laggiù, ho ammanettato l’assassino. State attenti, non sembra solo un amatore.”

Subito il ragazzo mi rispose.

“Lo abbiamo trovato morto signore, è stato avvelenato.”

“Che cosa?”

Subito intervenne un altro ragazzo del team, appena uscito dalla stanza.

“Abbiamo trovato delle pillole velenose nascoste nel suo orologio, deve essersi suicidato per non essere costretto a parlare al nostro interrogatorio, immagino.”

“Merda.”

Purtroppo avevo perso l’unica fonte di informazioni che avevo. Ma d’altronde non avevo altra scelta, la mia missione principale infondo era quella di salvare la ragazza, e così fu.




La portai nel mio hotel, visto che non vi erano basi CIA a Tokyo, ed in questo momento riposava nel mio letto. Io ero in una sedia vicino a lei col mio computer, che leggevo i suoi file forniti dalla CIA per conoscerla meglio. Era sera, e la finestra che dava sul terrazzo era aperta facendo entrare nella stanza una dolce brezza, che si mischiava all’odore delle candele profumate che avevo sparse per la mia stanza d’hotel super accessorista rendendo così l’aria profumata. Non ci mise molto a svegliarsi, e quando vidi i primi accenni di risveglio posai il mio computer. Appena aprì gli occhi subito scattò seduta a guardarsi intorno, e si lamentò.

“Dove sono? cos’è successo? e chi sei tu??”

Si poteva udire il panico nella sua voce, e subito cercai di calmarla.

“Stia calma miss. Swift. È nella mia stanza d’albergo al sicuro. Sono l’agente Adam Shaw” dissi, mostrando il mio distintivo. “Sono disarmato e non ho alcuna intenzione di farle del male.” continuavo a darle del lei, giusto per formalità.

Subito scattò fuori dal letto e andò nel terrazzo per vedere dove si trovava, e potevo vedere che si stava calmando un pochino. Ma era comunque ancora agitata. Tornò dentro e facendo finta che io manco esistessi andò verso il suo cellulare.

“Devo vedere Dan.”

Subito la fermai, prendendole il polso, e la interruppi.

“Tu non vedi nessuno senza il mio permesso.”

Smisi da quel momento di darle del lei. La ragazza insistette.

“Dan è il mio manager, lui saprà che fare. Avevo un meeting con lui e lo devo assolutamente vedere. Mi dirà lui cos’è successo perché non mi fido di lei, agente Shaw.” disse, con un tono molto sarcastico chiamandomi “agente”.

“Abbiamo già parlato col suo manager miss. Swift. È tutto sotto controllo.”

La ragazza insistette parecchio, comportandosi come una ragazzina viziata, e alla fine la lasciai fare la telefonata. Allo stesso tempo però chiamai il generale Carhood, il mio superiore, e chiesi il permesso di lasciarla incontrare col suo manager. Mi diede il consenso, ma ad una condizione. Che il manager fosse venuto lui stesso a prenderla dalla camera, e che non uscissero per alcuna ragione dalla struttura. Riferii le condizioni alla ragazza, che sbuffando e con un tono parecchio infastidito accettò il compromesso.

Vi era molta tensione nella stanza, percepivo il fatto che la ragazza, anche per la situazione in cui si era trovata, stava sviluppando una forma di odio nei miei confronti. Non aveva ancora chiaro in mente che io ero dalla parte dei buoni, ed io l'avevo salvata da una situazione la quale sarebbe potuta finire molto male per lei. Non aveva ancora capito la gravità delle cose. Stavamo entrambi aspettando il suo manager che arrivasse, come d'accordo, e nessuno dei due spiccicò una parola durante l'attesa. Io stavo al computer a continuare la lettura dei file che mi erano stati inviati, ed ogni tanto alzavo lo sguardo per vedere la ragazza non far niente, stava solo seduta in quella sedia ad aspettare. Ogni tanto si sistemava i capelli velocemente, ogni tanto controllava il cellulare tanto per fare qualcosa. Notai che la stavo guardando, così i nostri sguardi si incrociarono per una frazione di secondo, a seguito della quale continuai a guardare lo schermo del mio mac.

Infine l’uomo si presentò alla porta, e mi chiese se potevano andare al bar al piano terra per avere un po di privacy. Non mi piaceva il fatto che si allontanavano così tanto, probabilmente il generale non avrebbe voluto. Lo vietai fortemente. La ragazza si mise di fronte a me, e con un tono alquanto infastidito si rivolse a me.

"La smetti? sei fastidioso. Prima hai tentato di ammazzarmi e ora mi vieti ogni cosa che voglio, come se fossi mio padre. Io vado, che ti piaccia o no."

Era molto infastidita dalla mia presenza e tutto cio che mi riguardava, ma non potevo perdere la concentrazione, anche se ammetto che mi dava fastidio questo suo comportamento. Cercai di fermarla, ma qualcosa dentro di me mi fermo. Ala fine dopo tutto quello che aveva passato nelle ultime ore si meritava un po di tranquilla, ed infondo era in buone mani, ed era sempre nello stesso palazzo, così come ordinato dal generale. La lasciai dunque andare, ordinando comunque di non lasciare l’hotel senza permesso. L’uomo accettò e così uscirono dalla mia stanza. Vidi l’espressione arrabbiata e svogliata della ragazza nei miei confronti, in effetti mi stavo comportando come un padre premuroso, ma era la mia missione, non potevo lasciare che niente le accadesse.

Andai in bagno, per sistemarmi i capelli velocemente, e vidi che vi era la sua borsa aperta nel mobiletto vicino a me. Non sapevo che fosse li, probabilmente uno degli agenti del team l’aveva appoggiata li. Vidi scorgere un piccolo pacchetto regalo già aperto. Lessi il bigliettino, era da parte di Dan, il suo manager. Era semplicemente una piccola collanina a forma di stella, molto carina. La presi in mano per vederla meglio, per poi lanciarla nell’armadietto per rimetterla a posto. Sbagliai la mira e la collanina cadde a terra. Con l’impatto col terreno la stella del ciondolo si aprì, e vidi che all’interno vi era una minuscola chiave usb. Subito andai al mio computer per vedere il contenuto. Vi erano informazioni di un virus segreto e molto importante iniettato nel corpo di una certa "paziente X" a scopo di preservazione. Non vi erano molte informazioni, ma specificava parecchie volte come fosse molto importante. Feci subito per chiamare il generale ma subito mi posi alcune domande. Perché quel virus era così importante? perché quel chip pieno di informazioni era contenuto in quella collana di Taylor? regalata dal suo manager Dan? perché egli mi ha chiesto di allontanarsi con la ragazza senza di me? quindi nessuno la voleva uccidere al concerto, ma solo rapirla per via di quel virus. E probabilmente Dan faceva parte di loro. Non potevo credere che avevo lasciato Taylor da sola con l’uomo che la voleva catturare e forse uccidere. Corsi molto amareggiato per il mio stupido errore ed il mio calo di guardia, usando tutta la mia velocità dirigendomi fuori dalla porta, afferrando l’iPhone con una mano e le chiavi della macchina con l’atra.
  
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