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Autore: Helmyra    04/06/2014    0 recensioni
[TES Morrowind] “Sarò chiaro sin da subito, donna. Se preferisci sentirti tale, dato che indossi abiti maschili... ti tocca fare il callo a molte cose, il tuo nome sarà il male minore. Capisci cosa intendo?”
“Sì.” Rispose, con le mani che le prudevano per la rabbia.
“Purtroppo, ti ritrovi a pagare gli errori di un'altra persona. Ed io ho una reputazione da mantenere, giochiamo a carte scoperte, in modo da venirci incontro. Il nome è un male minore: dovrai mentire, rubare, uccidere. Fare il lavoro sporco, ciò che i tuoi superiori definiscono gavetta. Il labirinto in cui ti stai addentrando ti potrebbe portar via il senno. Sei un'elfa spensierata, anche se hai l'età per metter su famiglia: ti fingi adulta, ti fingi uomo. Sai mentire, bene. È un passo avanti.”
Aryon, il più giovane consigliere Telvanni, si ritrova contro l'intero concilio e una nuova, maldestra assistente da addestrare. Ma non tutto il male viene per nuocere...
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non avrebbe commesso lo stesso errore.

Sprofondato nella panca, aspirava da un lungo narghilè; il fumo setoso spargeva intorno aromi di hackle-lo, wickweat e fiori delle rocce. Galos scosse la testa nel vederlo in quelle condizioni.

La lettera: sicché, il vecchio si era tirato indietro per l'ennesima volta. E accanto a sé una fiasca di mazte e le credenziali del nuovo mago, che non promettevano nulla di buono.

Una sparuta peluria scura sul volto, capelli in disordine ed una veste da camera allentata condivano l'immagine disinvolta che si era creato.

“A quanto pare, Neloth è diventato arbitro di stile.” Commentò il portavoce, ponendo le mani sulla cintola.

“Taci. Non ti riguarda oramai, non sei ben lieto di riabbracciare la tua donna a Tel Branora? So perché sei qui, lo vedrò per la prima volta.”

“Esatto. Ben lungi dal porgervi una critica, ministro... ma sarebbe opportuno darvi un tono. È una persona comprensiva, ma credo che non sia il modo appropriato per cominciare.”

“La dissolutezza, Galos, e un fiato pestilenziale di liquori e fumo. Bastano pochi accorgimenti per farsi temere, con la buona educazione non si va mai da nessuna parte.”

“Fingere di essere ciò che non siete peggiorerà la situazione.”

“Mm. Che vuoi saperne tu, mica hai sulle spalle una contea! Il mio fallimento ti tange solo in parte.”

Era il giuramento a Tel Vos, però, a cui Galos doveva rispondere. L'aveva visto maturare, facendogli quasi da padre: sotto la sua ala protettrice aveva eretto Tel Vos e strappato alle paludi i terreni circostanti. Era fiero del suo ragazzo, mite e cordiale, talmente in gamba da aver partecipato ad un feroce attacco contro uno dei massimi congiurati nella lotta per il magistero.

Possedeva indubbiamente buon cuore, poiché decise di graziarlo risparmiandogli la morte, a fronte di una soffiata sui traffici illeciti intrattenuti dal vecchio padrone.

Non doveva nulla a Dramos, signore delle terre di Uvirith. Nel conflitto che ne scaturì, il suo quartier generale venne raso al suolo, fatto implodere in se stesso e traslato in un piano dimensionale estraneo al Mundus. Galos non trovava attendibili le facezie di mercanti ed alchimisti, che raccontavano di fulmini, cancelli infuocati e frottole d'infima specie.

Gothren era l'unico a sapere com'erano andate le cose, perché egli stesso aveva aperto il portale. Il braccio destro di Dramos, detentore di Tel Aruhn, era stato assassinato per mano di Aryon e col tacito appoggio dei restanti membri della fazione, disposti a tutelare esclusivamente l'immobilità delle loro vite quotidiane.

Nello studio del giovane ministro dimorava la quiete, le fresche pareti della torre erano lisce al tatto, sprigionavano un odore di terra e foglie bagnate tipico del sottobosco, o degli organismi vegetali in piena crescita. I vivaci tappeti in seta e i cuscini sparsi sul pavimento facevano da contrappunto al legno scuro del soppalco in cui amava ricevere gli ospiti. Aryon si era occupato di persona della crescita del fungo, per far sì che il progetto seguisse l'ispirazione, le novità della sua linea politica. Purtroppo, non ricorrere ad uno specialista gli riservò subito amare sorprese: il forte imperiale in disuso, che doveva esser inglobato da radici e volute, finì per sostenere il gambo al centro della corte, diventandone la base portante. Per evitare che le radici danneggiassero le fondamenta, ridusse la dimensione della torre e preferì valorizzare ciò che restava ancora in piedi.

Quello che aveva fatto, tuttavia, lo doveva solo a se stesso. Si irrobustiva, giorno dopo giorno, come il fungo che era divenuto la sua casa.

“È vero, siete voi che comandate queste terre... ma la gente vi vuole bene. Se abbiamo scelto di starvi accanto è perché nutriamo fiducia. Non confidavate in me nei primi tempi, ricordate? Avete riconfermato la mia posizione, nonostante appartenessi alla fazione di Dramos. Vi dirò una cosa, Perla non è entusiasta del nuovo compito e ricambia la vostra diffidenza. Pur di recapitarvi il messaggio ha corso il rischio di essere assassinata: mi è arrivata la lettera per voi, con le ragioni del suo ritorno attardato. Divayth ha anche scritto che vi ha difeso, sebbene non vi conoscesse, per favorire la vostra causa. Per il dovere, capite?”

“Perché parli di Perla? Non mi tocca ricevere un uomo?”

“Pensavo che aveste capito: la chiamano tutti in quel modo per nasconderle l'imbarazzo di sentir pronunciare il suo vero nome. In effetti... è cacofonico, orribile. Magari potreste scucirle la verità, quando sarete il suo padrone.”

Assassinata. Quindi era già risaputo, quel segreto da cortigiana... sulla bocca di tutti ma taciuto solo in apparenza. Bisognava metterla in guardia al più presto...

Eppure, pensava soltanto allo stato pietoso in cui versava. Aveva mandato via i servitori, desiderava rimanere solo. Da giorni non si radeva, e come un bullo di bassa lega della Camonna Tong si era fatto crescere la barba per impressionare il presunto nuovo venuto.

“Maledizione!” Urlò, gettando a terra il narghilè.

“Comprendo la vostra agitazione. A quanto pare, gli avversari sono al corrente delle nostre mosse.”

“Non posso permettere che Tel Vos diventi un lazzaretto.” Commentò Aryon, risoluto. “Galos, recupera due ampolle di pozioni rinvigorenti, fra quelle che ho distillato tre giorni fa. Ah, e in caso sia possibile... chiedi all'alchimista se ha ancora del muschio Telvanni da qualche parte.”

“Perdonate, signore...” pronunziò l'altro, incerto. “a cosa serve il muschio, se bisogna praticare una magia di guarigione?”

“Mm.” Il ministro tentennò, troppo a disagio per spiegare. “Il muschio è per me. Se non posso mostrarmi in ordine di fronte ad una dunmer... tanto vale provarci, almeno!”

 

Se lo figurava esagitato, davanti allo specchio e con le mani impasticciate di gelatina, mentre recuperava in fretta le pozioni, la nipote acquisita e... già, il muschio Telvanni. Un bell'aspetto comportava sacrifici, resi di sicuro più accettabili se erano colonie di shalk ad esser immolate alla causa. Cacciare gli scarabei del fuoco tra le rocce laviche era un lavoro che fruttava abbastanza bene, anche se la distillazione del balsamo più ricercato dalla nobiltà di Vvanderfell richiedeva una massiccia dose di resina ed erbe officinali. Un noto speziale, che ricavava ed investiva i proventi dei suoi commerci in materie prime di pregio, gli aveva raccontato delle lunghe battute di caccia nelle terre cineree. Settimane estenuanti trascorse in accampamenti spartani a ridosso dei crinali delle montagne, per difendersi dal vento: i cacciatori partivano al levar del sole e facevano ritorno al tramonto con il bottino della giornata. Gli insetti venivano infilzati uno ad uno e conficcati sulla punta acuminata di una canna essiccata a fuoco, tra le sottili giunture dell'esoscheletro; per facilitare il trasporto fino alla base. Invece, l'estrazione della resina avveniva nei laboratori delle torri, e l'intero processo era sottoposto alla supervisione dei funzionari a palazzo.

A far lievitare il prezzo era la manodopera: invece, le tasse imposte dal casato erano quasi sempre accettabili. La sostanza ambrata macerava per giorni in un brodo di oli e spezie, per ottenere la consistenza pastosa tipica del muschio Telvanni.

Aveva lasciato Perla nella torre dei servizi a leggere un libro, schiena al muro, e la ritrovò intenta a discutere con Milar ed Andil sulla flora del bacino di Niben. Parlava di alberi lunghi centinaia di piedi, di prati bagnati da rugiada: Andil aveva viaggiato nella provincia imperiale, e lamentava la mancanza di pini e querce nelle terre riarse di Morrowind.

“La nostra cultura è basata sulla mancanza: per noi dunmer, la sobrietà dei costumi e il minimalismo degli arredi riflettono l'ambiente. I Nord sono un popolo fiero, sprezzanti e diretti quanto le bufere di neve della loro terra natale. Noi siamo stati forgiati dal fuoco della Montagna Rossa, ed esaltiamo gli sprazzi di vita che la natura ci offre nelle piccole cose. Il legno è merce rara, lo utilizziamo con parsimonia per costruire navi e arredi. Gli imperiali hanno introdotto le case imbiancate di malta ed intonaco, sostenute da tavole e tralicci di legno. La pietra dura di più, e resiste alle intemperie: sfido io, a costruire una costruzione simile ad Ald-Ruhn!”

Milar dissertava con foga, e gli altri due erano assorbiti dal suo discorso, finché il loro sguardo non incrociò quello di Galos.

“Qual è l'argomento di oggi, naturalismo indigeno?” Domandò, sdrammatizzando la cosa.

“Io direi, piuttosto, non ho bisogno di graziosi fiorellini per migliorarmi la vita.”

“Utilizzare boccioli di lino, al posto di cuori di Daedra e sali di vuoto per le pozioni magicka, la rende di sicuro più facile!” E Milar portò il dorso della mano sotto il mento, in attesa di confutare le affermazioni di Perla.

L'erborista dunmer ed Andil, il collega altmer, conducevano ricerche sulle proprietà benefiche delle piante patrocinati da Aryon. Erano convinti che sarebbero riusciti a conquistarsi l'approvazione degli imperiali sperimentando nuove ricette, favorendo in tal modo la vendita di pozioni al di fuori della ristretta cerchia del casato. Una relazione commerciale, un timido inizio per intraprendere un dialogo fondato sui reciproci bisogni, e creare nuove alleanze.

“Come va la spalla? Andil ti ha cambiato le bende?”

“Non ancora.” Rispose Perla, allargando le braccia in fuori. “Mi ha detto di conferire con Aryon e poi di tornare qui. A proposito, si è offerto di andare di persona a consegnare le pozioni. Spero che sappia cosa fare.”

“Certamente!” La tranquillizzò, scostandole una ciocca dalla fronte. “Mi raccomando, chiamalo Ministro... e comportati da signora. Tieni a freno la lingua, niente cadute di stile. Intesi?”

L'elfa oscura abbassò lo sguardo, nervosa. Dondolava la gamba, sfiorando il pavimento con la suola delle scarpe di cuoio: lo faceva in continuazione quando si sentiva a disagio.

“Andil, due ampolle di pozioni di guarigione e del muschio Telvanni.”

Si allontanò con la circospezione di un topo di campagna, ospite indesiderato nella ricca dispensa di una taverna. Non era sua abitudine chiedere, per fortuna. Rimaneva impassibile, senza lasciar trapelare la benché minima emozione.

Si trattenne nell'ala dei mercanti, concedendo al maestro il tempo necessario per prepararsi; per meditare ed assumere la regalità di un mago acclamato. Un grande cambiamento, ponderato nelle piccole cose. Presagi che si sarebbero avverati, se avesse accantonato l'inquietudine in cui l'aveva gettato il tradimento di Raldas.

La ragazza era un baule vuoto da riempire: la conduceva per mano, mentre volavano verso la torre... non sapeva se le stesse facendo del male; aveva deciso per lei, obbligandola a rinunciare alla sua allegria.

La stava trasformando, su di lui incombeva l'ombra del pentimento. Era l'uomo politico che aveva preso il sopravvento.

 

Tel Vos era un posto strano, quanto il suo signore. Una muraglia in pietra circondava le abitazioni preesistenti, accostate l'una sull'altra in maniera disordinata. Riempirono lo stomaco con un tozzo di pane e una zuppa di marshmerrow, serviti alla porta da una contadina khajiit. Aveva decorato il pergolato con un tessuto a fantasie floreali, tinto a cera e pigmenti: ben s'intonava con la vegetazione delle Grazelands, una rada distesa di erba ingiallita e spighe dal profumo di fieno seccato al sole. Un pezzo di Elsweyr a Vvanderfell: esibiva le tradizioni delle sue terre con orgoglio, per protesta, forse? La sua cordialità lasciava intendere tutt'altro.

Aveva insistito che visitasse la torre, la residenza di colui che si prendeva cura di loro con paterno affetto.

“Sha'zari non mente. Sha'zari ha visto il fungo crescere coi propri occhi. Il ministro ci ha donato la dignità di vivere da cittadini, qui dove il vento e la malattia prosciugano l'anima. Vedi la torre, dico. Ha sconfitto la siccità, ci recherà benessere.”

Verde smeraldo. Lucente e punteggiato da uno stuolo di gocce d'acqua e granelli di sabbia bagnata. Le radici affondavano in un tappeto di muschio e pietra, un forte che la legione imperiale aveva abbandonato dopo aver perso la battaglia contro la natura inospitale.

Dove sono i cristalli? Quando l'ansia aveva la meglio ondeggiava la testa, immaginava il vibrare languido del quarzo nella Sala del Concilio. Aveva sentito dire che le onde sonore emesse dalle pietre stimolavano le piante ad una crescita sana, composta. Magari, nel sottosuolo...

Tirò fuori il libro, mentre Galos scambiava notizie con un mercenario imperiale, un uomo dal collo e le braccia solcati da cicatrici bianche e frastagliate. Indossava un'armatura di metallo pesante e un guanto daedrico lustrato, in bella mostra sull'avambraccio sinistro. Si soffiava il naso camuso, riponendo ogni volta il fazzoletto in una cintura a tasconi, da cui pendeva anche il fodero della spada.

“Mi sono buscato un malanno, gli Zainab non collaborano e siamo al punto di partenza. Quei selvaggi si ostinano a mandarci via, dicono che non hanno bisogno di nulla!”

“Difendono il loro territorio e attaccano a vista gli invasori. Ci mandano via illesi perché sanno che non gli torceremo un capello, ma... sono dei conservatori, temono che potremmo condizionare la gioventù ad abbandonare le usanze secolari della tribù. Gli agi della vita urbana corrompono le virtù del guerriero... è questo che pensano.”

Non parlò ancora, ma rivolse lo sguardo verso un soldato in cima alle scale, che fece cenno di salire. La guardia imperiale chinò il capo, e Perla seguì lo zio acquisito fissando i gradini.

La stanza profumava d'incenso... inebriante incenso. Le nuvolette di fumo giallastro avvolgevano le piante, gli arazzi color terra bruciata. Un uomo di statura modesta armeggiava alla scrivania, in piedi, forse riponeva alcune gemme spirituali in un cassetto. Brevi ticchettii, un sordo tonfo e il fruscio della lunga veste da camera, adagiata sulle spalle come un mantello.

Perla trattenne il respiro, tesa quanto la corda di un arco. Avrebbe visto il suo signore, il giovane ministro che sarebbe stato un padre, per lei. Sì, l'avrebbe servito come un genitore... una mano gentile ad accarezzarle i capelli, parole confortevoli, dal sapor di crema di riso. Ogni sera, prima d'addormentarsi, aveva immaginato un elfo di mezz'età: occhi allegri, ridenti; incorniciati da sottili grinze. Quasi una copia di Galos, ma più compassato... il tepore lieve di una giornata d'autunno.

“Eccoti qui, Azarpar. Sono Aryon, ministro di Tel Vos, e lieto di averti qui a palazzo... sì, potrei patrocinare la tua carriera, se dimostrerai d'esser all'altezza.”

“Ah.”

Da secoli non sentiva pronunciare il suo nome. Era davvero così brutto? Così gutturale e ridicolo? Forse le aveva lanciato un incantesimo paralizzante, perché non riusciva a muoversi. A pensare qualunque cosa. Nulla stava andando secondo i piani... e poi Aryon era realmente giovane. Una via di mezzo tra la sua età e quella della zia...

Galos le piantò un piede dietro le ginocchia e finì a terra, prostrata di fronte a lui. Il ministro non lo trovò divertente: la degnò soltanto di una fredda indulgenza, quasi avesse messo in conto di ritrovarsi una goffa provinciale tra gli ospiti.

“Inchinati, per gli dei. E fa' come ti ho detto!” Sibilò sottovoce lo zio.
Perla si piegò in un drammatico inchino, osò alzare la testa per lampeggiargli un'occhiata veloce: si sarebbe messa l'anima in pace, se l'avesse fraintesa per un attimo di esitazione...

Invece, incontrò il suo sguardo perplesso, le iridi scarlatte contornate da occhiaie. Accorciò le distanze, attratta da un profumo piacevole a lei sconosciuto... ed invitante.

“Rialzati.” Le ordinò lui, con riluttanza. “Galos, non c'è bisogno di trattarla in questo modo. Col tempo si abituerà.”

Era infagottato in una ricca stoffa lucida, con dei ricami geometrici a rilievo. Blu oceano su una camicia di lino, e dei pantaloni alla zuava infilati in un paio di stivali in cuoio annerito. Si trovava abbastanza in basso da poter notare che la pelle di netch era stata bucherellata e bruciata in alcune zone per delineare un disegno astratto, onde e fulmini, forse. Anche i capelli erano mossi, donavano esuberanza ad un volto dai tratti affilati, ricoperto da lentiggini chiare.

Se non fosse stato un ministro nessuno l'avrebbe preso sul serio: le ricordava molto Gils Drelas, quel ragazzino che tutti gli elfetti del circondario chiamavano il devastato, semplicemente perché il suo incarnato somigliava ad una carta geografica.

“Siete troppo gentile, ministro. Non vorrei essere insolente, ma preferisco Perla al mio nome reale. È imbarazzante.”

“Non sono d'accordo.” Le sue labbra pallide e piene si schiusero in un sorriso altezzoso. “È il nome con cui sei nata. Meno vorrai udirlo e meno te ne farai una ragione.”

“Più l'ascolto e più l'odio.” Rispose di rimando, con una smorfia.

“Perla! Anzi no, Azarpar... cosa ti avevo detto?”

“Lasciaci soli, Galos.” Soggiunse seccamente, agitando in aria una mano snella. “Ora che è qui desidero farle alcune domande. Meglio se in privato, specie se sarò io a guidarla.”

Il portavoce abbandonò la stanza, senza fiatare. All'improvviso le mancò la forza di affrontarlo, ma non doveva desistere. Si trattava di una prova di fermezza, nervi saldi.

“Sarò chiaro sin da subito, donna. Se preferisci sentirti tale, dato che indossi abiti maschili... ti tocca fare il callo a molte cose, il tuo nome sarà il male minore. Capisci cosa intendo?”

“Sì.” Rispose, con le mani che le prudevano per la rabbia.

“Purtroppo, ti ritrovi a pagare gli errori di un'altra persona. Ed io ho una reputazione da mantenere, giochiamo a carte scoperte, in modo da venirci incontro. Il nome è un male minore: dovrai mentire, rubare, uccidere. Fare il lavoro sporco, ciò che i tuoi superiori definiscono gavetta. Il labirinto in cui ti stai addentrando potrebbe portarti via il senno. Sei un'elfa spensierata, anche se hai l'età per metter su famiglia: ti fingi adulta, ti fingi uomo. Sai mentire, bene. È un passo avanti.”

Gli avrebbe tirato un calcio in mezzo alle gambe, magari avrebbe avuto un assaggio della sua presunta virilità. Ma ascoltò in silenzio, in catene. Ah, il profumo...

“Mi ero sbagliato su di te; volevo essere gentile, ma ho cambiato idea. Basta solo una parola.”

“Giusto, una parola.” Lo incalzò Perla, in piedi e seguendolo con attenzione, costretta dalla luce, come un girasole. “Giocare a carte scoperte? D'accordo. Lo sto facendo per mio zio, Galos: mi ha detto che vi prenderete cura di me, ma mi è bastata una parola... una sola, banale parola, per rendermi conto che era in buona fede. È una brava persona.”

“Lo conosco da anni, ormai. Non c'è bisogno che tu me lo ricordi.” La interruppe, ghignando. “Avanti, continua pure.”

“Siete giovane, ma anche presuntuoso. Il potere vi ha dato alla testa; tuttavia, sono io a condurre il gioco. La pedina, la goffa apprendista che è crollata di fronte a voi come un peso morto. Se io rifiutassi non avrei nulla da perdere. Ma voi? Siete sospettoso, signore... ma questo non vi rende lucido, vi estrania dalla realtà. Avevate una certezza oggi: se andrò via rimarrete solo. Tornerete al punto di partenza.”

“Un servo vale l'altro.” Commentò, indifferente.

“Il tempo è vostro nemico.”

“Il tempo è nemico di se stesso, nella sua stessa clessidra.” Contrattaccò Aryon, a braccia conserte. “Non sei male, hai spirito. Questo te lo concedo.”

Azarpar spalancò la bocca, a quanto pare non si trattava di una lotta verbale. Sciocca, sciocca.

“Io... pensavo che mi steste insultando. Nei libri che ho letto... accade così.”

“La vita è un romanzo scontato.” Rispose, facendosi più vicino. Quale fragranza indossava? Poteva essere... quell'essenza costosa, col potere di rendere tutti inermi e consenzienti? Sentì un nodo allo stomaco e la gradevolissima sensazione di separarsi dal proprio corpo, di raggiungere il paradiso.

Non si era rasato, la barba spiccava appena sul mento lentigginoso, a ciuffi radi. Le faceva tenerezza, non sapeva perché... forse le sembrava un ragazzino.

“Mi sento... strana.” Gli afferrò il bavero della veste da camera, e la cintura si slacciò sotto la pressione delle sue piccole mani. Ah, non capiva... non capiva nulla.

“Non sei granché come illusionista, devo ammettere. E che stupido io, ho esagerato con questa roba.” La prese in braccio, evitando che cadesse. Per fortuna non l'aveva udito inveire contro se stesso. “Galos, abbiamo un problema qui. A quanto pare la tua parente se la cava. Purtroppo, nessuno resiste al muschio Telvanni.” E rise, stringendola a sé mentre l'adagiava sulla panca.
 



Finalmente, ecco la parte finale di questo capitolo. Anche queste pagine sono tra quelle che avevo già scritto mesi fa, ho deciso di pubblicarle lo stesso perché non so quando troverò la concentrazione per scrivere... e non volevo che trascorresse troppo tempo tra un aggiornamento e l'altro.
Sì, questa parte è un po' lenta, ma spero che vi piaccia lo stesso. Ho provato a descrivere a modo mio alcune situazioni quotidiane a Morrowind, ad inventare un antefatto per la casata Telvanni prima dell'ascesa di Gothren. Forse questo non è importante, ma potrebbe esserlo in seguito.
Alla fine, il mistero del nome reale di Perla è svelato... in una maniera un po' improvvisa, volevo che fosse così. :D Il primo incontro tra Aryon e l'apprendista è pieno di alti e bassi, ovviamente entrambi hanno molto da attingere, l'uno dall'altra.
Grazie a chi mi segue con pazienza, nonostante la mia lentezza. A presto!
  
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