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Autore: Oducchan    05/06/2014    3 recensioni
Andare all’università è stata una pessima idea.
Ritrovarsi a giocare assieme dopo il diploma, dopo una vita come avversari, può portare a conseguenze imprevedibili
[Ushijima/Oikawa, con uno sprazzo quasi invisibile di OikawaIwaizumi]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick autore: Queen of the lower court 
Titolo: On top of the world
Personaggi: Ushijima Wakatoshi, Oikawa Tooru, Iwaizumi Hajime
Pairing: UshiOi (slight, mooolto slight OiIwa per chi vuole vedercela)
Genere: introspettivo, romantico, angst, generale
Avvisi: spoiler? poco pochino, su
Rating: arancione
Note:
è una storia strana. Stranissima. Non mi convince appieno, specie il frammento sulla nazionale giapponese, ma non so come meglio modificarla e se ci penso ancora un po' finisce che la cestino, quindi... ditemi voi. Ditemi quello che secondo voi non va.
Also, ho impiegato secoli per inserire Iwaizumi e... uh... non doveva venire un triangolo e non è che c'è un triangolo ma c'è aria di triangolo anche se no, non l'avevo considerato... Battute di pessimo gusto a parte, c'è un velo di OiIwa sotto che si vede appena appena. O forse no.

 


On top of the world






Andare all’università è stata una pessima idea.
Andare a quell’università è stata una pessima idea. Corsi interessanti, sicuro, ottimi insegnanti, una buona organizzazione nell’insieme, un campus pulito e ordinato... ma nel momento stesso in cui aveva messo piede nella palestra destinata all’uso esclusivo della squadra di pallavolo del college, se ne era pentito immediatamente.
Era bastata una frase.
-Ushiwaka-chan, anche tu qui?-
Smielata, cantilenante, finta. Oikawa Tooru gli aveva sorriso, una positività accuratamente simulata che si irradiava dal viso solare, e Ushijima era arrivato a tanto così dal tirargli un pugno. Lui che non perdeva mai la calma.
-Oikawa-
Pessima, pessima idea.
 
Gli allenamenti non vanno meglio. Sono un continuo diluvio di frecciatine, occhiatacce, pugni serrati e smorfie di vario tipo. Mezza squadra si tiene a un buon passo di distanza da loro, quando il coach gli riunisce per elaborare le strategie di attacco, probabilmente terrorizzati da quell’aurea di superiorità che li circonda.
L’altra metà si prostra ai loro piedi, adorante. È bastata una semplice partitella, le matricole contro i veterani. È bastato che Oikawa toccasse la palla con quelle sue dita che fanno miracoli, e la indirizzasse a lui.
Pura e semplice perfezione.
Il guaio è che Ushijima se n’è accorto subito, di come fosse assolutamente facile colpire i palloni di Oikawa.
Come se già non lo sapesse, che quell’essere è magicamente in grado di adattarsi allo stile di gioco di chiunque e di plasmarlo verso il meglio, per esaltare il potenziale di ciascuno. Non dovrebbe essere una sorpresa, che possa farlo anche con lui, nonostante passi il resto del suo tempo a provocarlo. Eppure... eppure lo è, perchè tra il viverlo da avversario e subirlo da compagno di squadra c’è una differenza abissale.
Non aveva mai preso sul serio l’idea, ma ora si sente terribilmente furioso con quella squadretta liceale, che non ha saputo levigare al meglio questo diamante grezzo.
 
-Dovresti dedicarti a me-
Oikawa batte un paio di volte le palpebre, prima di lasciarsi sfuggire un sorrisetto irritante. Non ride, non smette nemmeno di palleggiare, non lo guarda neanche.
-E perché dovrei, signor So Tutto Io? Ci sono altre quattro titolari in questa squadra, senza parlare delle riserve-
-Ma io sono l’asso- insiste, pragmatico, perché è un ragionamento così chiaro e lampante che proprio non capisce come faccia quel... quel coso a non arrivarci. Lui è l’asso. Le alzate dovrebbero arrivare a lui.
-Non essere sciocco, Ushi-chan- cantilena l’altro, prima di decidersi ad sollevare il pallone nell’aria –Non mi sottometto a nessuno. Io sono un re-
Wakatoshi non deve nemmeno sforzarsi. Salta sui due piedi, e schiaccia quel pallone di là della rete, con la stessa facilità con cui respira.
-Lo vedremo. Lo vedremo-
 
Vengono convocati in nazionale entrambi, quella primavera. Niente under 19, niente campionato giovanile, no, stavolta è la squadra maggiore coi colori del Giappone. Improvvisamente smettono di essere delle superstar e si ritrovano ad essere dei giocatori comuni in mezzo a tanti altri, perché la competizione è alle stelle e due diciannovenni, per quanto talentuosi come loro, non possono avere di certo la stessa esperienza e le stesse capacità di giocatori più esperti che il mondo lo hanno già affrontato più e più volte.
Riescono comunque a farsi notare, e ad arrivare su qualche giornale, ma nulla di più. Assaporano il gusto amaro della panchina, una frustrazione dietro l’altra, osservando dalle sue sponde lo sfumare di un sogno che hanno atteso tutta la vita.
La prossima non andrà così. La prossima volta, su quel campo, ci saranno  anche loro.
 
Succede per la prima volta dopo il ritorno a casa. Quando tutti si sono fatti avanti per sapere i dettagli della loro avventura e per consolarli dell’impresa mancata. Come se ne avessero bisogno. Succede al termine di un allenamento sfiancante, in cui Oikawa si rifiuta di alzargli anche solo un pallone e Ushijima si ritrova a sfiancare il setter di riserva, che non ha nemmeno lontanamente il talento del titolare nè la concentrazione dell’alzatore che aveva alla Shiratorizawa. Succede al termine di un allenamento un po’ sprecato, che termina con uno scoppio di urla e di grida negli spogliatoi.
Succede.
Un secondo prima Ushijima sta sibilando i peggiori insulti che gli attraversano la mente, uno dopo l’altro, le parole che rimbombano pesanti nella stanza vuota. Quello dopo, Oikawa lo spintona con furia contro la fila degli armadietti, facendogli sbattere sonoramente la spalla contro una delle ante rimaste aperte, facendo esplodere un’ondata di dolore giù per il braccio. L’attimo dopo ha la bocca aperta contro le sue labbra impastate di sudore, le dita affondate negli umidi capelli castani, e un principio di erezione che stilla aghi di piacere tra le gambe alla più piccola frizione che intercorre tra loro.
Tooru ansima qualcosa, qualcosa che le sue orecchie offuscate dalle vertigini non riescono a cogliere, ma non importa. Lo solleva di peso, sdraiandolo sulla panca più vicina, e gli abbassa i pantaloncini.
 
Non finisce lì. Non riesce a farla finire lì. Lo ignora per una settimana, concentrandosi esclusivamente sullo studio e sul gioco, distruggendo ogni risorsa fisica del setter di riserva –non ricorda nemmeno il nome del poveretto. Ha in mente solo la forma delle sue mani, il modo in cui sfiorano la sfera prima di allontanarla verso di lui, nient’altro-, arriva a non parlargli neppure e a chiedere all’allenatore di potersi allenare separatamente.
Lo ignora una settimana, poi si ritrovano di nuovo allo stesso modo, negli spogliatori ormai vuoti, con le mani di Oikawa nelle mutande, attorno al suo sesso e su per il culo.
La cosa peggiore è che non se ne dispiace affatto. Non riesce a dispiacersene. Vanno avanti in quel modo per quasi un mese senza dirsi nulla che non siano i propri nomi, una sequela infinita di gemiti, e una buona dose di incitamenti rochi e senza fiato; senza regole, senza paletti, senza confini, si divorano a vicenda e basta ma avendo cura di lasciare il banchetto incompleto, andandosene insoddisfatti, con lo stomaco vuoto, nella sciocca convinzione che sarà quello a farli tornare indietro la volta successiva.
 
Oikawa lo respinge per la prima volta dopo due mesi e mezzo. Ha il fiato corto e gli zigomi chiazzati di rosso e la maglietta arricciata fino al collo, ma lo spinge via con irruenza.
-Stavolta no, Ushi-chan-
Ushijima resta lì a fissarlo ad occhi spalancati, senza reagire. Tooru si riveste in fretta, senza guardarlo, e balbetta una spiegazione, rapida, le parole che si accavallano e si annodano tra loro.
-Ho un esame tra due settimane e Iwa-chan mi sta aspettando per studiare assieme, non posso arrivare tardi anche stavolta, sarà furioso...-
Ancora stordito dai baci affamati che si sono scambiati, Wakatoshi fa una fatica terribile a rimettere i tasselli a posto quel tanto che basta per comprendere quello che ha detto. C’è solo una cosa che gli rimane ben impressa.
Iwa-chan.
-Iwaizumi? Iwaizumi Hajime?-
Tooru si limita ad annuire, buttando la divisa nella borsa e chiudendo rapidamente la zip. Continua a non guardarlo, e probabilmente è quello che gli fa serrare convulsamente lo stomaco, serrare i pugni e digrignare i denti.
Oikawa se ne va senza aggiungere altro.
 
Iwa-chan ha smesso di giocare a pallavolo, dopo quella finale sfumata contro la Karasuno. Ha scelto di fare la persona seria, almeno lui, di togliersi le ginocchiere e le scarpette e di dedicarsi solamente ai suoi libri di ingegneria.
Iwa-chan ha smesso di giocare a pallavolo, non è più lì al suo fianco a sudare, correre, cercarlo con lo sguardo, schiacciare il pallone, tirargliene uno addosso quando lo fa particolarmente arrabbiare. Iwa-chan ha smesso di essere la sua ombra e la sua arma, ma non ha smesso di stargli vicino.
-Oikawa! Si può sapere dove diamine eri finito?!? Sarà mezzora che ti aspetto!-
-Scusa, scusa, non ho visto che ore erano, mi stavo allenando e così...-
Iwaizumi lo fissa, furibondo, probabilmente pronto a starnazzare qualcosa d’altro in difesa della propria indignazione, ma la sua espressione cambia. I suoi occhi si fanno più cupi, più affilati, le sue sopracciglia si aggrottano un poco sulle iridi nere e la mandibola si contrae, un piccolo guizzo che passerebbe inosservato, se Oikawa non se lo stesse aspettando.
-Andiamo, idiota- sibila, bruscamente, distogliendo lo sguardo e girando i tacchi, prima di incamminarsi verso la biblioteca.
Osservando le sue spalle tese, Oikawa si sente soffocare dal senso di colpa. Lo sa, che Hajime è furioso. Lo sa, che vederlo con le labbra gonfie, i segni dei morsi che nonostante i colletti alti fanno in tempo a far capolino sulle spalle, e i graffi sulle braccia, si fa più adirato che mai. Una rabbia che non sfoga colpendolo a più riprese ma che cova in sé stesso, fino a farla inacidire.
Lo sa, che Iwa-chan sa perfettamente chi è che lascia tutte quelle tracce sulla sua pelle, e sa anche che il conoscerlo lo fa solo incazzare di più. Perciò tace, e si incammina dietro di lui.
 
L’allenamento è un disastro. Wakatoshi non riesce ad eseguire una schiacciata decente, non riesce ad evitare il muro che i suoi compagni gli innalzano ostinatamente innanzi, non riesce a recuperare nessuna delle palle libere, non riesce a fare nulla che non sia pensare ferocemente al suo alzatore che pare fare apposta a farlo sbagliare.
Finisce che litigano di nuovo. Di fronte a tutti.
-A lui ti eri dedicato. A lui ti piegavi. Perché a me no?!?-
Oikawa sbatte le palpebre su quegli occhi chiari.
-Di cosa stai parlando?-
Wakatoshi ringhia, la furia cieca che gli monta in corpo con la rapidità di una frustata.
-Lo sai, di cosa sto parlando-
Oikawa continua ad aprire e chiudere gli occhi come un pesce spiaggiato, trascinato fuori dal suo ambiente, e Ushiwaka non riesce a trattenersi.
-Non ho bisogno di uno come te-
Si volta, uscendo a passo di marcia dalla palestra, e si premura di sbattere i portoni alle sue spalle. Non sa perché si senta così furioso. Non sa perché si senta così arrabbiato.
Non sa perché si senta così tradito.
Non sa perchè, nonostante tutto, conservi una gran voglia di prenderlo per i fianchi e far l’amore con lui fino a non avere più fiato. Il pugno che assesta con ira contro il muro non lo aiuta di certo a chiarire i suoi dubbi.
 
-Oi?-
La voce di Iwaizumi, bassa ma irritata, lo riporta alla realtà. Oikawa sbatte le palpebre, tornando a mescolare il milkshake ormai sciolto che ha ordinato senza veramente aver fame. Non ha più fame da quasi due settimane.
Non vede Ushijima da quasi due settimane. Non viene più agli allenamenti.
-Scusa, Iwa-chan, sono un po’ stanco. Stavi dicendo?-
Iwaizumi si limita a fissarlo, in silenzio. Lo scruta come se fosse una mappa, una mappa di un luogo complesso e assai inaccessibile, di cui un tempo conosceva bene i territori e i confini e che ora invece gli sono improvvisamente  preclusi, completamente alterati rispetto alla sua memoria. Lo fissa, senza battere ciglio, continuando a sorseggiare la sua cola, e poi sbotta, sospirando.
-Tra tutti quelli cui mi aspettavo tu potessi andar dietro, l’ultimo della lista era il bellimbusto della Shiratorizawa. Non riesco a sopportare che tu ti faccia fare... cose da quel tipo. Sarebbe come dire che gli ultimi sei anni sono stati sprecati. Che abbiamo veramente perso, contro di lui-.
Oikawa ispira, bruscamente, sentendo i polmoni andare rapidamente a fuoco. Non vuole parlare di questo. Non con Hajime. Non vuole parlare di Wakatoshi, del suo sguardo duro e severo, delle cose che sanno fargli le sue mani sulla pelle. No.
Iwaizumi fa una smorfia, mordendo la cannuccia e poi appallottolando la lattina, abbassando finalmente lo sguardo.
-Dio santo, sembri un adolescente alle prese con la prima cotta. Datti un contegno-
E, per la prima volta da quando si sono diplomati, gli tira una sberla sulla nuca, forte, così forte che per poco non sputa il boccone che stava ingoiando e non gli fa uscire gli occhi dalle orbite. E poi gli arruffa i capelli, rapido, gentile. Una cosa che non faceva più da tanto, troppo tempo.
-Parlagli, coglione. Non posso soffrirti, quando sei così depresso-.
Oikawa si ritrova da solo a piangere sul suo milkshake, perché Iwaizumi se n’è andato a lezione, lasciandolo lì a fare i conti con quelle lacrime amare e con il suo cuore in fiamme.
 
-Ushijima!-
Mezzo corridoio si volta insieme a Wakatoshi. Oikawa gli si piantona davanti fuori dal laboratorio di biologia, le braccia conserte e l’espressione tesa ma estremamente decisa. Parla prima che possa ingiungergli di tacere, di abbassare la voce o di andare da un’altra parte.
-Non m’inchino ai tuoi comodi. Puoi anche essere l’asso della squadra, ma senza di me darai sempre e solo metà del potenziale che hai in corpo. Io non voglio dedicarmi a te. Voglio giocare con te. Voglio giocare in nazionale con te, voglio conquistare il mondo con te. Voglio che tutto il pianeta veda quanto “Mister Giappone” possa veramente valere con un setter come me a tirar fuori tutta la sua potenza-.
Ushijima tace. Aggrotta la fronte, preso in contropiede.
-Ci sono setter ben migliori di te. Quello della Karasuno, per esempio-.
-Se vuoi aspettare altri due anni per far diplomare Tobio-chan, libero di farlo. Io non ho intenzione di attendere così a lungo. Io voglio arrivarci ora, in cima al mondo-.
L’altro continua a fissarlo, con quella sua espressione così severa e composta che più che una matricola universitaria pare sia un quarantenne, per quanto avvenente. Bello come un dio, un dio crudele e allo stesso tempo caritatevole, perché lascia andare la borsa e gli appunti e si piega a baciarlo, lì in mezzo al corridoio, davanti a tutti.
-Si può fare- proclama, senza arrossire, senza vacillare –Si può fare-
È la più strana delle dichiarazioni d’amore che Tooru si è mai sentito rivolgere, ma tutto sommato non è di sicuro la peggiore. Ride, e ricambia, le labbra schiuse in un sorriso entusiasta.
   
 
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