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Autore: Blackmoody    05/06/2014    2 recensioni
[...] e sulla parete si delineò una fenditura dai contorni danzanti, una sorta di stretto uscio aperto su stelle e oscurità che vacillavano e svanivano a tratti. Qualcuno allora si fece avanti attraverso quel nulla, titubante e forse sorpreso, e il Dio degli Inganni distinse una robusta creatura dalla pelle cerulea coperta da una leggera armatura di cuoio scuro. Un manto di pelliccia gli pendeva dalle spalle e una corta daga dal fianco sinistro, e le sue iridi sanguigne lo fissavano prive di astio.

Circa un anno dopo l'ultima grande battaglia contro il Folle Titano, la vita di Loki di Asgard ed Erin di Galway scorre pacifica – in attesa, forse, di nuove opportunità di conquista da cogliere. Ma c'è qualcosa del suo passato con cui l'Ingannatore ha ancora un conto aperto: qualcosa che giungerà dal buio di vaste e antiche lande di ghiaccio e neve.
SEGUITO DI THE MAJESTIC TALE, post-Avengers, sedici capitoli.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Majestic Tale of the Mischief Maker and the Flute Maiden'
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13.

“Some say I am to blame.” –

“Brother, brother, some days I feel the same.”

 

 

 

 

 

 

«Lui è mio.» scandì Býleistr citando le parole che il fratellastro aveva appena pronunciato, un ghigno sottile e non ancora del tutto convinto sulle labbra e la fronte scintillante di minuscole stille di sudore ghiacciato; discese i gradini, avvicinandosi ai due sposi, e il suo sorriso s’allargò: «La tua brama di vendetta è tangibile, principe, e non potrei desiderare di meglio. Dimmi, mi stai sfidando?»

Ignorandolo, Loki si rivolse di nuovo a Erin: «Dammi la tua spada, moglie.» mormorò deciso, e nel restituirle il flauto le sfiorò la pelle fredda della mano destra guardandola intensamente negli occhi. Entrambi avrebbero voluto raccontarsi ogni cosa, stringersi l’uno all’altra e lasciarsi alle spalle quella follia, poiché ritrovarsi vivi era ciò che importava loro, ma non era così che sarebbe finita la vicenda ed entrambi ne erano consapevoli.

Così l’irlandese accettò di buon grado di allontanarsi, raggiungendo Thor, Sif e i guerrieri, e a camminarsi intorno in cerchio alla base della gradinata rimasero il principe e il ceruleo re, le lame in pugno. E il Dio degli Inganni rispose al suo nemico:

«Sì, Býleistr, ti sto sfidando. Affrontami in singolar tenzone, adesso, e chi tra noi vincerà decreterà la vittoria dei suoi una volta per tutte. Accetti?»

Lo jotun rise sprezzante: «Un duello contro di te? Mi prendi forse per uno sciocco? Tu hai la magia dalla tua. Non sarebbe uno scontro alla pari.» sottolineò.

«Ed è un genere di scontro che tu non conosci affatto.» lo canzonò l’asgardiano; il corpo gli doleva, le ferite pulsavano e il respiro gli usciva a fatica graffiandogli i polmoni, e nonostante questo non aveva alcuna intenzione di fermarsi e di abbandonare la propria idea: «Io non userò i miei poteri, Gigante. Combatterò contro di te armato solo di questa spada.»

Il Dio del Tuono, ai margini dello spiazzo che si era creato intorno ai contendenti, fu scosso da un fremito di timore e strinse le dita sulle spalle di Erin, sia per trattenerla dall’intervenire sia per riceverne conforto. Se suo fratello era onesto circa le modalità della contesa, Thor aveva dei seri dubbi sul fatto che ne sarebbe uscito imbattuto e indenne, considerate poi le precarie condizioni in cui versava, e tuttavia le regole d’onore avrebbero impedito a lui, alla fanciulla di Galway e a chiunque altro di aiutare Loki a sconfiggere il figlio di Laufey.

«Quale coraggio, principe! E dovrei fidarmi di tale garanzia?» continuò a ridacchiare Býleistr.

«Non sei nella posizione per dubitare di alcunché.» lo interruppe bruscamente il dio. Alzò la propria lama, tendendo il braccio innanzi a sé, e aveva il volto pallido e impassibile come il ghiaccio che li circondava: «Un duello, Býleistr. Tu rappresenterai Jotunheim, io rappresenterò Asgard. Se ti batterò i tuoi si arrenderanno e noi torneremo indietro vittoriosi. Se sarai tu a battere me, farete dei miei quello che volete.» proclamò.

Un brivido attraversò gli astanti, Æsir e Jötnar, e il giovane sovrano si fece serio:

«Dunque finirà com’è giusto che finisca. Non credi anche tu che fosse scritto, principe? Il figlio di Laufey contro il figlio di Odino nell’ultima, fatale battaglia! Non era forse destino?» esclamò, e nell’udire ciò Thor sobbalzò e scambiò una lunga occhiata incredula e confusa con l’irlandese e i compagni – perché lo jotun si stava riferendo a Loki, non a lui, e non era possibile che il ceruleo re non sapesse che l’Ingannatore era sangue e carne del suo stesso padre. Cosa sfuggiva loro? V’era un ulteriore segreto che attendeva di essere svelato? Eppure Loki sembrava esserne già a conoscenza, e fissava l’avversario con una fiamma d’odio nelle iridi verdi che mai il biondo aveva visto, nemmeno diretta a lui.

«Accetto, principe.» disse infine Býleistr, e tese a sua volta la daga in avanti.

Lenti fiocchi di neve avevano preso a cadere dal cielo sempre più nero. Nel silenzio spazzato dal vento gelido che soffiava dalle lande desolate che cingevano la Cittadella, i fratellastri si studiarono a lungo, calcolando la distanza e lo spazio e ponderando sulla strategia da adottare, fino a che il Gigante non attaccò: piombò dall’alto sul Dio degli Inganni e questi parò subito il colpo e uno ne restituì, e le spade presero a cozzare violentemente tra loro in una serratissima danza ferale. I duellanti piroettavano su sé stessi, schivavano fendenti, si alzavano e chinavano, e i loro passi sollevavano nuvole di ghiaccio tutt’intorno.

Loki resistette più a lungo che poté senza mai abbassare la guardia, ma la sua resistenza fisica era troppo compromessa per consentirgli di contrattaccare efficacemente e d’un tratto una gamba gli cedette, facendogli perdere l’equilibrio e deviare un affondo che altrimenti sarebbe stato magistrale. Allora Býleistr sogghignò e approfittando del momento trafisse il congiunto esattamente al di sotto della spalla sinistra, e forse sarebbe finanche arrivato a tagliargli via il braccio se l’asgardiano non avesse avuto la prontezza di arretrare con un grido di dolore; Erin gli fece eco con un’imprecazione angosciata e il Dio del Tuono dovette fare ricorso a tutta la propria volontà per non lanciare Mjölnir contro la creatura dalla pelle azzurra.

Il dio dai capelli corvini barcollò, l’arto sinistro appoggiato contro lo sterno e il sangue che copioso gli bagnava la manica, e rifiutando di cedere bilanciò la spada con il polso destro prima di lanciarsi di nuovo contro lo jotun e ferirlo con successo al viso. D’altronde anche Býleistr doveva fare i conti con lo squarcio che i proiettili di Boomstick gli avevano lasciato sulla schiena, e nemmeno lui riusciva a muoversi con sufficiente agilità.

«Quanta rabbia hai in corpo, principe? È per ciò che è accaduto alla tua dolce sposa? È per ciò che ho fatto a te?» egli lo provocò col fiato corto: «O magari è per la triste sorte di nostra madre?»

Loki evitò accuratamente di replicare, pur contraendo la mascella, e sferzò il cuoio della corazza del nemico aprendovi un taglio che raggiunse la carne e costrinse lo jotun a piegarsi in due. Per qualche istante entrambi rimasero fermi sul posto, affannati, quindi il re soggiunse con sdegno: «Il tuo problema, principe, è che la mia ira è pari alla tua.»

Urlò, e per tre volte abbatté l’elsa della daga sul fratellastro – una in volto che gli spaccò un labbro, una in pieno stomaco che lo fece cadere in ginocchio e una sul dorso della mano con cui ormai debolmente teneva l’arma, la quale rovinò a terra con un secco schiocco metallico. L’asgardiano tentò di riafferrarla ma l’altro fu più rapido e la calciò via, mandandola a perdersi tra i cadaveri di Æsir, Jötnar e cavalli che giacevano nel vasto cortile.

L’irlandese serrò convulsamente la presa sul flauto fin quasi a farsi sanguinare le dita e puntò i piedi nella neve, i nervi tesi e pronti a scattare sebbene sapesse che non glielo avrebbero permesso. Si sentiva impotente, furibonda e disperata: essere giunta fin lì e aver scoperto che il marito era innocente e in vita per poi vederselo uccidere davanti in uno scontro uomo a uomo non corrispondeva a quello che si era immaginata.

Il principe, però, non sembrava per fortuna né spacciato né intenzionato ad arrendersi. Evitando per un soffio la quarta frustata della lama di Býleistr si buttò di lato, rotolò lontano dal rivale macchiando di rosso il suolo e si rialzò in fretta, gli occhi che febbrili guizzavano in cerca di qualcosa che sostituisse la spada perduta. Quello che trovò nelle immediate vicinanze fu una lunga e robusta picca appartenuta a uno dei cavalieri di Hödr, e poiché brandire Gungnir e lo scettro di Thanos lo aveva reso più che avvezzo a maneggiare lance del genere non esitò ad agguantarla e farla roteare per saggiarne il peso e il bilanciamento; adoperarla con un braccio soltanto non sarebbe stato semplice, e tuttavia non aveva scelta. Strinse i denti, e anticipando il re ceruleo ripartì all’attacco.

La notevole lunghezza dell’alabarda gli permise di arrivare a toccare il Gigante senza avvicinarsi troppo e di graffiargli lateralmente il collo: Býleistr parve quasi deliziato da quella dimostrazione di caparbio ardore, e non badando alla nuova ferita, per sanguinante che fosse, rispose all’affronto colpo su colpo. Non prese una lancia per sé, dato che la sua stazza lo manteneva comunque in vantaggio, e giacché entrambi sembravano aver recuperato le forze il duello riprese in guisa di ballo, crudele e al contempo splendido a vedersi con le figure dell’asgardiano e dello jotun che muovendosi veloci davano l’impressione di disegnare scie scure, verdi, bluastre, scarlatte e argentee sullo sfondo bianco e immoto della neve e contro la mole nera del palazzo. Tutti, nel cortile del fortilizio, trattenevano il fiato.

Erin non avrebbe saputo dire quanto andarono avanti in quel modo, se per pochi minuti o per un’ora intera, ma il tempo parve dilatarsi dolorosamente quando la situazione mutò di nuovo e il figlio di Laufey afferrò la picca dell’avversario con la mano sinistra; Loki tentò di strapparla alla sua presa, invano, e con la daga l’altro tranciò di netto la punta acuminata della lunga arma. Ritrovandosi solo con un misero moncone di legno l’asgardiano azzardò un’ultima mossa estrema e disgraziata, usandolo come un semplice bastone, e com’era prevedibile a nulla servì – e Býleistr gli sferzò la coscia destra con la propria lama e gli sferrò un pugno in pieno viso. Il principe volò all’indietro con un grido strozzato, cadde nella neve per la seconda volta con un tonfo sordo e il Gigante, affatto pago, gli assestò un forte calcio nello stomaco spingendolo ancora più in là. Loki non riuscì a rialzarsi: era coperto di sangue e pallido come la morte, boccheggiava in cerca d’ossigeno nell’aria gelida e con le dita tastava affannosamente il terreno. L’irlandese lo chiamò ripetutamente, stridula.

Lo jotun si avvicinò a colui che ormai considerava la sua preda, un sorriso terribile sul volto, e non si affrettò per godersi quel momento fino in fondo. Si concesse di osservare uno a uno i guerrieri Æsir che fissavano la scena con inerme terrore e si soffermò su Erin e Thor, sulle loro espressioni livide e sui loro sguardi lucidi e sbarrati, e rise. Poi guardò il congiunto, pregustando la vendetta che avrebbe coronato e la vita che gli avrebbe preso, e impugnò la daga come un pugnale portando il braccio sopra la testa per vibrare il colpo finale.

Ma mentre la donna d’Irlanda si chinava d’istinto in avanti per correre in soccorso del marito prima che fosse troppo tardi e il nemico calava impietoso la mano, l’Ingannatore reagì cogliendo tutti di sorpresa: si sollevò fulmineo facendo perno sul gomito sinistro nonostante la brutta ferita e dipinse un arco scintillante tra sé e il giovane sovrano, e non fu immediato per gli astanti capire con esattezza cosa fosse appena accaduto. Fu solo nel vedere Býleistr barcollare e lasciar cadere l’arma che divenne chiaro che Loki aveva recuperato la spada per puro miracolo e che con la lama aveva trafitto il fratellastro all’altezza del cuore.

La scena si cristallizzò nel perfetto silenzio che seguì. Come l’asgardiano allentò la presa sull’elsa, lo jotun si portò incredulo le mani al petto tingendosele col proprio sangue violaceo e quasi elegantemente rovinò al suolo. Con difficoltà il principe si rimise in piedi e si appressò allo sconfitto sino a torreggiare su di lui con una bizzarra smorfia di sollievo, dolore e collera non ancora sfumata e il respiro che poco a poco si placava. Il re ceruleo gli artigliò un lembo del pastrano con polso tremante, tirandolo a sé, e in un rantolo supplichevole disse:

«Non mi lascerai davvero morire, Loki. Sono tuo fratello.»

Il Dio degli Inganni si abbassò appena e lo mirò nelle iridi rossastre che si facevano vitree:

«Io ho già un fratello.» rispose con voce chiara e forte.

Spinse la spada più in profondità inchiodando il Gigante a terra e fu così, con un singolo spasmo che gli attraversò il corpo per intero, che Býleistr figlio di Laufey esalò il suo ultimo respiro. Allora Hugrun depose le armi, s’inginocchiò e subito Glaumar, Blàin e i soldati Jötnar rimasti in vita lo imitarono, chi riluttante e chi spaventato; i cavalieri e guerrieri del Reame Eterno trattennero il proprio giubilo attendendo un segnale da parte del principe vittorioso, e Thor ed Erin sorrisero senza fiato, praticamente aggrappati l’uno all’altra.

L’Ingannatore raddrizzò le spalle, ergendosi glorioso tra la neve e sotto la notte incombente, e l’esercito di Asgard esplose finalmente in alte grida felici per salutarlo e onorare la sua vittoria e nondimeno la scampata ecatombe.

Nel momento esatto in cui gli Æsir iniziarono a inneggiare, la donna d’Irlanda volò incontro al suo sposo. Il dio si mosse per fare altrettanto, e tuttavia la spossatezza che lo vessava era tale che gli impedì di avanzare per più di due passi: finì a terra su entrambe le ginocchia, ormai stremato, ed Erin non esitò a lanciarsi carponi nella neve soffice per raggiungerlo più in fretta che poteva. Con gli abiti inumiditi e freddi e le membra indolenzite lo sostenne per evitare che cadesse ancora, cingendogli il torace con le braccia, e il sangue le macchiò la giacca di cuoio e i capelli scarmigliati; benché moltissime parole le premessero contro le labbra, parole anche aspre su ciò che avevano dovuto passare a causa di verità taciute e cose date per scontate, il calore del corpo di lui e la splendida sensazione di poterlo nuovamente stringere a sé le scacciarono una per una. Loki le sfiorò il viso, le mani tremanti, come se fosse un sacro e miracoloso tesoro, e il suo verde sguardo traboccò di qualcosa che lei vi aveva scorto soltanto nel riflettervi il proprio – e nel riconoscere quel qualcosa come l’amore che mai il marito le aveva a voce dichiarato il respiro le si fece rovente e rapido e le provocò un singulto che si sciolse in un sospiro quando un velo di lacrime salì a colmare le iridi di lui. Il principe le poggiò la fronte sulla fronte e con le forze che gli rimanevano la abbracciò. La tenne saldamente contro il proprio petto, inebriato dal suo odore e dal vivo palpitare del suo battito, e l’irlandese gli si aggrappò alle spalle arrendendosi al conforto dilagante di quel contatto.

Restarono così avvinti, i fiocchi bianchi che impalpabili si posavano su di loro, e a nulla più badarono di quanto accadeva tutt’intorno, e in silenzio mescolarono pianto e riso e baci senza fine.

 

 

Fu Thor a conferire con Hugrun mentre gli asgardiani rimontavano a cavallo per far ritorno a casa e i Giganti raccoglievano il corpo del defunto re e sciamavano fuori dalla Cittadella, diretti alla capitale. Lo jotun aveva seriamente e a ragion veduta temuto che gli dèi non se ne sarebbero andati senza sterminare quanti più di loro potevano, poiché ai vincitori spettava il diritto di decidere della vita dei vinti. Il generale era pronto ad accettare quel destino, ma non era ciò che il primogenito di Odino aveva in mente: troppo sangue era stato sparso in entrambi i regni, quel giorno e per molti anni sino ad allora, ed era tempo che le cose cambiassero.

L’anziano comandante sgranò gli occhi scarlatti nell’udire le parole del principe: «Perché dovreste risparmiarci, Tonante? Abbiamo seguito con lealtà la follia di un sovrano accecato dalla vendetta e vi abbiamo arrecato danni e morti che non meritavate. La guerra tra Asgard e Jotunheim era giunta a una tregua e noi l’abbiamo di nuovo scatenata.» disse con gravità e voce contrita, ben consapevole della posizione in cui si trovava.

«Avevate forse altra scelta se non quella di seguire il vostro signore, generale?» gli fece notare Thor; «E se sua è stata la colpa di abbandonarsi al desiderio di rivalsa contro mio fratello, mia è stata quella di attaccarvi scioccamente in gioventù e di Loki quella di aver ucciso Laufey scatenandovi poi contro la distruzione in nome dello stesso sentimento che ottenebrava Býleistr. A noi prìncipi va il biasimo, e ciascuno di noi è già stato a suo modo punito per le turpi azioni commesse.»

Hugrun chinò la testa e si portò un pugno al petto: «Ti prometto che la tua magnanimità riceverà in cambio tutto il nostro rispetto, altezza. Dimmi, però, cos’altro vuoi che io faccia per garantire la pace tra i nostri popoli.»

«Sei saggio e intelligente, generale. Confido che riuscirai a placare e guidare la tua gente e che troverai un uomo degno di salire al trono.» rispose il Dio del Tuono, e incredulo di fronte a una simile dimostrazione di fiducia il vecchio Gigante si prostrò garantendo che non avrebbe ottemperato ad altri compiti per i dì che gli restavano da vivere. Il biondo guerriero lo ringraziò con un solenne gesto d’assenso e prese congedo: gli Æsir erano ormai tutti in sella e attendevano lui per riprendere la via che conduceva al varco tra i monti.

Loki ed Erin si erano già portati in testa al corteo dei cavalieri in groppa a un solo animale, lei davanti e lui dietro che, appoggiato contro la schiena della moglie, teneva le redini; Fandral e Hogun li affiancavano sorreggendo una torcia ciascuno per illuminare il cammino. Thor li raggiunse col proprio destriero e si soffermò per pochi istanti a guardare il congiunto, il sorriso e le iridi offuscati da un pianto che presto egli non sarebbe più riuscito a trattenere o dissimulare: aveva così tante cose da chiedere a suo fratello, e così tante ne aveva da dirgli! Il moro ricambiò l’occhiata con espressione stanca e indecifrabile, annuendo appena, e l’altro si rivolse quindi all’irlandese sillabando un vibrante “grazie” che trasudava felicità, riconoscenza e commozione in tal misura che Erin liquidò d’istinto il cognato sorridendogli frettolosamente e stringendo le gambe sui fianchi del cavallo per spronarlo ad avanzare: un’emozione in più e sarebbe crollata, dopo ciò che aveva vissuto quel terribile giorno – un giorno lungo una vita, dacché aveva perso la propria e una nuova ne aveva ricevuta in dono.

Il Dio del Tuono, Fandral, Hogun e il resto dei soldati subito li seguirono, disegnando una lunga linea serpeggiante che si dipanò al di sotto degli alti archi di ghiaccio pallido che baluginavano, traslucidi, alla fiamma delle fiaccole. E nell’andare al trotto verso il sentiero oscuro gli asgardiani intonarono un canto sommesso, una nenia lenta, ritmata e maestosa che riecheggiò tra le rocce e la neve, salì fino alla volta nera del cielo e penetrò dritto nel cuore già provato della musicista gonfiandoglielo di meraviglia: di rado aveva sentito cantare gli abitanti del Reame Eterno, e sebbene non comprendesse la lingua antica e strana di quell’aria la sua melodia era così bella che poco importava ciò che diceva. Loki non si unì al coro, ma premette appena le labbra sulla tempia di lei e respirò quieto solleticandole la pelle e le palpebre, e mai si spostò durante l’intero tragitto.

E dopo aver percorso la via di buio e di stelle, i geli imperituri di Jotunheim ormai alle spalle, il corteo uscì dal passaggio ancora cantando, e Odino e Týr udirono le loro voci profonde riempire la limpida notte di Asgard prima di vederli comparire dalla stretta gola tra i monti di fronte alla quale attendevano. Il Padre degli Dei quasi sobbalzò sulla propria sella: aveva ormai perso le speranze e temeva il peggio, pensandosi costretto ad abbandonare i figli e la nuora al loro destino; Frigga lo aveva raggiunto, incapace di aspettare oltre nelle dorate sale impenetrabili del palazzo, e anche lei si lasciò sfuggire un lieve grido di sorpresa al fianco del consorte nell’appurare che entrambi i figli, la giovane nuora e i più valorosi combattenti del regno erano vivi e che il secondogenito aveva l’aria d’esser tutto – stremato, ferito, smunto e sconvolto – tranne che colpevole o prigioniero.

Quando la cavalleria si fu riversata per intero ai piedi delle montagne, il principe cadetto annuì in direzione del re e annunciò, rauco, che il varco tra i mondi era chiuso. Non vi furono rinnovati scoppi di gaudio, tra i soldati, e una pace sconfinata parve invece invadere ogni cosa e gli animi dei presenti, come un unico grande sospiro di sollievo che soffiava assieme al vento notturno sull’erba verde delle piane di Idavoll.

Ulteriori parole non vennero scambiate e tutti girarono tacchi e cavalli verso la capitale e le sue fiaccole che gettavano aloni e bagliori nell’oscurità. Il terreno della battaglia era stato liberato dai tristi cadaveri dei caduti, pur recando evidenti tracce di sangue e relitti d’armi e armature, e alle porte della città le Valchirie e gli Einherjar vegliavano sugli Æsir morti disposti in lunghe file ordinate. Nel passarle accanto, Erin dedicò un grato cenno a Brunhilde e questa le rispose nello stesso modo: l’Ingannatore colse lo scambio e con mente confusa si chiese, per la prima volta coscientemente, cos’era davvero accaduto a sua moglie e com’era mai possibile che fosse sopravvissuta, ammesso che Býleistr non avesse mentito. Per ansioso che fosse di scoprirlo, ogni domanda avrebbe trovato risposta a tempo debito, e non valeva la pena intaccare la quiete che lo colmava per soddisfare quella curiosità. L’avere la donna d’Irlanda palpitante e tiepida accanto a sé non era forse sufficiente, al momento?

Nessuno si era coricato, entro le mura, e le vie e piazze pullulavano di asgardiani che in silenzio e con trepidazione guardarono sfilare la famiglia reale, i cavalieri, la fanteria e gli stendardi scarlatti e oro mossi dalla brezza. La folla arrivava sino al ponte d’accesso principale ai bastioni della reggia, quello che li collegava direttamente con la città e su cui il corteo passò senza fretta, le figure che si riflettevano sulle acque già punteggiate di stelle; i portoni bronzei si richiusero placidi dietro di loro e finalmente quel giorno infinito potè dirsi concluso.

Accolti con stupito calore dai cortigiani, i sovrani, i prìncipi e la Dama del Flauto si separarono dai guerrieri ed entrarono a palazzo, nei suoi bianchi cortili che parvero loro immensamente tiepidi dopo la notte, i ghiacci e il freddo metallo di spade e picche. Soltanto Sif li seguì, mentre Hogun, Fandral e Volstagg salutarono Erin e i due fratelli con inchini e discrete strette di mano. Thor assistette Loki quando questi scese dal destriero dell’irlandese e lo sorresse per aiutarlo a camminare; Odino dispose che i guaritori si recassero nelle stanze del Dio degli Inganni e la regina abbracciò la giovane nuora, ben sapendo ciò che aveva patito e affrontato e ciò che era diventata. Ognuno di loro aveva centinaia di frasi pronte nella gola e sulla punta della lingua, centinaia di quesiti da porre a ciascuno degli altri, e tuttavia rimandarono ancora, tanto era il desiderio che avevano di cedere alla stanchezza, di lasciarsi finalmente andare.

Una volta che il Padre e la Madre degli Dei si furono congedati, i quattro raggiunsero i corridoi sui quali si affacciavano gli alloggi dei due sposi. Avanti di qualche passo rispetto alla guerriera e alla musicista, il Dio del Tuono non riuscì a trattenersi e in un soffio confessò al fratello: «Býleistr mi ha detto che hai preteso la garanzia ch’io venissi ucciso, nel patteggiare con lui. Non gli ho creduto e continuo a non credergli. Ne saresti stato capace, Loki?»

L’Ingannatore si fermò, scostandosi appena, e inghiottì un profondo sospiro:

«È possibile. Ma se lo avessi fatto sarebbe stato unicamente per ingannarlo e convincerlo della mia lealtà verso Jotunheim.» replicò, e non era una completa menzogna. Il livore che fino ad allora si era convinto di covare contro il biondo gli era scivolato via di dosso come terra lavata dall’acqua – probabilmente nello scoprirsi sangue del sangue di Odino al pari di Thor – lasciandogli una bizzarra bolla di leggerezza al centro del petto.

«E voi? Cosa vi ha convinti a venire in mio soccorso? Avevate ogni buona ragione per credermi nuovamente un traditore.» aggiunse in tono più aspro.

L’altro sorrise: «Se sottovaluti più noi o te stesso, per me rimarrà un mistero, fratello. Ti abbiamo sempre dato molta più fiducia di quanto credessi, e innocente o meno che tu fossi non potevamo lasciarti nelle mani degli jotun. Ed Erin,» esclamò voltandosi verso di lei, «Erin mi ha salvato la vita, e io mille e mille volte salverei la sua e la tua.»

L’irlandese si avvicinò, un po’ malferma sulle gambe, e subito si strinse al marito osservando Thor di sottecchi: «Sì, sì, cognato, non ne dubito. Non ne dubito.» borbottò imbarazzata, e lui le rispose con una splendida risata sommessa.

Al capo opposto del corridoio comparve il drappello dei cerusici e delle guaritrici, preceduti da un buon odore di unguenti e stoffe pulite, e con un ultimo cenno del capo Loki ed Erin si allontanarono, varcando la soglia della loro stanza; i medici li seguirono e chiusero la porta, non prima di aver assicurato al principe ereditario che a nessun soldato sarebbero mancate le cure necessarie. Egli li ringraziò e raccomandò loro la salute dei due sposi.

Sif lo aveva raggiunto ed era ora alle sue spalle, tranquilla, quasi senza respirare. Thor si girò e la dama lo sorprese: gli tastò il volto, le braccia e il torace con una delicatezza che raramente mostrava, e tosto si ritrasse come se si fosse scottata.

«Sono così grata a Erin per averti salvato.» mormorò.

Il dio aggrottò la fronte e studiò la sua espressione, preoccupato nel vederla stranamente debole e al contempo intrigato da quella sua inconsueta morbidezza:

«Ti senti bene, Sif? Sei forse ferita?» azzardò, eppure si scoprì a sperare che il motivo fosse un altro.

Lei si fece di nuovo fiera e compunta, ma gli rimase accanto e gli accarezzò le guance barbute: «Prendi la mia felicità per un malessere fisico, mio signore? È un equivoco che dovrò chiarire una volta per tutte.» disse, e leggera lo baciò.

Senza aspettarsi che ricambiasse, e il biondo fu in effetti troppo stupito per farlo, lo baciò recuperando gli innumerevoli anni trascorsi a sognare di mettere da parte l’orgoglio, le lunghe stagioni in cui aveva disprezzato ciò che provava ritenendolo fallace e degno soltanto di sciocche donne normali.

Poi se ne andò, silenziosa, lasciando Thor nella penombra ambrata dei bracieri e degli alti soffitti, il fantasma tiepido del suo tocco a solleticargli le labbra.

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

E così ci avviamo alla conclusione, e Býleistr ha avuto ciò che si meritava. Non ricordo se vi ho detto che nel mio cast ideale il succitato è interpretato da Matt Smith, che con quella faccia lunga e strana – non fraintendetemi, adoro Smith e il suo Undicesimo Dottore – sarebbe perfetto per una parte da jotun.

Abbiate pazienza se ho rimandato l’aggiornamento. Ero impegnata nella stesura dell’altra storia cui mi sto dedicando assieme alla signora Frau Blucher, ovvero La Leggenda degli straordinari Vendicatori che potete trovare QUI

Il titolo del capitolo è una strofa della canzone Brother di Edward Sharpe & The Magnetic Zeros, perfetta per i Brodinsons sotto molti aspetti. Per il duello ho scelto Frost Giant battle dalla colonna sonora del primo Thor, mentre per la scena del sospirato abbraccio tra Erin e Loki (scena sulla quale vado in brodo di giuggiole tutte le volte che la rileggo) non c’è pezzo migliore della splendida One last try di Ane Brun.

Confido di conoscere le vostre opinioni e impressioni – a proposito, grazie mille a Nyx Nyx e Mayaserana! – e vi aspetto al prossimo, terzultimo capitolo.

Ossequi asgardiani a tutti! :)

 

 

  
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