Hallo… :’(
… me triste…è finita un’altra ficcy… Ho deciso di
finirla così…era diventa lunga, nonostante non volessi, ma per me è stato
troppo divertente…Non so ancora, quando scriverò
ancora… ripeto, me triste… Nel frattempo, ne approfitto per ringraziare tutti!!!
Viel, viel dank!!! Siete stati molto gentili con me e, se sono
arrivata sino a questo capitolo, è anche merito vostro! Bis bald^^!
Per Nicegirl…Grazie!
Per avermi seguito dall’inizio alla fine e per essere stata molto gentile! In
bocca al lupo per tutto! Spero che apprezzerai anche la fine! A presto,
spero^^! Kuss.
Einziger…Epilog
Il cellulare squillò a
lungo, prima che Tom, dall’altro capo, mi rispondesse.
“Hallo…”
Finalmente sentii la sua voce.
Involontariamente, sorrisi.
“Arrivo per le 12.05…mi vieni a prendere?”
“Ovvio!” rispose subito lui, prima di
cambiare argomento, parlando a ruota libera.
All’incirca 15 minuti dopo attaccai il
telefono. Salii sul treno.
“Hallo, Bruder!”
Tom, appoggiato alla jeep, mi aspettava fuori dalla stazione, gli occhiali da sole sul naso. Non appena mi vide, sorrise.
Salimmo in macchina. Stanco dal viaggio,
appoggiai il capo al sedile, ascoltando la musica preferita del mio amico,
diffusa dall’autoradio, mentre lui si muoveva nel traffico, con la stessa rapidità
e sicurezza di quando lo faceva in bicicletta.
“Ci pensi mai al sogno che facesti la
prima notte che dormisti a casa mia?” domandò lui all’improvviso.
Mi voltai ad osservarlo. Lo sguardo
fisso davanti a sé, girò il viso verso di me, solo un istante, prima di
riconcentrarsi sulla strada.
“Perché me lo
domandi così all’improvviso?”
“Così…mi è venuto in mente quando mi hai
chiamato ‘fratello’ poco fa…”
Io risi “Davvero?!? Strano…Dopotutto
sono anni oramai che ti chiamo in quel modo…”
Tom annuì. “Però oggi mi è tornata in mente
la prima volta che lo hai fatto e, di conseguenza, il
tuo strano sogno…”
“Solo per quello?” chiesi io, abbassando
il finestrino, prima di accendermi una sigaretta.
Tom sorrise “Lo sai benissimo che giorno è
oggi…”
Annuendo, espirai un tiro. Un movimento
secco della mano, la cenere cadde.
Dopo che Tom
ebbe posteggiato nel parcheggio davanti al ristorante, scendemmo dalla macchina.
Mi guardai attorno. Riconoscendo la macchina di Georg,
sorrisi.
Tom seguì il mio sguardo, notandola. Anche lui sorrise.
“Oggi dev’essere
davvero un giorno memorabile…” iniziò “…se perfino Georg
è arrivato in orario…”
“Scommetti che Gustav
è passato da lui un’ora prima?!?” scherzai io.
Un’ultima occhiata alla macchina di Georg. “La cosa non mi stupirebbe…nemmeno un po’…”
“Tu non sei nervoso?”
Abbassai il menù, gettando un’occhiata a
Tom e Georg, seduti davanti
a me, prima di tornare a leggere i nomi dei piatti, indeciso. Deglutii poi
risposi “No” .
“Ma come diavolo fai a non essere
nervoso?!?” domandò Tom, muovendo
le mani senza sosta.
“Semplice! Non è il vero Bill! Quello vero starebbe impazzendo come noi all’idea
che, se tutto andrà bene, firmeremo un contratto che ci permetterà
di suonare negli stadi più belli…di viaggiare…”
“Grazie, Georg!”
risposi io, sbattendo il menù sul tavolo “ Ora si che
sono nervoso! Accidenti…Stavo cercando di non pensarci almeno finché quelli della
casa discografica non fossero entrati da quella porta!”
Il silenzio cadde per un paio di secondi
mentre Georg e Tom
seguivano la direzione che stavo indicando con la mano.
“Vi volete calmare?!?”
intervenne al momento giusto Gustav, prima che per
l’ansia la situazione potesse degenerare.
Tornai al menù, cercando di
riconcentrarmi su di esso. Poi, rassegnato, lo
riabbassai.
“Ragazzi…voi ricordate la prima cosa che
avete pensato quando ci siamo conosciuti?!?” domandai
all’improvviso, senza sapere perché.
Mentre a turno ci rivelavamo le nostre prime
impressioni, sul viso dei miei amici apparve un sorriso.
All’incirca 2 ore dopo, fuori dal ristorante, quattro amici si abbracciarono,
felici. Uno di loro, gli occhi lucidi per le lacrime di gioia.
“Tom…”
Chiamai, spezzando il momentaneo
silenzio. Fuori dal finestrino, il cielo serale di un
profondo blue scuro.
Lui, le mani sul volante, senza voltarsi
rispose “Dimmi”
“vuoi ancora sapere cosa penso di quel
sogno?” chiesi io.
“Certo…” rispose subito lui.
“A volte pensavo che non significasse
nulla…altre, che fosse solo una proiezione dei miei desideri…altre ancora, che
si trattasse di un’immagine di una specie di vita parallela…” svelai io,
cercando di non ridere quando arrivai all’ultima opzione.
Tom, percependo la mia ilarità celata, mi
gettò un’occhiata, sorrise. “E adesso…? Cosa pensi dopo oggi…?”
Spostai lo sguardo fuori
dal finestrino, poi abbassai il vetro. L’aria mi colpì in volto ma non
ci badai. Non mi piaceva fumare chiuso nell’abitacolo.
“Non so che dire…Tu?”
“Nemmeno io…”
Avvicinai la sigaretta alle labbra, per
accenderla.
“Bill…Tu credi
nel destino…?” domandò lui all’improvviso.
Sgranai gli occhi, sorpreso, fissandolo
in volto. Lui non spostò lo sguardo dalla strada.
“In genere, non credo nel destino…”
iniziai io dopo un attimo “…Non mi piace l’idea di non essere io a decidere
della mia vita.” Spiegai.
Tom mi ascoltava in silenzio, senza
interrompere “Però…Anche senza quello strano sogno…Non posso credere che non
fossi destinato ad incontrare voi…” deglutii, cercando di non far tremare la
voce “…Non posso credere che il nostro legame, che è così importante, sia
frutto di un semplice colpo di fortuna…Per questo, mi piace pensare che, in
qualsiasi famiglia, in qualsiasi paese fossimo nati, non avremmo
potuto evitare di essere amici…di condividere questa vita…”
Tacqui.
Il silenzio ci avvolse per alcuni minuti,
che mi sembrarono infiniti. Riflettendo sulle mie ultime parole, tornai ad
osservare il cielo.
“Sai, fratellino…”
Quando parlò, mi voltai di scatto verso di
lui. Il suo sguardo era ancora fisso sulla strada.
“…per me…la tua versione del concetto di
destino…ha mille volte più senso di quella della realtà parallela…”
Girandosi verso di me, Tom mi sorrise.
Fine.