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Autore: hemm0    05/06/2014    1 recensioni
Fuggiva la notte, tutte le notti, con in tasca le sigarette e l'accendino, non gli serviva altro.
Arrivava nel parchetto dietro casa, si sedeva sull'altalena, si dondolava un pochino, fumava tanto ed occasionalmente si cantava qualcosa o si faceva domande a cui non sarebbe mai riuscito dare risposte, riguardo all'esistenza, alla felicità o al potere.
Era la routine delle tre di notte.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Calum Hood, Luke Hemmings
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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  Tratto da fatti realmente accaduti.



Si dondolava leggermente, non staccando nemmeno per un istante i piedi da terra. I bulloni arrugginiti dell'altalena continuavano a cigolare emettendo suoni che annientavano la sua concentrazione. Si deconcentrava spesso, ma non credeva che bastasse un rumore del genere per farlo. E si sentiva stupido quando, nel bel mezzo di un discorso, si perdeva con lo sguardo.
L'ultima Marlboro del pacchetto era incastrata tra le sue labbra, leggermente screpolate. Adorava lasciarla lì, pendente e in pericolo di caduta, per un po', gli trasmetteva un senso di potenza, di superiorità. Si godeva quel leggero bruciore al fondo della gola, gli faceva tornare in mente la prima volta, la prima sigaretta, il primo tremendo bruciore alla gola accompagnato da un susseguirsi di forsennati colpi di tosse.
Una folata di vento gli provocò un brivido. La stagione estiva era ormai agli sgoccioli, purtroppo, quella t-shirt grigia dei Nirvana, quella un po' sporca e tutto sgualcita, non sarebbe bastata più.
Fuggiva la notte, tutte le notti, con in tasca le sigarette e l'accendino, non gli serviva altro. Arrivava nel parchetto dietro casa, si sedeva sull'altalena, si dondolava un pochino, fumava tanto ed occasionalmente si cantava qualcosa o si faceva domande a cui non sarebbe mai riuscito dare risposte, riguardo all'esistenza, alla felicità o al potere.
Era la routine delle tre di notte.
Una volta finita la sigaretta fermò l'altalena, la gettò a terra con noncuranza, e riprese a dondolarsi.
Continuava a distendere le gambe quando era più vicino alla terra, amava il rumore della suola delle scarpe a contatto coi fili d'erba, quel legger zss zss era musica per le sue orecchio. 
Dopo una decina di minuti si accorse dell'irregolarità del zss zss, e di conseguenza, della figura che si stava avvicinando all'altalena, proprio accanto a lui. 
Smise di dondolarsi e cominciò ad osservare l'estraneo. 
Era alto più o meno come lui, capelli corti e scuri, la pelle pareva olivastra, ma Luke non volle fidarsi della luce fioca del lampione. 
L'altro arrivò proprio accanto a lui e si sedette sull'altalena vuota.
"Hai una sigaretta?" Gli chiese. Luke, imperterrito, si affrettò a rispondere.
"Cosa ti fa credere che io possa fumare?" Rispose anch'esso con una domanda.
"Ma che ti importa? Hai una sigaretta o no?" Il moro iniziò ad infastidirsi. Luke pensò che avrebbe dovuto dare una risposta, o quella conversazione sarebbe andata avanti con un immenso susseguirsi di domande.
"No" Rispose in maniera veloce e concisa. 
"Peccato" Concluse l'altro. E, per una ventina di secondi, all'interno del parchetto, calò il silenzio.
"Vieni qui spesso?" Gli domandò quello che nella sua mente Luke nominò 'il senza nome'. 
"Abbastanza. E tu?" Sapeva già la risposta, non l'aveva mai incontrato in quel parco, quindi era evidente che non ci veniva spesso. 
"Non molto spesso, specialmente la notte" In quel momento l'unica cosa che la sua testa riuscirà a macchinare fu che non gli importava assolutamente nulla.
"Okay, se permetti, io torno a dormire" quindi buttò il pacchetto di sigarette, ormai vuoto, nel cestino e si avviò verso casa, non considerando minimamente l'altro ragazzo. 
"Comunque mi chiamo Calum" Disse, in maniera molto poco decisa. 
Quindi Luke alzo il braccio muovendo leggermente la mano, senza voltare lo sguardo, nemmeno per un attimo. 
Una volta arrivato a casa salì al secondo piano, seconda porta sulla sinistra, la aprì con leggerezza, cercando di fare meno rumore possibile, e poi la socchiuse. 
Diede uno sguardo veloce ad Alan, assopito ed avvolto da tante coperte all'interno del letto a sinistra, con la testa storta, la bocca aperta ed il cuscino sbavanto. Il russare di Alan non lo spaventava da tempo, ormai, ma entrare nella stanza e sentirlo dopo un assoluto silenzio faceva sempre uno strano effetto. 
Cercò di non badare troppo a suo fratello, quindi si lanciò sul letto a destra, con molta poca grazia e, una volta sotto alle coperte, cadde in un sonno profondo.


"Luke, muoviti, vieni a salutare tuo fratello" Urlò sua madre dal piano di sotto. La povera donna non si fermava un secondo. Era tutta un "Mark, hai preso abbastanza vestiti?" "Mark, ricordati di andare a vedere quel posto quando arrivi" "Mark sei sicuro di voler andare? Se non sei pronto puoi restare a casa con noi per un altro anno" "Alan, aiuta Mark a prendere quelle cose" "Mark hai fatto questo?" "Mark hai fatto quello?" "Mark, ma mi stai ascoltando?" Ed un altro centinaio di domande che iniziano tutte per 'Mark' o che includono la parola all'interno della frase.
Mark era il terzo dei cinque figli che Karen stava abbandonando, o per lo meno, lei lo vedeva come un abbandono.
Il primo figlio, Daniel, partì per l'università in Europa cinque anni prima.
Quello del secondo, Derek, fu il vero abbandono. Due anni prima, in una notte d'estate, il ragazzo raccolse la sua roba e fuggì, scomparendo per sempre. Luke ricordò particolarmente bene quella notte. Era sveglio e guardava il soffitto, quindi decisi di uscire ed andare al solito parchetto, a quel tempo non fumava, quindi rimase lì a guardare il prato poco curato, e, dopo una ventina di minuti di far niente, si accorse di un rumore, proveniente dal retro di casa sua, quindi corse a vedere e trovò Derek, quello che in quel momento era il più grande dei fratelli, e stava lì, con tutta la sua roba in uno zaino. Si guardarono. Non fu proprio uno sguardo reciproco, Luke guardò Derek negli occhi, mentre l'altro non alzò lo sguardo da terra.
"Cosa stai facendo?" Chiese il più piccolo. E tutto ciò che ricevette in risposta fu "La cosa giusta". E poi Derek scomparve, nel buoi della notte, scomparve per sempre. E Luke, Luke non lo raccontò mai, non disse mai di essere stato l'ultimo a vederlo.
Nessuno della famiglia ebbe più sue notizie, niente lettere, cartoline, nessun 'sto bene, sono vivo, non preoccupatevi'. Niente di niente.
E poi c'era Mark, il terzo, anche lui verso il college. 
"Okay, ci siamo tutti?" Domandò Karen, ormai già in lacrime. Prese la mano di Bobby, suo marito, e strinse Mark in un forte abbraccio. Il figlio inizialmente arrossì, poi prese ad accarezzarle leggermente i capelli. 
"Fai il bravo" Gli disse, dopo avergli bagnato tutta la maglietta con le lacrime.
"Lo farò mamma, ma ora puoi smettere di stritolarmi?" Rispose Mark, con un filo di voce.
"Okay okay, scusa" E lo lasciò andare.
Successivamente Mark si avvicinò a suo padre, a cui diede un veloce abbraccio, che, anche se veloce, riuscì a far trasparire molte delle emozioni del padre, che erano spesso nascoste dentro a quell'uomo che molti in città chiamavano 'l'insensibile'. 
Quando arrivò davanti a Luke ed Alan, abbracciò prima il secondo, che, dato il fragile cuore, aveva già gli occhi gonfi. 
"Guarda le partite con papà, lo sai che ci tiene, e lo so che le odi, ma cerca di fare uno sforzo" Sussurrò nell'orecchio di Alan, che si prestò solamente ad annuire, anche se Mark non poteva vederlo, ma non gli importava, perché capì che se avesse provato ad aprire la bocca per dire anche solo due inutili parole sarebbe scoppiato in un pianto isterico.
Quando smise di abbracciare Alan, gli diede una pacca sulla spalla e gli sorrise, per un'ultima volta. 
Ed alla fine arrivò il turno di Luke, quello che tutta la famiglia ha sempre considerato come 'il gemello di Mark nato tre anni dopo'. Entrambi si sorrisero e si unirono successivamente in un abbraccio. 
"Non farti beccare a fumare in casa, o la mamma ti taglia le palle" Sussurrò Mark nell'orecchio di Luke.
"Non farti beccare a letto con delle ragazze, la mamma lo viene a sapere e ti taglia le palle pure a te" Rispose Luke, in tono. 
Una volta finiti i saluti, Mark raccolse l'ultima borsa coi vestiti, la caricò in macchina e si sedette davanti al volante, mise in moto l'auto, diede un ultimo saluto con la mano verso la sua famiglia, e partì, una volta per tutte, verso la West Coast. 

  
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