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Autore: King_Peter    05/06/2014    4 recensioni
Sta per tornare.
La sua storia sta per essere riscritta: paure misteriose rinasceranno, oscure forze.
Dolori dimenticati.
Qualcosa che gli Dei dell'Olimpo avevano persino dimenticato, qualcosa che ha covato rancore tra le fiamme del Tartaro e che adesso risorge per cercare vendetta, quella stessa vendetta che le è stata impedita anni prima e che ora brucia nelle sue vene del mondo come un fuoco.
Quel fuoco che brucerà il mondo.
Quel fuoco che dieci semidei dovranno spegnere.
Quel fuoco da cui deriverà la cenere della vita, il sapore di ruggine della vittoria.
♣♣♣
Sul volto di lei si dipinge un'espressione di terrore, mentre la sua mano corre al pugnale che porta al fianco, legato ad una cintura di pelle.
Cerca di trattenerlo, gli strappa persino la camicia di dosso pur di fermarlo, ma lui continua a camminare verso il mare aperto, non riuscendo più a sentire la sua voce, come se fosse atona, senza suono."

♣♣♣
""Potete solo rispondere alla chiamata."
Fissò ognuno con i suoi occhi millenari, come se stesse cercando di capire il legame che li univa, inutilmente.
"Potete solo giurarlo sul fiume Stige."
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7.  All my friend are enemies
 
 
Bashir,
"Home is where your Heart is"
 
Bashir non avrebbe mai immaginato che una singola voce potesse fare così male: non aveva fatto altro che cadere a terra, lasciando andare la falce e reggendosi la testa per evitare che scoppiasse.
Sapeva che quella voce era la voce a cui stavano dando la caccia, ma non pensava che fosse così prepotente e pericolosa. Allo stesso tempo non aveva fatto altro che credere che fosse stata l'unica voce tanto suadente da farlo crollare, da metterlo in ginocchio.
Bashir era più confuso di un'arpia davanti ad un libro di poesie.
Continuava a fargli male la testa, ma almeno la voce era sparita, adesso. Cercò di rimettersi in piedi, puntellandosi prima sulle ginocchie e facendo attenzione a non spostare il peso sulle ferite che presero a bruciare, come se si fossero appena risvegliate dopo un lungo sonno.
Aprì gli occhi e li sbattè più volte per riabituarli alla luce del sole che era tornato a splendere sopra la città di New York.
La sua falce giaceva poco più in là, proprio davanti alla carcassa del dragone che avevano tentato di uccidere fino a qualche momento prima: era là, morto.
Senza vita, andato.
Bashir faticava a crederci: chi l'aveva ucciso? Si guardò intorno, alla ricerca del loro pseudo benefattore quando il rumore dell'acqua attirò la sua attenzione e lo costrinse ad alzarsi, anche se tutto il suo corpo urlava al dolore fisico e psicologico.
Sentì il rumore di chi respira a pieni polmoni, il suono di chi ispira aria dopo che il suo corpo è andato in carenza di ossigeno.
Il suono della morte che torna sui propri passi.
Bashir si sporse oltre il bordo del piccolo laghetto, alzando la falce, pronta per colpire il suo nemico quando si ritrovò davanti solo Archie, bagnato fino all'osso che cercava un appiglio per tornare sulla terra ferma.
Il figlio di Tanato, reggendosi la spalla, gli porse il manico della falce, sorridendo mentre il figlio di Nike si affrettava a raggiungere la "riva".
"Grazie." mormorò a Bashir, mentre si stendeva sull'asflato nero e guardava il cielo mentre continuava a stringere l'aria con una mano. La guardò incerto, poi la lasciò andare, facendola battere contro il terreno scuro.
"Niente." rispose lui, scrollandosi le spalle e facendo sparire la falce in modo che apparisse solo quando lui ne avessi bisogno.
"Che strano." pensò, mentre si passava una mano nei capelli e osservava con i suoi occhi chiari la devastazione che il dragone aveva provocato: buchi, aperture nel terreno, semidei per terra.
"La morte che salva la vita." si disse, precipitandosi, per modo di dire, con andatura zoppicante, a controllare come stessero gli altri.
Prese dell'ambrosia sbriciolata che aveva nella tasca dei jeans neri e ne diede un pò a Selene, la figlia di Morfeo, praticamente sua cugina dato che Morfeo e Tanato erano fratelli.
"Meglio?" le chiese, sorridendole nel suo solito modo misterioso. Lei annuì e lui passò a curare gli altri feriti: stavano più o meno tutti bene, tranne Lia che aveva sbattuto violentemente contro un palo della luce e aveva fatto scoppiare tutti i vetri dei grattacieli nel giro di venti chilometri.
Le diede dell'ambrosia e passò del nettare sulla ferita che aveva sulla fronte, sperando che guarisse: non era mai stato bravo a curare le persone: considerato che non lo aveva mai fatto, quello era già un buon risultato.
La figlia di Ecate sembrò riprendersi un po', mentre sopraggiungeva Archie e si prendeva cura di lei per quanto gli fosse possibile perchè Lia gli fece incendiare la maglietta per due volte di seguito e lui fu costretto a correre come un pazzo per togliersela e buttarla in acqua.
Bashir sorrise, poco prima di prendere una storta e urlare di dolore: cadde a terra, stringendo i denti e accorgendosi di aver finito l'ambrosia e, quindi, impossibilitato nel curarsi.
Tossicchiò quando gli salirono le lacrime agli  occhi per il dolore, ma rimase fermo e deciso, prendendo un respiro e rialzandosi come se qualcuno stesse infilzando la sua caviglia con un migliaio di aghi.
"Che ne dici di una mano?" gli chiese la voce gentile di una ragazza. Gli occhi chiari di Bashir si posarono sulla figura sporca di polvere di Daphne, la figlia di Afrodite.
Rimase, per un attimo, con la bocca aperta, non curandosi del dolore che continuava a pugnalare la sua caviglia e, se fosse rimasto imbambolato per un altro po', il suo cervello sarebbe già andato in pappa, ma, per fortuna, Daphne gli cinse le spalle con un braccio e lo accompagnò ad una panchina vicina, facendolo sedere.
Gli porse un quadratino della sua ambrosia e Bashir lo prese con le mani tremanti, ma non seppe mai se per paura o emozione.
"Grazie." le disse, mentre la sua vita gli passava davanti ad una velocità impressionante. Non aveva mai avuto amici, non lui che era il figlio della Morte.
Rivide sua madre, rivide il momento in cui morì quando aveva dieci anni. Rivide se stesso mentre attraversava a testa alta l'arco del Campo Mezzosangue e quando il simbolo di Tanato, suo padre, scintillò con forza sulla sua testa e tutti i ragazzi che si erano avvicinati si allontanarono.
"Di niente."
La voce della figlia di Afrodite lo riportò al presente: adesso era seduta accanto a lui e Bashir notò una linea di sangue secco sulla sua guancia. Si avvicinò a lei, mettendosi il dito in bocca e protendendosi verso Daphne che cominciò ad arretrare, nervosa.
"Che stai facendo?"
Lui non le rispose, forse per non spezzare quel momento magico, poggiandole il polpastrello dell'indice sulla guancia e cominciando a pulirle il viso.
"Ehm ehm." tossicchiò una voce che servì solo a far sobbalzare Bashir che tornò al suo posto come se suo padre l'avesse scoperto mentre lui rubava le caramelle della morte che distribuiva a coloro che dovevano passare a miglior vita.
Luke stringeva la sua ascia in mano e aveva un'espressione contrariata in viso, come se li avesse appena colti in flagrante e la cosa lo urtasse. I suoi occhi erano un unico cumulo di tempesta.
"Venite, sappiamo qual è la prossima tappa."
 
 
Bashir si sentì leggermente in imbarazzo quando lui, Daphne e Luke si unirono al capanello che si era formato intorno a Warren che stava stringendo la mappa, con un sorriso spavaldo sul volto: lui, al contario degli altri, sembrava stare benissimo e fosse pronto per fare a pezzi qualche altro mostro.
"Che c'è?" chiese il figlio di Tanato quando si ritrovò gli occhi dei suoi compagni d'impresa addosso. Si strinse nelle spalle ad un'occhiata torva di Luke, mentre ricominciavano a parlottare tra loro.
"Dove si va, comandante?" chiese Archie, completamente diverso da come Bashir lo aveva lasciato poco prima. Guardò verso Warren che strinse i denti in un'espressione burbera, per poi far tornare il sorriso spavaldo.
"Central Park." annunciò, con la mappa che indicava un punto ben preciso della cità di New York. I suoi capelli castano dorati scintillavano sotto la luce del sole di Maggio, mentre a lui si avvicinava Selene.
"Facciamo un po' il punto della situazione." propose, guardando Warren con un certo imbarazzo, "Vi va?" chiese, portandosi indietro i capelli.
"Siamo partiti questa mattina dal campo e quella stupida mappa ci ha condotti qui." cominciò Hope, mentre il suo volto sembrava farsi ancora più pallido e i suoi capelli più neri.
"Abbiamo incontrato questa ... bestia." continuò Liz, i capelli che le arrivavano alle spalle completamente sciolti al vento primaverile. Si capì che avrebbe preferito dire altro al posto di "bestia", ma vabbè, nessuno è perfetto.
"Abbiamo sentito una voce che ci ha quasi ammazzati e il sottoscritto ha salvato le chiappe a tutti grazie ad una pura botta di culo." riprese Archie, sminuendo il lavoro che aveva fatto per non far sentire gli altri da meno, tenendo per sè la storia del triangolo di cui gli aveva parlato la voce.
"Bene, e adesso la mappa ci indica di trasferirci a Central Park." concluse Daphne, mentre si puliva il viso con un fazzoletto di carta che cacciò dalla sua borsa.
"Non so voi, ma non vi sembra ... " disse Luke, con gli occhi che saettavano dalla cartina ad ogni membro del gruppo.
"Una trappola?" terminò Bashir, studiando sospetto la mappa e facendosela passare da Warren.
"Se Mister Morte ha qualche idea." esclamò sgradevolmente il figlio di Ares, stiracchiandosi le ossa del collo e mettendo, poi, le mani in tasca.
Bashir non ci fece caso, anche perchè era vero, ma continuò ad osservare il puntino luminoso sul rettangolo antico di pergamena: e se avesse avuto ragione? Se quella mappa li stesse conducendo direttamente alla loro morte?
D'altronde ne esistevano a bizzeffe di oggetti del genere nel mondo della mitologia. Bashir guardò nervoso Lia ed Hope.
"Perchè allora Chirone ce l'avrebbe data?" domandò Hope, con i suoi occhi viola inteso che mandavano bagliori argentei. Bashir sapeva che si fidava ciecamente del centauro, come lui d'altronde.
"Forse non sapeva che era stregata." le rispose Lia, mordendosi le labbra per non dire altro, ma Bashir capì lo stesso: e se Chirone fosse passato dalla parte del nemico?
Era un pensiero talmente ridicolo che Bashir lo accantonò subito, anche perchè non riusciva proprio a pensare a Chirone come uno dalla parte del male.
Non dopo che l'aveva addestrato ed era stato per lui una sorta di padre.
"Sentite." disse infine Luke, "Non serve a niente fare supposizione e teorie senza prove, quindi andiamo a Central Park e lì capiremo se la mappa è una trappola o meno."
Li guardò tutti.
"Beh, a quanto pare è una delle tue migliori pensate, Testa di Gufo."
 
 
[...]
 
Hope,
"Broken Lines across my Mirror"
 
Hope non aveva mai pensato che Ares ed Atena andassero d'accordo, ma, più che altro, non aveva mai visto due figli dei rispettivi dei litigare: non che trovasse la cosa divertente, ma i loro battibecchi li accompagnarono fino a Central Park, alzando un po' il morale del gruppo.
Presero la metropolitana per arrivare il più in fretta possibile alla loro prossima tappa della loro missione che, come l'aveva definita la voce, era suicida.
Hope non poteva che essere d'accordo  in quanto erano quasi finiti uccisi da una bestia mitologica il primo giorno, anzi, la stessa mattina nella quale erano partiti.
Il combattimento con il dragone aveva impiegato più tempo del previsto e salirono sulla metropolitana quando, ormai, il sole era già alto. Si diedero anche alle spese pazze, dato che si fermarono in un McDonald's prima di andare a combattere la loro prossima sfida.
Hope, mentre staccava dei piccoli morsi dall'hamburger che aveva preso, non poteva fare a meno di pensare chi ci fosse dietro tutto questo e chi, la mappa, stesse indicando loro perchè lei sapeva, in qualche modo, che la mappa li stava conducendo a qualcuno, qualcuno che li avrebbe aiutato o ... beh, li avrebbe uccisi.
Appena finirono di mangiare, si incamminarono verso Central Park perchè Warren era stufo di rimanere rinchiuso nelle quattro pareti della metropolitana, sotto terra.
Certo che Hope non lo capiva: fino a poco prima diceva che rimanere all'aperto era un'idea stupida, quando poi lui stesse li aveva spinti ad arrivare a Central Park a piedi.
Hope si scostò una ciocca di capelli neri da davanti agli occhi e la portò dietro l'orecchio destro su cui vi erano un'orecchino a forma di testa di cane e un altro a forma di chiave, i simboli di sua madre.
Raggiunsero il parco in mezzo a New York passate le quattro del pomeriggio, sudati e accaldati. Liz, la figlia di Efesto, non sembrava essere a disagio anche perchè lei ci era abituata lavorando per molte ore nelle fucine, ma, per il resto della compagnia, non era la stessa cosa.
Hope maledì silenziosamente Warren per la sua brillantissima idea.
In compenso, una volta dentro Central Park, si sentirono subito meglio, rinfrescandosi grazie all'aria meno calda che veniva mantenuta nel parco dagli alberi e dalla loro umidità. Si gettarono, letteralmente, sulle fontane che trovarono, buttandosi dell'acqua addosso o lavandosi il viso o ancora dissetandosi.
"E adesso che si fa?" chiese Lia, impaziente, ad opera dell'iperattività tipica dei figli degli dei. Hope era dello stesso parere, anche se non lo fece notare: piuttosto rimase in silenzio a sentire cosa dicessero gli altri.
Inconsapevolmente si voltarono tutti verso Luke che sembrò decisamente in imbarazzo. Si passò una mano nei capelli, preparandosi a parlare, ma venne interrotto da Archie.
"Sicuramente non andiamo a fare colazione!" esclamò, sorridendo, guardando verso Daphne che rispose al suo sorriso.
"Quindi?" domandò insistente Selene, continuando a torturarsi una ciocca di capelli con le dita: aveva tutta l'aria di chi volesse farsi una bella dormita, piuttosto che combattere, adesso.
Hope guardò il cielo, parzialmente oscurato dalle cime degli alberi.
"Ascoltate." consigliò agli altri che tesero l'orecchio, in attesa di qualcosa.
"Non si sente niente!" si lamentò Bashir, ma Hope lo zittì con un dito quando si cominciò a sentire il rombare tipico di una moto.
Ed eccola lì, cromata nera e con le ruote che somigliavano a dei Pac-Man, di quel gioco che piaceva tanto al signor D.
Hope, personalmente, odiava Pac-Man.
La figlia di Ecate guardò meglio e vide che mancava una grossa fetta di cerchione di ognuna di esse. A cavallo della moto la donna più strana che Hope avesse mai visto: pelle e ossa, pantaloni di pelle nera da motociclista, stivali intonati alti e un giubbotto di pelle rosso sangue, decorato da rami ritorti di un meoo popolati di uccelli scheletrici.
Si tolse il casco: i suoi occhi erano uguali a quelli delle persone schizofreniche, mentre la sua chioma era un unica cascata di ricci neri.
"Allora, chi vuole avere un pò di fortuna?"


 
Hope faticò non poco a capire che quella era la dea della vendetta, Nemesi in persona che si era presa tanto disturbo per farsi un giro a Central Park e aiutarli.
"Che ci fa lei qui?" chiese Luke, scettico, "È lei il prossimo passo della nostra impresa?" domandò, incerto, mentre il suo volto si colorava di un'espressione di rabbia e di odio.
"Perspicace, il figlio di Atena." rispose lei, sorridendo di un sorriso freddo, "Voglio darvi il mio aiuto."
La figlia di Ecate non le credeva: quando gli dei ti cercano vuol dire che vogliono da te qualcosa e Nemesi non sembrava proprio il tipo di persona, pardon, di dea disposta ad aiutarti senza volere nulla in cambio.
Hope chiuse per un attimo gli occhi: quando li riaprì al posto della dea della vendetta c'era lui, l'uomo che aveva sterminato la sua famiglia.
Lui, l'uomo che voleva uccidere.
Chiuse di nuovo gli occhi e ritornò Nemesi che le stava sorridendo malevola.
"Capisci ora?" le chiese, retoricamente, poi si rivolse agli altri semidei, "Allora, siete disposti o meno ad accettare il mio aiuto?"
Nessuno rispose.
"Certo." continuò lei, con fare mellifluo, sfiorando con le dita scheletriche il volto di Jake che rabbrividì, "State compiendo quest'impresa per l'Olimpo, ma nessuno degli dei si è scomodato di dirvi contro cosa e contro chi state andando incontro."
"Non le credete." la interruppe Luke, "Ci vuole mettere contro di loro."
Nemesi rise sguaiatamente.
"No, certo che no." disse, con fare innocente, "Non sono mica Eris, io. No, io voglio aiutarvi, ve l'ho già detto e sono disposta anche a svelarvi anche qualcosa che riguarda la vostra missione. Sempre che voi ... "
Guardò fissa Luke.
"Siate disposti a credermi."
I suoi occhi scintillarono con più forza, mentre un leggero venticello le scompigliava i capelli.
"Allora?"
Luke sputò le parole che disse come se fossero veleno.
"Sentiamo."
"Posso solo dirvi che la vostra impresa sarà pericolosa e qualcuno di voi non tornerà mai più a casa. Ah, non troverete nessuno disposto ad aiutarvi in un primo momento, perché lei è molto esperta nella convulsione." spiegò, appoggiandosi alla sua moto strana, "E vi ritroverete in una situazione che non potrete affrontare senza l'aiuto di un dio altrimenti, beh ... ne uscirete tutti morti."
Guardò il figlio di Atena con occhi forsennati e sorrise misteriosa.
"Ma ci sono qua io, no?" domandò, retoricamente, mentre gli uccelli scheletrici sul suo giubbotto rosso sangue sembravano animarsi, "Io posso aiutarvi, ad un prezzo."
Luke pestò i piedi per terra.
"Lo sapevo!" sbottò con le guancia rosse, come un bambino arrabbiato. Hope era d'accordo con lui: nemmeno lei si era fidata di Nemesi e, a maggior ragione, non sperava nel suo aiuto.
"Tutto ha un prezzo, mezzosangue. La fortuna non è altro che un'illusione. Allora, chi porterà il carico della mia proposta?" domandò, spostando lo sguardo da un semidio all'altro.
Hope voleva morire quando incontrò di nuovo il suo sguardo.
"Nessuno?" chiese.
Silenzio.
"Bene." esclamò, "Divertitevi a morire, mezzosangue." continuò, ponendo maggior enfasi sull'ultima parola e iniziando ad infilarsi il suo casco da motociclista.
"Aspetta." le disse una voce. Lei si voltò, incontrando il volto di Warren, il figlio di Ares, che aveva in volto la stessa espressione pazza della dea.
"Ne sei convinto, semidio?" gli chiese, sorridendogli in maniera misteriosa. Lui annuì e lei scrollò le spalle.
"Coraggioso come tuo padre." sospirò, "Non dovrai fare altro che pronunciare il mio nome, quando sarà il momento. Passerò io a riscuotere il prezzo che dovrai pagare." concluse.
Per un attimo nessuno fiatò, poi lei saltò in sella sulla sua moto e sfrecciò via, mentre il sole andava calando.

 
- - - 

*panda's corner*
Ok, bruciatemi assieme a Crono nelle fiamme eterne del Tartaro oppure speditemi negli strati più bassi della Duat (per chi avesse letto The Kane Chronicles) perché sono in un ritardo mostruoso e anche di frettissima perché oggi pubblico questo capitolo come se ci fosse Cerbero ad azzannarmi il posteriore xD

Allora, ecco i punti di vista di Bashir e Hope e spero veramente che vi siano piaciuti! :') I prossimi saranno quelli di Luke, testa di gufo, e Selene, schiaccio un pisolino (?)
Ok, mi sono rincoglionito xD

Coomunque, mi spiace di aver inserito Nemesi ed è per questo che risulta un po' troppo simile a MoA, ma mi serviva per la trama e ho dovuto aggiungere per forza la dea della vendetta.
Si vedono anche i primi fluff e momenti di ship :') come avete potuto intuire il triangolo amoroso si avrà tra Daphne, Bashir e Luke, ovvero Bellezza, Morte e Saggezza *^* Wow, che ship! :D Idee per il nome? xD
Chi prevarrà tra i due spasimanti della bella figlia di Afrodite? xD 
Lo scoprirete nella prossima puntata xD 

King (a cui Cerbero ha appena mangiato le chiappe :3)


 
  
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