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Autore: dalialio    06/06/2014    2 recensioni
Duemilaquattordici.
Se mi trovavo nel duemilaquattordici, non ricordavo assolutamente nulla di quello che era successo negli ultimi sei mesi circa. La botta in testa mi aveva fatto davvero perdere la memoria.
In ogni caso, sapevo cos'era lo scenario che si stagliava di fronte a me.
La fottuta Apocalisse.

[Lievi spoilers nona stagione]
Sospesa per necessitata rivisitazione
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Capitolo 3
W  E  L  C  O  M  E     T  O     T  H  E     N  E  W     A  G  E


I'm waking up to ash and dust,
I wipe my brow and I sweat my rust,
I'm breathing in the chemicals.

I'm breaking in, shaping up,
Checking out on the prison bus,
This is it, the apocalypse.





Capitolo 3





Ogni tanto mi svegliavo, intorpidito e confuso. Non ebbi mai la forza sufficiente per aprire bocca né per muovermi. Rimasi sempre ammanettato al letto, mentre diverse persone giravano attorno a me, osservandomi. Il viso che vidi più spesso fu quello del ragazzo, Doc. Per lo più cambiava i sacchetti della flebo e mi parlava, chiedendo come mi sentissi, ma non riuscii mai a dargli una risposta perché mi addormentavo subito.
Non riuscii a tener conto di quanto tempo passò. Mi parvero giorni, ma forse furono solo un paio d'ore. In ogni caso, passai quasi tutto il tempo in una specie di dormiveglia, che ogni tanto diventava sonno vero e proprio.
L'unica cosa di cui ero certo era che Castiel non si fece vivo.
La gamba non mi fece mai male e Doc mi aveva medicato la ferita alla testa con qualche punto, ma nemmeno quella pizzicava. Imbottito di antibiotici e antidolorifici, sarebbe stato sorprendente il contrario.
Delle voci arrabbiate erano costantemente fuori dalla tenda. L'unica che riuscii a riconoscere era quella di Doc, che cercava di calmare ogni volta una persona diversa con tono risoluto. L'argomento del litigio era la possibilità che mi fossi beccato il virus Croatoan, visto che - da quanto mi parve di capire - ero sparito dal campo base per quasi un giorno intero. Doc sosteneva che i sintomi si manifestavano entro le prime quattro ore e che per il momento non avevo subito alcun cambiamento, quindi c'era motivo di sperare per il meglio. L'altra persona replicava ogni volta che, imbottito di droga com'ero, sarebbe stato difficile capire se davvero potevo mostrare indizi che il virus mi avesse infettato. Doc concludeva allora dicendo che dopo quattro ore dal mio arrivo mi avrebbe prelevato del sangue per vedere se era presente dello zolfo.
Quando il ragazzo mi aveva infilato un altro ago nel braccio, capii che erano passate quattro ore dal mio arrivo. Mugugnai qualcosa di indistinto, lui mi spiegò la situazione e se ne andò per far esaminare il mio sangue. Mi domandai distrattamente dove avrebbe tirato fuori un apparecchio per analizzarlo.
Altre figure sconosciute si presentarono accanto a me. Erano preoccupate, a causa del mio colorito bluastro e della febbre che continuava a salire, non tanto per me, quanto per la possibilità che fossero sintomi del virus. Mi resi conto solo in quel momento di essere sudaticcio e accaldato. Doc tornò dopo qualche minuto, spiegando che la febbre doveva essere causata dall'infezione alla ferita della gamba, dato che non c'era zolfo nel mio sangue. Poi intimò alle persone di stare alla larga da me, visto che non avevo bisogno di gente che mi ronzasse attorno criticando il mio stato di salute. "Non dopo quello che gli avete fatto!" esclamò, paonazzo. Non avevo idea di che cosa stesse parlando.
Dopo che tutti se ne andarono, Doc si avvicinò al letto, affermando gaiamente che non avevo preso il Croatoan. Continuò dicendo che per sicurezza avrebbe fatto degli esami ogni ora per accertarsi che non comparisse inaspettatamente. Poi presi di nuovo sonno.
Mi svegliò il delicato tocco di un panno bagnato sul mio viso e il rumore di acqua che cadeva in altra acqua. Aprii gli occhi in una fessura, aspettandomi uno dei tanti visi sconosciuti che avevano girato attorno a me nelle ore passate; invece trovai a fissarmi due occhi blu che conoscevo molto bene.
"Cas?" mormorai. La mia voce era uno schifo. Provai a schiarirmi la gola, ma venni colto da un attacco di tosse. Un bicchiere si materializzò tra le mie labbra. Bevvi tutta l'acqua, che grattò la mia gola secca dolorosamente.
Cas posò il bicchiere vuoto sul comodino e mi mostrò uno dei suoi sorrisi a mezza bocca che mi avevano sempre fatto impazzire. I suoi occhi erano luminosi. "Ti ricordi di me, allora" disse. La sua voce era più roca del solito, come se la barba che si era fatto crescere potesse averla resa più profonda.
La mia vista iniziò ad offuscarsi. No, maledetti antidolorifici! Volevo osservare il suo viso per qualche minuto senza prendere improvvisamente sonno. Allungai una mano verso l'ago della flebo per toglierlo.
Cas posò la sua mano sulla mia. "Cosa credi di fare?" mi sgridò.
Lo ignorai, afferrando il tubo della flebo e tirandolo. L'ago uscì dalla mia carne con un pizzicore.
"Fa' come vuoi" esclamò, sorridendo divertito.
Mi resi conto solo in quel momento di essere stato in grado di muovere le braccia liberamente. Mossi cautamente le gambe. Mi avevano slegato.
Castiel rimosse il panno dalla mia fronte, strizzandolo in una bacinella ai suoi piedi. Lo bagnò di nuovo, ma questa volta lo usò per strofinarmi il viso. Il tessuto si macchiò di rosso. Dovevo avere la faccia incrostata di sangue.
"Perché non sei venuto prima?" ruggii, ma la voce uscì più debole di quanto volessi.
"Sei stato tu a dirmi di stare lontano da te nel caso ci fosse il rischio che ti fossi beccato il Croatoan," spiegò.
"Ma... mi hai baciato." La mia voce si ruppe.
"Sì, beh, mi sono fatto prendere la mano."
Nessuno dei due parlò per un paio di minuti. Cas continuava a pulirmi il viso.
"Quando ti avrei detto di stare lontano da me?" domandai confuso.
Abbassò lo sguardo, come se stesse ricordando qualcosa. "Una delle prime volte in cui abbiamo fatto sesso."
Venni colto da un altro attacco di tosse. Di nuovo Cas mi fece bere da un bicchiere.
"La notizia ti ha sconvolto?" scherzò.
"C-cosa?" mormorai, cercando di nascondere il mio imbarazzo
"Ti ha sorpreso sapere che intratteniamo una relazione sessuale?"
La verità era che sì, ero sorpreso. Ma non volevo farglielo capire. "N-no, cioè..." Sospirai, non riuscendo a finire la frase. Castiel sembrò capire il mio disagio. Non ero mai stato bravo a mentirgli.
"Qual è l'ultima cosa che ricordi?" chiese, diventando serio.
"Io... non lo so. È tutto confuso. Non riesco a distinguere nulla."
Cas lavò il panno sporco di sangue nella bacinella e ne approfittai per tirarmi più su a sedere, non senza qualche difficoltà. Avevo i muscoli intorpiditi per essere stato fermo nella stessa posizione per troppo tempo. La fasciatura al ginocchio mi costringeva a tenere la gamba destra dritta, così non riuscii a stirarla, ma l'essermi mosso anche solo di qualche centimetro mi fece sentire molto meglio.
Quando Cas fece per continuare a pulirmi il viso e mi trovò seduto, vidi che il suo sguardo indugiò un secondo in più sul mio petto nudo. "Mmh," mormorò.
"Cosa?" domandai.
"Niente. Mmh... mi sono appena ricordato di averti portato una maglietta," rispose, prendendo l'indumento posato sullo schienale della sua sedia. "Per quanto mi piaccia ammirare i tuoi muscoli, ho paura che tu possa sentire freddo. Avrò altre occasioni in futuro di ammirare il tuo petto." Poi mi porse la t-shirt, ammiccando.
Il suo modo di fare mi sorprendeva. Era molto diverso dal Cas che conoscevo. Presi la maglia e la indossai con movimenti accorti, visti i miei muscoli doloranti.
Cas si allungò verso di me, strofinando il panno umido sul mio collo. Il suo viso era a pochi centimetri dal mio e le sue labbra erano schiuse. Sembrava un gesto automatico dettato dall'attenzione con cui stava pulendo la mia pelle, ma il pensiero che il suo comportamento fosse intenzionale - che stesse in qualche modo giocando con me - grattò un angolo della mia mente. Ma durò solo un secondo.
"Sam?" domandai di punto in bianco, schiarendomi la gola, un po' in imbarazzo.
"Cosa?" mormorò Cas, scostandosi un po'.
"Dov'è Sam?" ripetei. L'idea che quello che avevo visto durante la mia visita nel futuro di parecchi anni prima fosse accaduto davvero mi tormentava, ma finsi di non prenderla in considerazione.
"Sam non c'è," rispose Cas evasivo. Il sorriso era sparito dal suo volto e aveva abbassato lo sguardo, buttando il panno nella bacinella, che aveva schizzato acqua per terra.
Aprii bocca per chiedergli ulteriori spiegazioni, ma fummo interrotti da Doc, che era entrato in infermeria proprio in quel momento. "Devi stare steso," mi sgridò, spingendomi giù per la spalla. Poi si accorse che avevo staccato l'ago della flebo. "Dio, non ti si può lasciare solo nemmeno un secondo," si lamentò, infilandomi l'ago nel braccio. Poi fulminò Cas con lo sguardo. "Per oggi basta visite."
Cas si alzò, prendendo con sé la bacinella. Mi lanciò uno sguardo che non riuscì ad interpretare, un misto tra avvilimento e pietà, e se ne andò.
"Come va la gamba?" domandò Doc, dando un'occhiata alla fasciatura ma senza toccarla.
"Bene," bofonchiai. Non ero dell'umore adatto per parlare. Ero seccato per l'interruzione: Cas avrebbe potuto dirmi qualcosa in più su Sam, se non fosse comparso Doc.
Si sedette dov'era stato prima Cas e tirò fuori un ago sterile dal carrellino e una provetta. "Dovrai rimanere a riposo almeno per un paio di giorni," disse, imbevendo un pezzo di cotone con del disinfettante e passandomelo nell'incavo del gomito, "il che prevede che tu te ne stia fermo a letto senza armeggiare con la flebo". Il suo sguardo storto riuscì ad aumentare il rimprovero. Poi mi infilzò il braccio con l'ago. Sussultai, non per il dolore ma per il gesto improvviso. Gli aghi non mi erano mai piaciuti ed ero stato infilzato due volte nel giro di qualche minuto.
Mi prelevò del sangue e mise il tappo alla provetta. Poi appoggiò un batuffolo di cotone sul forellino sulla mia pelle e mi fece piegare il braccio.
"Mi avete slegato," dissi, mentre si alzava.
"Era solo una precauzione," spiegò Doc, "nell'eventualità che avessi contratto il virus Croatoan e fosse stato necessario tenerti bloccato. Ma non ce n'è più bisogno."
"Da quanto tempo sono qui?" domandai.
"Cinque ore. Sono venuto a prendere la mia dose oraria del tuo sangue," replicò mostrandomi la provetta piena.
"Mmh," mugugnai. Solo cinque ore. Sarebbero stati due giorni lunghissimi.
"Che c'è?" esclamò Doc, esasperato.
"Niente, è solo che mi annoio," borbottai.
"Prova a dormire."
"Se ci fosse la TV via cavo me la passerei meglio."
Doc fece una risata poco divertita. "La TV è sparita tre anni fa."


***


Sognai un ricordo, che cadde proprio a fagiolo. Erano gli ultimi momenti della mia gita nel futuro cui mi aveva spedito Zaccaria anni prima. Mi trovavo in un giardino incolto, dove le erbacce spuntavano dalle crepe di una fontana di pietra e il muschio ricopriva le statue ornamentali. Le siepi erano secche e i rami nudi sembravano delle dita pronte ad afferrarmi per i vestiti. La terra era bagnata e formava una poltiglia fangosa. Un temporale imperversava lontano nel cielo, lanciando qualche lampo che rischiarava l'aria.
Il mio alterego era steso a terra con il collo spezzato e i suoi occhi, rimasti spalancati dai suoi ultimi attimi di vita, mi fissavano come un monito. È questa la fine che farai, sembravano dire.
Sam era in piedi accanto all'unica siepe ancora viva. Stava ammirando una rosa rossa, un bocciolo perfetto. Si accorse di me e mi regalò un sorriso, ma non mi sentii sollevato, anzi mi si accapponò la pelle. La luce nei suoi occhi non era quella che avevo sempre visto fargli brillare lo sguardo: quella era oscura, malvagia. Sapevo che quello non era Sam. Era il Diavolo a sorridermi.
Sam era stato indossato da Lucifero.
Il sogno non ripercorse esattamente ogni attimo di quello che era successo davvero. Sam restava lì a fissarmi con quello sguardo inespressivo, mentre la mia mente faceva tutto il lavoro e mi faceva ricordare: come Lucifero mi avesse detto che capiva il mio disagio nel parlargli attraverso quel tramite, attraverso mio fratello; la storia di come lui fosse stato cacciato dal Paradiso per non aver giurato fedeltà all'umanità come suo Padre voleva; le mie esatte parole di quando l'avevo insultato dicendogli che l'unica cosa che lo differenziava dai figli di puttana che cacciavo da tutta la mia vita era la grandezza del suo ego.
Poi il sogno sembrò mettersi a pari passo con i miei ricordi. Sam si mosse, avvicinandosi a me, senza abbassare lo sguardo. Qualunque scelta tu faccia, qualunque dettaglio tu cambi, finiremo sempre qui, disse. Le sue parole sembravano inconsistenti e si perdevano nell'aria in un'eco lontana.
Mentre continuava ad avanzare, il suo abito bianco si sciolse come se fosse sempre stato liquido, rivelando il suo corpo nudo. La pelle iniziò a fessurarsi e i lembi si scollarono e caddero a terra. Il suo corpo ora era formato solo da muscoli, rossi e pulsanti. Un ghigno si fece strada su quel suo volto mostruoso. Continuava ad avvicinarsi, ma io non riuscivo ad allontanarmi. Quando fu a un passo di distanza da me, Sam si sgretolò sotto i miei occhi e il vento spazzò via la sua cenere.






Note dell'autrice

Eccomi qui con un altro capitolo! La pubblicazione è lenta (come avevo accennato), anzi è addirittura troppo veloce per la mia scrittura perché tra poco finirò i capitoli che ho già scritto e poi mi troverò senza nulla da pubblicare mannaggia a me
Esatto, mi trovo in un periodo di blocco dello scrittore, e per "blocco" intendo che non ho assolutamente idea di dove andrà a finire questa storia. Di solito quando scrivo storie lunghe ho una vaga idea di dove voglio che la storia porti e ho addirittura già in mente scene e dialoghi. Ma con questa storia nada. Questo è davvero un salto nel vuoto per me, ma continuerò a spremermi il cervello perché mi piace quello che ne è venuto fuori fin'ora.
Lo scorso capitolo mi sono dimenticata di ringraziare tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le seguite/ricordate/preferite (davvero, qualcuno l'ha inserita tra le preferite vorrei piangere di gioia) e un grazie gigante a chi ha recensito i capitoli passati, vi lovvo tutti!
   
 
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