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Autore: Fire Human Guts    06/06/2014    3 recensioni
Amava i clown, dalle loro parrucche alle loro enormi scarpe colorate.
Ad Abigail piacevano anche le farfalle, ma non quelle che volavano nel suo stomaco, però.
Quelle le facevano venire la nausea, oppure era veder Louis Tomlinson baciare la biondina di turno? Questo non lo sapeva, ma di una cosa era certa.
Amava Louis Tomlinson.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Abigail strizzò gli occhi in modo buffo, facendo ridacchiare Liam che le aveva pizzicato un fianco e aveva pronunciato il suo nome scherzando.
Le girava un po' la testa ma quello era dovuto alla presenza del migliore amico di suo fratello in casa sua, ne avrebbe fatto volentieri a meno delle sue battute stupide ma lo conosceva da troppo tempo e, in fondo ma molto infondo, gli voleva bene.
Con un balzo da ippopotamo Liam si stravaccò sul piccolo divano che oscillò per un istante, accanto a Niall intento a giocare ai videogames.
La bionda prese in braccio la piccola Dakota che saltellava per casa facendo oscillare i boccoli biondi a destra e a sinistra e la portò in camera sua. “Giochiamo?” Domandò la bimba strofinandosi gli occhi, sembrava stanca. “Che ne dici di fare un pisolino?” Abigail lanciò un'occhiata all'orologio a forma di cagnolino in camera della sorella, erano le 2PM e a quell'ora Dakota era solita appisolarsi sul divano accanto al fratello e a Liam, ma il più delle volte le loro urla riuscivano a svegliarla di cattivo umore e Abigail non aveva voglia di leggerle di nuovo tutto Alice nel paese delle meraviglie per farla smettere di piagnucolare.
“Ma io voglio disegnare per la mamma.” Dakota si divincolò tra le braccia della sorella ed Abigail fu costretta a metterla a terra. La piccola corse alla scrivania piena di pastelli colorati, fogli da disegno e puzzle di ogni genere, recuperò tra tutte quelle cianfrusaglie un pastello grigio e un foglio su cui era già disegnata una sirenetta dai capelli rosa, girò il foglio e senza neanche sedersi sulla sedia in legno, cominciò a disegnare canticchiando.
Abigail alzò gli occhi al cielo, non aveva voglia di starsene lì ad aspettare che la sorella terminasse il disegnino di sua madre, anche perché Dakota alcune volte, risultava un po' lenta e noiosa, come tutti i bambini di quell'età d'altronde.
Si sedette sul bordo del lettino della sorella e socchiuse gli occhi per qualche minuto, svuotò completamente la testa, piena di pensieri felici e si concentrò sulla voce squillante ma allo stesso tempo calma di sua sorella, canticchiava la sigla di un cartone animato che in quel momento non riusciva a ricordare, riusciva a sentire le voci esultanti di Liam e Niall ancora davanti alla TV all'altro lato del corridoio e si sdraiò lentamente sul lettino di Dakota. Dopo pochi minuti Abigail era sprofondata in un sonno colorato.

Appena riaprì gli occhi, Abigail, si ritrovò con il viso schiacciato da qualcosa di pesante, le voci di Niall e Liam abbastanza vicine erano attutite da quel qualcosa che la schiacciava, divincolò le braccia e schiaffeggiò delicatamente chiunque le fosse saltata addosso in quel modo e sentì la fragorosa risata di sua sorella Dakota. La bambina le scese di dosso e ridacchiò per qualche altro minuto mentre Abigail cercò di ricomporsi da quel pisolino improvvisato. Alzò gli occhi al cielo quando Liam si accasciò accanto a lei e borbottò un “Sei una dormigliona!” E scosse il capo. Il solito. “Ero stanca.” Si giustificò semplicemente, ed era la verità. “Il tuo cellulare ha squillato un paio di volte mentre dormivi, forse era Mallory.” Affermò Niall prendendo in braccio la piccola Dakota e seguito a ruota da Liam che borbottava qualcosa di incomprensibile con un sorriso malizioso sulla labbra, lasciarono la stanza.
La bionda si diresse a passi lenti e indecisi in camera sua, era curiosa di sapere chi l'avesse chiamata anche se aveva già un piccolo presentimento. Mallory comunque era da escludere, non possedeva il suo nuovo numero di cellulare.
Non appena si ritrovò con il telefono che le aveva regalato Louis tra le mani sentì il tintinnio stridulo della porta di casa. Qualcuno aveva bussato.
Come previsto era stato Louis a chiamarla mentre dormiva, ma Abigail ancora insonnolita e con il mal di testa non sapeva esattamente che tasti premere per far avviare una nuova chiamata, si sentiva stupida.
Quando percorse svelta il corridoio, Abigail, non si sarebbe mai aspettata di trovare Louis Tomlinson chiacchierare animatamente con Liam. Insomma, Liam era il solito ragazzo buffone e a volte riusciva a risultare anche antipatico se voleva, ma non in quel caso, forse perché Louis, in un certo senso, gli somigliava.
“Ehi.” Riuscì solo a dire, si sentiva ancora leggermente scossa e in più non sapeva che aspetto avesse, si era appena svegliata e i suoi capelli erano sicuramente un bel po' arruffati. “Non mi hai risposto al cellulare.” La ammonì Louis con una naturalezza quasi snervante, lì c'era suo fratello Niall e sapeva bene quanto Louis non gli andasse a genio, si aspettava quasi che scoppiasse di rabbia da un momento all'altro, voleva andare via di lì il prima possibile. “Ehm... Scusa. Andiamo?” Chiese indicando la porta alle spalle del ragazzo. “No, dai, rimanete ancora un po'!” Si intromise Liam lanciando un'occhiata maliziosa ad Abigail che in quel momento non sembrava molto a suo agio. “Non vorrei disturbare.” Rispose Louis portando le mani sopra la testa come per darsi dell'innocente. “Abigail tu vai a prepararti, Louis ti aspetta qui con noi, vero Niall?” Continuò Liam sempre più convinto a recarle qualche sgarro. Abigail avrebbe voluto ammazzarlo ma si limitò a osservare il fratello annuire silenziosamente, a sforzarsi di sorridere e a tornare indietro nella sua camera da letto, mentre riusciva ancora a sentire le voci dei tre ragazzi in salotto che parlottavano dei loro anni passati insieme. “Peccato, Louis, che sei stato rimandato.” Riuscì a sentir dire da Niall, con un finto perbenismo che anche Dakota avrebbe riconosciuto. “Niente di cui lamentarmi.” Aveva risposto Louis e la rabbia di Abigail cresceva a dismisura.
Quando ebbe finito di pettinare i capelli e di infilarsi le scarpe, Abigail, corse in salotto salvando Louis da quelle domande un po' imbarazzanti da parte di Liam. “Quindi tu e Abigail fate solo ripetizioni, eh?” Liam alzò un po' di più il tono di voce quasi a volersi far sentire e Louis assunse un espressione rammaricata. “Già.” Rispose Abigail al posto del moro. Quei due erano peggio di due genitori iper protettivi. “Non ne avevo dubbi.” Borbottò Liam, sembrava saper tutto con quell'espressione di compiacimento. Niall sorrideva, quasi felice di vedere la sorella uscire con Louis, ma sotto c'era dell'altro che Abigail non riuscì a comprendere.
“Grazie per avermi salvato da quell'interrogatorio.” Louis tirò un sospiro di sollievo teatralmente e sorrise a trentadue denti. “Non c'è di che. E' stato... Strano.” Rispose la bionda facendo una giravolta appena uscita dal condominio. “Già.”
“Dove andiamo?” Chiese, i suoi occhi azzurri si illuminarono quasi a quella domanda. Le sembrava di vivere quasi in un film d'azione o in un romanzo d'amore, dove i due protagonisti vivevano ogni giorno una nuova avventura e nonostante l'avventura fosse solo per Abigail, lei si sentiva bene comunque. Accanto a Louis soprattutto, il mondo sembrava girare nel verso giusto.
Louis, con un cappello grigio che gli copriva i capelli e gli anelli in ferro alle dita, non rispose alla sua domanda, infilò le mani nei jeans più stretti del solito e ne tirò fuori un pacchetto di sigarette che smontarono per un istante i pensieri felici di Abigail. “Ti dispiace?” Mormorò Louis infilando una sigaretta tra le labbra e cercando di accenderla, gli occhi fissi sull'accendino blu. Abigail non rispose, Louis non aveva nemmeno aspettato una sua risposta e quindi tacque, anche se avrebbe urlato con piacere un si, odio il fumo.
Louis socchiuse gli occhi, aspirò il fumo della sigaretta, lo trattenne nei polmoni per qualche secondo, giusto per assicurarsi che l'effetto danneggiante della nicotina facesse il suo dovere e poi sbuffò via il fumo grigiastro che andò a finire dritto in faccia alla ragazza che tossicchiò appena, non voleva sembrare petulante quindi rimase in silenzio. Chissà perché Abigail non si sorprese più di tanto a vederlo fumare, Louis le era subito sembrato il tipico fumatore anche senza averlo mai visto con una sigaretta tra le labbra, fino ad allora. Il moro brontolò delle scuse appena udibili e continuò il suo tragitto verso il centro della città. “Dove andiamo?” Richiese Abigail leggermente piccata di quel comportamento, sembrava che Louis volesse ignorarla a tutti i costi. “Dovrò affittare una limousine per la prossima volta.” Scherzò il moro.
Abigail trattenne il fiato per la felicità, ci sarebbe stata una prossima volta e chissà quante altre, magari per sempre. “ Perché?” Chiese curiosa. “Perché non sono abituato a camminare così tanto.” Ridacchiò lui continuando a fumare la sigaretta quasi del tutto consumata.
Dopo ventisette minuti che Louis aveva contato con il cellulare, i due si ritrovarono a Regent's Park, al London Zoo. Lo zoo più grande di tutta Londra.
Abigail era felice, tanto. Era stata lì quando aveva avuto quattro anni con suo fratello Niall di cinque e sua madre, ma non ricordava molto di quella gita, se non che avevano visto tantissimi animali di molte specie, ed era stato in quel momento che aveva capito di avere paura delle tigri, il momento definitivo, in cui era scappata a gambe levate non appena aveva sentito il ruggito dell'animale.
Louis pagò entrambi i biglietti perché Abigail non aveva portato soldi con sé, ma anche se li avesse portati non avrebbe fatto una piega, lo sapeva.
“Appena usciremo dallo zoo andremo alle giostre.” Dichiarò Louis ricominciando, finalmente, a darle attenzioni, quelle che Abigail aveva cercato di storcergli per tutto il tragitto, senza riuscirci, ma che adesso sembravano essere ritornate. A volte Louis sembrava soffrire di sbalzi d'umore, un momento sembrava stare bene e l'altro diventava cupo e silenzioso ed Abigail non riusciva a capirlo del tutto.
“Davvero?” Chiese a labbra spalancate, quasi timorosa che la stesse semplicemente prendendo in giro. “Si.” Louis annuì sorridendo e le scompigliò i capelli in modo fraterno, come faceva Niall. “Davvero, davvero, davvero?” Domandò ancora. Le sembrava quasi un sogno, Louis le stava regalando tutti quei momenti felici e lei si sentiva troppo fortunata, come se avesse vinto ad uno di quei quiz che fanno in TV, però invece di vincere quelle somme stratosferiche di denaro, aveva ricevuto qualcosa di ancora più prezioso: un Louis Tomlinson che le prestava attenzione e che sembrava avere davvero a cuore i suoi sentimenti. “Però per prima cosa dobbiamo affrontare la tua paura.” Ridacchiò lui. “Ah, già.” Brontolò Abigail, anche se quella prospettiva continuava a piacerle.
Quello zoo era enorme, c'erano recinti in ferro alti metri che custodivano animali di ogni genere.
Nonostante passassero ogni venti minuti gli addetti alle pulizie che ripulivano i recinti degli animali, c'era un odore di pelo bagnato, come quello dei cani, che veniva rimpiazzato di tanto in tanto dallo zucchero filato che vendeva il chiosco vicino al recinto degli elefanti.
Fino a quel momento, Abigail e Louis avevano visto le giraffe, gli orsi, le zebre, dei pellicani dal becco lunghissimo, gli elefanti, gli scoiattoli dal viso dolce e dagli occhi a palla, un coccodrillo lungo tre metri e un pavone dalla coda di mille colori e tantissimi altri animali di cui non ricordavano più il nome. Mancavano solo le tigri e i leoni.
“Sono in un unico recinto.” L'aveva informata Louis. “Non voglio intimorirti, ma sono davvero giganti!” Si, che voleva intimorirla. “L-Le hai viste da vicino?” Domandò Abigail avvicinandosi sempre di più al grande recinto con le gambe molli. “Certo che no, altrimenti mi avrebbero sbranato. Le ho viste in qualche documentario.” Rispose con naturalezza. Altrimenti mi avrebbero sbranato, e quello che sarebbe potuto succedere se il recinto non fosse stato abbastanza resistente o se fosse stato indebolito in qualche punto. “Non preoccuparti, sono chiuse lì dentro e non ti torcerebbero un capello e in più non sono affamate.” Louis le fece l'occhiolino indicando un recinto enorme che avevano di fianco. “S-Siamo arrivati?” Gli chiese Abigail. “Il nome specifico di quest'animale è tigre di Sumatra, non chiedermi perché, non ne ho idea.” Si passò una mano sul capello e osservò attentamente la ragazza che aveva di fianco, pronto già a qualsiasi reazione da parte sua. “Non ho intenzione di scappare, puoi anche smetterla di fissarmi.” Riuscì a dire Abigail, cercando di non balbettare.
E se il recinto non fosse chiuso bene? “Forza avviciniamoci, da qui non riesco a vedere nulla.” Brontolò il moro prendendo per un braccio la ragazza e trascinandola con sé.
All'interno del recinto c'era uno strato di erba e foglie secche che ricopriva l'enorme spiazzo grande quasi come il parco vicino casa di Louis, con qualche albero sparso a destra e a manca. Infondo, sotto all'albero più lontano era sdraiata a terra una chiazza arancione, ricoperta da strisce nere e bianche. Era così lontana che Abigail fece fatica anche a mettere a fuoco, assottigliò gli occhi e la vide meglio.
La tigre aveva enormi occhi spalancati di un colore tra il marrone e il verde. Il muso, circondato da folti peli bianchissimi, era simile a quello di un gatto ma tre volte più grande era serrato lasciando solamente immaginare gli enormi denti bianchi che avrebbero ammazzato chiunque, Abigail rabbrividì. Era enorme, niente a che vedere con le tigri che aveva visto nei documentari quando era piccola. Gigantesca. “Che peccato, i leoni sono nascosti lì dentro.” Louis indicò una grotta poco più dietro la tigre a cui Abigail non aveva fatto caso e ringraziò il cielo, perché davvero non ne aveva voglia di svenire lì a terra e far preoccupare Louis, anche se probabilmente lui se lo sarebbe aspettato.
“Io ne sono felice.” Dichiarò la ragazza quasi con un sospiro di sollievo. Ma proprio mentre stava per chiedere a Louis di andare via da lì, la chiazza arancione fece leva sulle zampe anteriori, grosse quanto la testa di Dakota, e alzò il busto, diventando ancora più grande di quello che le era sembrata. La tigre cominciò a camminare, lentamente, sembrava stesse fissando gli occhi sgranati di Abigail, sempre più timorosa di vederla spiccare un balzo e trovarsela di fronte. La ragazza ebbe l'impressione che con un salto la tigre avrebbe potuto scavalcare il grande recinto di ferro oppure abbatterlo con una semplice zampata, ma forse si stava preoccupando per niente. “Andiamo via.” Abigail strattonò Louis per un braccio e lo vide sorridere. “Va bene. Almeno hai capito che chiusa qui dentro non può farti nulla?” Domandò il moro indicando il ferro arrugginito che rinchiudeva il grosso animale lì dentro ed evitava che la tigre sbranasse qualcuno. “Più o meno, si.” Brontolò Abigail.
“E adesso andiamo al parco giochi.” Gli occhi di Louis si illuminarono e sorrise a quelle parole ed Abigail ebbe un sussulto al cuore, era bellissimo quando sorrideva in quel modo, ed era felice perché era il sorriso che l'aveva accompagnato per tutta la giornata.

Abigail si sentiva sudata e appiccicaticcia ma non le importava, aveva anche la gola secca perché aveva urlato a squarciagola insieme agli altri bambini e vari genitori l'aveva guardata malissimo tutto il tempo, ma continuava a non importarle nulla, si stava divertendo come mai prima di allora ed era questo quello che contava davvero.
Aveva fatto quattro giri sul castello gonfiabile, quello dove “Più salti e più rimbalzi!” Questo è ciò che aveva urlato un bambino alla sua amichetta ed Abigail non poteva fare altro che darle ragione, Louis aveva saltato insieme a lei i primi due giri poi si era sdraiato sul gommone di plastica ed era rimasto lì muovendosi ad ogni salto che commettevano i bambini lì sopra. Abigail amava i castelli gonfiabili.

“Non dovresti avere vergogna a farti vedere sulle giostre alla tua età?” Chiese Abigail assottigliando gli occhi seduta su un cavallo bianco, Louis al suo fianco seduto a sua volta su un cavallo nero scoppiò a ridere “Potrei chiederti la stessa cosa.” La giostra su cui erano seduti era grande e rotonda e girava su sé stessa, su cui erano posti numerosi cavalli di legno, macchine di plastica in miniatura e motociclette finte, in tutto c'erano quattro bambini piccoli che ridacchiavano in estasi e Louis ed Abigail che chiacchieravano come se fossero su una panchina e non su una giostra per bambini, alcuni genitori che aspettavano per strada continuavano a guardarli male.
“Credo che sia ora di scendere.” Borbottò la bionda quando la giostra si fermò e i bambini chiesero un secondo giro ai genitori. “Oppure potremmo rimanere qui finché il proprietario non ci cacci fuori.” Propose Louis dondolando le gambe, quello che era quasi successo sul castello gonfiabile. “Si, ma ci perderemo le altre giostre.” La bionda si perse ad osservare gli adulti che correvano, ridevano e scherzavano insieme ai bambini che non sapevano che attrazione visitare per prima, in effetti la scelta era molto vasta.
C'erano le montagne russe, la ruota panoramica, l'autoscontro, il tunnel delle streghe, la casa degli specchi, il giro degli innamorati e tante altre. “Tipo il giro degli innamorati.” Rispose il moro sfilandosi il cappello e infilandolo nella tasca anteriore della giacca a vento verde, si sistemò i capelli un po' scompigliati e scese velocemente dalla giostra seguito da Abigail. “Dove andiamo adesso?” Chiese guardandosi intorno, si sentiva come i bambini che pullulavano da tutte le parti, non sapeva da che parte andare. “Alla giostra degli innamorati.” Ripeté di nuovo il moro che allo sguardo confuso che gli rivolse Abigail fece spallucce. “Che c'è?” Chiese avviandosi per pagare il biglietto. “Niente.” Rispose la bionda con il cuore a mille e le gambe che le tremavano.

Lì dentro c'era buio pesto, il tunnel era illuminato ogni tanto da una luce fioca di colore rosa, si sentiva un odore di fiori quasi asfissiante, ad Abigail mancava l'aria e non ne poteva più di stare rinchiusa lì dentro. Era in imbarazzo, Louis non spiccava parola, l'unico rumore che si sentiva era l'acqua che scrosciava sotto di loro e la giostra rosa a forma di labbra in cui erano seduti galleggiava troppo lentamente per i suoi gusti, ogni tanto spuntavano petali di rose rosse e cuoricini stilizzati di fronte alle pareti di plastica, puntualmente, rosa... Quel colore era nauseante. Abigail si schiarì la voce nell'intento di dire qualcosa e di smorzare la tensione che si era venuta a creare tra loro, ma forse solo Abigail si sentiva in imbarazzo, perché Louis sembrava totalmente assente, perso in chissà quale pensiero così importante. Non parlò, rimase in silenzio perché proprio non sapeva cosa dire.
“Sai a cosa stavo pensando, Abigail?” La voce cupa di Louis rimbombò tra le pareti rosate e il vuoto assoluto colmato da sola acqua e colpì la bionda che rimase sorpresa a sentirlo parlare, pensava che non avrebbe spiccato parola fino alla fine del giro, e invece... “Cosa, Louis?” Sperò con tutta sé stessa che il ragazzo che aveva di fianco con le braccia incrociate non si fosse accorto del tremore nella voce con cui aveva parlato. “A quanto a volte sia strana la vita. Succedono tante cose di cui non ci rendiamo conto, tipo il respirare, lo facciamo senza accorgercene, eppure lo facciamo...” La voce di Louis era atona, senza alcun sentimento, quasi come se stesse parlando un robot al posto suo, Abigail non capiva di cosa stesse parlando e a cosa volesse arrivare con quel discorso strano, ma si sentiva un po' meno in imbarazzo sentendo Louis così a suo agio lì dentro. Rimase in silenzio, aspettando il continuo di quel discorso che non tardò ad arrivare. “Una mattina, invece, ti svegli e puff, ti rendi conto che la tua vita potrebbe essere migliore, tutto quello che ti era sembrato decente in realtà è uno schifo, tutto ciò di cui fino adesso hai fatto a meno sembra mancarti come l'aria. Ed è lì che commetti i tuoi errori, senza pensarci, come quando respiri, lo fai e basta, perché sembra normale e quasi giustificato se pensi a ciò che vuoi davvero.” Abigail rimase immobile, non batté ciglio, sentì Louis sospirare pesantemente e si chiese cosa lo ferisse così tanto, riusciva a sentire un minimo e impercettibile dolore nelle sue parole da robot , passò un minuto esatto che ad Abigail sembrò un eternità e lì, Louis continuò. “E... quando ti sembra di essere arrivato al limite, quando ti rendi conto che tutto ciò che hai fatto senza rendertene conto ha portato delle conseguenze, come il respiro che è così semplice da fare ma che ne consegue la vita, e poi senti queste stesse conseguenze pesarti sulle spalle fino quasi a schiacciarti, è lì che ti rendi conto che sei arrivato al limite. Lì le conseguenze ti schiacciano sotto il loro stesso peso ma non ti uccidono, ti cambiano la vita. A volte in bene, a volte no. Io sono stato fortunato.” Louis era arrivato a sussurrare, quasi come se stesse parlando tra sé, ma Abigail riusciva ancora a sentirlo. “Cosa vorresti dire Louis? Quali sono state le tue conseguenze?” Ormai la bionda non riusciva più a fermarsi, voleva sapere, scoprire di cosa stesse parlando Louis, cosa lo tormentava e provare a capirlo, magari anche consolarlo se le avesse dato la possibilità. “Vorresti dire chi è stata la mia conseguenza.” La corresse. “Chi?” Chiese allora la bionda.
Louis non le rispose.
La luce rosa illuminò il lungo tunnel che sembrava non finire più ed Abigail si voltò ad osservare Louis, sapeva che la luce sarebbe durata qualche minuto, poi sarebbe tornato il buio e non voleva perdere nemmeno un secondo, sentiva il bisogno di guardarlo in faccia, cercare di scavargli negli occhi e capirne di più. Bramava il suo viso.
Louis le era vicino, ma lei riusciva a vederlo solo di profilo, aveva la testa abbassata e i capelli castani leggermente mossi che gli coprivano gli occhi azzurri e le labbra sottili erano socchiuse. “Vorrei fare una cosa.” Borbottò lui alzando il volto ma tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, la mascella tesa. “Cosa?” Sussurrò Abigail, ormai le parole le uscivano di bocca leggere, come se non fosse più lei a comandarle. “Vorrei baciarti.” Gli occhi azzurri di Louis incontrarono quelli altrettanto azzurri di Abigail che cercavano di scrutarlo a fondo, d'altro canto Louis, si sentiva davvero scrutato, quasi scoperto come se lei potesse leggerlo nella mente e ne aveva quasi timore, sotto quello sguardo così sincero e curioso. “Fallo allora.” E Louis obbedì, la baciò.
Abigail trattenne il respiro mentre le labbra di Louis aderirono alle sue, erano morbide e umide. Un vortice di emozioni ruotava nella sua pancia, riusciva a sentire la stessa felicità e lo stesso effetto calmante che provava quando faceva delle giravolte, ma duplicato per mille. Chiuse gli occhi mentre Louis socchiudeva le labbra, Abigail non aveva mai provato una cosa del genere e si adattò a come lui si comportava, mosse le labbra lentamente sulle sue e appoggiò una mano sulla sua guancia quasi a chiedergli di più, di non staccarsi perché del respiro potevano farne anche a meno.
Quando i due si arresero all'aria, che come aveva detto Louis precedentemente era semplice ma necessaria, Abigail aveva la testa svuotata e il respiro affannato, abbassò lo sguardo sulle sue mani che teneva appoggiate in grembo e trattenne un sorriso a ciò che era appena successo, provava imbarazzo ma diverso da quello che provava di solito, era per una giusta causa.
Louis l'aveva appena baciata e suo fratello l'avrebbe uccisa.


 

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