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Autore: yayo    07/06/2014    0 recensioni
[La vita di Adele - Blue is the warmest colour]
Adele ha 36 anni, un marito che non ama e una figlia con cui ha un rapporto inconsistente. Vive la sua vita così come viene, senza farsi domande, pensa, fuma, piange, sorride poco, osserva.
Ma non dimentica, non la dimentica mai.
Mai.
Emma.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Sono passati così tanti anni.
Così tanti anni.
Quando Adele ci pensa, si sofferma su ogni singola parola di quell’espressione.
Accarezza il suono che assumono, ne sfiora i contorni labili, respira la sensazione che quell’ammasso di lettere le procura.
Ne sorride, anche.
Era così piccola, allora. Piccola.
Lei non si era mai sentita piccola. Mai. Forse perché non lo era mai stata davvero. Anche se ora, a pensarci a distanza di anni, anni, tutto sembra così piccolo e sfocato.
Così…così lontano.
Privo di significato.
 
Il tempo cancella tutto.
Ed è triste pensare a quanto questo sia crudele. A quanto facilmente le persone vengano soffiate via, e le loro facce assomiglino sempre più ad una tavolozza di colori sbiaditi e mescolati fra loro.
Aveva fatto così tanti errori.
Così tante parole sbagliate, così tante giornate storte, azioni insensate, emozioni taciute.
Mai niente era stato facile. Non per lei.
A combattere, prima, con un intero mondo che le ruotava ostinatamente contro.
A cercare di demolire, dopo, ogni suo demone che la tormentava ogni giorno e ogni ora. Sussurrandole quanto fosse una persona priva di individualità, inutile, tristemente intrappolata in una casa con pareti troppo azzurre e linguaggi misteriosi che lei non riusciva a capire.
A giustificarsi.
A combattere e perdere ogni volta.
A dire “basta, mi arrendo” e poi non arrendersi. Perché il pensiero di lasciarsi scivolare nel nulla era troppo spaventoso, e lei non era coraggiosa.
 
C’erano giorni in cui Méloée le regalava dei disegni.
Amava disegnare, e aveva un grande talento.
Adele ne aveva messi da parte una trentina. Nel terzo cassetto dell’armadio bianco, in fondo. Sotto le calze, le magliette vecchie e sformate, bigiotteria finita lì in mancanza di altro spazio.
Io li tengo per te, io li tengo per quando ci rivediamo. Mi dovrai dire cosa ne pensi. Mi dovrai dire se secondo te ha talento. Mi dovrai dire tante cose.
-Mamma dove li metti i miei disegni? Papà ha detto che ne vorrebbe uno da portarsi in ufficio.
-Fagliene uno tutto suo. Così è più bello.
-Ma ora non so cosa disegnare…
-Ti verrà in mente qualcosa. Sei così brava.
-Non è vero, Annabelle disegna molto meglio di me.
-Annabelle? Quella smorfiosa? Non ci credo. Una così antipatica non può disegnare bene.
Raramente diventano complici e scherzano su qualcosa.
Raramente perché il loro è un rapporto complicato, e Adele spesso si dice che è davvero una cosa ridicola, perché la parte complicata doveva ancora arrivare.
Adele dovrebbe amarla profondamente, senza riserve, sin dal profondo dell’anima, come ogni madre dovrebbe fare. Ma non può.
La sveglia al mattino, le prepara la colazione, le sintonizza la televisione sul suo canale preferito, la porta a scuola e le racconta qualcosa a caso, la va a prendere ogni giorno all’una, le chiede come è andata la giornata, se ha compiti, la aiuta in matematica anche se non è mai stato il suo forte, le corregge gli esercizi di francese, a volte parlano di una cosa buffa che è successa a scuola, aspettano che arrivi papà, Adele si ritira nell’ombra.
Fa tutto quello che fa una mamma normale. Ogni giorno.
Ma è più un obbligo che reale intenzione.
Tanti anni prima aveva detto,
mi sembra di fare finta. Mi sembra di fare finta su tutto.
E ora, a distanza di un milione di secoli, dopo terremoti, eruzioni vulcaniche, sfollamento di continenti, scoperte di Americhe, pandemie, viaggi nel tempo, le cose sono esattamente come prima.
“Oh Adele, tu non cambi proprio mai” le dicevano quando era una ragazzina, con quel tono tra il divertito e l’arrabbiato, come a dire sei un caso senza speranza, però vai bene così.
“Oh Adele, ma perché cazzo non cambi mai”.
   
 
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