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Autore: Shadow Eyes    08/06/2014    1 recensioni
A memoria d’uomo la vita di un Bifolko Peloso non era mai stata all’insegna della quiete ma, piuttosto, delle risse più assurde, delle invasioni più audaci, degli incendi più indomabili e, ovviamente, dei draghi. Gli anziani dalle lunghe barbe bruciacchiate, tuttavia, narravano ai nipoti di periodi avvolti nelle nebbie del tempo e del mito, durante i quali esisteva la concordia tra i popoli e qualcosa chiamata: “pace”. Probabilmente. Nessuno in realtà era vissuto così a lungo da poterselo davvero ricordare.
Quando Hiccup vide le insegne delle navi dei Grandi Guerrieri che attraccavano nel porto del villaggio, ebbe la triste certezza che non avrebbe mai visto nulla di tutto quello. Trasse un lungo e sofferto sospiro.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Dagur 'Lo Squilibrato', Hiccup Horrendous Haddock III, Testa Bruta, Testa di Tufo, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Deranged:
i pazzi crescono senza innaffiarli






Capitolo IV: Skadoosh!




“Amicizia:
il tacito accordo
fra due nemici
di voler collaborare
per un bottino comune.”

- Elbert Hubbard





«Piantala di starnutirmi addosso!»
Testa Bruta si passò il dorso della mano sotto il naso umido e arrossato, senza degnare d’uno sguardo un Dagur estremamente oltraggiato dall’altra parte della rete. «Che c’è, hai la memoria corta? Sei stato tu a spingermi in acqua stamattina.», gli rispose, scrutandosi con aria di sufficienza la mano sporca. «Oh! Guarda, questa caccola ti somiglia!»
Dagur ritrasse il collo con un guizzo quando si ritrovò a fronteggiare la spaventosa avanzata della mano della ragazza, decorata da una pittoresca opera d’arte estemporanea verdognola e molliccia. E gli somigliava davvero, per giunta!
«Ti ho detto di piantarla!», sbottò ancora e le spinse via il braccio, agitandosi sul posto con il naso adunco arricciato.
Per essere diventati da poco il probabile pranzo a sacco di un Incubo Orrendo o dei suoi cuccioli, stavano riuscendo a conservare un atteggiamento piuttosto rilassato. Non che non avessero provato a trovare una via di fuga, mentre il drago strappava senza alcuno sforzo il ramo al quale erano rimasti avvinti e prendeva il volo oltre la verde coltre degli alberi del bosco; Dagur aveva persino cercato di raggiungere il congegno metallico che manteneva la rete salda al tralcio, con l’intenzione di forzarlo ma era ben oltre la portata delle sue dita. Si era così lanciato contro le corde con una violenza inaudita e aveva preso a ringhiare come una bestia feroce, afferrandosi il capo fumante di rabbia e frustrazione. Gli ci erano voluti un paio di lunghi latrati, oltre ad uno schiaffo gentilmente offertogli da Testa Bruta, per uscire da quello stato. Nel frattempo le cime degli alberi erano sfumate in distese verdeggianti, a loro volta trasmutate, sotto il poderoso battito d’ali, in scogli e, infine, oceano.
Dagur strattonò una delle funi, facendo oscillare la rete e ottenendo quello che aveva tutto il tono di uno sbuffo seccato da parte del drago. La tirò ancora con forza, per il semplice gusto di infastidire il loro rapitore. Avrebbe dovuto avere le membra intirizzite dalle correnti gelide che lo lambivano, eppure sentiva a malapena il freddo, perso com’era a macchinare un sistema per trarsi fuori da quella situazione.
Testa Bruta invece si era rannicchiata con uno sbuffo, stringendo il suo elmo contro il petto. Aveva il corpo scosso da tremiti e le guance rosse si stagliavano sul bianco del suo volto tirato.
«Non posso credere che tu abbia pensato di affidare la mia pelle nelle mani di un mercante!», eruppe improvvisamente Dagur, continuando ad esaminare ogni fibra della trappola.
«Be’, neanche mordere le corde o cercare di strapparle a mani nude sono stati dei colpi di genio, se è per questo.», gli ricordò Testa Bruta con un ghigno canzonatorio.
Dagur serrò i denti, facendoli raspare gli uni contro gli altri producendo un rumore agghiacciante. Quel sacco d’ossa non sapeva mai quando era il momento di chiudere quella boccaccia larga; non riusciva davvero ad abituarsi all’idea che esistessero delle persone che non tremassero al sol pensiero di avere l’ultima parola con lui. La tribù dei Bifolki Pelosi, a quanto pare, non aveva davvero idea di cosa fosse una scala gerarchica.
Testa Bruta, dal canto suo, sembrava aver perso ogni interesse in lui e stava fissando un punto indefinito oltre le sue spalle. Il Grande Guerriero si voltò istintivamente seguendo il suo sguardo ma, attorno a loro, vi erano solo mare e cielo che abbracciavano, in una tavolozza infinita di tonalità di blu, l’intero orizzonte.
Masticò un’imprecazione e spinse la schiena con un certo slancio contro la rete, sorridendo soddisfatto al leggero gorgoglio nervoso dell’Incubo Orrendo, che assestò gli artigli contro il ramo.
«Affascinante…», borbottò Testa Bruta, sfiorandosi il mento con le dita, seguendo con attenzione il movimento delle ampie ali del drago. «Potresti rifarlo?»
«Cosa vai blaterando?»
Decidendo di ignorarlo, la ragazza si alzò in piedi e si gettò di peso sulle corde, facendo traballare nuovamente l’intera struttura. Uno strano odore cominciò a diffondersi nell’aria.
«Perdona il mio entusiasmo.», si scusò Testa Bruta, sollevandosi in piedi con un’espressione inquietantemente educata sul volto. «Tuttavia, sento di poter supporre che siano le correnti d’aria a sostenere il nostro peso quassù… non trovi?»
Le braccia del berserker ricaddero inerti sulla rete dinanzi a quell’exploit scientifico. Se la Bifolka gli avesse sferrato un colpo di ramazza in pieno volto l’avrebbe sconvolto molto meno. Non riusciva a capire cosa le stesse accadendo: ne aveva visti di deliri nella sua vita – diamine, il più delle volte ne era stato lui stesso il protagonista – ma mai che incrementassero il livello culturale di una persona. L’effetto, di solito, era l’esatto opposto.
«Dunque non sarebbe lecito pensare che, in quanto incognita fuori controllo, noi possiamo alterarne l’equilibrio a nostro vantaggio?», proseguì Testa Bruta, terminando la domanda tra i colpi di tosse. «Vedi, l’equilibrio… l’equilibrio…»
La frase le si smorzò improvvisamente in un balbettio inconsulto. Dagur vide gli occhi della ragazza perdere ogni barlume di lucidità e, in un battito di ciglia, se la ritrovò afflosciata scompostamente davanti ai piedi. Non riuscendo a stabilire di che tipo di morte subitanea si fosse trattato, la pungolò con la punta dello stivale. Nessuna reazione. Le afferrò di malagrazia i capelli, sollevandole il viso. A quel contatto violento, Testa Bruta tornò in sé, anche se parve impiegare qualche istante a mettere a fuoco la sua figura. «Che stai facendo? Levami le mani di dosso!»
Gli afferrò il polso, divincolandosi dalla sua presa. Dagur sentì la mano della ragazza bruciare attorno alla sua pelle gelata.
«Vorrei tanto sapere cosa accidenti mangiate da queste parti.», le sibilò, fissandola con un misto di stupore e disgusto mentre la lasciava andare. Non vi era più alcuna traccia di compostezza negli atteggiamenti della ragazza.
«Mangiare? Ieri ho mangiato pesce, poi la sera una zuppa di verdure…», cominciò Testa Bruta, sedendosi spaesata con la testa tra le mani. «Il giorno prima yak arrosto. Oh, e poi c’è la storia del vomito… ma quella è solo una voce. Più o meno.»
Un solco calcò il contorno della narice destra di Dagur. «Non. Voglio. Saperlo.», le intimò a denti stretti.
«E allora perché me lo chiedi?»
«Perché qualche istante fa stavi dicendo qualcosa di sensato sul come farci uscire da qui e ora sei di nuovo stupida come un troll!»
Prima che la ragazza potesse anche solo arrivare ad un’interpretazione logica della sua affermazione, Dagur si avventò su di lei, afferrandola e schiacciandola contro la rete.
«Forza, rifallo!»
«Che stai dicendo?»
«Pensa!», le ordinò, premendole il volo contro le corde. «O stai semplicemente cercando di farmi impazzire?»
«Non hai bisogno del mio aiuto, per quello!», rantolò la giovane, starnutendo sonoramente.
Una virata brusca dell’Incubo Orrendo li fece ruzzolare ovunque.
«Cosa c’è, ti dà davvero così tanto fastidio un po’ di turbolenza, maledetta bestiacci…» Dagur tacque, serrando le labbra in una linea sottile: spezzare l’equilibrio delle correnti, ma certo! Si sollevò, tirando assieme a sé anche Testa Bruta.
La Bifolka s’irrigidì quando si ritrovò naso a naso con lui, e non parve abbandonare l’allerta neanche quando la poggiò sulle funi con la stessa leggerezza con la quale l’aveva sollevata. «E adesso che c’è?», gli domandò infatti sulla difensiva, sostenendo il suo sguardo esaltato.
Il Grande Guerriero scoppiò a ridere, roteando gli occhi nelle orbite. «Bene, bene, bene… non riesco davvero a capire come tu faccia e, sinceramente, non m’importa nemmeno.»
«“Come faccia” cosa?»
«Come fai a pensare certe cose! D’altronde le streghe hanno un mondo tutto loro nella testa…»
«Tu sei tutto suonato.», borbottò Testa Bruta, cominciando a sembrare decisamente confusa.
«D’accordo, ascolta: per quanto mi faccia ribrezzo anche solo l’idea, siamo costretti a fare quella cosa che hai proposto prima.»
La giovane inarcò un sopracciglio a quella perifrasi. «Una tregua?»
«No. Una temporanea collaborazione tra nemici.»
«Tipo… una tregua?»
«Sì… no! Io non faccio tregue con nessuno!»
«Ti ascolto.», tagliò corto Testa Bruta, incrociando le braccia sul petto.
«C’è un modo per uscire vivi da tutto questo, anche se probabilmente ne porteremo i segni sui nostri corpi e nelle nostre menti per il resto della nostra vita.»
Un breve istante di silenzio attonito calò tra loro.
«Cosa stiamo aspettando!?», esclamò la vichinga, esaltata come non mai.
Dagur la guardò negli occhi e un fremito di eccitazione gli attraversò i lineamenti. Oh, sì, ne avrebbero viste delle belle tra poco.
Le porse la mano, siglando l’armistizio con una stretta energica.
«Un’isola.»

Gambe di Pesce aprì gli occhi, trovandosi a fissare il rassicurante, sfuocato viso tondo di Astrid.
«Oh, Astrid.», biascicò, mettendosi a sedere. «Non puoi neanche immaginare che sogno stranissimo ho appena fatto: stavamo discutendo con Hiccup – il che è già assurdo di per sé – sul come liberare Testa Bruta e Dagur da una trappola, quando improvvisamente ci ritroviamo Testa Bruta davanti, solo che non è Testa Bruta ma Testa di Tufo! E poi il mercante Johann ha detto che Testa Bruta e Dagur sono stati rapiti da un drago! Un Drago! Eppure non pensavo di aver mangiato così tanto, oggi…»
«Gambe di Pesce.», gli disse piano la ragazza, stringendogli una spalla. «Non era un sogno.»
Il prode Bifolko collassò di nuovo.
«Vengo con te.»
La voce di Hiccup lo riscosse dal torpore di quel piacevole oblio privo di pensieri, facendolo risvegliare.
«Be’, io di certo non starò qui ad aspettarvi con le mani in mano.», sentì dire ad Astrid.
«Oh, sei di nuovo in piedi… per modo di dire, ovviamente.»
Gambe di Pesce sollevò il capo, ritrovandosi Testa di Tufo comodamente seduto sulla sua pancia.
«Ti spiace…?», fiatò educatamente, accennando ad alzarsi.
«Veramente sì.», ammise Testa di Tufo, scostandosi con una scollata di spalle. «Sei parecchio comodo.»
Gambe di Pesce si tirò su, spolverandosi le vesti. «Ho paura di chiederti cosa mi sono perso…», mormorò, guardando il gemello, il quale, per fortuna, aveva avuto la decenza di sciogliere quelle orripilanti trecce che si era fatto. «Ma, d’altro canto, temo di non poter sostenere l’ansia di rimanere all’oscuro di tutto.»
«Eh?»
«Cos’è successo?»
«Oh… Johann ha detto che mia sorella sta volando da qualche parte con un drago. Un Incubo Orrendo, per giunta! Per la barba di Thor, non riesco ancora a crederci!»
«Mi dispiace, Testa di Tuf…»
«Tutte a lei le fortune! E poi Hiccup gli ha detto tipo: “Cosa?” e tu hai urlato come una femminuccia e sei svenuto.»
«Grazie per la sintesi illuminante.», sbuffò Gambe di Pesce, stingendosi il setto nasale tra le dita. «Ma io intendevo: cos’è successo dopo che sono svenuto?»
«Johann ha allontanato tutti i curiosi e ha detto che vuole andare a cercare il capo, per avvertirlo dell’accaduto.»
«Oh.»
Forse non sarebbe stato poi così male rimanere privo di sensi fino alla fine di quella stramba giornata.
«Gambe di Pesce!», Astrid lo raggiunse con un sorriso. «Stiamo andando a cercare Stoick. Vuoi unirti a noi?»
«Veramente preferirei di n...»
«Perfetto, andiamo!»
La giovane Hofferson l’afferrò con autoritario vigore per un braccio, trascinandoselo dietro fino a raggiungere Hiccup. Johann, a qualche passo da loro, si lisciò la barba, scrutandoli con quei suoi vitali occhi grigi segnati dal sole carichi d’apprensione. «Pronti?»
Astrid e Hiccup annuirono, ben consci che quella non fosse affatto una domanda.
«Ragazzi!», mugolò debolmente Gambe di Pesce, divincolandosi dalla presa dell’amica. «Aspettate! Detesto fare il guastafeste ma credo sappiate tutti che questo momento dell’anno è, come dire, particolarmente delicato. Hiccup, se tuo padre e Oswald non dovessero siglare il trattato, sarebbe guerra per Berk! Come pensate esattamente di comunicargli la notizia? “Scusate il disturbo, signori. Oh, salve, Oswald! Come stai? Tutto bene? Ah, a proposito: tuo figlio è caduto in una delle nostre trappole e ora è disperso chissà dove a causa dell’attacco di un drago. Ora, se non ti spiace, dovresti solo mettere una firmetta qui…!”.»
«Ѐ un indovinello?», chiese Testa di Tufo con aria meditabonda. «No, perché me la cavo abbastanza bene con quelli. Datemi un attimo…»
Il resto del gruppo si abbandonò ad un silenzio incerto. Il primo a spezzarlo fu Johann, che poggiò le mani sulle spalle di Gambe di Pesce, scuotendolo delicatamente.
«Mio giovane amico, nella mia vita ho solcato i sette mari e ho affrontato tempeste, ho esplorato le isole meno civilizzate del mondo e, una volta, ho anche lottato a mani nude contro un calamaro gigante e, oh, non sai quanto adori quell’aneddoto…! Tuttavia, non è questo il momento.», tagliò corto il mercante, ottenendo un sospiro di sollievo da parte di tutti. «Il punto è che posso assicurati che non esiste uomo su questa terra che non provi paura e che non esista uomo, su questa terra, più coraggioso di chi sa agire a dispetto di essa. Non è questo il momento di perdersi d’animo: posso ancora mettervi sulle tracce dei vostri amici ma dobbiamo far presto! Il drago era diretto ad est. Conosco bene quella zona, poche isole, alcune delle quali sono piccole e disabitate. Una, in particolare, è evitata da ogni navigatore come la peste, per la massiccia presenza di quelle dannate bestiacce nei dintorni.»
«Cosa ci assicura che li troveremo lì?», obiettò il giovane, «E cosa ti fa credere che li troveremo vivi?»
«Cosa ti fa credere il contrario?»
«Il buon senso?»
Sentì la presa delle dita di Johann allentarsi e lasciarlo andare.
«Be', quel che è certo è che Oswald potrebbe non tenere più fede al suo soprannome, dopo una notizia del genere.», mormorò Hiccup, stringendosi nelle spalle.
Gambe di Pesce sussultò, voltandosi verso quel notoriamente maldestro vichingo che, per una volta, non stava attirando su di sé gli sguardi di tutti per demerito.
Hiccup ricambiò la loro occhiata sorpresa esalando un lungo sospiro.
«Ma Johann ha ragione: non tutto è perduto e poi non abbiamo altra scelta, dobbiamo avvertire mio padre. Questa non è una questione dalla quale possiamo sperare di uscirne in pochi minuti e senza che nessuno se ne accorga. Ci penso io. Dopotutto, Dagur era con me ed era una mia responsabilità tenerlo lontano dai guai… per quanto ne sia lui stesso la principale fonte.» Fece una pausa. «Sentite, non fate quelle facce, posso sopportare due tirate d’orecchi nella stessa giornata. Ne ho passate di peggiori…»
Gambe di Pesce sentì le proprie guance avvampare di vergogna. Qualcosa gli si mosse nel fondo dello stomaco, l’urgenza di porgli le sue scuse per il comportamento esagitato di qualche minuto prima.
Prima che potesse aprir bocca, tuttavia, Johann sorrise, battendo una pacca affettuosa sulla schiena di Hiccup, avviandosi con lui verso il cuore del villaggio.
«Whoa…», fiatò Testa di Tufo, tirando una gomitata nelle costole ad Astrid. «Ma l’hai sentito?»
«Sì.», mormorò Astrid, assestandogli una gomitata di risposta nello sterno. «L’ho sentito.»
Gambe di Pesce chinò lo sguardo, tormentandosi le mani: aveva sempre considerato il figlio di Stoick poco più di un pericolo ambulante che, in un modo o nell'altro, riusciva sempre a coinvolgerli nei propri disastri. Deglutì. Oh, sarebbe stato così facile girare sui tacchi e andarsene; tuttavia, le ginocchia molli e la testa in tumulto gli suggerirono che probabilmente anche Hiccup era preoccupato e spaventato quanto lui. Eppure… eppure stava affrontando tutto da solo. Forse non era poi così sbagliato pensare di sostenerlo, no?
«Ah, comunque ho spinto io Dagur e mia sorella nella trappola quindi, tecnicamente, è colpa mia.»
L’affermazione schietta e inaspettata di Testa di Tufo fu uno schiaffo in pieno volto per i suoi due compagni.
«Cos’hai detto?», ringhiò Astrid, serrando i pugni.
«Be’, a dirla proprio tutta, è stato Hiccup a dirmi di fare qualcosa quando quei due stavano facendo a pugni.», replicò con semplicità il gemello, passandosi una mano dietro il collo. «Quindi: io li ho spinti ma è lui che ha pensato di fare qualcosa e me l’ha detto e… ora mi sento confuso. Pensavo di aver capito cosa fosse successo.»
Astrid e Gambe di Pesce sgranarono gli occhi, allibiti.
Per la barba di Thor, Hiccup non c’entrava nulla con quel pasticcio! … Per una volta, sì, ma bisognava comunque riconoscerlo. Quello che stava facendo – quello che gli stavano permettendo di fare – non era coraggioso. Era folle.

Dagur aveva pianificato ogni dettaglio. O, perlomeno, credeva d’averlo fatto. Le fiamme, tuttavia, erano state una sorpresa. Non perché non si fosse aspettato un ritorno di fiamma da parte del drago ma, come dire? … Quando è il drago stesso a prendere spontaneamente fuoco sotto i tuoi occhi, allora, be’, forse è il momento di prendere in considerazione l’idea di paura.
Per le ombre di Hel!
Era stato un frammento di secondo, in realtà: non appena l’isola aveva fatto la sua comparsa all’orizzonte, il Grande Guerriero aveva dato il via, assieme a Testa Bruta, a quante più oscillazioni brusche possibili, sballottando e deviando il percorso che stava cercando di seguire l’Incubo Orrendo, sicuro che il drago, per evitare di perdere il sostegno delle correnti d’aria, li avrebbe lasciati andare. Come previsto, dopo qualche minuto un forte ruggito gli aveva segnalato che la sopportazione della bestia era arrivata al limite e non solo: l’aria s’era ancora una volta impregnata di quell’odore sconosciuto, penetrante. D’improvviso, c’era stato fuoco ovunque sopra le loro teste e, in pochi istanti, in ogni altra direzione. Il calore era stato così intenso che a Dagur era sembrato di poter sentire il sangue evaporargli via dalle vene. Senza esitazione, si era così appiattito il più possibile sul fondo della rete, non riuscendo fare altro che ascoltare il ritmo del suo cuore, che martellava sempre più rapidamente contro la cassa toracica – era quello ciò che si provava prima della fine?
«Oh, sì! Sì!»
Dagur si voltò a quell’esclamazione e, al suo fianco, Testa Bruta sorrise dinanzi alla bellezza di quella pira mortale come solo un pazzo poteva fare. Stranamente, il senso d’oppressione al petto gli si allentò. Ci fu poi un sussulto e il berserker avvertì una sensazione simile ad uno strattone giù per l’ombelico, prima di precipitare fuori controllo tra le ceneri della rete, seguito da un urlo che non vi era altro modo per catalogarlo, se non come: “estaticamente divertito”.
Questa Bifolka non sa davvero cosa sia la paura.
L’impatto con l’acqua fu più doloroso di quanto avesse previsto e un flash bianco gli attraversò le pupille dilatate, mentre il sale marino penetrava in ogni ferita aperta che aveva sul corpo, sfregandola, facendola ardere. Sommerso dalla tetra vastità dell’oceano, Dagur serrò i denti, guardando le bolle d’ossigeno fuoriuscitegli dalle narici e dalla bocca risalire verso la superficie. Ignorando ogni segnale di pericolo che il suo cervello gli stava inviando, le seguì, emergendo appena in tempo per vedere una sfera infuocata piombare su di lui.
«Ah, ti piacerebbe, eh?»
Qualcosa gli sfiorò il braccio; i resti bruciacchiati della rete stavano galleggiando pigramente attorno a lui così, con gli occhi in fuori, il Grande Guerriero li afferrò e li scagliò con tutta la forza che gli restava in corpo contro il muso del drago. L’Incubo Orrendo si schiantò nell’acqua a qualche metro da lui, guizzandone fuori subito dopo con un’irruenza tremenda: qualcosa di un giallo brillante si stava agitando tra le maglie della rete strette attorno alle sue fauci.
«Non hai ancora capito con chi hai a che fare, eh? Lucertola dei miei stivali!»
Dagur mosse lo sguardo verso la spiaggia a qualche metro di distanza, gonfio d’adrenalina; se fosse riuscito a raggiungerla, avrebbe avuto qualche possibilità di sfuggire al drago nascondendosi nel fitto della boscaglia, e magari di prepararsi anche ad un contrattacco.
Senza indugiare oltre, si avviò dunque verso l’isola, notando a malapena la matassa di capelli biondi che gli comparve accanto. Testa Bruta infranse la superficie limpida d’acqua oceanica con un guaito, sforzandosi come poté di tenerne il naso al di fuori. Priva di supporti però, finì presto per annaspare e affondare ancora una volta, mentre il Grande Guerriero procedeva ad ampie bracciate verso la riva.
«Ehi!»
Dagur serrò le labbra; quel richiamo lo aveva fatto fermare suo malgrado. Girò il capo con un ringhio, scorgendo le dita sottili della Bifolka un attimo prima che sparissero nel blu dell’oceano; non gli ci volle uno sciamano per capire che non fosse affatto nelle condizioni per poterlo raggiungere.
Un problema in meno
, si disse, riprendendo a nuotare; ogni bracciata, tuttavia, gli costava uno sforzo di volontà immane e una rabbia che non aveva mai provato prese a formicolargli sottopelle, facendogli contrarre dolorosamente la gola. Non era mica colpa sua se quell’idiota non era in grado sopravvivere da sola… quindi perché stava avendo tutti questi ripensamenti?
«Ehi, capo! Mi servirebbe una mano, qui!»
Ruggendo infuriato, il berserker batté un pugno contro un’onda e fece dietrofront, tornando a recuperare i resti di Testa Bruta prima che si inabissassero completamente come una barca funeraria.
«Dove…?»
Un braccio emerse di colpo, sfiorandogli il naso e lui l’afferrò, usandolo per tirare di malagrazia la sua proprietaria fuori dall’acqua – ma, non appena vide quel suo lungo viso confuso, non ce la fece proprio e lo schiacciò per rappresaglia ancora una volta sotto la superficie salina. Così imparava a essere così tanto inutile, quella strega!
Soddisfatto dalle bollicine cariche d’invettive che ribollirono subito verso di lui, Dagur decise di porre fine quella punizione improvvisata e ripescò Testa Bruta, trascinandola con sé a riva.
La sabbia della spiaggia era bollente sotto i polpastrelli e il Grande Guerriero ne spostò manciate su manciate ad arco con l’avambraccio, trascinandosi in avanti fino a che i suoi muscoli gli permisero finalmente di alzarsi in piedi senza tremare.
«Patetica.», borbottò, gettando la Bifolka a terra.
E adesso…
Dagur riprese fiato, cercando di capire dove fosse finito l’Incubo Orrendo: non riusciva a scorgerne traccia da nessuna parte. Sorrise, gustandosi quel fervore che ancora gli gonfiava le vene, crepitandogli nel sangue come la fiamma di un falò.
«Cosa fai, scappi, bestiaccia? Hai paura di me?», gridò verso l’orizzonte. «Fai bene! Giuro che la prossima volta che ci incontreremo, avrò la tua testa!»
A quella sua stessa dichiarazione, il berserker sentì l’euforia della vittoria invadergli, inebriargli e dilatargli i sensi; cominciò a ridere e a ululare, tirando fuori tutto l’ossigeno che gli era rimasto nei polmoni. Con una naturalezza che apparteneva alla foga del momento, in maniera quasi inconsapevole, si ritrovò a cercare lo sguardo di Testa Bruta: quando vide i suoi occhi azzurri aprirsi verso il cielo, si chinò su di lei e la tirò su come se non fosse altro che una bambola di pezza, pronto a stringerla a sé, ma qualcosa di appuntito gli punzecchiò la pancia, facendolo sussultare. Perplesso, scostò la ragazza di qualche centimetro.
«Ma che
Non poteva crederci: stava ancora stringendo il suo elmo tra le mani!










.:~*~:.

Et voilà~, il quarto capitolo è pronto! :D

Lasciatemi fare questo sfogo: ho appena ricevuto la lieta notizia che la DreamWorks ha in progetto di fare una terza serie di DRAGONS dopo l'uscita del secondo film e che, pare (PARE perché non ho idea se la fonte sia ufficiale o meno) ci sarà il ritorno di Dagur, Heather e altri personaggi secondari! *_________________________________* YEEEEEEEEEEEEEEEEH!! XD *spara petardi e balla per tutta la stanza*
*ehm* Dunque, passo alle note! In questo capitolo ho fatto volare la fantasia a briglia sciolta, sono sincera. L’idea del drago mi è venuta pensando ai fantomatici furti di bestiame del primo film (quando i draghi portavano quel che potevano a Morte Rossa, rubacchiando anche pecore etc nel villaggio) e ho scelto l’Incubo Orrendo per una questione di convenienza. Sulla wikia c’è scritto che è tra le razze più inclini alla rabbia e quindi tra le più facili da provocare ma, soprattutto, l’ho scelto perché è capace di andare in autocombustione. Sempre sulla wikia viene riportato che il suo fuoco è un gel al cherosene (da qui lo strano odore che Dagur sentiva quando faceva innervosire il drago), difficile da spegnere e che il liquido che secernono dal corpo ha un effetto simile a quello del napalm.
Non sono sicura che Dagur conosca tutte le varie capacità dei draghi prima di diventare capo dei Grandi Guerrieri. I protagonisti imparano tutte queste cose durante il primo film… non so se anche i berserker facciano qualcosa del genere e istruiscano i ragazzi su come affrontare un drago. Non ne ho davvero idea, quindi mi sono presa questa licenza. Se sapete qualcosa in più, non esitate a farmelo sapere!
Ah, e il titolo è una mini-citazione dai film di Kung Fu Panda. X3 Per chi non li abbia mai visti, “Skadoosh!” è una esclamazione che Po, il protagonista, usa in entrambi i finali dei film quando sta per fare qualcosa di mitico. Come l’assurdità che hanno fatto Dagur e Testa Bruta rischiando di lasciarci le penne. XD E quella strana cosa gialla che resta incastrata nella rete quando Dagur la lancia contro il muso del drago è un’anguilla.
Oh, e a proposito di anguille! Lo strano comportamento di Testa Bruta non deriva dal fatto che sono imbottita di antiallergici. XD Nell’episodio “The Eel Effect”, quasi tutti gli abitanti del villaggio vengono infettati da questa malattia chiamata “eel pox” (sarebbe all’incirca “febbre/influenza dell’anguilla”… scusatemi, non so come l’abbiano tradotta in italiano), i cui sintomi sono starnuti, febbraH e delirio. In particolare, i gemelli si trasformano in una parodia simpaticissima dei gemelli Lutece di “Bioshock Infinite” (♡) e cominciano a fare esperimenti scientifici in giro per il villaggio e a parlare in maniera forbita. Ahahahah! X°D Ho trovato un’immagine della puntata, per farvi vedere che atteggiamento avevano (spero di non cannare con il collegamento): link
Non so se ogni volta che hanno la febbre alta delirano in questo modo stravagante... mi sembrava un'idea divertente quindi l'ho messa in atto così. *aggiunge l'ennesima voce all'elenco infinito di licenze poetiche* Oh, si sono ammalati entrambi i gemelli ma, visto che Testa Bruta è stata sballottata ed esposta alle correnti, ho pensato che sarebbe peggiorata prima del fratello. XD Demenza mia a parte, in questo capitolo ho provato a legare tutto col il tema del coraggio. Hiccup ha il coraggio di chi sa tenere fede alla propria natura. Dagur ha l’audacia che deriva da un forte orgoglio e dalla superbia. Testa Bruta, invece, come il fratello, ha quella forza che nasce dall’incoscienza e dalla testardaggine.
Nel prossimo mostrerò la reazione di Oswald… aaah, che bello, un capitolo che mi farà andare in corto circuito il neurone. Mi dispiace, Jimmy. ;____;
Bene, per oggi ho finito! Ringrazio come sempre chi ha letto questa robbbaccia e, in particolare, La Prima Ultima per aver messo questa storia tra le preferite... aw, non sai quanto la cosa mi renda felice! X3 E Cipress, per aver commentato il primo capitolo! Grazie ancora! :)

See ya,

Shadow Eyes
  
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