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Autore: NeverAloneF    08/06/2014    8 recensioni
STORIA IN REVISIONE.
E se Jocelyn non avesse mai scoperto ciò che Valentine ha fatto a suo figlio? E se entrambi fossero stati ucciso dal conclave quando Clary e Jonathan erano ancora bambini? Cosa succederebbe se un Jonathan di sei anni dovesse prendersi cura di una Clary di uno?
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alec Lightwood, Clarissa, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Jonathan
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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buonsalve bella gente. Oggi posso finalmente dire di essere felice di un capitolo, spero che piaccia anche a voi.
Come al solito ringrazio chi legge la storia, chi recensisce e chi mette la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
buona lettura.


"Però" ripeté la ragazza per la terza volta "l'accoglienza non è delle più calde"
"Sei ancora viva Lightworm" disse Jace sprezzante "consideralo il meglio che posso fare"
Si stavano lanciando frecciatine da almeno dieci minuti. Eravamo tutti nel salotto seduti sui divani di pelle marrone. La ragazza si chiamava Isabelle, lo avevo sentito quando il fratello la aveva rimproverata per aver insultato Jace chiamandola per nome. Era alta, bella e altezzosa, tutte qualità che io non avrei mai avuto. 
Il fratello invece se ne stava in disparte. Non diceva niente e, di tanto in tanto, lanciava occhiate a Jace, che se ne accorgeva ma faceva finta di niente. 
Quelli che avevo supposto fossero i signori Lightwood erano nella stanza di fianco a quella in cui eravamo in quel momento. A Celine non piacevano, lo avevo capito, ma non capivo perché dovessero per forza dormire a casa loro, dal momento che da giovani vivevano entrambi ad Alicante e di conseguenza dovevano per forza avere una casa tutta loro. 
Isabelle sbuffò e si girò verso di me. 
"Da quanto state insieme?"
Spalancai gli occhi sorpresa e sentì Jace irrigidirsi al mio fianco. 
"Io non …"
"Oh capisco" fece la ragazza "sei solo il giochino del momento"
"Isabelle Lightwood!" Esclamò Alec scandalizzato. 
Decisi di giocarmi la carta del senso di colpa, infondo se avevo imparato qualcosa da Jace, quello era essere subdola. 
"In realtà" dissi fingendomi il più innocente e indifesa possibile "i miei genitori sono appena morti e Jace e sua madre mi stanno ospitando a casa loro. Non ho dove andare"
La vidi sussultare leggermente e abbassare lo sguardo. Era dispiaciuta e mi sentivo leggermente in colpa per quello che avevo fatto. Infondo odiavo far soffrire la gente. Possibile che in sedici anni in cui Jonathan aveva cercato di farmi diventare una spietata assassina non fossi mai cambiata come lui voleva, e in poche ore con quel ragazzo ero già così… diversa?
Sentì Jace ridacchiare sommessamente di fianco a me e mi girai nella sua direzione. 
"Avrei bisogno di una mano" improvvisai "potresti aiutarmi a … ehm … trovare un libro?"
"Con piacere" disse lui alzandosi. 
"È stato un piacere conoscervi" dissi rivolta ai due fratelli prima di alzarmi e seguire Jace fuori dalla stanza e verso la libreria. 
Lo fermai prima che potesse entrare nella sala perché non volevo rivedere Hodge, non ancora. 
Lui si voltò nella mia direzione con un sopracciglio alzato. 
"Wow" disse "credevo che mentire fosse contro la legge"
Gli lanciai un occhiataccia. 
"L'ho fatto per te"
"Lo so" disse con un ghigno stampato su quella faccia da schiaffi. 
Calò il silenzio. 
"Davvero i tuoi genitori sono appena morti?" Domandò infine. 
"No" dissi "cioè, sono morti, ma quindici anni fa"
"Quanti anni hai?"
"Sedici, credo"
Altro silenzio. 
"Mio padre è morto" disse Jace "non ero ancora nato"
"Mi dispi…"
"Non dirlo" mi interruppe "odio quando la gente lo fa"
Abbassai lo sguardo. Eravamo entrambi appoggiati alla parete davanti alla biblioteca e per la seconda volta in una giornata, le nostre ginocchia si stavano sfiorando. 
"Il punto è che… non è morto come uno shadowhunter dovrebbe morire" aggiunse
"Stava facendo cose sbagliate che non avrebbe mai dovuto fare, ma comunque, era uno shadowhunter e non si meritava di finire così. Avrebbero dovuto seppellirlo e invece non c'era niente da seppellire. I nascosti che l'anno ucciso non hanno lasciato niente di lui. Niente"
Rimasi in silenzio ad ascoltarlo parlare. Gli presi una mano nella mia e le diedi una leggera stretta per fargli capire che io c'ero, che poteva aprirsi con me. 
Ma il punto era proprio quello. Perché si stava aprendo con me? 
Quella mattina non si era neanche disturbato di parlarmi civilmente e adesso mi stava raccontando di suo padre, di come era morto. 
"Faceva parte di un gruppo, il Circolo" disse sprezzante "il loro passatempo era uccidere nascosti. Nascosti capisci? Sono solo persone dopotutto, più o meno. Una sera durante una delle loro missioni mio padre è stato ucciso. Così, una sera come un'altra. Il giorno prima era lì, e il giorno dopo… niente, non c'era più niente. 
Avrebbe potuto capitare a chiunque potresti pensare" e infatti era quello che mi passava per la mente in quel momento "ma no. Perché non è stato un incidente. Quel bastardo di Valentine l'ha ucciso" sibilò sprezzante. 
Mi irrigidì e sperai che lui non se fosse accorto. 
"Non era la prima volta che succedeva qualcosa del genere. Ha ucciso il suo parabatai. Il suo parabatai! Avrebbe dovuto proteggerlo, morire per lui, invece non gli ha coperto le spalle quando avrebbe dovuto solo perché si sentiva minacciato. Capisci, minacciato! Solo perché era il migliore amico di sua moglie e ne era follemente innamorato. 
Se fosse ancora vivo, giuro che lo ucciderei con le mie stesse mani. E ucciderei tutta la sua famiglia, solo per ripagare quello che ha fatto a mio padre"
Il suo discorso mi terrorizzò a morte. Se avesse conosciuto la mia identità, la mia vera identità, mi avrebbe uccisa. 
Mi si formò un groppo in gola e lasciai la sua mano per correre in bagno e vomitare per la seconda volta in poche ore. Siccome non avevo più cibo nello stomaco, vomitai solamente acidi, che bruciarono anche più del cibo. 
Una mano mi scostò i capelli dal viso e mi aiutò ad alzarmi quando ebbi finito. 
Jace era davanti a me e aveva un espressione preoccupata e leggermente sospettosa. 
"Cosa è successo?" Mi chiese
"Deve essere stato il cibo" mentì camminando verso al lavandino per sciaquarmi la bocca "non avevo mai mangiato tanto"
Il sospetto scomparve dal suo viso e rimase fermo ad aspettare che finissi. 
"Mi parlerai mai del tuo passato?" Mi domandò poi. 
Alzai un sopracciglio. 
"Andiamo Jace, mi conosci da un giorno e già vuoi sapere tutto di me?" Tentai di ironizzare. 
"Io ti ho detto di mio padre" sussurrò lui, e sentì un peso sullo stomaco. 
E non solo quello, pensai. 
Mi girai e mi incamminai verso la mia stanza. 
"Non ti conviene entrare" la voce di Jace mi raggiunse quando ebbi quasi varcato la soglia "per un po' ti toccherà dividere la stanza con la piattola"
"Chiamala tua sorella piattola deficiente!" La voce arrabbiata di Isabelle proveniva dalla stanza. 
Feci una smorfia leggermente divertita e feci spallucce. 
"Cosa consiglia di fare allora signore?" Chiesi a Jace con una voce esageratamente educata.   
"Io le consiglierei di scendere e aiutarmi a preparare la cena signorina" rispose porgendomi la mano. 
La guardai confusa. Cosa avrei dovuto fare ora?
"Devi prendere la mia mano" sussurrò lui leggermente divertito. 
Feci quello che mi disse e lo seguì in cucina. Lo guardai mentre girava per la stanza e spostava stoviglie dagli armadi al ripiano di fianco ai fornelli. 
Si girò nella mia direzione e sollevò un sopracciglio. 
"Hai intenzione di aiutare?"
"Io… non so cosa fare" ammisi. 
Mi aspettavo che mi ridesse in faccia, ma non lo fece. 
"Allora, tu puoi apparecchiare io cucino" 
"Non mi fido a lasciarti cucinare Herondale, potresti avvelenarci tutti" disse una voce femminile alle mie spalle. 
"Sicuramente se cucini tu non sopravvivrà nessuno anche senza veleno" disse Alec. 
Mi girai e vidi i due fratelli sulla soglia della cucina. 
"E allora perché non cucini tu Alexander?"
"Perché nemmeno io so cucinare, ma almeno non ti costringo a mangiare il mio cibo" replicò l'altro calmo. 
"Se volete mangiare dovrete accontentarvi del cibo che cucino io. E tu" disse rivolgendosi a Isabelle "insegna a Clary ad apparecchiare, magari fai qualcosa di utile. Tanto per cambiare"
"Io non prendo ordini da nessuno" fece l'altra stizzita incrociando le braccia sul petto "e soprattutto non da te"  
Alec sbuffò e si avvicinò a me con passo elegante. 
"Ti aiuto io" sussurrò per poi lanciare un occhiataccia alla sorella che si guardava le unghie indifferente. 
Lo guardai indecisa sul da farsi, ma poi annuii e lo seguii verso la pila di piatti che Jace aveva tirato fuori dal mobile. 
"Questi vanno sul tavolo, uno a testa" e si diresse nella sala da pranzo appoggiandoli sul tavolo e prendendone uno alla volta, sistemandoli tutti alla stessa distanza. Presi due dei tre rimanenti e li sistemai come aveva fatto Alec. 
"Vedi? Non è difficile"
Con l'aiuto di Alec finii di apparecchiare e solo quando il profumo del pollo che stava preparando mi invase le narici mi accorsi di quanto fossi affamata. Ero anche riconoscente ad Alec per non aver fatto domande sul perchè non sapessi fare qualcosa di così semplice e normale come apparecchiare. 
Isabelle era rimasta per tutto il tempo appoggiata allo stipite della porta a guardarci lavorare. Mi ricordava Jonathan quando mi faceva raccogliere la legna o ripulire i luoghi in cui avevamo vissuto, mentre lui rimaneva seduto a guardarmi, ripetendomi di fare più veloce e terrorizzandomi con quel suo pugnale dalla lama demoniaca. 
"Hai imparato ad apparecchiare la tavola?" Mi chiese Jace quando ebbi ringraziato Alec e mi fui avvicinata a lui. Potei dire che mi stava prendendo in giro dal suo tono di voce e dal fatto che avesse un sorrisetto sghembo su quella sua faccia da schiaffi.
"Hai imparato a chiudere la bocca?"
"Hai appena constatato che è impossibile che succeda"
"Speravo"
"La speranza non è che un ciarlatano che c'inganna senza posa" citò lui. 
"Davvero? Chamfort? Però, sei originale"
"Credevo che non conoscessi…"
"Cosa? Credevi che fossi così ignorante da non conoscere Chamfort? Mio fratello non faceva altro che citarlo e parlarmi di come si fosse suicidato prima di andare a dormire quando ero piccola"
"A si? E se non ti spaventavi ti regalava una cicatrice gratis?" Domandò freddo e sarcastico
Io mi irrigidii. 
"Come fai…"
"Per favore Clarissa, risparmiami le tue balle. Non hai genitori, sembra che sia stata cresciuta in prigione, sei piena di cicatrici, sembra che non abbia mai visto del cibo prima"
"Smettila" sibilai
"Scommetto che quando ti ho trovata stavi scappando da lui e che quando mi hai attaccato pensavi che fossi lui"
"Ho detto smettila". 
Lui scosse la testa e si girò dall'altra parte. Con i pugni serrati dalla rabbia mi guardai intorno. Incrociai lo sguardo di Alec e Isabelle e loro si girarono velocemente dall'altra parte. 
"Ti sbagli" sibilai a Jace
"A si? Sei ridicola Clarissa"
Sei ridicola Clarissa. Jonathan me lo aveva detto meno di una settimana prima. Cosa avrebbe fatto quando mi avesse trovata?
"Le tue braccia sono coperte di cicatrici, e scommetto non solo quelle. Perché vuoi difenderlo? Scommetto che non è neanche morto"
"Ed è qui che ti sbagli" sibilai "lui è morto, e non puoi capire quanto ne sia felice". 
Detto questo mi allontanai bruscamente da lui e con passo deciso camminai verso la porta, beccando per la seconda volta i due fratelli Lightwood a guardarci. 
Quando fui fuori riuscì a sentire la voce di Isabelle dire a Jace "beh, il tatto è qualcosa di cui sei privo". 
Scossi la testa e mi buttai sul divano, riscaldandomi con il calore del fuoco acceso nel camino. Sospirai e chiusi gli occhi. In qualche modo mi addormentai. 



 
  
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