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Autore: fortiX    08/06/2014    5 recensioni
Bassai dai é il nome di un kata del karate shotokan. Il termine vuol dire entrare nella fortezza. E cosa sono Sephiroth e Cloud se non due fortezze mai violate? Cloud sta aprendo la sua verso una nuova vita e si accorgerà presto che, nonstante le numerose sconfitte, il suo nemico mortale non é mai stato veramente conquistato. I segreti e le paure verranno mai svelati? Cloud avrà questo coraggio?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cloud Strife, Nuovo personaggio, Sephiroth, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Dolci sussurri. Ansiti strillanti. Gemiti soffocati. Schiocchi di baci. Carezze fruscianti. E follia. Pura follia. Un gracile corpo mi è avvinghiato addosso, stringendomi i fianchi con le sue sottili gambe setose e conficcando le sue unghie nella mia schiena. Avverto il suo calore bollente sulla mia pelle, i suoi baci soavi, la sua voce chiamarmi. Ma non è il mio nome quello che esce dalla sua bocca, eppure le rispondo.
-Sakura…-
I suoi occhi brillano di pura passione. Esper santi, quanto sono meravigliosi! Quello sguardo conturbante mi inebria, la desidero sempre di più. Afferro la sua bocca e la bacio quasi con ingordigia. Mordo la sua pelle morbida come un animale affamato di lussuria. Quanto è delizioso il suo sapore! Lei addenta dolcemente il mio orecchio e di nuovo sussurra quel nome, dando a esso un tono dannatamente sensuale. Le rispondo ancora. Perché le rispondo ancora?
 -Sakura…-
Ci uniamo in un intrico impazzito di passione. Ogni senso ormai è offuscato da lei. Sulle mie dita sento la sua pelle incandescente, sulla mia lingua avverto il gusto delle sue labbra, il mio odorato è riempito del suo profumo dolcissimo, la mia vista s’inebria del suo corpo perfetto e, infine, il mio udito è accarezzato dalla sua voce gaudente. Essa mi incita, mi sprona, mi eccita, mi chiama…
E io rispondo. Continuo a rispondere.
-Oh, Sakura…-
Tutto inizia farsi offuscato. C’è tanto caldo. Sudo. Il mio respiro è velocissimo, il mio cuore martella impazzito nel petto. E lei, è sempre più bella, più golosa, più bramosa. Ho raggiunto il limite: voglio sentirla gridare!
-Oh sì… così, Sakura…-
Parole scritte con inchiostro nero su fogli bianchi sopraggiungono dalla mia memoria, dando vita ad un unico, pazzo, folle pensiero: Io la amo…
-Sakura… Ti amo…-
-Cloud…-
Alzo la testa e la guardo in viso, confuso.
-Cloud…-
Ripete quel nome. Un nome che stento a riconoscere, tuttavia che sento appartenermi. Lo preferisce con così tanta passione…
-Cloud…-
-Clooooud!-
Un’altra voce si sovrappone alla sua. Essa è meno matura, più squillante, più allegra. E mi sembra di conoscerla…
-Clooooooooooooooooooooooud!-

Mi sveglio di soprassalto, con il cuore in gola. La visione del sogno viene squarciata brutalmente dalla realtà offuscata e sconosciuta che mi circonda. Annaspo alla ricerca d’aria, finché una vocina squillante non richiama la mia attenzione.
-Era ora che ti svegliassi!-
Sono ancora totalmente stordito e impiego qualche secondo a mettere a fuoco la figura gracile e graziosa che mi osserva con la sua espressione corrucciata. La conosco. Si tratta di Marlene. Preso atto di questo, piano piano inizio a identificare il luogo in cui mi trovo. Sono in salotto, sdraiato sul divano, la televisione accesa trasmette un programma culinario. Mi guardo attorno con espressione vacua, prendendo mano a mano consapevolezza della miriade di ricordi contenuti in questa casa. Sono vecchi oggetti, quelli scontati sempre sotto agli occhi di tutti, di cui ormai non ci si fa più tanto caso, che attirano maggiormente la mia attenzione, poiché mi rievocano memorie che, da tempo, non si risvegliavano. Vecchie foto ingiallite e rovinate, scampate al fuoco di Nibelheim; soprammobili orribili frutto di uno sfrenato shopping vacanziero; gli improbabili regali fatti dai bambini a scuola; un balocco abbandonato durante una precedente sessione di giochi; le tende che tanto odio, ma che sopporto per amore della quiete domestica; quadri appesi alle pareti dentro cui abbiamo sistemato le immagini più belle della nostra famiglia, della nostra nuova vita. L’attenzione cade su una fotografia di me e Tifa. Mi ricordo di quel weekend. Marlene e Denzel erano andati con Barret a Costa del Sol e noi ne avevamo approfittato per fare qualcosa insieme. Avevamo deciso di cambiare aria, allontanarci dall’acciaio e dall’arsura di Edge, e rivedere il verde sconfinato delle praterie, l’imponenza delle montagne, la bellezza dei boschi: insomma, ricordare la nostra infanzia. Abbiamo, quindi, preso la moto e ci siamo diretti verso la campagna. La fotografia ci ritrae durante una delle pause. Il panorama era bellissimo e lei, ricordo, aveva insistito tanto per immortalare il momento. In questo quadro, lei è appoggiata a me ed io, a mia volta, gravo sul sellino della Fenrir. Sullo sfondo, una splendida veduta del passo Healin, con le sue colline verde brillante e il cielo azzurro terso, libero dalle nuvole. Io la sto stringendo a me, mentre tento di assumere un’espressione lieta, fallendo miseramente. La mia ragazza è decisamente più sciolta in questo genere di situazioni, a giudicare dal sorriso luminoso che sfoggia con tanta leggiadria. Mi ritrovo a studiare la sua figura vestita di pelle nera, la quale si contrasta con il sfolgorante pallore della sua pelle luminosa. La mia attenzione ricade sulle sue mani, le quali sono incrociate alle mie, all’altezza della vita. Mi sovviene il calore e la morbidezza del suo corpo perfetto rilassarsi contro il mio, le carezze sfuggevoli sulle mie dita, i suoi capelli profumati scossi dal vento, la sua risata lieta. Sorrido.
Io la amo…
Dopo aver formulato questo pensiero, un lampo sovrappone la figura preponderante di Tifa con quella più flebile della donna che, ahimè, sto imparando a conoscere fin troppo bene.
Così dannatamente simili.
Un senso di angoscia mi gela le membra.
Perché continuo a fare paragoni? Tifa non è come Sakura! Io non sono come Sephiroth! Sono due vite, due realtà, due storie completamente diverse! Perché continui a sviarmi? Perché mi vuoi allontanare da lei?
Avverto la rabbia deformarmi il viso in un ghigno furente e le mie mani vengono strette in pugno fino farmi sbiancare le nocche.
-Cloud?-
Guardo i due bambini accanto al mio capezzale. Mi scrutano con sguardo spaurito, Denzel, e leggermente sospettoso, Marlene. La mia attenzione viene canalizzata verso quest’ultima e la fisso per un lungo istante. Il sospetto che lei abbia capito qualcosa s’insinua nella mia mente, scatenando in essa mille paranoie.
Marlene è una bambina sveglia. Sembra tanto innocente, ma è proprio quell’innocenza a renderla ancora più pericolosa.
E questa come mi è saltata fuori?!
Maledizione, stai zitto! Quello che dici non è la verità, la tua è solo una fissazione! Stupida insensata fissazione! Il nostro segreto è al sicuro!
Un tocco delicato sul braccio e Marlene mi ridesta dalla mia lotta interiore, permettendomi di rendermi conto che i miei folli cambi di umore sono sotto gli occhi dei due orfani. Questa realizzazione scaccia via la brutale invadenza di Sephiroth, facendomi riacquistare il controllo delle mie emozioni. Sospiro e mi volto verso i bambini, mettendomi seduto sul cuscino, mentre tento di assumere un’espressione, per quanto possibile, tranquilla e disponibile.
-Ciao bambini! Come è andata a scuola?-
Denzel e Marlene si scambiano un’occhiata interrogativa.
-Cloud, stai bene?-, mi domanda Denzel.
-Certo! Mai stato meglio!-
L’affermazione proferita dalla mia bocca non convince nemmeno me, figuriamoci loro. Come volevasi dimostrare, Marlene mi si avvicina e appoggia la manina sulla mia fronte, assumendo un cipiglio clinico.
-Sicuro? Sei così pallido… e hai delle occhiaie così scure. Dormi abbastanza?-
No, per niente. –Certo.-, rispondo, invece, sostenendo pure lo sguardo scaturito da quelle iridi del colore del cioccolato.
La bambina mi studia attentamente e silenziosamente per un lungo istante, senza cambiare posizione. A quanto pare spera di carpire qualcosa valutando la temperatura della mia fronte, oppure vuole creare una sorta di contatto? Non so che fare e, quando decido di alzare la mano e coccolare la sua, la voce imperiosa di Tifa m’interrompe a metà del gesto.
-Denzel! Marlene! E’ pronto il pranzo!-
Mentre il primo scatta verso le scale, la seconda interrompe il contatto, portandosi l’arto al petto. Sul suo visino tondo si è dipinta un’espressione contrita e… delusa. L’impulso di stringerla a me si fa impellente, ma lei fugge via, inseguendo il fratellino. Io l’ accompagno con lo sguardo, mentre una morsa di disperazione mi trapana il cuore.
Mi dispiace, Marlene, riesco solo a pensare, abbassando lo sguardo sulla punta dei piedi, e mi do del codardo per non avere il coraggio di proferire quella frase ad alta voce. Fortunatamente, la bambina si ferma poco prima del primo scalino e si volta nella mia direzione. Gli occhi trasmettono una tristezza senza eguali, oltre che a una profonda preoccupazione. SA che c’è qualcosa che non va in me e teme che questo mi porterà a isolarmi di nuovo. Glielo leggo in faccia questo timore. Ormai era abituata ai miei allegri bentornato, con tanto di abbracci e sorrisi, più o meno spontanei. Ora, si rende conto che è in corso una cocente, devastante, regressione da tutti i piccoli traguardi che ero riuscito a raggiungere.
E la colpa… la colpa… la colpa é… é…
Mia…
Solo ed esclusivamente mia. Quel diario, per quanto strani e controversi siano gli effetti che mi causano, alla fine non è altro che la mera esposizione di fatti di una vita vissuta da un uomo. Al Sephiroth che sto conoscendo non importava fare del male, anzi, dov’era possibile lui avrebbe voluto fare solo del bene. Quel libro è stato solo una valvola di sfogo in cui riversare la SUA frustrazione, la SUA rabbia, la SUA delusione per quei torti a cui non era stato capace di porre rimedio. Io mi sto facendo coinvolgere troppo da queste memorie. Forse, la mia, è tutta autosuggestione…
-Cloud.-
-Sì, Marlene?-
-Chi è Sakura?-
Quella domanda mi tronca il fiato, come se un pugno mi fosse arrivato in pieno stomaco. Avverto i miei occhi sgranarsi e il cuore perdere un battito. Un brivido mi sale lungo la schiena, rizzando ogni singolo pelo del mio corpo. Intanto, un groppo alla gola m’impedisce di parlare e mi ritrovo a boccheggiare come un pesce fuor d’acqua. Nella mia mente, migliaia di pensieri si arrovellano impazziti, impedendomi di ragionare lucidamente e trovare una scusa valida per salvarmi da questo estremo pericolo; ma quei dubbi sono scatenati da un sola singola, tagliente domanda, la quale offusca ogni altro pensiero.
Come la sa?
Sono sempre stato attento a non tradirmi mai, a non lasciare il diario in bella vista, a non portarlo nella stessa stanza con altre persone, a nasconderlo da luoghi dove chiunque avrebbe potuto ficcarci il naso…
Come è possibile che questa bambina sappia… di LEI? Cos’altro sa? Come lo ha trovato? Quando lo ha trovato?
-Lo hai sussurrato nel sonno.-, spiega semplicemente, come se mi avesse letto nella mente.
Dapprima, un enorme sollievo mi abbraccia, permettendo ai miei muscoli tesi di rilassarsi. Ma, subito dopo, un dubbio mi artiglia con la sua fredda morsa di pura paura.
E se lo avessi sussurrato stanotte accanto a Tifa?

Un altro brivido mi gela la spina dorsale, al solo pensiero di quello che avrebbe potuto accadere in una circostanza simile. Dire che Tifa non l’avrebbe presa troppo bene è un simpatico eufemismo… L’immagine di lei accecata dalla gelosia fa capolino nella mia mente, rendendomi spaventato e triste nello stesso tempo. La posso immaginare assaltarmi, nella perfetta intenzione di farmi del male, urlando parole che mai mi rivolgerebbe. Ma dietro a tutta quell’ira ci sarebbe una grande delusione, la realizzazione che potrei appartenere a un’altra donna, la consapevolezza che quell’uomo con cui ha diviso gioie e dolori non è più esclusivamente suo. Conoscendola, mi caccerebbe da casa, ergendosi sopra una muraglia fatta di forza e indifferenza, ma saprei che al di là di quella fortezza vi sarebbe una donna a terra, morta, vuota. Il solo immaginare vederla in quello stato mi spacca il cuore. Non devo assolutamente permettere che accada. D’ora in avanti dovrò stare ancora più attento a ciò che sogno.
Gli occhioni della bambina gravano ancora su di me, mentre formulo quest’ultimo pensiero, il quale mi scatena uno sbuffo divertito. Marlene vorrebbe approfondire la stranezza a cui ha appena assistito, ma un richiamo dal piano di sopra la intima a imboccare le scale. La piccola sospira, decretando la sua sconfitta e scappa via, senza alcuna risposta.
Sorrido nel vederla allontanarsi e ciò mi fa sentire un miserabile verme. Sospiro affranto e mi rigetto sul divano.
Fare attenzione a ciò che sogno…
Quest’affermazione ha dell’inverosimile! Come si può controllare, ciò che non è controllabile per definizione? Come questi ricordi, che tanto impunemente affollano la mia testa, sembrano procedere veloci, ben oltre la lettura, impazziti, irrefrenabili. Sembra quasi che il livello di sincronia tra me e il mio nemico si stia alzando sempre di più, fondendo completamente le nostre menti, come è accaduto sei anni fa. Stavolta, però, è diverso: lui vuole mostrami disperatamente qualcosa, ma, celato nei recessi di quelle memorie esiste qualcos’altro. Qualunque cosa essa sia, si batte strenuamente per impedirmi di rivangare in quel passato remoto ed estrarre la verità. Altrimenti non si spiegherebbero tutti gli strani fenomeni riversatosi su di me. Non capisco da dove provenga questa forza misteriosa; del perché stia facendo di tutto per uccidermi nel peggiore dei modi. Eppure, io non riesco a staccarmi da quel diario, è come se, dal primo momento in cui posai i miei occhi su quelle maledette pagine, avessi firmato col sangue una sorta di patto indissolubile.
Perché ha creato questa potente assuefazione?
Forse la risposta è molto più semplice di quanto pensi: non gli avrei mai creduto, altrimenti. Sephiroth, per quanto folle e spietato egli sia, ha sempre avuto una fredda consapevolezza delle sue azioni. Niente era mai lasciato al caso, sapeva perfettamente come e quando agire nel migliore dei modi, affinché il suo piano si svelasse esattamente nel modo in cui lo aveva progettato. Non per niente era stato un grande stratega all’epoca, un Generale accorto ed efficiente, il miglior ufficiale che SOLDIER abbia mai avuto. Non era un segreto la sua straordinaria intelligenza. A ogni domanda, Sephiroth aveva sempre pronta la risposta giusta. SEMPRE. Qualunque fosse stata la situazione, sapeva come tirare fuori il meglio dai suoi uomini e motivarli a compiere imprese che mai si sarebbero detti capaci. Per questo, quindi, non credo che tutto quello che mi sta accadendo sia un caso e ha bisogno che io non smetta di leggere.
Ma, allora, perché tentare di uccidermi?
Ero già arrivato ad una conclusione riguardo il suo stato mentale, confermata poi dalle affermazioni dello stesso Generale. Egli era in aperto conflitto con le tre metà del suo essere, in particolare con la Bestia. Probabilmente, è proprio lei la mandante dei malori e degli incubi. Non vuole che sappia chi era veramente Sephiroth. Dopotutto, è logico. Lei ha fatto di tutto per eliminare la strenua resistenza adottata dal suo portatore e, ora che è libera nel Lifestrem, non rinuncerà a quella libertà per nulla al mondo. Jenova non si farà confinare nella sua teca di cristallo per colpa di pochi fogli di carta scritti da un figlio in lacrime.
Ma è una minaccia così grave da indurre l’essere più potente nell’universo a palesarsi così pericolosamente?
Sono più confuso che mai… E ora, come se non bastasse, mi metto perfino a chiamare quella donna nel sonno! A chiamarla… Perché l’ho fatto? Cosa diavolo mi dice il cervello? O forse non ero io a farlo, ma Sephiroth. Che abbia di nuovo parlato con la sua voce? No, i bambini lo avrebbero notato e a quel punto sarei stato VERAMENTE nei guai.
Sospiro profondamente e cerco di recuperare il sogno, nel vano tentativo di capire cosa mi abbia portato ad agire in quel modo, ma esso è ormai dissolto.
A parte…
Abbasso lo sguardo sul cavallo dei pantaloni e noto un’intumescenza cilindrica elevarsi poco sotto la cucitura che solca la stoffa da parte a parte. Appena realizzo di che cosa si tratta, emetto un sonoro gemito e getto la testa all’indietro, facendola sprofondare nel bracciolo. Mi porto le mani alla faccia, schiaffeggiandola con fare esasperato.
Non ci credo… non posso credere di aver sognato proprio QUEL momento!
Alzo calzoni e mutande quasi con timore e, appena vedo il soggetto dei miei dubbi, un altro gemito abbandona le mie labbra e la mia testa crolla di nuovo sul bracciolo.
Sì, ho decisamente sognato QUEL momento…
Ma per quanto possa essere profano e indecoroso il pensiero, constatare che Sephiroth abbia assaggiato, almeno una volta nella sua travagliata e triste vita, il dolce sapore della passione, mi fa sorridere. Mi rendo conto di essere veramente contento per lui. Non tanto per il gesto, ma per la costanza e la pazienza con cui ha inseguito il suo desiderio, nonostante le regole che la società gli imponeva; nonostante la sua moralità che non accettava il mestiere di Sakura; nonostante l’odio della Bestia. Finalmente, ho visto la figura forte e potente che ammiravo da ragazzino: quell’uomo invincibile capace di stroncare le catene che lo legavano ad una realtà che non gli appartiene e lottare per i suoi desideri, i suoi sogni.

“Embrace your dreams and, whatever happens, protect your honor as SOLDIER.”
[Abbraccia i tuoi sogni e, qualunque cosa accada, proteggi il tuo onore di SOLDIER; cit. Zack Fair, FFVII: Crisis Core]
 
Sì, LUI era l’essenza di quell’onore di cui tanto vaneggiava Zack. Per tanti anni aveva permesso ad altri di scegliere al suo posto, finché Sakura non è entrata nella sua vita. Dal primo momento in cui, quella fatale notte, quel petalo si è delicatamente posato sulle pagine del suo diario, Sephiroth nacque di nuovo. Aveva DECISO che era il momento di reagire e rivedere le proprie priorità. E di lottare per esse. Sì, lui stava scoprendo quell’onore insegnatogli da Angeal, quella forza di imporsi imparata da Genesis e quell’amore incondizionato e disinteressato scambiato con Sakura.
Ora lo vedo: questo giovane uomo non è altro che l’embrione di quel demone sanguinario contro cui ci siamo scontrati negli ultimi anni. All’inizio, tutti questi valori erano nella mani del Bambino, l’essenza di Sephiroth più pura e innocente, ben mascherati da quelle doti fittizie create dall’Eroe. Ma qualcosa, a Nibelheim, ha infranto quelle protezioni e la Bestia si è impadronita di quelle qualità, trasformandole in spaventose armi di distruzione di massa. Oppure, in una visione più distorta e malata, egli ha esasperato gli insegnamenti imparati, estendendoli fino al limite estremo.
Il mondo era marcio e decadente, la Shin-Ra sempre più ingorda di energia mako, il Pianeta sempre più sofferente. Tutto stava morendo: virtù, onore, vita… La Compagnia stava devastando l’essenza stessa dell’umanità. E il Pianeta non era in grado di fronteggiarlo.
Ci voleva un uomo in grado di sostenere l’opprimente peso dei peccati derivati da un genocidio.
Un uomo che aveva raggiunto una consapevolezza tale da non temere il sangue che lo avrebbe inghiottito nel suo vortice vermiglio.
Un uomo pronto a morire per le persone che amava.
Quell’uomo era Sephiroth.
Dovevi tenere alto l’onore di una vita dedita alla Pace e alla Giustizia, sostenendo quei valori dimenticati con forza e coraggio. Per LEI. Tutto per LEI.
Ora realizzo davvero quanto sia stato meschino e superbo nei confronti di quell’Eroe immortale.

Io non capisco niente.

Io faccio pietà.
 

Io gli ho portato via ciò che di più prezioso possedeva.

On your knees.
I want you to beg for forgiveness.

[Inginocchiati. Voglio che tu chieda perdono; cit. Sephiroth, FFVII:ACC]


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22 Aprile XXXX

Il disco solare si eleva totalmente al di sopra dell’orizzonte sconfinato della brulla pianura di Garyo, annunciando l’inizio di un nuovo giorno. Il Pianeta lentamente si sveglia, mentre io sono desto già ore. O meglio, non mi sono mai addormentato. Sono rimasto per ore sdraiato in un letto ad osservare un angelo dormire. Ho studiato ogni minimo particolare di quel corpo protagonista dei miei dolci incubi, ma, stavolta, ho potuto toccarlo veramente. Allungando la mia mano non ho incontrato la fredda sensazione del vuoto, ma, bensì, il candido calore emanato da liscia pelle priva di alcuna imperfezione. Il mio palmo ha potuto accarezzare realmente quelle curve perfette, seguire quella silouette così armoniosa, palpare la morbidezza di quei rilievi tondeggianti. L’ho potuta stringere a me, avvertire la sua pelle sulla mia, affondare il mio naso nei suoi capelli, affinché i miei polmoni potessero riempirsi del suo profumo. Quest’ultimo lo posso sentire ancora aleggiare nell’aria, impresso a fuoco in ogni singolo poro dell’epidermide e sull’uniforme. Respiro profondamente, stando ben attento a non tralasciare alcuna molecola di quella fragranza. Mi sembra quasi di avvertire ancora le sue mani soavi accarezzarmi, le sue braccia sottili avvolgermi, le sue gambe guizzanti accogliermi e la sue labbra carnose baciarmi. Mi viene quasi voglia di alzare le braccia e cingere a mia volta questo fantasma fumoso, tanto la desidero ancora. Il mio occhio cade sul mio riflesso, specchiato nell’acciaio tagliente della Masamune, e noto delle curiose macchie violacee spiccare sui lati del collo.
Allora, non sono l’unico ad essermi nutrito, stanotte…
Le labbra si allargano in un ampio sorriso, mentre valuto i segni lasciati da quell’angelo vorace. Inoltre, osservandomi con più attenzione allo specchio ho notato delle evidenti tracce di unghiate solcarmi il deltoide da parte a parte. Seguendo con le dita il tracciato di quei segni, ho constato averne molti altri marchiarmi il dorso. Non amo osservare quello che rimane della mia schiena, eppure sono stato una mezz’ora buona a studiare quelle dolci ferite. Nemmeno in guerra riporto così tanti acciacchi… La lussuria di quella donna è davvero dirompente!
Ma preferisco di gran lunga succhiotti e graffi rossi, che bozzi nerastri e frustate sanguinanti. I primi sono i segni della passione, mentre i secondi sono quelli dell’odio. E io sono stanco di conoscere solo quest’ultimo. E’ solo grazie a quel meraviglioso angelo salvatore che quella fame di affetto che mi attanagliava l’anima è stata finalmente soddisfatta. Anche se, però, un nuovo appetito si è risvegliato, invogliandomi a ricercare cibi più concreti e carnali. Ed è insaziabile. Staccarmi da lei, infatti, questa mattina, è stato a dir poco straziante. Alle prime luci dell’alba, la magica bolla in cui ci eravamo rifugiati è stata dissolta dai crudeli raggi vermigli della realtà. Mi ha preso alla sprovvista l’improvviso bagliore esploso tra le architravi e i tetti spioventi dell’hamanachi, distraendomi dall’ intensa contemplazione della donna coricata al mio fianco. A quel punto, tutti i miei pensieri sono tornati a galla. La guerra, primo fra tutti. Il mio dovere mi stava chiamando verso il passo di Jedo, tra il gelo delle montagne nevose, assieme ai miei uomini, a braccetto con la morte, lontano da lei. Una fitta violenta mi ha artigliato il cuore, stringendolo così forte da farmi provare un dolore indescrivibile. Ho commesso un errore madornale, fu il mio secondo, devastante, pensiero. La felicità in cui mi ero crogiolato pochi secondi prima era svanita, accartocciando il mio corpo su se stesso. Entro poche ore sarei dovuto trovarmi qui, in caserma, per l’adunata del mattino, poi partire alla volta del fronte con il primo elicottero disponibile. Il tutto mentre lei assaporava il guadagnato sonno ristoratore nella convinzione di avere ancora un uomo al suo fianco. Si sarebbe svegliata e io non ci sarei stato. Sono stato seriamente tentato a mandare tutto all’Inferno, svegliarla e portarla via con me; ma una vocina nella mia testa continuava a sussurrarmi che questo non era un comportamento degno di un Generale SOLDIER. No, non sarebbe stato degno nemmeno dell’ultimo infimo essere umano sulla faccia del Pianeta. Per quanto ami quella donna e per quanto felice mi abbia reso questa notte, io svolgerò il mio compito. Non avrei trovato mai pace, se mi fossi permesso di abbandonare migliaia di uomini alla mercé della furia di Wutai, senza la mia sapiente guida. Sebbene ci siano ufficiali validi nell’esercito, la mia sparizione non solo avrebbe fatto crollare il morale delle truppe sotto le scarpe, ma avrebbe eliminato l’effetto terroristico suscitato dalla mia esistenza. I ribelli mi temono, sanno di non avere alcuna speranza quando il Generale SOLDIER scende in campo. Il terrore che leggo nei loro occhi mi suscita una sensazione molto simile a ciò che ho provato questa notte.
Comunque, in aggiunta, avrei fatto pagare a Shinra tutto quello che mi ha costretto a subire nel corso del mio servizio, ma il conto avrebbe richiesto un resto troppo rosso da indurre la calma nella mia coscienza. Troppi avrebbero pagato per i peccati di un solo uomo. Duramente, alla fine, mi sono convinto e mi sono alzato, senza, però, prima salutarla con un ultimo bacio. Dopotutto, pensai, più in fretta questa guerra finirò, prima potremo di nuovo stare insieme. E non solo come segreti amanti, ma forse anche qualcosa di più.
Non correre, Sephiroth…
Non illudere la tua mente con assurde speranze senza fondamento. Sakura ti ha concesso un grande privilegio, il quale può essere senza problemi anche l’ultimo. In fondo, nessuno dei due si è sbilanciato con frasi sulla falsariga del ‘ti amo’, sebbene i nostri sguardi e i nostri sorrisi lo urlassero a gran voce. Mentre mi rivestivo, lei si è svegliata, mi ha chiamato a sé e ho potuto godere della sua compagnia ancora per qualche istante. La bolla si ricompose, permettendomi di crogiolarmi ancora nella delizia di quel corpo. Ma, nonostante il tempo mi abbai fatto dono della sua preziosa e sfuggevole essenza, io ne approfittato solo a blaterare di vuote ciance, quando avrei dovuto appagarla con quelle due splendide, spaventose, parole.
Non le ho detto ti amo…
Perché non l’ho fatto? Da mesi ho questa frase in mente e, quando avrei potuto finalmente rivelarla, mi sono tirato indietro. La potevo avvertire solleticarmi le labbra; tuttavia le ho tenute serrate, nonostante leggessi negli occhi di Sakura un’attesa spasmodica, l’agognata speranza di essersi concessa ad un uomo che non si accontenti solo della sua carne, ma anche del suo cuore. Ma forse quell’uomo, ha avuto paura…
Sì, ho avuto paura, lo ammetto. Paura d’instillarle false speranze, paura di non riuscire a mantenere le promesse proferite, paura di deluderla. Ammettere di amarla avrebbe significato incatenarsi l’un l’altra per sempre. Così facendo, l’avrei costretta ad una vita fatta di attese, incertezze e, prima o poi, morte. Quando le ho donato una ciocca dei miei capelli come commiato, ho potuto vedere un’ombra di rassegnazione fare capolino nei suoi occhi. Era conscia del fatto che, nonostante tutto, io non avrei mai sciolto le catene che mi tengono legato al dovere nei confronti della mia patria. Nonostante lei mi abbia fatto dono della sua virtù più preziosa, Sakura non sarà MAI una priorità, ma solo una dolce distrazione. Mi ha fatto male vedere quella certezza nella sua espressione affranta, ma questa è la terribile realtà. Io la amerò fino alla fine dei miei giorni e impegnerò ogni energia a mia disposizione perché lei possa vivere in un mondo sicuro e condurre un’esistenza felice. Anche se questo volesse dire facilitare un altro pretendente. Se è questo che dovrà accadere, sono pronto ad accettarlo. Ho rinunciato a così tante occasioni per compiere il mio dovere, perché con lei deve essere differente?
Dopotutto, la guerra non guarda in faccia a nessuno quando si tratta di reclamare il proprio tributo di sangue. Un lezione che s’impara molto in fretta. Perfino le mie precedenti fidanzate si resero subito conto di quanto può essere dura concedere la propria felicità a un militare. Io ne sono stato sempre conscio, tanto che non mi sono mai impegnato più di tanto a far funzionare il rapporto; mentre loro si costringevano a non pensarci. Dopo qualche mese di relazione, la loro frustrazione arrivava a livelli tali da additandomi con così tanti insulti da perderci il conto: troppo incostante, troppo freddo, troppo rabbioso, troppo superbo, troppo distaccato; oppure poco presente, poco gentile, poco dolce, poco protettivo, poco responsabile, poco interessato. Troppo in negativo e poco in positivo, quando sarebbe dovuto essere il contrario. C’è da sottolineare un punto, però: quelle donne, io, non le ho mai amate. Erano solo un mucchio di galline ammaestrate dalla Compagnia per ottenere chissà quali favori. Stranamente, infatti, nel periodo in cui i giornaletti di gossip sbattevano in faccia all’intero Pianeta la nostra relazione; la loro carriera, qualunque essa fosse, decollava esponenzialmente, per poi frenare bruscamente all’interruzione del fidanzamento. Di solito ero io a cacciarle, siccome pretendevano di stravolgere la mia vita e trasformarmi nella loro scimmia ammaestrata. Si credevano già praticamente sposate con me. Portato al limite dell’omicidio, chiedevo loro di andarsene e trovarsi un altro idiota da comandare, dal momento che io non ne avevo la minima intenzione di farmi mettere in piedi in testa da ragazzine che non sapevano distinguere un libro da un beauty case. Ognuna di loro, nessuna esclusa, mettevano in scena una poco credibile tragedia in cui mi rinfacciavano tutte le mie mancanze come fidanzato. Quegli insulti mi passavano sopra come acqua corrente, senza toccarmi minimamente. Ma, ripeto, non le amavo, non m’importava conoscerle più del necessario e nemmeno loro sembravano tanto per la quale.
Però, Sakura è diversa. Lei ha sempre cercato di leggermi nel profondo, comprendendomi, assecondandomi, deliziandomi. Forse, il motivo delle sue azioni non sono molto diverse da quelle delle mie ex, ma almeno lei non ha mai cercato di cambiarmi; anzi, si è impegnata a carpire la mia essenza per poterla sfruttare. Ma, senza accorgersene, lei mi ha migliorato. Io non ho mai dovuto combattere per conquistare una donna, mentre Sakura mi indotto proprio in quella direzione. Non ho mai sofferto per amore, diversamente lei mi ha ferito più e più volte. Sono sempre stato io l’indifferente, ora le parti si sono invertite. Ora comprendo ciò che le mie ammiratrici provano nei miei confronti. Sakura mi ha messo al loro livello, mi ha spogliato della mia dignità e mi ha spezzato in mille pezzi; per poi riforgiarmi più forte e determinato di prima.
E’ così assurdo, l’amore. Che logica perversa ci può essere dietro al crescente desiderio nei confronti di una cosa che può ferire così profondamente? Eppure è un connubio che mi eccita da morire. Il motivo, forse, è che l’impresa di conquistare Sakura la assomiglio all’espugnazione di una città o di una fortezza, per fare un esempio più calzante. Sì, lei è una fortezza, asserragliata dietro a eleganti kimono e bocche vermiglie. Escogitare piani d’assalto è sempre stata la mia parte preferita, molto più che metterli in atto. Anche se lei è stata ancora più abile di me: io avrò conquistato il suo corpo, ma lei ha occupato la mia mente, il mio cuore e la mia anima. Mi ha piegato completamente al suo volere con una maestria straordinaria, sfolgorandomi col suo sguardo conturbante, penetrandomi nella testa. Da lì, ha infestato i miei pensieri come un’edera e si è fatta strada fino al mio cuore, dove poi si è radicata così profondamente che risulterebbe impossibile estirparla. Ci ho provato tante volte a dimenticarla, ma, proprio quando stavo per lasciarmi l’infatuazione alle spalle, lei giungeva a stringermi ancora di più tra le sue spire.
Non so esattamente cosa voglia da me, ma, con questa notte, Sakura mi ha legato a doppia mandata. Mi sento consacrato a lei, come se fosse una Dea in terra, a cui dovrò rispondere di ogni mia azione. Mi sorge il dubbio che possa essere stato il suo piano sin dall’inizio; ma… sinceramente? Non m’importa. Che la Bestia pensi pure quello che le pare di Sakura, che mi metta pure in guardia per assecondare le sue paranoie, che cerchi pure di farle del male, di allontanarmi da lei, d’instillare il dubbio tra di noi… che ci provi! Sono stanco di starla ad ascoltare, di perdere il controllo, di temere per la vita delle persone che mi stanno intorno. Voglio essere libero dalla sua influenza e quella donna che tanto odia è l’unica in grado di seppellire questo demone maligno nelle profondità del mio animo. L’unica a tergere le ferite del mio passato, l’unica a rendermi davvero felice, l’unica con cui avverta una certa affinità. Anche se tutto questo sarà solo una mera illusione, anche se dovesse elevarmi così in alto per poi spingermi nel più profondo dei barati della disperazione; anche se dovrà accartocciare il mio cuore, o pestarlo, o spezzarlo: non m’importa, io serberò il ricordo del nostro momento insieme per sempre, poiché, stanotte, lei mi ha regalato l’emozione più bella della mia vita. E non posso che esserle grato per questo.
Così grato da sentirmi letteralmente esplodere, tenermi all’inverosimile, come il pallone di una mongolfiera. Come quest’ultima, mi sento così leggero, capace di volare oltre le nuvole, fino a toccare le stelle. Ora capisco il senso dell’espressione “toccare il cielo con un dito”. Non potrebbe essere più calzante per descrivere il mio stato d’animo. Avverto il mio petto ampliarsi, al fine di contenere tutta la letizia che questa notte meravigliosa mi ha donato, ma è così eccessiva da distribuirla a tutto il corpo. E’ una sensazione meravigliosa, tanto da impedirmi di smettere di sorridere. E’ da quando ho lasciato l’okya, un’ora fa circa, che ho stampata in faccia un’espressione ebete. E’ stato terribilmente difficile riprendere il mio solito cipiglio composto davanti alla sentinella in guardiola. Avrei voluto abbracciarla con tutte le mie forze e urlare alla città ciò che si era appena compiuto all’interno delle sue mura.
Non ho mai percepito una tale profonda sintonia con nessun’altro; tranne, forse, con Genesis e Angeal, durante le battaglie. Anche se la situazione è completamente opposta, le sensazioni sono molto simili: pulsioni primordiali impadronirsi del patrocinio delle mie azioni. Ma la grande differenza è che, mentre l’odio, la guerra, il sangue risucchia l’anima verso un’ insoverchiabile rovina; l’amore, la passione, l’atto, eleva l’anima verso una completa realizzazione. E’ questo ciò che ho provato quando mi sono liberato in lei. Avevo compiuto il compito che la natura assegna ad ogni essere vivente: creare la vita. Per tanto tempo, la mia sola esistenza è sempre stato presagio di morte, fin dalla nascita. La mia lunga ombra nera è calata su centinaia di vite, strappandole crudelmente con un solo, unico, secco colpo. Quanti occhi ho visto svuotarsi, quanti respiri ho sentito esalare, quanto sangue ho visto sputare. Tanti. Troppi, perché la notte possa portare pace nel mio sonno.
Sono stato solo con un’altra donna nella mia vita, ma non c’era amore tra noi. Era solo uno dei tanti modi per sfogarmi dalla cocente sconfitta di Corel. Almeno all’inizio.
Era un’infermiera famosa per la sua facilità di concedersi a chiunque. Ogni SOLDIER che era passato in quel reparto, era passato anche su di lei. Ho spesso ribadito di non aver mai visto di buon occhio le donne che disonorano il proprio corpo, ma era un brutto periodo per me. Avevo rischiato di morire, la Bestia si stava impossessando della mia vita, ero frustrato, non mi fidavo di nessuno, ero rimasto senza amici. Mi ero perfino allontanato dalla piccola Aerith per paura di contagiarla con la mia negatività. Mi sentivo così umiliato dal mio onore infangato che avevo pensato seriamente di uccidermi. Ma, le avances di quella donna affasciante, ma molto più grande di me, mi fecero capire che c’erano diversi modi per toccare il fondo. Il meglio del peggio era concedere la propria verginità a una prostituta, o una femmina con quella fama. Per un paio di mesi, a ogni visita di routine, quel triste stanzino degli inservienti veniva serrato per un’ora o due. A volte, allungavo i miei allenamenti serali fino a quando il 49 non si svuotava completamente, e ci incontravamo negli spogliatoi, oppure direttamente nella sala allenamenti. Insomma, dove capitava. Era una tristezza infinita, anche perché avevo incominciato ad affezionarmi a quella ragazza. Avevo iniziato a farle piccoli favori, come prestarle i soldi per l’affitto, lasciarla dormire nella mia stanza, quando faceva tardi, offrirle il pranzo e, peggio di tutti, coprirla quando marinava il lavoro per darsi da fare con un mio camerato. Quest’ultimo fatto mi portava spesso a scatenare delle risse spaventose, poiché venivo accecato dalla gelosia. Una sensazione insensata e stupida da provare per una come lei, ma ho sempre visto il sesso come un atto talmente profondo da suggellare un legame indissolubile tra due persone. E’ così che vedevo il nostro rapporto. Il pensiero che andasse con altri uomini mi mandava letteralmente in bestia. Avevo iniziato una sorta di crociata contro tutti coloro che se ne approfittavano di lei, facendo terra bruciata attorno alla sua figura. Era mia e nessuno me l’avrebbe portata via. Ma lei non era d’accordo. Litigammo.
Mi disse che non mi dovevo permettere di controllare la sua vita.
Io non volevo controllarla, ma solo migliorarla. Potevo, dal momento che, nonostante la giovane età, guadagnavo un lauto stipendio.
Non ne voleva sapere.
Mi accusò di averle mentito.
Aveva scoperto la mia vera età: io le avevo raccontato di essere maggiorenne.
Mi definì patetico, miserabile, pretenzioso.
Si era resa conto di essere caduta così in basso da cercare di gettare la sua perversione su di me, rinfacciandomi tutti i miei gesti gentili e riscrivendoli sotto una chiave di lettura negativa.
Ero arrivato a essere io una creatura perversa e malata. Su quel concetto, ella formulò un insulto rivolto all’unico argomento su cui non transigo: la moralità di mia madre. Il pugno che le sferrai fu talmente potente da maciullarle metà faccia. Cadde a terra con un sonoro tonfo e, ciò che restava della sua testa, esplose in un agglomerato sanguinolento di cervella e sangue. Ricordo che provai un brivido di soddisfazione per averle strappato quel lurido ghigno dalla faccia e aver liberato i miei camerati da quella piaga impestata dal sudore di centinaia di uomini. Ma poi, quando mi resi conto di ciò che avevo appena compiuto, dei sentimenti che provavo per lei, dei progetti che avevo redatto per aiutarla, delle notti meravigliose passate insieme, di ciò che aveva significato per me; mi sentii investito da una terrificante realizzazione: lei non c’era più. Mi guardai le nocche e vidi il suo sangue grondare dalle mie mani. Come mi accadde a Corel, la freddezza diventò il mio sostegno, spegnendo ogni ovvio sentimento di fronte a un efferato omicidio.
Quel che è fatto, è fatto, mi disse la gelida, crudele, malvagia voce della Bestia. E io, l’ho ascoltata senza battere ciglio.
Occultai cadavere e prove con una minuzia quasi da assassino seriale. Nessuno seppe mai che fine avesse fatto quell’infermiera. Si diceva che fosse scappata da Midgar con un riccone del Settore 1, o che fosse diventata una delle mogli di Corneo, o che se avesse semplicemente lasciato la città. Nessuno pianse per lei, a nessuno mancò, tranne ai soldati, forse, ma solo perché ora toccava pagarle, le prostitute. Venne dimenticata presto da quasi tutti. Sì, quasi, perché io non dimentico coloro che uccido, soprattutto le persone con cui ho avuto dei trascorsi. Loro sono il mio monito, un insegnamento da conservare, affinché un’oscenità simile non si ripeta più.
Per questo, con Sakura, andrò con i piedi di piombo. Io non sono certo dei suoi sentimenti, ma di una sola cosa sono sicuro:

Sono tuo , Sakura

Tuo. Solo tuo. E se non dovessi volermi più, io mi ritirerò. Non potrei mai sopportare altro sangue di donna bagnarmi le nocche… non farai mai la fine di quella povera ragazza.
A proposito, com’era il suo nome?

Evelyn.

Il suo nome era Evelyn.




FINALMENTE!!! L’HO FINITO! Oddio, che fatica, sto capitolo! Questi intermezzi sono micidiali, non so mai cosa inventarmi. Senza contare che non ho mai avuto tempo per scrivere, perché tra lavoro, tesi, uscite, moroso, poca voglia, non trovavo mai tempo per mettermi lì e andare avanti. Ma oggi, ho detto: NO! Adesso si fa il capitolo o si muore! *Garibaldi mi guarda stranito*. Bene, bene, bene, signore e signori, dopo il capitolo integrativo Bassai sho (che non tutti potranno leggere in quanto è sotto rating rosso per gli argomenti espliciti), ecco la continuazione di Bassai dai. Ho cercato di collegarmi all’integrazione per poter dare a tutti un piccolo assaggio dell’opera, ma ovviamente certe cose rimangono un segreto, come ad esempio i sentimenti della bella geisha. In Bassai sho, sono spiegati, in quanto è stato suddiviso in atti, in cui si alternano le impressioni di Sephiroth e di Sakura. Però, pazienza, sarà più divertente scoprire se l’amore è ricambiato o è solo un gioco per lei.
In questo capitolo, iniziamo col botto, in cui il nostro amato/odiato chokobo si immedesima completamente col suo peggior nemico nel suo momento di massima intimità. Il diario gli sta facendo sempre più male. Meno male che c’erano i bambini ad ascoltarlo e non Tifa, altrimenti sarebbe stata una vera tragedia! La situazione si sta avvicinando sempre di più al baratro, per la felicità di qualcuno (vero, michan? XD).
Dal canto suo, Seph è contento come una Pasqua, ma i lugubri pensieri non lo abbandonano nemmeno in situazioni come queste. Povera crocerossina… lo so, lo so, magari quest’idea non può andare a genio a tutti, ma sono convinta che da giovane, Seph qualche pazzia l’abbia fatta, e credo anche che, nonostante il DNA alieno che gli infesta le cellule, il platinato sia il personaggio più umanamente erratico del videogioco. Per questo lo amo alla follia <3 <3 <3 *Seph fa due passi di lato con espressione proeccupata.*
Vi saluto, gente!
Alla prossima!
Besos
   
 
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