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Autore: Oceangirl    09/06/2014    4 recensioni
A volte basta un solo, minuscolo, dettaglio a cambiare totalmente il futuro di una persona: un treno perso, un semaforo rosso o, in questo caso, un ascensore che arriva troppo presto al piano.
Tutto è diverso. Callie e Arizona, dopo cinque anni dal loro primo bacio, sono due anime perse alla disperata ricerca di qualcosa o qualcuno da chiamare "Casa": riusciranno a trovarlo?
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nona stagione
Capitoli:
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Callie inclinò la testa all'indietro, chiuse gli occhi e scoppiò a ridere mostrando i suoi denti perfetti e più bianchi del latte, Arizona era convinta di non aver mai visto niente di più affascinante. Era completamente rapita dalla risata della donna di fronte a lei, tanto da scordarsi addirittura cosa aveva provocato quella risata musicale, la fissava con le labbra socchiuse e gli occhi sgranati, come un bambino che per la prima volta vede i fuochi d'artificio e, di nuovo, il tempo le parve essersi fermato in quel momento, annullando anche tutto ciò che si trovava intorno a loro: per il chirurgo biondo, in quel momento, c'erano solo lei e Callie, il suono della risata del chirurgo ortopedico era l'unico rumore che riuscisse a sentire, non esistevano più le persone intorno a loro, il rumore dei bicchieri che tintinnavano o la musica rock che si espandeva nell'aria.
-Karev ha davvero risposto così a Mark? Oh, questa non me l'aveva mai raccontata!- Disse la latina tra le risate, risvegliando dal momento di trance la dottoressa Robbins che, fino a quel momento, aveva trattenuto il fiato rapita dalla bellezza della donna seduta di fronte a lei, e annuì alle parole della mora, prendendo in mano il bicchiere di vetro con dentro del vino bianco e bevendone un sorso, per riprendersi, più che altro: mai nessuna donna le aveva fatto quell'effetto e lei di donne ne aveva viste parecchie.
Alla fine ci erano riuscite a prendere quel caffè insieme al bar dell'ospedale e, dopo quello, ne seguirono altri al di fuori del Seattle Grace Mercy West Hospital, soprattutto al bar di Joe, anche se non parlavano mai di ciò che accadde in quel bagno non molto distante dal posto su cui erano sedute.. Arizona, però, ci pensava un sacco, ogni volta che la guardava, che parlava con lei, ogni volta che entrava in quel bar non poteva non rivedere quelle scene scorrerle davanti agli occhi come un film, il più bello ed emozionante che avesse mai visto; ancora non si capacitava di come era stata in grado di schiacciare tutte quelle emozioni dentro di sè per così tanto tempo, forse era stato semplice solo per la lontananza di Calliope perchè in quel momento, che a dividerle c'era solo il tavolo di legno scuro dell'Emerald, stavano venendo fuori in modo prepotente, con la forza che solo il mare in tempesta può avere.
-Sì, è stata la scena più divertente a cui io abbia mai assistito, davvero, Calliope! E' stato esilarante.. E dovevi vedere la faccia di Sloan!- Replicò Arizona ridacchiando a sua volta: aveva scoperto che era semplice parlare con il chirurgo ortopedico, una volta rotto il ghiaccio non c'era più stata la minima traccia d'imbarazzo e passavano ore a perdersi nei loro discorsi fatti di medicina, vita passata, di interessi comuni e non, in poche uscite aveva imparato molto sull'altra donna e la forte attrazione fisica che già provava si stava espandendo anche a un livello più intellettuale.
Callie continuò a ridere divertita da ciò che l'altra donna aveva appena raccontato: non si capacitava della simpatia e della vitalità della dottoressa Robbins, era convinta che, una volta smesso quel silenzio ostinato nel quale si era chiusa per un motivo o per l'altro, sarebbe rimasta delusa dalla bionda, avrebbe scoperto che si era fatta un sacco di idee sbagliate su di lei, che non c'era proprio motivo di continuare ad ammirarla, invece aveva conosciuto un'Arizona estremamente affabile, simpatica, dolce.. Diavolo, quella donna era perfetta! E oltretutto, tra loro, c'era questa sorta di affinità che le aveva spinte, in così poco tempo, dall'essere quasi sconosciute ad amiche: non c'erano solo i caffè e i bicchieri di vino all'Emerald tra loro, anche in ospedale si raggiungevano appena potevano per passare del tempo insieme, cosa che non era certo passata inosservata a tutti i pettegoli che lavoravano lì ma, per una volta, a Callie non interessava ciò che dicevano, viveva nella sua bolla rosa e girava con un perenne sorriso che aveva stupito anche le persone che le stavano più vicine: da Mark a Benson, fino Cristina.
-Non fatico a crederci!- Rispose la latina bloccandosi a guardare la bionda di fronte a lei: un angelo, aveva l'aspetto di un angelo. 
Callie si guardò un attimo intorno per distogliere l'attenzione sulla calamita per occhi e pensieri che aveva di fronte: non c'era troppa gente, c'erano state serate in cui quel locale era molto più pieno, il mormorio e la musica permettevano benissimo alle persone di parlare e di capirsi, le luci calde e non troppo alte si sposavano perfettamente con  l'arredamento in legno, i tavoli da biliardo erano pieni di persone che ridevano e si sfidavano, nessuna rissa, nessun individuo fastidioso... Il solito ambiente piacevole, ecco perchè tutta la crew ospedaliera aveva scelto quel luogo come punto di ritrovo; si rivoltò verso la bionda ed i loro occhi si incontrarono, le parole che voleva dire morirono in gola a Callie. 
-Sono contenta che siamo diventate.. Amiche.- Mormorò abbassando lo sguardo verso il bicchiere di vino rosso dal quale aveva bevuto solo qualche sorso: ancora non era riuscita a confessare ad Arizona le sue emozioni, era convinta che non fossero ricambiate e preferiva rimanere nel limbo di quell'amicizia che, beh, proprio amicizia non era.
Arizona guardò con sguardo malinconico verso la vetrina del bar: era appannata, colpa del freddo che quel novembre aveva colpito Seattle, ma si potevano ugualmente distinguere le sagome delle persone che passavano strette nel loro cappotto e la luce giallo acceso dei lampioni che illuminava la strada.
-Sono contenta anche io, Calliope.- Rispose forzandosi di sembrare più allegra possibile: quando Callie parlava di amicizia qualcosa dentro di lei si spezzava eppure non poteva e non voleva far niente se non voleva riportare la situazione come prima, meglio l'amicizia che il nulla. 
Prese in mano il suo bicchiere di vino bianco al quale mancava solo un sorso alla fine e lo terminò mentre dentro di lei la tempesta infuriava più che mai; lo sguardo le capitò sul grande orologio somigliante ad un disco vinile che Joe teneva sopra la porta d'ingresso: era tardi, molto tardi e lei il giorno dopo doveva essere in splendida forma per uno dei più grossi interventi della sua vita. 
-Accidenti, devo andare.- Il tempo era davvero volato, si sentiva come se si fosse appena seduta su quella sedia e invece era lì da quasi tre ore, il tempo correva sempre come un dannato quando lo passava con Calliope.
Callie annuì con un piccolo cenno del capo: lo capiva, davvero, Arizona le aveva parlato di James e dell'intevento che avrebbe eseguito su di lui, eppure non riusciva a fare a meno di essere un po' triste per la fine di quella serata; un nodo in gola la assalì al solo pensiero, come se non avesse più avuto l'opportunità di vederla. 
-Ti accompagno.- Sì offrì forzando un sorriso: almeno così poteva rimandare i saluti.
Il chirurgo pediatrico sorrise, sorrise davvero, con gli occhi, con le labbra, con  il cuore perchè davvero non voleva andare via, era come se Calliope Torres fosse diventata la sua droga, lontana da lei rischiava di andare in astinenza, ormai.
-Certo Calliope, ne sarei felice!- Rispose alzandosi, seguita dalla latina, lasciò poi i soldi per il vino e la mancia sul tavolo, si misero i cappotti e si avviarono verso l'uscita.
-Dove vivi, a proposito?- Chiese Callie accennando con la mano ed un sorriso un saluto a Joe in modo distratto.
-Oh, uhm..- A questo Arizona non aveva pensato: lei odiava vivere in un hotel e, di certo, si vergognava di confessarlo alla bella Calliope ma a quel punto era troppo tardi per i ripensamenti. -Al Sheraton Seattle Hotel, sulla 6th Avenue..- Mormorò timidamente.
Callie si bloccò di colpo davanti alla porta del bar e si girò verso la bionda con uno sguardo perplesso o, addirittura, scandalizzato, Arizona non riusciva a decifrarlo, di sicuro la latina era stata presa di sorpresa a quella notizia. 
-Tu vivi in un hotel?!- 



La dottoressa Yang in sala operatoria era davvero eccezionale: la calma in persona, ogni minimo gesto era misurato e ragionato, non perdeva mai la calma, nemmeno durante le crisi e, nonostante non fosse il cardiochirurgo con maggior esperienza in ospedale, riusciva persino a spiegare ogni passaggio allo specializzando di turno. Cristina Yang era meravigliosa in sala operatoria. 
Charlotte la stava osservando seduta in galleria, seguiva ogni mossa con attenzione ed ascoltava tutte le spiegazioni che dava allo specializzando: lei non voleva diventare cardiochirurgo, certo, ma la donna asiatica sarebbe riuscita a rendere interessante perfino un prelievo di sangue e lei era rapita da quel modo calmo di spiegare ogni passaggio.
Le sedioline grigie intorno a lei erano quasi tutte vuote, solo in una, in quella più in alto, quella più vicina alla porta era seduto qualcuno che seguiva l'intervento in silenzio, pensando, probabilmente, ad altro visto il suo sguardo assente.
-La tua ragazza ti cercava..- Lo informò Charlotte, continuando ad osservare ciò che accadeva in sala operatoria dal suo posticino centrale in prima fila, il posto perfetto.
-Jo non è la mia ragazza.- Borbottò Alex Karev con tono seccato, buttandosi poi in bocca un'altra patatina dal pacchetto preso alle macchinette della sala d'aspetto di pediatria poco prima. Perchè tutti pensavano che lui e Jo stessero insieme? Loro non stavano insieme. Loro erano solo amici.. O no? Sì, erano amici. Ogni storia che aveva avuto e che era nata in quell'ospedale era finita male, quindi sì: Alex Karev e Jo Wilson erano solo amici e sempre lo sarebbero stati.
-Jo?- Charlotte si voltò verso il chrurgo pediatrico con aria dapprima perplessa, per poi aprirsi in un sorriso  furbo -Io non ho mai detto il suo nome, sei andato piuttosto sul sicuro per non essere la tua ragazza.- Sghignazzò la ragazza-dai-capelli-blu, continuando ad osservarlo con sguardo divertito: il collega di tanti interventi eseguiti nel silenzio più imbarazzante possibile a causa della situazione tra le loro insegnanti, aveva una cotta per qualcuno; non riusciva ad immaginarselo in un contesto sentimentale, anzi, non riusciva ad immaginarselo nella vita di tutti i giorni, fuori dall'ospedale. 
Alex roteò gli occhi sbuffando infastidito ed imbarazzato da quelle risatine e quegli sguardi divertiti che la ragazza seduta a qualche metro da lui gli stava rivolgendo. -Come mai mi cercava, comunque?- Tagliò corto, tentando di cambiare discorso.
Charlotte alzò le spalle riportando l'attenzione verso la vetrata: erano tutti chini sul paziente ma sembrava andasse tutto bene, nessun urlo, nessuno bip troppo veloce. -Non lo so, le ho chiesto se aveva bisogno del mio aiuto ma l'ha rifiutato.- Disse con aria distratta.
Alex sospirò tirando fuori dalla tasca del camice bianco il cellulare, per poi cercare il numero di Jo dalla rubrica per saperne di più su quella storia: ok, si stava precipitando appena saputo che lei aveva bisogno ma questo non significava affatto che lui fosse cotto, non avevano ragione quel mucchio di impiccioni che aveva per amici. 
Alex voltò lo sguardo nuovamente verso l'intervento che stavano eseguendo qualche metro sotto di loro: Leah Murphy si era appena girata verso di loro e, nonostante la mascherina che portava sul volto, si poteva perfettamente distinguere l'espressione che aveva sul viso, ovvero il sorriso più solare di cui disponeva.
-Sembra a qualcuno sia tornata la cotta per il dottor Karev.- Ridacchiò Charlotte.
Karev aggrottò le sopracciglia ed osservò meglio la specializzanda in sala operatoria: ci mancava solo che quella colla di Murphy ritornasse alla carica, ci aveva messo un sacco di tempo a togliersela di torno, era stata una vera seccatura. Leah si voltò di nuovo verso la galleria, uno sguardo più veloce, quasi a controllare la sua presenza.. Anzi, no, non la sua... Un angolo delle sue labbra si alzò in un ghigno sghembo. -Non sono io quello per cui ha una cotta.- Constatò con aria divertita poco prima che il suo cellulare segnalasse l'arrivo della risposta di Jo e si allontanasse dalla galleria.
Benson rimase a guardare lo spazio vuoto dove, poco prima, era presente Karev, pensando a ciò che aveva appena detto: davvero Leah aveva una cotta per lei?Riportò lo sguardo sulla sua coinquilina con aria confusa: negli ultimi tempi si comportava in modo strano, specialmente nei suoi confronti. Era sempre stranamente gentile, troppo emotiva, troppo silenziosa.. Qualcosa non andava, era evidente, ma poteva mai essere quello il motivo? Murphy si voltò di nuovo, non sembrava delusa che Alex non ci fosse più, anzi, non sembrava nemmeno essersene accorta, in compenso i suoi occhi sorrisero di nuovo quando incontrarono quelli del futuro chirurgo ortopedico.
Davvero aveva una cotta per lei? -Oh, Leah, no!- Sbuffò.



Callie continuava a guardarsi intorno: il suo sguardo correva da una parete bianca, sguarnita di qualsiasi quadro o fotografia, all'altra, esattamente uguale alla precedente; il letto a due piazze era perfettamente ordinato, sopra al copriletto celeste erano presenti due cioccolatini incartati in una carta dorata, uno per cuscino, come da tradizione di ogni hotel di un certo livello.
Il chirurgo ortopedico girò lo sguardo per cercare qualche effetto personale della bionda, trovando, però, solo una valigia rosa sotto la scrivania in legno scuro, posta in un angolo della stanza, vari libri di medicina ed un notebook nero sopra quella stessa scrivania.
Davvero Arizona viveva lì? Era un posto così impersonale e triste, lei se l'era sempre immaginata in un luogo accogliente e allegro, addirittura raggiante. Una smorfia delle sue labbra mostrò nitidamente ciò che le passava per la mente in quel momento: no, non riusciva proprio a figurarsela, non era la donna adatta a vivere in una squallida camera d'hotel, nemmeno se fosse stata la suite più lussuosa dell'hotel più sfarzoso.
-Non ti piace, eh?- Notò Arizona appoggiata con una spalla sullo stipite della porta bianca d'entrata, con le braccia incrociate al petto ed un sorriso timido sul volto: l'aveva seguita con gli occhi per il tempo che l'altra aveva impiegato ad esplorare quello spazio e lo sconcerto sul volto di Calliope non le era passato inosservato, come, d'altronde, ogni minima smorfia, accenno di sorriso e dettaglio che quella sera erano passati, anche solo per un secondo, sul viso del chirurgo ortopedico; l'aveva osservata senza sosta per tutto il tempo che avevano passato assieme, la sua bellezza la ipnotizzava.
-No, non è questo.. Solo che..- Borbottò Callie voltandosi verso la bionda, cercando le parole adatte per spiegarsi senza offendere il chirurgo pediatrico, per lei, a volte, era davvero difficile trovare le parole per spiegarsi.
-..Solo che..?- Arizona la incitò a continuare, interessata a ciò che la latina pensava del luogo dove, ultimamente, stava passando il suo tempo libero e le sue notti; fece qualche passo per avvicinarsi a Callie che era ancora al centro della stanza.
Torres sospirò e, alla fine, si decise ad esprimere il suo pensiero. -Solo che.. Mi sembra un bel luogo solo per passarci qualche giorno, non per viverci.- Spiegò alzando le spalle.
Arizona si guardò intorno: non poteva dare torto alla latina, nemmeno a lei piaceva vivere lì, l'albergo le ricordava le mille basi militari in cui aveva vissuto quando era piccola, per seguire suo padre, il Colonnello, ovunque lo trasferissero; aveva girato quasi tutto il mondo, magnifico, ma non era mai riuscita a sentire nessuno di quei luoghi "casa", anche perchè erano posti non personalizzabili, camere tutte uguali, tristi e noiose.
-Non ho ancora trovato LA casa- Rispose con un sorriso smagliante, con tanto di fossette ben in vista, voltandosi verso Callie -Capisci cosa intendo, vero?- Chiese poi, inclinando leggermente la testa verso sinistra, come era solita fare, cosa che a Callie, mixata con gli occhi azzurri, il sorriso e le fossette, faceva impazzire.
Il chirurgo ortopedico annuì alle parole della bionda: capiva fin troppo bene, aveva visto decine e decine di case prima di trovare quella in cui si stava trasferendo in quei giorni. Era stato colpo di fulmine con quell'appartamento, forse perchè la prima volta l'aveva visto insieme ad Arizona ed era sempre più convinta che il vero motivo per cui si fosse fissata su quella casa fosse solo quello.
-Con la casa giusta è tutto diverso, più bello..- Scherzò Callie con un ironico sospiro e le mani sul petto, all'altezza del cuore, facendo ridere Arizona.
-Tutte le case nelle quali ho vissuto in passato mi sembreranno solo stupide capannine in confronto.- Continuò la dottoressa Robbins, con lo stesso tono finto svenevole usato poco prima dalla latina, facendo scoppiare a ridere anche lei. 
Aveva mai riso e scherzato così con Julia? Non riusciva a ricordarselo, ricordava momenti molto romantici, forse troppo romantici per i suoi gusti, giornate, a modo loro, divertenti, ma non c'erano mai state risate così genuine, nate dal nulla, di quelle che fanno bene all'umore, con Callie era tutto molto diverso, era più naturale, meno forzato.
-Credo dovrei andare e lasciarti riposare, adesso.. Domani mattina hai..- Iniziò Callie dopo aver dato un'occhiata all'orologio: si era divertita un sacco con Arizona, non si sarebbe mai stancata di ascoltarla e davvero, davvero non aveva voglia di andare via e di lasciarla lì, in quella camera d'albergo da sola ma il lavoro veniva prima di ogni altra cosa, lo sapeva bene.
Robbins sorrise facendo dei passi verso la latina, fino ad arrivare proprio davanti a Callie. -..Sì, domattina ho un grande intervento.- Finì la frase per lei, senza che il suo sorriso venisse meno. -E' stata davvero una bella serata, Calliope. Mi sono divertita come non facevo da tempo.- 
-Anche per me- Disse sorridendo Callie, mentre la bionda annullava la distanza tra loro stringendola in un abbraccio: il chirurgo ortopedico si riempì i polmoni del profumo di Arizona mentre il cuore le batteva all'impazzata per la vicinanza dell'altra donna, batteva così forte che aveva paura che Arizona potesse sentirlo martellare perfino attraverso i vestiti.
-Beh, allora.. Io.. Vado..- Mormorò slegandosi lentamente, molto lentamente, da quel caldo e stretto abbraccio dentro il quale, anche solo per qualche secondo, si era sentita protetta.
Arizona accompagnò Callie alla porta e la richiuse solo quando vide la latina entrare nell'ascensore posto alla fine del lungo corridoio che, ormai, lei ben conosceva.
Non riusciva a smettere di sorridere e di ridere, non era così euforica da così tanto tempo.. Circa da.. Beh, in realtà, da quando aveva trovato Callie che piangeva in quel bagno e l'aveva baciata, già, forse avrebbe dovuto farsi qualche domanda circa il suo matrimonio molto, molto tempo prima.

Il rumore della serratura. La porta che si apriva con un cigolio ben noto alle orecchie delle abitanti di quella casa. Il rumore della porta che veniva sbattuta senza troppi complimenti. Dei passi.
Tutti rumori che Arizona non udì, troppo presa com'era, dal piangere la malattia ancora sconosciuta della moglie, malattia della quale non si era resa conto fino a quel pomeriggio, leggendo su quella cavolo di agendina nera che si trovava sul tavolo; il chirurgo pediatrico aveva fatto i suoi conti: probabilmente si trattava di un cancro alle ossa se l'infermiera rossa aveva bisogno di Callie, forse era per quello che era così nervosa ogni volta che il nome del chirurgo ortopedico usciva fuori.
-Arizona.. E' successo qualcosa?- La voce di Julia le arrivò come da lontano, c'era una nota di preoccupazione nel tono che aveva usato.
La dottoressa Robbins si alzò dal divano in pelle bianca che c'era nel salone e camminò verso la rossa che, nel frattempo, si era tolta il soprabito e aveva poggiato la borsa per terra, troppo preoccupata per il pianto disperato della moglie per preoccuparsi di dove appoggiarla.
Arizona l'abbracciò e la strinse forte, più forte che poteva odorando il profumo della pelle dal suo collo: negli ultimi tempi avev avuto dei seri dubbi sui suoi sentimenti nei confronti della donna che ora stava abbracciando, soprattutto quando la si metteva a confronto con Callie, ma di sicuro le voleva molto bene e avrebbe fatto qualsiasi cosa per farla sare bene, le sarebbe stata vicina come lei aveva fatto durante uno dei periodi più neri della vita del chirurgo pediatrico.
-Perchè non mi hai detto che stai male? Quanto è grave la situazione?- Singhiozzò stringendo sempre più forte il busto di sua moglie, non permettendole nemmeno di ricambiare l'abbraccio.
-Io.. Io non.... Arizona, noi dobbiamo parlare.- Affermò dopo qualche istante di indecisione l'infermiera Novak, riuscendo a sciogliere l'abbraccio ed allontanare la bionda che in quell'istante la stava guardando con gli occhi azzurri pieni di lacrime. -Siediti, penso sia meglio.- Continuò con decisione, anche i suoi occhi mostravano determinazione, doveva essere una cosa davvero importante pensò Arizona, accettando il consiglio della donna ed andando a sedersi sul divano.
Julia sospirò e si sedette su una sedia, posizionandola di fronte alla postazione di Robbins e sospirò. 
-Io sono incinta.- Disse tutto d'un fiato, lasciando la bionda a bocca aperta: era incinta. Dovette analizzare per qualche secondo quelle parole, metabolizzare il loro significato: sua moglie era incinta. Una nuova vita stava crescendo dentro di lei, il che poteva significare solo una cosa ed i suoi occhi pieni di dolore si riempirono di rabbia.
-Mi hai tradita.- Ringhiò: non era una domanda, non c'era bisogno di chiederlo, era un'accusa, un'incrimazione che le faceva male.
-No, mai.- Fu la risposta pronta e decisa della rossa.
-Mai? Mai?!- La calma aveva abbandonato Arizona ed in quel momento non riusciva a non urlare -Sono piuttosto sicura che non possa essere mio, Julia. Non mi hai mai tradita? E questo bambino da dove viene? Sono un dannato medico! Lo so come vengono al mondo i bambini!- Urlò con tutta la voce che aveva: non accettava di venir tradita e, oltretutto, di venir presa in giro. 
-Mi sono sottoposta alla fecundazione in vitro!- Urlò a sua volta Julia per farsi sentire dalla bionda che, in quel momento, pareva non sentire nemmeno sè stessa.
Arizona si zittì di colpo: aveva sentito bene? -Cosa?- Chiese perplessa sedendosi: era necessario calmarsi e comprendere bene cosa stava accadendo, lo sapeva perfettamente anche lei ma, ancora, non riusciva a smettere di tremare dalla rabbia.
Julia prese un lungo respiro e iniziò a raccontare. 
-E' successo qualche mese fa.. Ero arrabbiata con te e.. E volevo fare qualcosa per me, qualcosa di egoista.. Così ho preso un appuntamento con la dottoressa Tyron..- Spiegò timidamente, lasciando lo sguardo basso, verso i suoi piedi.
-Non me ne hai parlato.- Affermò secca Arizona.
-No.. Perchè.. Perchè questo è mio figlio. Non il tuo, Arizona. Il mio.- Disse, trovando finalmente la forza di alzare lo sguardo verso gli occhi ancora infuriati della moglie. -Tu non hai mai voluto un figlio.-
-E quindi hai pensato di fare tutto alle mie spalle? Pensavi non mi sarei accorta del tuo ventre gonfiarsi o di un bambino che piange nel cuore della notte?-
-Sì. Perchè non l'avrei cresciuto qui con te.- Spiegò con durezza la rossa, provocando nella bionda tante domande che si riflettevano benissimo nel suo sguardo.
-Arizona..- Sospirò Julia alzandosi -Io ho rinunciato a tutto per te. Ad avere figli, a lavorare negli ospedali che più mi interessavano, ad avere la vita che volevo.. Per te. Perchè ti amavo.- Spiegò cercando di mantenere la calma -Ma tu.. Tu non hai rinunciato a niente per me. Non hai rinunciato all'Africa, non hai rinunciato a Seattle o alla tua stupida ostinazione nel rifiutare figli. Ed io non ce la faccio più a mettermi da parte per far spazio a te. Non è giusto.- La sua voce era incrinata dalla rabbia che aveva provato per tutto quel tempo e che aveva represso dentro di sè.
Arizona era senza parole: solo in quel momento riusciva a comprendere quanto fosse stata egoista, eppure era ancora arrabbiata, furiosa.
-Avresti potuto dirmelo. Volevi scappare di notte come un ladro?- La sua voce era piena di risentimento, mentre lei lottava contro sè stessa per evitare che il pensiero di Callie prendesse il sopravvento su tutta la sua vita, su sua moglie, Julia stava organizzando una nuova vita senza di lei. E, cosa peggiore, senza dirglielo.
-Non è una cosa semplice da dire, Arizona.- Sospirò l'infermiera -Ho tentato tante volte.. Troppe.. Ma sapevo di farlo nel modo sbagliato. Non riuscivo a prendere coraggio..- Mormorò abbassando lo sguardo.
Arizona la guardò con aria perplessa, mentre un'altra domanda aveva urgenza di uscire dalle sue labbra e, alla fine, non riuscì più a trattenerla. -E perchè eviti sempre di parlare di Callie? Dell'intervento? Perchè ce l'hai con Calliope?- 
Julia rise ma la sua risata non era affatto divertita, era amareggiata, piena di risentimento, nervosa. -Ecco cosa mi ha dato la spinta finale a fare ciò che ho fatto. Io ti sto lasciando, Arizona, e l'unica cosa che ti viene da chiedermi è..- Si bloccò, decisa a non fnire la frase. -Io ho rinunciato a tutto per te e tu stai rinunciando a noi per Callie. Per una persona che nemmeno ti parla, che a malapena si accorge che esisti.- Il disgusto che trasudava dalla sua voce e la verità di quelle parole colpirono Arizona dritto nello stomaco, non riusciva a respirare, non riusciva a pensare perchè la rabbia le stava annebbiando la mente. Andò verso la porta bianca dell'ingresso del loro appartamento e la aprì -Fuori.- Mormorò, era appena un soffio, la voce non riusciva ad uscire.
Julia annuì e diede un'ultima occhiata alla casa. -Tornerò a prendere le mie cose quando sarai a lavoro.- Disse secca, uscendo fuori e lasciando, poi, che la bionda sbattesse la porta con forza, sfogando la sua rabbia contro questa.
Davanti ai suoi occhi scorsero tutte le cose che aveva perso: Tim, la sua gamba, Julia.. E.. E Callie. 
Non aveva più niente per cui lottare, non aveva più niente. Ed era colpa sua.


Era ancora infuriata con lei. Si sentiva in colpa, a volte, tanto da aver smesso di vivere per mesi ma era infuriata con lei, così tanto da far male, così tanto da non riuscire ad andare avanti e, appena le cose sembravano andare meglio, ecco che il suo ricordo la riportava indietro.
Il rumore di nocche che battevano contro la porta la fece risvegliare dai suoi ricordi e dai suoi rancori.
-Calliope.. Non eri andata a casa?- Chiese Arizona confusa dopo aver aperto la porta, quando vide la latina di fronte a lei, con lo sguardo preoccupato come quando, qualche giorno prima, le aveva chiesto di prendere un caffè insieme: sperò davvero che non si fosse pentita di quell'avvicinamento, non sapeva se sarebbe stata in grado di farla allontanare di nuovo.
-Io.. Lo so, è una pazzia forse, l'altra volta ti ho detto che non mi andava ma.. Volevo sapere se.. Se ti andava di venire a vivere nell'appartamento che abbiamo visto insieme.. Con me. Certo non devi.. Non devi rispondere subito, fammi solo sapere quando avrai deciso, ok?- Disse in modo nervoso, tutto d'un fiato, per poi camminare più in fretta che poteva verso l'ascensore, non dando all'altra il tempo di rispondere o anche solo di assimilare per bene ciò che le aveva appena detto.
   
 
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