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Autore: Persej Combe    09/06/2014    2 recensioni
Un giorno, tanto tempo fa, ho incontrato un bambino. Non lo dimenticherò mai. È stato il giorno più emozionante di tutta la mia vita. Nessuno potrà mai avere la stessa esperienza che ho avuto con lui. Ciò che abbiamo visto, è precluso soltanto a noi.
...In realtà, non ricordo neanche il suo nome. Non ricordo nemmeno se ci siamo presentati, a dire il vero. Però non smetterò mai di cercarlo. Un giorno so che le nostre mani si uniranno di nuovo, come quella volta. Perché noi siamo destinati a risplendere insieme per l’eternità.

[Perfectworldshipping]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Elisio, Professor Platan, Serena
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Eterna ricerca'
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4 .  Egoismo


 

 Il cielo era rimasto coperto per tutta la mattinata. I palazzi grigi di Luminopoli si confondevano fra le nuvole scure. Ad un tratto si udì un boato. Poi un secondo. Infine cominciò a scendere pioggia.
 «Xante, allora ci pensi tu a quel lavoro?» chiese Elisio afferrando la giacca dall’appendiabiti e mettendosela addosso.
 «Me lo hai già chiesto e ti ho già risposto» disse lo scienziato, alzandosi un attimo gli occhiali e strofinandosi delicatamente un occhio con un fazzoletto.
 «Sì, ma l’indole umana è così volubile. Potresti aver cambiato idea in pochi minuti».
 «Ovviamente è un extra che tu mi retribuirai. Se non avessi avuto un compenso in cambio, non avrei accettato fin dall’inizio. Dato che comunque ci guadagnerò qualcosa, non vedo perché avrei dovuto rifiutare».
 «È solo per soldi che lo fai? Solo per te? Non pensi a quanto potrebbe migliorare la vita degli altri con il tuo lavoro? Non è qualcosa di più gratificante del semplice stringere un mucchio di banconote tra le mani?»
«In questo mondo sopravvive soltanto chi pensa a se stesso».
 Elisio si arrestò davanti alla porta. Abbassò lo sguardo sul pavimento in un attimo di raccoglimento. Poi si ricompose. Girò la maniglia e prima di andarsene salutò il collega, che però non rispose, intento com’era a pigiare le dita sui tasti con la massima concentrazione.
 Uscì dai laboratori ed aprì il suo ombrello rosso. Ciò che aveva detto Xante, nonostante fosse spregevole, era vero, si disse mentre camminava a passi pesanti sull’asfalto. Le gocce di pioggia battevano chiassosamente sulla plastica dell’ombrello, coprendo il suono delle campane di una lontana cattedrale che tentavano di incidere nell’aria quell’effimero attimo nel continuo scorrere del tempo. Elisio guardò l’orologio che aveva al polso. Per la prima volta nella sua vita era in ritardo. Si era attardato troppo a lavorare al computer, probabilmente. Sospirò pensando a Platan che lo stava aspettando sotto la tettoia del Laboratorio di Pokémon con quel tempaccio. Ecco. Ad esempio, rifletté, lui non avrebbe mai potuto considerare l’eventualità di lasciare da parte Platan per curarsi soltanto di se stesso. Che cosa sarebbe stata la sua vita senza Platan? Senza la sua bellezza, senza quel tiepido grigio dei suoi occhi, senza il suo sorriso, senza la sua presenza, senza la sua essenza...? Da quando lo aveva conosciuto nella caffetteria, non riusciva più a immaginarsi un’esistenza senza di lui. La vita era diventata un’unione fra loro due. Era come se l’altro lo completasse. Sul viso di Elisio si formò un timido sorriso. Era bella quella parola. Completo. Quindi perfetto. Ancora non aveva chiaro in mente quali realmente fossero i suoi sentimenti verso Platan, tuttavia, nei momenti che passava insieme a lui, sentiva come di riuscire quasi a toccare quella perfezione.
 Accelerò il passo, ma nel momento in cui percorse la strada di fronte alla stazione, si fermò. Accanto all’entrata, infatti, vi era uno Skiddo rannicchiato a terra su se stesso. Elisio si avvicinò e lo coprì dalla pioggia con il suo ombrello. Si ricordò di averlo visto lì anche durante la mattina, mentre stava andando a lavoro. Si chiese che cosa ci facesse in quel posto. Gli accarezzò il pelo bagnato per fargli un po’ di calore. Si sedette su un gradino. Il Pokémon gli rivolse un’occhiata di gratitudine nel momento in cui lo vide tendergli qualcosa da mangiare. La addentò avidamente, affamato. Da quanto tempo era che non mangiava?
 «Di’ un po’, il tuo Allenatore che fine ha fatto?» gli chiese Elisio, dandogli un’altra carezza.
 «Skiddo... Ski-ski...» rispose Skiddo in tono triste.
 «Non torna da ieri notte...?».
 «Skiiii...».
 L’uomo capì. L’Allenatore aveva abbandonato il suo Pokémon di fronte alla stazione e se ne era andato.
 «Beh, ma allora perché tu sei rimasto qui?» chiese ancora.
 «Skiddo! Skiddo skiddo!» esclamò sorridendo. Voleva dire che lui non aveva perso le speranze e che non si sarebbe mai lasciato sopraffare dallo sconforto, perché fra lui e il suo Allenatore c’era un forte legame e lui versava tutto il suo affetto nei suoi confronti, perciò era fiducioso del fatto che prima o poi sarebbe tornato. Elisio cercò di non far trasparire il suo scetticismo. Continuò a prendersi cura di lui finché non si addormentò. Lasciò lì il suo ombrello in modo che lo riparasse dall’acqua. Sarebbe tornato a prenderlo l’indomani, quando il tempo sarebbe migliorato.
 «Ah, eccoti qui. Mi ero cominciato a preoccupare, così stavo venendo al Caffè per vedere che fine avessi fatto».
 «Platan! Santo cielo, perdonami!» si portò una mano alla fronte, pieno di imbarazzo. Il Professore era intriso d’acqua come uno straccio, i suoi capelli arruffati e appiccicati alla fronte.
 «Ehi, ho solo preso un po’ di pioggia, nulla di che!» disse per rassicurarlo, notando la sua espressione allarmata. Un attimo dopo si ritrovò con la giacca dell’amico sopra la testa.
 «Smettila di dire scemenze e copriti».
 Elisio rimase a guardare lo Skiddo che dormiva. Sarebbe stato bene?
 «Nel pomeriggio ho provato a farlo venire al Laboratorio, perlomeno nella serra insieme agli altri Pokémon non sarebbe stato solo. Però non c’è stato verso di smuoverlo da qui. Diceva che aveva paura di non incontrare più il suo Allenatore, che se fosse tornato qui mentre lui non c’era, non si sarebbero mai più rivisti», disse il Professor Platan rivolgendo uno sguardo impensierito al Pokémon e intanto sistemandosi la giacca nera addosso. Elisio si chinò vicino a Skiddo e gli lasciò una Baccarancia, cosicché quando si sarebbe svegliato avrebbe trovato qualcosa con cui fare colazione. Si rialzò, Platan lo osservava sorridendo.
 «Sei un uomo così premuroso, Elisio...».
 Si scambiarono uno sguardo. Il giovane dai capelli rossi sorrise a sua volta.
 «Andiamo a casa, così puoi asciugarti».

 «Preferisci qualcosa in particolare per cena?» chiese Elisio aprendo il frigorifero. Platan spuntò dalla porta con un asciugamano tra le mani.
 «Ad essere sincero, stasera non ho molta fame...» disse, strofinandosi il panno sui capelli.
 «No?» si voltò verso di lui. La maglietta che gli aveva dato era troppo larga. Era buffo. Rise e chiuse l’elettrodomestico. Si accostò al telefono che era attaccato al muro e alzò la cornetta.
 «Allora ordino una pizza e ce la dividiamo a metà, che ne dici? Io non ho tanta voglia di cucinare».
 «Sì, va bene».
 Quando ebbe finito la telefonata, Platan si avvicinò a lui e gli rivolse un’occhiata crucciata.
 «Sembri molto stanco, Elisio» gli disse.
 «Lo sono, infatti. Tra qualche settimana finalmente lanceremo l’Holovox sul mercato, ma ci sono ancora un paio di cose da migliorare e...» sentì la mano dell’amico sfiorare timidamente la sua e tacque, sentendo un filino d’imbarazzo corrergli sulle guance.
 «Evitiamo di parlare di lavoro. Porta solo tante preoccupazioni» ritrasse esitante le dita.
 «È vero, però...».
 «Stasera fanno quel bel film alla televisione! Ti va di vederlo insieme?» lo interruppe, impedendogli di continuare la frase. Non voleva farlo stancare più di quanto fosse già stremato in quel momento.
 Si sedettero sul divano e mangiarono la pizza lì, guardando il film. Platan lasciò un quarto della sua mezza margherita nel cartone, evidentemente proprio non aveva fame. Elisio sapeva che era un appassionato di dolci, probabilmente doveva aver esagerato troppo con le ciambelle a merenda. O durante il lavoro. Si poteva dire che almeno tre o quattro delle sue colleghe avessero una cotta nei suoi confronti, perciò ogni tanto capitava che qualche assistente gli portasse delle scatole di pastarelle per cercare di far colpo su di lui e che il Professore le mangiasse mentre si dedicava alle sue ricerche nel Laboratorio.
 «Oh, guarda, c’è anche Diantha!» esclamò Platan indicando lo schermo con un dito «Non sapevo che anche lei recitasse in questo film!».
 «Già, nemmeno io!».
 Rimasero con lo sguardo fisso sul televisore ad osservarla in ogni dettaglio. Per gran parte del tempo persero l’attenzione per la trama e così, quando Diantha scomparve dalla scena, non riuscirono più a collegare le vicende.
 «Certo che diventa più bella ogni giorno che passa...» disse Elisio.
 «Sì. E già da bambina era una meraviglia!» sorrise Platan.
 «Aspetta, mi stai dicendo che tu la conosci?» l’uomo dai capelli rossi lo guardò sorpreso.
 «Certo! Ci conosciamo da un sacco di tempo, andavamo a scuola insieme!».
 «Non mi dire che era lei la ragazzina che... Insomma! Quella del Patrat...?».
 «Proprio lei! È cambiata molto da allora... Era una ragazzina scatenata!» rise.
 «Pensavo non avessi mai avuto amici».
 «A Sinnoh. Qui a Kalos ne ho un paio».
 «Però è curioso, perché anch’io conosco Diantha».
 «E chi non conosce Diantha!».
 «No, no. Di persona».
 Si guardarono negli occhi. Com’era strano il fatto di aver avuto amicizie comuni, ma non essersi mai incontrati prima. Ovviamente senza contare quel giorno, tanto tempo fa. Sorrisero. Poi si sistemarono meglio sul divano e continuarono a guardare la televisione. Elisio si immerse nella storia del film e osservò con il cuore a pezzi lo scenario di guerra. Una guerra fatta per ego personale, per ottenere il potere sfruttando e distruggendo i sogni e le speranze dei più deboli. Ripensò a quello Skiddo piccolo e indifeso. La schiena gli tremò, scossa da una sensazione di ribrezzo.
 «Il mondo è così egoista» disse con una punta di disgusto. Platan alzò lentamente la testa verso di lui. I suoi occhi erano semichiusi, segno che fra poco sarebbe caduto nel sonno.
 «È vero. In natura vale la legge del più forte. Non tutti possono sopravvivere. Tuttavia, penso che in una società come la nostra, dove siamo così in tanti, non possiamo fare a meno di stare insieme. Ognuno ha bisogno di un altro, che sia un essere umano o un Pokémon. Non si può vivere nella solitudine del proprio egocentrismo. Altrimenti... da soli si muore...».
 Chiuse gli occhi e si addormentò, appisolandosi contro il braccio di Elisio.

  
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