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Autore: Kuno84    29/12/2004    9 recensioni
Una fanfic natalizia per i fan di Ranma ½.
È trascorso qualche anno dalla fine del manga. Nabiki sta rovinando la vita a un bel po' di persone, Ranma e Akane compresi. Riusciranno gli Spiriti del Natale a cambiare il suo animo freddo come il ghiaccio?
Genere: Commedia, Generale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akane Tendo, Maomolin, Nabiki Tendo, Tatewaki Kuno
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo quarto: L’ultimo degli Spiriti. Epilogo


Nabiki non ebbe il tempo di fare altre domande, casa Tendo scomparve e al suo posto riecco comparire la propria stanza. Le parole del secondo Spirito riguardo Ryoga le avevano lasciato un enorme senso d’inquietudine. Voleva interrogarlo, ma alzato lo sguardo non vide alcuna traccia né dello specchio né della copia. Al loro posto, invece, scorse un Fantasma dalle dimensioni enormi, solennemente drappeggiato e incappucciato, avvolto in un’ampia veste nera che gli copriva la testa. 
“Sei il terzo degli Spiriti?” domandò Nabiki. Nessuna risposta. 
“Passato, presente… suppongo che tu mi illustrerai il futuro, quello che verrà. Dico bene?” chiese ancora Nabiki. Sempre, nessuna risposta. Ma lo Spirito additò in alto con la mano. 
“Perfetto, mister eloquenza. Suppongo mi tocchi seguirti.” 
Lo prese per un lembo della veste, e si lasciò condurre in un ultimo volo tra i tetti del quartiere. Come le altre volte, ma adesso era giorno. Videro, dall’alto, Kodachi Kuno che saltellava allegra decorando le vie di Nerima con i suoi nastri da ginnastica ritmica. 
“Oh oh oh! Finalmente ha avuto quello che si meritava! Festeggiamo!” 
“A chi si riferiva?” si domandò Nabiki, quando l’altra fu lontana. 
In breve lo Spirito la condusse al Neko Hanten. 
“Da non crederci!” commentò Mousse, versando l’acqua calda su un porcellino nero. 
“Ryoga...” disse Nabiki. “Ma allora sta bene, e dire che mi ero quasi preoccupata per lui!” 
Lo Spirito la zittì avvolgendo la veste sulla sua bocca, e le fece cenno di ascoltare. 
“Allora, vecchia?!” la voce spazientita di Ranma. 
Obaba giocherellò col lungo bastone, guardando nello stesso tempo il maialino che non aveva ripreso per nulla le proprie sembianze umane. 
“Uhm, è come temevo!” disse infine. 
“Cioè?! Spiegati!” la incitò Ranma. 
L’amazzone rispose con una domanda: “Quanto tempo passò, quella notte, prima che versaste a Ryoga l’acqua calda?” 
“Ecco...” disse il ragazzo col codino. “In casa non ne avevamo, e non siamo riusciti a procurarcene nemmeno un poco fino a mattina avanzata. Però” si sbrigò ad aggiungere “l’abbiamo tenuto quanto più possibile al caldo, avvolto in un sacco di coperte.” 
“Questo non c’entra niente!” fece Obaba. 
“Eppure il vostro dottor Tofu, quando arrivò in tardo pomeriggio” chiese Mousse a Ranma “non diagnosticò forse che si trattava di un banale raffreddore, sia pure molto violento?” 
“Proprio qui sta il punto!” spiegò finalmente la vecchia. “Ho appena letto uno dei miei tomi, che parla di maledizioni varie e dunque fa riferimento anche a quelle di Jusenkyo.” 
“E…”
“E ho scoperto che esiste un effetto collaterale, legato alle sorgenti. In pratica, il raffreddore di Ryoga ha per l’appunto congelato la sua maledizione.” 
Ranma e Mousse la fissarono stupiti e quasi increduli. Il maialino grugnì di sorpresa con le lacrime agli occhi. 
“Tutto vero.” disse Obaba. “Un effetto molto simile a quello provocato dall’acqua fredda dello Zhishuitong. Ovviamente ciò avviene solo se il soggetto in questione si ammala nella sua forma maledetta e vi rimane per parecchie ore: cosa che è successa a Ryoga, sarebbe bastato farlo tornare umano entro la mattina successiva ma non è andata così. Mi dispiace, non si può fare più niente.” 
Nabiki battè i palmi delle mani. Forse aveva compreso quello che aveva voluto dire la copia. 
“Spirito.” si rivolse al gigante incappucciato. “La tua collega mi riferì che vedeva un posto vuoto, nel fato di Ryoga Hibiki. Effettivamente Ryoga non c’è più, è P-chan il maialino ad essere rimasto. Il fantasma dello specchio voleva dire questo?” 
L’altro non rispose. Nabiki si morse il labbro. “Ryoga…”
Ranma tentò di consolare il porcellino che piangeva disperato. Mousse lo compatì. Aveva già vissuto con lui un’esperienza simile, sul monte Horai: ma stavolta non v’era rimedio. 
“Mi dispiace.” ripeté Obaba, incapace di dire altro. 
Nabiki provò a domandare allo Spirito: “Ascolta! Stiamo vedendo le ombre delle cose che saranno, oppure soltanto le ombre delle cose che potrebbero essere?” 
Nessuna risposta. In compenso, lo Spirito additò verso una direzione precisa. 
“Là è dove si trova l’okonomiyakiya di Ukyo.” disse la media delle Tendo. “Vuoi che andiamo da quella parte?” Egli annuì. 
Furono presto accanto all’insegna. Il locale era aperto. 
“Come?! Ucchan e il suo kunoichi sono là dentro? Eppure li ho sfrattati!” costatò con stupore lei. 
“Signorina Ukyo, perché quella faccia?” domandò Konatsu. “Lei ha ancora il suo locale.” 
“Già...” disse mogia la giovane Kuonji. “Ma a quale prezzo!” 
“Ho capito!” esclamò Nabiki. “Quei due devono essere riusciti non so come a procurarsi i soldi per pagare l’affitto. Le cose non vanno poi così male.” 
Soun e Kasumi entrarono, in quel mentre, nel locale. 
“Novità?” chiese ansiosa la maggiore delle Tendo. 
Ukyo scosse la testa, dando risposta negativa. 
“Nooo! Figlia miaaa!” Soun Tendo cominciò a piangere a dirotto. 
Nabiki s’incupì. Cos’era successo? Era forse accaduto qualcosa alla sua sorellina? 
“Akane!” 
Il grido di Kasumi scosse la donna col caschetto dalla testa ai piedi. Si voltò e credette di non capire più niente. 
“Immaginavo che vi avrei trovati qui.” disse ai presenti la figlia minore di Soun. Era Akane. Stava bene. Ma allora…?
“Ebbene?” le domandò Kasumi. 
“Niente, purtroppo.” Akane chinò il capo. 
“Perchèee!” pianse Soun “LA MIA NABIKIII!” 
Tremò, senza più alcun controllo. Lei, che aveva seppellito da sempre ogni emozione nel profondo del suo animo. 
“C-cosa…?! Spirito, spiegami!” 
Il fantasma schioccò le dita e si trovarono di nuovo all’esterno. Il cortile del Furinkan. Kuno stava all’ingresso, vedendo gli studenti uscire al suono di fine lezioni. Come se aspettasse di vedere qualcuno che conosceva bene, tra quelle persone. Il fedele Sasuke stava dietro di lui. 
“Il destino è così spietato… in una notte si è ripreso tutto quello che lei aveva accumulato con tanta fatica. Le fatiche della vita sono così vane, i progetti degli uomini così fragili.” Si rannicchiò attorno alla spada da kendo. “Sasuke, mio buon Sasuke! Sii nunzio di ben più liete novelle, stavolta. Te ne prego!” 
Il servitore s’inginocchiò: “Ecco, in verità non ho molto da dire. Non si hanno più notizie di Nabiki Tendo dal periodo dell’ultimo Natale: quando ci fu quel crollo in borsa delle azioni della sua ditta, e lei si ritrovò in poche ore completamente ridotta sul lastrico. La sua famiglia la sta cercando da parecchi giorni, ma senza successo. Oggi, però, alcuni vagabondi mi hanno raccontato di aver visto una donna dai capelli corti castani girare senza meta per la città. Parlava da sola, pareva avere del tutto perduto il lume della ragione: lanciava rimproveri verso persone che non c’erano, malediceva lo spirito del Natale o qualcosa del genere. La descrizione fisica sembrerebbe rispondere a quella della signorina Nabiki, ma in quanto al resto…”
“Tutto chiaro.” disse Kuno. “Finalmente sogna, ma non si tratta dei sogni che le auguravo: si vede che gli incubi ora affollano la sua mente, e che la pazzia è per lei l’unica maniera di sfuggire ad una vita che si è resa conto, troppo tardi, di aver vissuto nella maniera sbagliata.” 
“Le persone cui stava rovinando la vita sono salve.” mormorò Sasuke. ”Noi ci siamo ripresi la nostra abitazione, i Tendo hanno ancora la loro palestra e la signorina Kuonji il suo locale. Ma nessuno di noi è felice.” 
“Il destino è stato così spietato con Nabiki...” ripeté Kuno, sospirando malinconicamente. “Ha cercato sempre la solitudine: ora è completamente sola, proprio come desiderava.” 
Nabiki, sconvolta, provò ancora a domandare allo Spirito: “Rispondimi, ti prego! Stiamo vedendo le ombre delle cose che saranno, oppure soltanto le ombre delle cose che potrebbero essere?”
L’enorme fantasma indicò una ragazza che pareva correre verso di loro. 
“La riconosco, è Akari Unryu! Ma cosa ha a che fare con noi?” 
“Katsunishiki!” gridò la giovane. 
“Viene verso di noi: è come se ci vedesse, Spirito, o meglio… come se ti vedesse!” 
“Katsunishiki!” continuò Akari. 
Nabiki fece mente locale. Quello non era forse il nome del maiale gigante che quella strana ragazza si portava sempre appresso? 
“Ma cosa c’entra?!” disse ad Akari, anche se lei non poteva sentirla. “Lo Spirito del Natale Futuro… AAAAAAAHHHHHH!” 
Così gridò, quando vide il fantasma che si era levato il cappuccio, rivelando la sagoma di un suino formato extralarge. 
E questo la svegliò. 

Nabiki si ritrovò nel proprio letto, nella propria stanza. 
Guardò l’ora che segnava la radiosveglia: le sette e mezza di mattina. Un brutto sogno, nient’altro. Anzi no, dato che la radiosveglia si trovava per terra. Forse… un momento, le sette e mezza! Doveva sbrigarsi. 
Un paio di telefonate alle persone giuste, quindi si vestì in fretta e corse verso il suo ufficio. Arrivò che mancavano solo dieci minuti alle otto. Dopo aver spalancato la porta della stanza principale, si posizionò sulla propria sedia – e fu allora che si accorse che il dolore alla schiena del giorno prima era solo un brutto ricordo – dunque aspettò pazientemente. Era sicura che Sasuke sarebbe arrivato in ritardo. Spiriti del Natale o no, quella era l’occasione buona. 
L’orologio indicò le otto – niente Sasuke; le otto e un quarto – niente Sasuke. Contò ancora i minuti. Diciotto, no, diciannove. Ben diciannove minuti di ritardo. Il solito Sasuke. Finalmente lo vide fare il suo ingresso nel corridoio, e lanciarsi sulla solita scrivania speranzoso che nemmeno l’aria circostante avesse percepito la sua presenza tardiva. 
“Bene bene.” lo fulminò Nabiki, facendogli raggelare il sangue. “Che cosa significa arrivare a quest’ora?!” 
“Chiedo perdono, signorina Nabiki!” disse il ninja facendo ripetuti inchini. “Sono in ritardo.” 
“Ma davvero?” replicò la Tendo. “Non me n’ero proprio accorta… vieni qua, più vicino!” 
“No, pietà! Non succederà più, questa notte ho avuto molto da fare!” supplicò Sasuke. 
“Una volta per me è più che sufficiente!” disse Nabiki. “Non intendo tollerare oltre, perciò prenderò da subito adeguati provvedimenti.” 
Sasuke la guardò timoroso. 
Lei concluse: “In altre parole, sei licenziato!” 
L’ometto davanti a Nabiki tremò vistosamente. Come avrebbe fatto ad aiutare i suoi ex padroncini, adesso? Rassegnato, si avviò verso la porta. Ma la donna con i capelli a caschetto, che si era alzata dalla sedia, lo trattenne per un braccio. 
“Guarda che non ho ancora finito.” 
“C-come?” balbettò Sasuke. “C’è qualcosa di peggio?” 
“Dipende dai punti di vista.” disse l'interlocutrice. “La novità è che ti riassumo. Non come semplice dipendente, bensì in qualità di aiuto-direttore delle mie imprese: vale a dire, d’ora in avanti sarai il mio consigliere, il mio braccio destro. Ovviamente ciò implica un consistente aumento di stipendio.” 
Il primo pensiero coerente di Sasuke, dopo quell’affermazione, fu di immobilizzare la datrice di lavoro e chiamare aiuto, nonché magari una o due camicie di forza. Determinò di usare, a tal fine, una delle sue tecniche ninja. Il risultato fu che si trovò lui, immobilizzato: avvolto nelle sue stesse ragnatele speciali. 
“Vedo che hai deciso di stare qui fermo ad ascoltarmi...” commentò divertita Nabiki. “Mi sono solo resa conto che ho bisogno di una persona leale e fedele, al mio fianco: quella persona sei tu. Ah, un’ultima cosa: hai la giornata libera. Buon Natale, Sasuke!” disse andandosene.
“Buon Natale anche a lei, signorina Nabiki!” esclamò commosso lui. Esplodeva di gioia, rimase qualche minuto in una sorta di estasi. Sarebbe potuto tornare dai Kuno e festeggiare degnamente il Natale. Gli occorsero parecchi minuti per realizzare che, immobilizzato com’era, non poteva andare da nessuna parte. 
“Ehilà, c’è nessunooo!” la sua voce rimbombò per le pareti vuote della ditta Tendo. 
Nabiki si trovava davanti alla porta di Soun Tendo. Quando questo le aprì, mostrò uno dei suoi sorrisetti furbi. 
“Nabiki!” esclamò Akane, sopraggiunta col piccolo P-chan febbricitante tra le braccia. Scorse un diverso bagliore nei suoi occhi, che qualcosa fosse cambiato nella macchina umana? “Sei venuta per pranzare con noi?!” disse istintivamente, pur immaginando bene l’altro, più plausibile, motivo della sua visita. 
Nabiki sventolò davanti al padre un foglio di carta. 
“Una firmetta qui, prego.” si limitò a dire. 
“Che ti credevi!” fece Ranma, appena sopraggiunto, alla fidanzata. 
Soun si voltò lentamente verso figlia minore e futuro genero. Ranma e Akane avevano dopo lunghe discussioni – ma nemmeno troppo, dato che erano concentrati soprattutto sulla salute del maialino – concordato che la cosa migliore fosse accettare di vendere il terreno del dojo. Avevano anche bisogno di soldi, del resto. Un bisogno più urgente che mai, per permettere le cure appropriate per P-chan. Annuirono. Soun Tendo firmò, senza nemmeno leggere. 
“Perfetto, come sempre.” disse Nabiki, rileggendo il foglio e poi stracciando davanti a Ranma foto e negativi. 
“Non ti vergogni?!” ringhiò il ragazzo col codino. 
“Di quello che ho appena fatto? E perché dovrei?” la donna col caschetto si rivolse a gente che stava dietro di lei. “Potete portare dentro la roba.” 
Una decina di persone entrò in casa, consegnando una montagna di cibo e apparecchiando un’enorme tavola. 
“Cosa significa?” domandò Soun. 
“Quelli sono gli impiegati dei miei fast-food.” spiegò Nabiki. “E ciò fa parte del contratto che avete ora firmato: avete, infatti, acconsentito alla mia partecipazione agli utili della palestra di arti marziali, in cambio di un’intensa attività promozionale da parte della ditta Tendo… e in cambio pure di questo pranzo natalizio, che i miei uomini stanno preparando.” 
“Tu hai fatto questo?!” esclamò sorpreso Ranma. 
“Furba, eh?” disse Nabiki. “Dopotutto i centri commerciali non sono poi un grande affare. Con quest’operazione, invece, le arti marziali torneranno di moda: e poiché il vostro, cioè il nostrodojo è l’unico della città, adesso, farò soldi a palate… Stavo per dimenticare: a qualcuno serve per caso un dottore?” 
“Dottor Tofu!” esclamò Akane, vedendolo arrivare. Kasumi s’illuminò. 
“L’ho fatto chiamare io, e il mio nome in questa città ha un certo peso.” sorrise Nabiki. “Sembra proprio che sarà costretto a trascorrere il giorno di Natale in questa casa, a curare il porcellino.”
“Un momento!” intervenne Ranma. “Come fai tu a sapere…”
“Anche questo fa parte del contratto. Forse non ci vorrà molto tempo per le cure.” proseguì lei, senza curarsi dell’interruzione. “Ma credo sarà bene per il dottore rimanere qui almeno tutto il giorno, per controllare i progressi dell’animaletto. Oh, a proposito!” Porse al ragazzo col codino un ebollitore con dell’acqua calda. “Sai cosa farci, vero?” 
Ranma annuì col capo e prese Ryoga per la bandana, che gli arrivava al collo, conducendolo in un’altra stanza, subito seguito da Tofu e Kasumi. Nabiki pensò di improvvisare una scusa per trattenere Akane con sé, ma con sua gran sorpresa non ve ne fu affatto bisogno. 
“Grazie sorellina!” la abbracciò forte, riscaldandole ancora il cuore, dopo tanto tempo. 
Nabiki lasciò fare. Sorrise, come quel giorno lontano. 
“Non cambi mai da te stessa, Akane...” sussurrò. 
“E tu sei appena ritornata, in te!” le mormorò la sorella minore. 
“Beh, ora basta!” si staccò dalla stretta. “Troppi sentimentalismi, mi bastano fino al Natale prossimo. E poi devo andare a prendere gli altri invitati.” 
“Gli altri invitati?” ripeté Akane, mentre l’altra si allontanava. 
Si diresse al locale di Ukyo, quindi alla dimora temporanea dei Kuno. Che facce fecero! E non furono niente, in confronto a quando Nabiki comunicò a Ucchan e Konatsu che non li avrebbe sfrattati, in cambio di qualche okonomiyaki gratis quando passava dalle loro parti; e quando promise a Tatewaki e Kodachi che avrebbe restituito la loro villa e quanto altro si era presa ingiustamente. 
Non era tutto. Sulla via del ritorno, avvenne che incrociò per la strada quel signore che il giorno prima era entrato nel suo ufficio dicendo: “La ditta Tendo & Kashao, credo”. Gli si fece incontro e, senza lasciargli il tempo di proferire parola, gli disse: 
“Caro signore, come sta? Credo che lei si ricordi di me, e credo anche che i suoi ricordi al mio riguardo non siano dei più piacevoli. Volevo ricambiarle l’augurio di buon Natale!” 
“La… la signorina Tendo?” domandò lui spaesato. 
“Sono proprio io.” disse Nabiki. “Volevo chiederle scusa per quello che è successo ieri. Ma non con semplici parole. Passi nel mio ufficio, domattina: ho un’offerta da fare, e in quell’offerta sono compresi molti arretrati più relativi interessi.” 
“Ma signorina Tendo!” gridò lui, sorpreso. “Sta dicendo sul serio?!” 
“Mai stata più seria!” disse lei. “Diciamo che stanotte ho avuto una certa esperienza e… non voglio più avere a che fare con specchi e roba simile.” 
“Non so cosa dire…”
“Ma lo so io: stia attento a non inciampare e cadere per terra!” e detto questo, lo sorresse per un braccio proprio mentre il vecchietto aveva già perso l’equilibrio. Risero entrambi – ebbene sì, Nabiki rise – infine, dopo aver rinnovato gli auguri, riprese la sua strada. Non le dispiaceva questo suo nuovo atteggiamento. Dopotutto era sempre lei ad avere sotto controllo la situazione, anche se adesso faceva del bene. Si stava veramente divertendo. 
Fu un pranzo molto felice. Akane seppe da Ranma e Tofu che il suo P-chan si sarebbe rimesso del tutto in poche ore, ed ebbe inoltre la sorpresa di una visita da parte del suo amico Ryoga: per una strana combinazione, anche lui raffreddato ma in via di guarigione. Ci furono proprio tutti, anche Sasuke, che era infine riuscito a liberarsi. 
Grazie alla pubblicità attuata da Nabiki, il locale di Ukyo ritrovò i propri clienti e pure gli affari della palestra Tendo andarono a gonfie vele. Ma la cosa più importante – per Nabiki – fu che la sua ditta non crollò in borsa, ed anzi la sua situazione economica trasse un gran profitto, da questi investimenti. La media delle Tendo non perse il suo senso pratico, ma nello stesso tempo chiunque poteva verificare che si fosse ammorbidita, nei rapporti con gli altri. In quanto agli Spiriti, con loro rapporti non ne ebbe più. Non era necessario che ne avesse. 

Il Natale successivo, tutti quanti erano ancora una volta riuniti a festeggiare insieme. Il fato aveva lasciato che Ryoga Hibiki continuasse ad occupare il suo posto. Ranma e Akane, tenendosi per mano, avevano richiamato l’attenzione dei presenti. Nabiki sapeva quello che avrebbero detto, e si recò in disparte sulla terrazza. Non si sorprese, quando vide che Kuno l’aveva seguita. 
“Allora, Nabiki, sembra che tu stia finalmente imparando a sognare.” 
“Così sembra, e devo ammettere che ciò rende la vita molto più frizzante. Ma sono ancora alle prime armi, in questa materia.” 
“Dove vuoi arrivare?” 
“Forse potrei avere bisogno di qualcuno che m’insegni.” 
“Lo devo prendere come un invito a ricominciare da capo, tra noi due?” 
“Chissà, Kuno. Chissà…”


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