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Autore: JustLarry    09/06/2014    2 recensioni
Harry si affacciò dalla sua nuvola e guardò verso il basso. Uno sbuffo di vento soffiò forte vicino a lui e lo spinse giù dalla sua nuvola.
Harry sgranò gli occhi e cadde. Atterrò sul suolo duro e si ferì. Le ali si ruppero all'impatto col terreno, la carne nivea si macchiò di rosso.
Harry alzò la testa, si guardò intorno e, per la prima volta in vita sua, pianse. Ed il cielo pianse con lui.
LARRY STYLINSON.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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                                                                              FALLEN STAR.


Dedico questa fan fiction ad Eva, che compie gli anni.

 

 

 

 

Harry si affacciò dalla sua nuvola e guardò verso il basso. Lo faceva ogni giorno al tramonto, dall'inizio dei tempi, prima di iniziare a conversare con le stelle.

Vide gli uomini affaccendarsi in giro e rincorrere i propri problemi, e rise. E il cielo rise con lui.

Fluttuò in giro, saltellando sulle nubi soffici e dipinte di rosa dalle luci del sole che s'apprestava a morire.

Harry lo salutò con una mano, e rise di nuovo. La sua risata cristallina vibrò per il cielo e tutti gli esseri ne furono allietati.

Apparve la prima stella, quella con cui Harry era solito intrattenersi. Lo salutò con voce suadente e lui le sorrise. Il suo sorriso era candido, perfetto. Le labbra morbide e carnose non avevano ma proferito un urlo di dolore o una parola impura e la sua pelle nivea non aveva mai assaggiato la violenza. Gli occhi verdi e lucenti brillavano solo d'allegria e il viso angelico non era mai stato turbato dal pianto. Le sue membra non erano mai state stanche, così pur le ali.

Harry era perfetto, e il cielo non voleva cederlo agli umani, che lo avrebbero privato della sua purezza, ma lo voleva egoisticamente per sé poiché anche solo posando gli occhi su quel corpo senza imperfezioni o udendo la sua risata squillante si percepiva un senso di completezza, come se la propria vita dipendesse da lui, e si provava un desiderio di proteggerlo, di non lasciare che nulla lo turbasse o lo rattristasse.

Harry rise di nuovo, le stelle lo divertivano. Si accendevano una alla volta e lo salutavano. E lui rispondeva, con la sua voce dolce, delicata ed un poco roca.

Harry viveva tra le stelle e le nuvole da sempre ed era ingenuo, e nella sua ingenuità rideva degli umani che trascorrevano la loro vita a rincorrere ideali che avrebbero portato loro una felicità solo momentanea, poiché la loro vita si sarebbe conclusa in un batter d'occhio.

Ma la mente di Harry non compiva ragionamenti così complessi, lui non sapeva nulla di ideali, preoccupazione e morte. Lui rideva perché quegli esserini gli parevano buffi, sempre a muoversi frettolosamente e mai a riposarsi.

La cosa non piacque ad un soffio di vento, che era passato vicino alla terra e aveva riso e pianto con gli umani. Non gli piacque che Harry se ne prendesse gioco.

Allora soffiò forte vicino a lui e lo spinse giù dalla sua nuvola.

Harry sgranò gli occhi e cadde. Atterrò sul suolo duro e si ferì. Le ali si ruppero all'impatto col terreno, la carne nivea si macchiò di rosso.

Harry alzò la testa, si guardò intorno e, per la prima volta in vita sua, pianse. Ed il cielo pianse con lui.

****

Louis alzò gli occhi dai libri e guardò fuori dalla finestra della sua camera. E la vide. Una stella cadente, un pezzo di cielo che stava precipitando nel bosco vicino a casa sua. Avrebbe dovuto essere spaventato, ma non lo era.

Si alzò e si avvicinò alla finestra, osservando ad occhi spalancati quella scia luminosa che rischiarava il cielo notturno. La stella atterrò senza rumore. Louis, incuriosito, corse giù dalle scale, prese al volo il cappotto ed uscì nella notte. Cercò di capire dove fosse caduta, e iniziò a correre in quella direzione. Arrivò in una radura e lo vide.

A terra, ferito, nudo e piangente. La pelle candida sembrava risplendere al buio. Louis si avvicinò “Ehy, che succede?”. Il ragazzo alzò lo sguardo rotto dal pianto e lo osservò.

Vide gli occhi di Louis e si sentì a casa. Erano due stelle, due pezzi di cielo.

Si alzò in piedi e si avvicinò per capire come casa sua potesse stare negli occhi di qualcuno, però le gambe ancora indolenzite per l'impatto non ressero lo sforzo, e si accasciarono a terra. Louis che era arrossito e indietreggiato, il ragazzo era pur sempre nudo, si riavvicinò per aiutarlo e facendolo si accorse di come la pelle del ragazzo sembrasse fragile, pronta a lacerarsi al minimo graffio, e sentì il suo odore. Se la perfezione avesse avuto un odore, beh sarebbe stato quello.

****

Harry aveva ripreso a piangere. Non gli piaceva stare lì, voleva tornare a casa. Sentiva quella cosa che non aveva mai provato, ma che gli umani nominavano spesso. Dolore.

Il ragazzo che l'aveva trovato si tolse il giubbetto e lo mise sulle sue spalle. “Grazie.” disse Harry, parlando per la prima volta. “Come ti chiami?” chiese l'altro “Harry.” “Ciao Harry, io sono Louis.” sorrise il ragazzo dagli occhi azzurri “Che è successo?” chiese subito dopo. “Sono caduto.” rispose Harry , singhiozzando. Louis lo strinse in un abbraccio. Quel ragazzo smarrito che si comportava come un bambino gli faceva tenerezza.

Si sedette accanto a lui e gli circondò le spalle con un braccio e si accorse di una cosa piuttosto strana. Harry aveva due sporgenze sulla schiena, come moncherini di ali.

Quando glieli sfiorò, Harry gemette di dolore. “Vieni.” sussurrò Louis alzandosi e porgendogli la mano “Ti porto a casa mia.”.

Harry scosse la testa facendo svolazzare i numerosi ricci che la adornavano e mise il broncio.

Non voleva andare da Louis, voleva tornare a casa. “Okkey, okkey” disse Louis, alzandosi e mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni. Si girò e se ne andò fischiettando.

Harry sgranò gli occhi. Non lo stava lasciando, non davvero, pensò. Però Louis non tornava. Provò ad alzarsi in piedi per seguirlo ma ricadde a sedere con un tonfo che gli procurò nuovo dolore.

Chiuse gli occhi e delle mani lo presero per i fianchi, aiutandolo ad alzarsi, li riaprì e incontrò quelli di Louis. Gli sorrise e lui gli sorrise di rimando, anche se era più una smorfia dovuta al male che sentiva ovunque.

Andarono così, zoppicando, a casa di Louis. Quando entrarono un piacevole tepore li avvolse, e Harry si sentì bene. Louis gli portò dei vestiti morbidi e, vedendo che esitava a indossarli, lo aiutò, arrossendo quando gli fece indossare la biancheria intima. La cosa fece ridere Harry che non capiva il motivo per cui l'altro era diventato improvvisamente rosso. Louis si unì alla risata, felice di vederlo finalmente allegro.

Gli medicò le ferite, non erano profonde però erano molte, come se fosse effettivamente caduto dall'alto, ad esempio da un albero.

Harry sorrise, ma in quel momento Louis gli versò un po' d'acqua ossigenata su un taglio e il sorriso si trasformò in una smorfia di dolore.

“Finito!” esclamò il ragazzo dagli occhi azzurri dopo un po'. Harry sospirò di sollievo e venne aiutato a sdraiarsi sul letto. “Hai voglia di parlare?” lo sbadiglio che seguì fece capire a Louis che sarebbe stato meglio aspettare il giorno seguente per le chiacchere, quindi gli rimboccò le coperte e fece per uscire dalla stanza, ma Harry afferrò la manica della sua felpa “Non... Non andare...” sussurrò. L'altro si girò e si riavvicinò, sorridendogli. Si sedette vicino a lui, sul bordo del letto, e iniziò ad accarezzargli dolcemente i ricci.

Harry si rilassò e chiuse gli occhi, iniziando a dormire. Louis lo osservò sorridendo poi si sdraiò accanto a lui, sopra le coperte, e lo seguì nel mondo dei sogni.

Il mattino svegliò Harry con un raggio di sole che entrava dalle finestre che Louis aveva dimenticato di chiudere. Si stiracchiò, si sfregò gli occhi e rimase sorpreso.

Dov'era? Si spaventò, poi vide Louis coricato accanto a sé e ricordò la sera precedente. Lo scosse per una spalla finchè non si svegliò mugolando.

“Buongiorno” sorrise, assonnato. Harry sorrise di rimando, ma nei suoi occhi si vedeva ancora la tristezza. L'altro lo notò e lo abbracciò, attento a non fargli male. Harry riniziò a piangere e Louis prese a sussurrargli cose gentili all'orecchio. Quando si fu calmato Louis gli chiese “Vuoi parlare?”. Harry annuì, tirando su col naso.

“Da dove vieni?” chiese, per prima cosa. L'altro alzò lo sguardo e indicò il soffitto. “Dal cielo”. Louis sorrise, pensando scherzasse o che fosse ancora confuso.

“Okkay Harry Sono Così Modesto Che Mi Definisco Un Angelo, che si mangia per colazione lassù?” chiese, scherzando. E mentre pronunciava la parola “angelo” si ricordò dei moncherini di ali sulla schiena di Harry. La cosa lo turbò non poco, ma la risata di Harry interruppe i suoi pensieri. “Non facciamo colazione. Non mangiamo e basta.”. Il castano sbarrò gli occhi. Era forse anoressico? “Quindi non vuoi mangiare?” l'altro scosse la testa “No, ho... fame?” dichiarò.

Louis sorrise ed uscì dalla camera, per andare in cucina.

Harry, vedendo che non tornava, decise di seguirlo. Si alzò dal letto con un gemito di dolore e camminò lentamente fino ad una stanza della quale uscivano parecchi rumori ed un profumino piacevole. Dentro c'era louis alle prese con i fornelli. "Ci sto mettendo troppo?" Harry scosse la testa, ma il suo stomaco brontolante lo tradí. Louis rise e gli occhi gli si illuminarono. "Tranquillo, ho finito". Gli servì dei pancakes caldi e una tazza di latte. Harry mi aspettò che anche lui se si mettesse a mangiare per poter ricopiare i suoi movimenti e il modo in cui utilizzava le posate. Louis alzó lo sguardo della sua scodella e vide Harry concentrato a versarsi dello sciroppo d'acero sui pancakes. Le sopracciglia aggrottate e la lingua sporgente dalle labbra lo facevano sembrare un bambino alle prese con i compiti di matematica. Il campanello suonò in quel momento e Louis si precipitó alla porta. Harry lo seguì con gli occhi, sorpreso. "Ciao mamma" sentì dire dalla voce di Louis "Ehi Loulou!" gli rispose una voce femminile. Harry, incuriosito, si affacciò dalla cucina e guardò verso l'ingresso vedendo Louis abbracciare una donna che gli assomigliava terribilmente. Quando lo scorse, lei gli sorrise, salutandolo. "Ehi, Lou, non mi presenti i tuoi amici?" chiese. Louis si giro e vide che Harry sbucata dalla porta della cucina ed era in evidente stato confusionale perché non sapeva come comportarsi, e cercò di non rimanere a bocca aperta a causa della sua bellezza con quell'espressione confusa.

“Oh, si.. lui è Harry. Harry, mia madre, Jay.”. Harry si era avvicinato e guardava la mano che Jay gli porgeva, in difficoltà. Per fortuna il palpabile imbarazzo venne interrotto dall'ingrasso di due bambine identiche che si aggrapparono alle gambe di Louis che fece appena in tempo a sussurrare “Stringigliela” ad Harry, prima di venir completamente sconfitto dalle due piccole.

“Ciao Lou!” esclamarono “Ehi” rispose lui, sorridendo. In quel momento entrò nella casa anche un'adolescente dai capelli biondi, che si appoggiò alla porta d'ingresso, guardando la scena divertita. Louis la salutò con un sorriso ed un cenno del capo a cui lei rispose prima di rimanere a bocca spalancata osservando Harry, il quale arrossì.

Jay le tirò uno scappellotto intimandole di non fissare così le persone. La ragazza, Lottie, si imbronciò e fulminò la madre con lo sguardo, subito prima di iniziare a insultare Louis che rideva.

Quando si riprese, il ragazzo presentò ad Harry la sua famiglia e viceversa. “Allora, Harry, quanti anni hai?” chiese Jay. Harry sembrò rifletterci su, poi rispose “Circa tre miliardi”.

Le bambine iniziarono a ridere ed il ragazzo le guardò spaesato, mentre Jay e Lottie alzarono un sopracciglio.

“Ehm, intendeva dire che ha circa tre miliardi di giorni... Gli piace fare calcoli” intervenne Louis, per salvare la situazione. “In realtà ha diciannove anni” aggiunse. Non era per nulla sicuro che diciannove anni corrispondessero a tre miliardi di giorni, ma quella era l'età che aveva mentalmente affibbiato ad Harry. La cosa sembrò convincere sua madre, mentre Lottie pensò che quel ragazzo fosse ben strano. Harry annuì, sollecitato con lo sguardo da Louis. “E dove abiti?” chiese di nuovo la donna. Il figlio prese di nuovo la parola prima che l'altro potesse rispondere e dire nuovamente qualcosa di inopportuno. “Vive qui vicino, però gli stanno imbiancando la casa, quindi gli ho proposto di stare qui per un po'”. Louis si stupì della sua stessa capacità di sparare balle. “Lou, non ci crede nessuno” disse però Lottie. Il fratello per poco non saltò in piedi dal divano dov'era seduto. “In... in che senso?”chiese, gli occhi sbarrati.

“Si capisce che è il tuo ragazzo” spiegò lei sorridente, facendo arrossire sia suo fratello che il suo presunto fidanzato. Jay fulminò la figlia con lo sguardo “Non impicciarti nella vita di tuo fratello” la rimproverò, però ormai le due gemelline eccitate stavano tartassando il povero Louis di domande. “È il tuo ragazzo? Che bello, Louis ha un fidanzato! Gli hai già dato un bacio? QUANDO VI SPOSATE?”.

Harry nascose il viso bordeaux con le mani e Jay capì che era arrivato il momento di togliere il disturbo, quindi abbracciò il figlio, gli diede un bacio sulla guancia, salutò anche Harry ed uscì dalla casa, seguita dalle due gemelline che salutarono sia Louis che Harry agitando le manine. Lottie abbracciò il fratello maggiore e gli sussurrò in un orecchio “Gran bel figo il tuo tipo” e poi uscì dalla porta, non prima di aver esclamato “Usate le precauzioni!” seguito da una serie di rimproveri da parte della madre.

Louis andò a chiudere la porta e poi si girò verso Harry, ancora seduto sul divano, grattandosi la testa imbarazzato. “Ehm, mi dispiace per le mie sorelle.. Sono un po'.. espansive.” disse. L'altro ridacchiò “Solo un po'?”. Louis rise, felice che non si fosse arrabbiato. “Comunque, torniamo in cucina? La colazione si raffredda!”

Harry si alzò e andò verso la cucina, seguito da Louis che ebbe il tempo di ammirare il suo (bel) culo.

“Non so se sia come il cibo del paradiso, ma spero ti sia piaciuto” scherzò. Harry, con gli occhi luminosi, annuì convinto. “Quindi, ora ti va di parlare?” chiese Louis. L'altro si rabbuiò un pochino, ma poi annuì. “Te l'ho detto, sono caduto dal cielo. Ero lassù da tantissimo tempo e poi un soffio di vento mi ha buttato giù” Louis cercò di non ridere, poi, sentendo lo sguardo del riccio su di sé, si ricompose e disse “Bello stronzo!”. Harry sussultò sentendo la parolaccia, ma annuì. “Si, ehm, come hai detto tu..” “E che ci facevi lassù?” Louis non credeva al fatto che Harry fosse un angelo, però gli sembrava strano che si trovasse nel punto esatto dove avrebbe dovuto trovarsi il cratere della stella cadente che aveva visto passare nel cielo e che avesse due moncherini di ali sulla schiena(che schifo, pensò). E poi, si sa, ai matti bisogna dar ragione.

“Uhm, guardavo giù e chiacchieravo con le stelle”

“Ah, si, perché le stelle parlano! Le stelle! Oddio, ma di cosa si fa questo?” pensò Louis, ma non lo disse solo perchè sua madre l'aveva educato bene. “E mi hai mai visto?” chiese, invece. Harry arrossì come se fosse stato colto con le mani nel sacco “Solo.. solo a volte”. In realtà Harry aveva una specie di ossessione per Louis e l'aveva osservato ben più di “solo a volte” ma questo era meglio che Louis non lo sapesse. O forse lo aveva già intuito, visto il sorrisino che gli era spuntato in viso. “Mi piacevi.. cioè, più degli altri” detto questo, abbassò lo sguardo sulle sue mani, cercando di non dar peso a quello dell'altro che gli stava perforando la pelle. “Anche tu mi piaci, Harry. Più degli altri.” disse Louis, sorpreso lui stesso dalle sue parole. Harry sollevò il viso e lo scrutò, cercando di capire se stesse scherzando, poi gli fece un timido sorrisino, subito ricambiato dall'altro.

“E non ti annoiavi? Non avevi voglia di venire quaggiù?” Harry faticò un po' a collegare questa domanda al discorso di prima, preso com'era da quel “Mi piaci” detto da Louis. Ma gli fu grato per aver cambiato discorso, perchè se no sarebbe probabilmente morto per l'imbarazzo. “Venire quaggiù? Con tutte le cose brutte che ci sono? Non ne avevo per nulla voglia.. In realtà non ci avevo mai pensato, sai, era strano lassù. Non avevo il tempo di pensare, passava tutto in un batter d'occhio.”

“Oh, ehm, si, capisco.. Ti va di tornare dove sei caduto?” chiese Louis “Per vedere se magari hai lasciato lì qualcosa”. Harry rise “Non penso, ero nudo, ricordi?”

La parola nudo legata ad Harry scatenò in Louis una marea di ricordi che, chissà come mai, lo fecero arrossire.

Però poi Harry annuì e si alzò, uscendo dalla cucina e dirigendosi verso la porta, per uscire. Louis sorrise “Eehi, calmo amico! Sei ancora in pigiama!”

Harry guardò i suoi vestiti e si accorse che l'altro aveva ragione, quindi iniziò a sfilarsi la maglia. “No, no, che fai? Ehm, cioè, vieni, andiamo in camera”. Il riccio non capiva l'imbarazzo dell'altro, ma lo seguì comunque. Louis gli porse degli altri vestiti e poi uscì dalla stanza, passandosi una mano sul viso. Quel ragazzo non poteva assolutamente sventolargli davanti tutto quel ben di Dio e pretendere che rimanesse calmo.

Respirò lentamente “In fondo si stava solo togliendo la maglia, no? Sei un po' esagerato, Lou..” i suoi pensieri vennero interrotti dall'apertura della porta della camera e dall'apparizione di un Harry in boxer con in mano gli skinny che Lou gli aveva prestato e un'aria colpevole “Non mi vanno bene” disse. Louis cercò di ricominciare a respirare e dia staccare gli occhi dall'altro per non sembrare un maniaco sessuale. Mentre la prima cosa gli riuscì abbastanza facilmente, la seconda un po' meno, infatti Harry lo guardò con un'espressione curiosa in volto, al che Lou si ricompose e rientrò in camera alla ricerca di un altro paio di jeans, il tutto cercando di tenere gli occhi il più lontano possibile dal (bel) culo di Harry.

 

***

Appena usciti di casa, li accolse una giornata radiosa, che fece sbattere le palpebre ad Harry più volte, poiché non era abituato a tutta quella luce.

Incamminandosi verso il boschetto, Harry era euforico. Forse avrebbe potuto tornare a casa. E Louis? Cercava di non pensarci.

Più si addentravano nel bosco, più il cielo si faceva scuro, Louis non sapeva dire se per gli alberi che coprivano la luce del sole, o per le nuvole nere che si erano avvicinate. Comunque, quell'atmosfera gli sembrava più che adatta al suo umore. Harry se ne sarebbe andato, forse. E lui non voleva, assolutamente no.

La risposta al cambio di tempo arrivò quando, per colpa delle nuvole, iniziò a diluviare.

“Corri!” urlò Louis ad Harry. E l'altro obbedì. Lo seguì lungo un sentiero che Lou conosceva come le sue tasche. Portava alla grotta dove aveva dato il suo primo bacio, non esattamente un luogo romantico, più da maniaco sessuale, ma va beh. Si rintanarono lì dentro e ripresero fiato. Louis alzò lo sguardo sull'altro. Lo vide rosso in viso, per l'affanno della corsa, coi ricci appiattiti in fronte, un po' per la pioggia, un po' per il sudore. Non era abituato a sforzi, si vedeva. Harry intercettò il suo sguardo, gli occhi spalancati dal terrore dopo il primo tuono (non doveva essere abituato neppure a quelli) e a Louis venne voglia di baciarlo così, su due piedi.

“Probabilmente è il mio destino baciare persone in questa grotta” pensò. O forse non lo era, visto che lo strinse e basta. Continuò il suo elenco di cose alle quali Harry non era abituato constatando che non era abituato neppure agli abbracci, visto che lo stringeva come se avesse un'enorme mancanza d'affetto. I suoi pensieri vennero introdotti da un urlo. Harry sollevò di scatto la testa dalla spalla di Louis, dove si era appoggiato e “Eva!” esclamò. E si mise a correre nella pioggia, urlando quel nome. E Louis? Louis lo seguì, domandandosi perchè si fosse cacciato in quella situazione. Forse perché Harry era dannatamente bello? Forse. Ma il pensiero che più lo turbava, ed era davvero assurdo, era che Harry, con questa Eva, potesse avere un qualche tipo di relazione. Tipo fidanzati. Tipo che l'avrebbe uccisa se fosse stato vero.

“Harry” urlò “aspettami!” ma il riccio sembrava non sentirlo, preso com'era dalla ricerca di questa Eva, continuando a correre imperterrito sotto la pioggia gelida.

E poi, finalmente, si fermò. Louis riconobbe la radura, era la stessa dove aveva trovato Harry la sera prima. L'unica differenza era che, oltre ad Harry, c'era pure una ragazza che avrà avuto si e no quindici anni. Quindi, se stavano insieme, Harry era un pedofilo. In quel momento, il presunto pedofilo, le era pericolosamente vicino e le stava accarezzando il viso, ma non con delle carezze che potrebbero essere quelle che un ragazzo riserva alla propria fidanzata, ma quelle che avrebbe potuto fare Louis ad una Lottie triste o ammalata.

Louis si rilassò ma poi sgranò gli occhi accorgendosi che pure Eva era nuda. Va bene che lui era un maniaco sessuale, ma anche la presunta famiglia di Harry non scherzava, eh.

Ma la cosa più strana era la pelle della ragazza. Brillava, come i vampiri di quella saga che aveva tanto appassionato sua sorella, ma il luccichio andava via via diminuendo, come se Eva stesse perdendo le forze. Forse non beveva sangue da troppo tempo. Mentre si avvicinava, Louis sperò che non si volesse cibare proprio col suo.

Harry parlò, probabilmente con sé stesso “Sta male..” e poi “STA MALE!” urlò, girandosi verso Louis, come se potesse risolvere la cosa. E il castano, come succedeva ogni volta che veniva caricato di qualche responsabilità, andò in panico. “Io.. Non so.. La portiamo a casa?” Harry annuì e cercò di prendere Eva in braccio, ma era ancora troppo debole, quindi rischiò di farla cadere. Louis si riscosse e allungò le braccia “La prendo io”.

Harry gliela passò, con delicatezza, poi lo guardò “Grazie”. L'altro fece un mezzo sorriso ed iniziò a camminare sul terreno ormai fangoso.

La pioggia continuava a cadere imperterrita e i due ragazzi erano lavati. Louis cercò di non pensare al fatto che avesse una ragazza nuda in braccio, ma al fatto che la ragazza in questione stesse male e fosse fradicia.

Cercò di coprirla più che poteva con le braccia, ed intanto vide casa sua da lontano, quindi accelerò il passo.

Quando entrarono li accolse un calore piacevole, quindi Harry si sbrigò a chiudere fuori l'aria gelida e umida. Si affrettarono verso la camera da letto di Louis dove posarono Eva. Harry la asciugò con degli asciugamani che gli porse Louis, ne prese uno per se e si sedette sul bordo del letto. La osservò sorridendo, anche se era un po' preoccupato, e le accarezzò il viso. Il castano sorrise della tenerezza della scena e uscì dalla camera, lasciandoli soli.

Andò, invece, in bagno, si spogliò dei vestiti bagnati e sporchi di fango gettandoli a terra ed entrò nella doccia. Aprì l'acqua calda e si rilassò, smettendo di pensare. Lo riportò alla realtà, una decina di minuti dopo, il rumore della porta scorrevole della doccia che veniva apert. Sgranò gli occhi e cercò di coprirsi meglio che poteva quando vide il viso di Harry fare capolino dalla porta e, con un sorriso e nonchalance, entrare nella doccia. “Ciao” disse. Louis passò tutte le gradazioni di rosso in meno di un secondo. Chi era il maniaco sessuale? “Che stai facendo?” chiese, la voce un po' stridula.

“Perfetto, domanda molto intelligente, Tomlinson! Non vedi che si sta facendo la doccia?”

“Si, ma si da il caso che nella doccia ci sia già io!” Louis fermò quel dialogo interiore prima che le due metà del suo cervello passassero alle mani. Stava davvero parlando da solo? Stare con Harry non gli faceva affatto bene.

“Uhm.. Non so, che fai tu?” chiese il ragazzo in questione. “La.. doccia?” rispose Louis. Non era ovvio? “Oh, anche io, allora!” esclamò il riccio con un sorrisone.

“Avevo notato, solo che ehm, sai com'è, di solito la doccia non si fa in due” spiegò Louis.

Harry fece un “Ah” piuttosto deluso, poi guardò Louis negli occhi “Ma io non so come si fa! Devi insegnarmi” esclamò, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Louis scosse la testa, rassegnato. “Beh, per prima cosa, sai, dovresti toglierti i vestiti” iniziò, e si pentì subito di ciò che stava dicendo. Ora aveva un Harry nudo davanti. Perfetto. Sentiva già qualcosa che iniziava a muoversi, là sotto. Cercò disperatamente di contenersi e di non guardare in QUEL punto e abbassò lo sguardo.

“Hai ancora le calze” disse. Quanto era stupido? Ora aveva davanti a sé un Harry nudo e piegato, intento a togliersi le calze.

Il suo autocontrollo se ne stava andando a puttane.

“Mettili di fuori” ordinò, riferito ai vestiti, all'altro, che obbedì, riaprendo le porte della doccia e facendo entrare un filo d'aria fredda che fece rabbrividire Louis.

Harry era pronto, le labbra rosse tirate in un sorriso soddisfatto.

L'autocontrollo di Louis era andato definitivamente a puttane, e per questo non possiamo fargliene una colpa se si avvicinò ad Harry, come se la cabina non fosse già abbastanza stretta, e si alzò in punta di piedi sul pavimento bagnato e scivoloso e appoggiò delicatamente le sue labbra su quelle dell'altro. Forse aveva ancora un po' di autocontrollo, visto che quel bacio nella sua mente era un po' più passionale.

Molto di più, diciamolo.

Eppure si stava trattenendo perché Harry gli ispirava delicatezza. Insomma, chi avrebbe voluto macchiare una persona tanto pura ed ingenua?

Louis il loro primo bacio se l'era immaginato un po' diverso, magari con la pioggia al posto del getto della doccia, tanto per fare un esempio, però una volta che le loro labbra si toccarono, quello spazio angusto gli sembrò il Paradiso, da dove molto probabilmente veniva Harry, perché, Dio, nessuno comune mortale poteva baciare in quel modo.

In quel momento un urlo li fece sobbalzare. “HARRY!”

L'interpellato spalancò gli occhi, si staccò da Louis per girarsi di scatto, scivolando un po', aprì la cabina e si precipitò da Eva, ancora nudo e bagnato, barcollando pericolosamente.

Louis, invece, rimase impalato nella doccia. Si sentiva una fottuta ragazzina di prima media che aveva appena ricevuto un bacio dal ragazzo figo di terza. Un bacio sul quale aveva sognato parecchie volte, magari immaginandolo come quello tra i due vampiri della saga tanto famosa, di cui Louis non ricordava il nome. E forse la ragazza non era neppure un vampiro, ma non importava, perché né lui, né Harry lo erano. E quella serie di pensieri non aveva senso, forse sarebbe dovuto andare a controllare che Eva stesse bene. Si mise l'accappatoio e si asciugò i piedi, cosa piuttosto inutile, perchè calpestò praticamente tutte le pozze d'acqua lasciate in giro da Harry. E calpestandole si ricordò che magari anche lui aveva bisogno di un asciugamano, quindi ne prese uno abbastanza grande per avvolgere il corpo dell'altro.

Attraversò il corridoio ed entrò nella sua camera, vedendo Eva sveglia. Le sorrise “Buongiorno!” disse allegramente, vedendo che anche lei stava sorridendo.

“E così tu sei Louis! Harry ti guardava spesso quando era a casa” disse, facendo arrossire entrambi i ragazzi, e ricevendo un'occhiataccia da Harry.

“E tu sei un altro angelo?” chiese Louis, ironico.

“No, sono una stella” rispose Eva, ridendo.

Louis scosse la testa, quei due dovevano essere usciti da un centro per drogati. E dovevano anche essere dei casi gravi.

“Oh, ehm si.. Ovvio” disse. Magari se li avesse contraddetti, lo avrebbero assalito.

“Tu non mi credi”. Louis allargò le braccia “Ehm.. No.”

La ragazza sorrise ed allungò una mano. Tese un dito e quello si illuminò, come fosse una torcia elettrica. Subito dopo anche i lunghi capelli ricci della ragazza presero a splendere. Louis sbarrò gli occhi. Con chi diavolo aveva a che fare? Eva era davvero una stella. E quindi, di conseguenza, anche Harry era un angelo.

“Harry, non gli hai fatto vedere le tue ali?” chiese allora Eva. Harry scosse la testa e si girò “Ecco.” disse.

Eva spalancò la bocca. “Har.. Oddio!” esclamò “Le tue ali!”

Harry sbarrò gli occhi, terrorizzato, e lentamente allungò una mano per tastare dove ci sarebbero dovute essere le sue ali. E toccò il nulla. Una lacrima iniziò a scivolare lungo la sua guancia e già Louis lo stava abbracciando, stringendolo forte.

“Come faccio a tornare a casa?” chiese Harry, tra i singhiozzi soffocato sulla spalla del castano, rivolto a nessuno in particolare. Nessuno gli rispose, Eva troppo impegnata a piangere, Louis perché non sapeva cosa dire. Forse avrebbe potuto pronunciare una di quelle frasi da film, tipo “Ora è questa la tua casa” ma si conoscevano a malapena da due giorni. E sarebbe sembrata troppo finta, quindi si limitò ad abbracciarlo.

***

Era passato un mese.

Un mese servito ad Harry per capire che forse a casa non voleva tornarci.

Un mese servito ad Eva per capire che Harry non l'avrebbe seguita se fosse tornata a casa, e che andava più che bene così, perché neanche lei ci voleva tornare.

Un mese servito a Louis per capire che quei due erano ormai parte della sua vita e non poteva lasciarli andare.

Ma, per orgoglio o per paura che gli altri non provassero le stesse sensazioni, nessuno disse nulla.

Finché “Torniamo a casa.” annunciò Harry una sera a cena.

Louis ed Eva lo osservarono, gli occhi spalancati. “Come?” chiese il ragazzo, certo di aver capito male. “Cosa?” chiese la ragazza, sicura che Harry non intendesse quello che stava dicendo.

“Torniamo a casa.” ripeté lui, poi si alzò e andò nella camera di Louis, che nell'ultimo mese era diventata anche sua, perché, misteriosamente, non c'era stata mattina in cui non si fosse svegliato nel letto dell'altro.

Entrato nella stanza si guardò attorno e capì che non poteva fare le valigie perché non aveva né le valigie, né qualcosa con cui riempirle.

Quindi si sedette sul letto, aspettando le reazioni degli altri.

Eva entrò un minuto più tardi. “Cosa cazzo sta succedendo?” chiese. Harry sorrise. Una stella che diceva parolacce. “Non ridere, stupido angelo.”

“Uhm, andiamo a casa. O almeno, io ci vado.”

“Ma perché? Stai così bene qui con Lou! Avete litigato? Non mi sembra..”

“Probabilmente non gli importa così tanto di me, visto che non mi ha detto “Oh, ti prego amore, rimani!” o cose del genere.. Voglio dire, se mi fermasse in qualche modo io non me ne andrei, non voglio andarmene, voglio solo capire se gli sto così tanto a cuore. E tu non provare a dirgli nulla”

E fu così che, neanche mezz'ora dopo, l'angelo, l'umano e la stella stavano camminando lungo il sentiero che portava alla radura dove erano caduti Harry ed Eva.

A Louis sembrava di camminare verso il patibolo. Le lacrime gli pizzicavano gli occhi e premevano per uscire e la cosa che più gli faceva male era non sapere dove aveva sbagliato e voleva solo urlargli “Oh, ti prego amore, rimani!” o cose del genere. Ma non lo fece. Se Harry voleva andarsene, chi era lui per impedirglielo?

L'angelo, vedendo il suo ormai ragazzo in quelle condizioni, stava cercando con tutto sé stesso di non correre ad abbracciarlo, baciarlo e sussurrargli che andava tutto bene, che non gli importava che non l'avesse fermato, che sarebbe rimasto comunque.

Arrivati alla radura si guardarono, imbarazzati. Poi Harry gli si avvicinò e lo baciò. “Addio.”

E lì Louis esplose, iniziò a piangere disperatamente, poi si calmò, di colpo, si asciugò le lacrime e “Rimani.” sussurrò, mandano all'aria tutti i suoi propositi secondo i quali avrebbe dovuto lasciare l'angelo libero.

“Cosa?”

“Rimani.” ripeté, un po' più forte, fissando il suolo e desiderando di scomparire risucchiato.

“Me ne sto andando a casa, Louis.” spiegò Harry dolcemente, sollevandogli il mento con due dita e facendo incatenare i loro sguardi.

“Ora è questa la tua casa.”

Un mese servito a Louis per capire che quella frase poteva dirla, ed era assolutamente vera.

E se poi si baceranno e inizieranno a piangere perché sono due idioti che si amano alla follia, e se poi Eva li insulterà per lo stesso motivo, ma poi li abbraccerà e piangerà anche lei, e se poi torneranno a casa, e se poi lei andrà a dormire a casa di Jay, con Lottie, per lasciarli in pace, e se ogni volta che Harry guarderà il cielo non penserà più a casa, come farà invece quando Louis lo stringerà tra le sue braccia, e se poi trascorreranno la loro vita insieme, e se poi Eva troverà un ragazzo di nome Alex che la farà sentire a casa, beh, la mia storia finisce qui.

 

 

ANGOLO DELL'AUTRICE

Oocchei, non ci credo, l'ho finita (in realtà ho finito di ricopiarla perché l'avevo scritta a mano, ma dettagli) e fa stranissimo.

Allora, questa fan fiction, come scritto sopra, è scritta per il compleanno di Eva, una mia carissima amica (ciao Evans) che non mi può picchiare se la chiamo Evans perchè le ho dedicato una fan fiction, insomma.

Ci tenevo a dirti “HO INSERITO RIFERIMENTI A TWILIGHT (ho scritto giusto?), VEDI CHE MI SONO IMPEGNATA? E QUESTO SOLO PERCHÈ TI AMO TANTOTANTO” e no, nulla che l'Alex alla fine non è TheRealAlex (a proposito, se qualcuno oltre a noi due arriverà alle note finali, ascoltate le sue canzoni perché riderete un casino) ma il tuo amore Alex Pettyfer (volevo farti mettere con Niall, eh, ma poi tua sorella mi avrebbe picchiato), quindi amami. E no, nulla BUON COMPLEANNO E TANTI AUGURI DI NUOVO <3

 

Volevo anche salutare la Xhemaile Tusha perché mi ha supportato in questo delirio, ti voglio bene Gemi, e perché leggerà questa fan fiction in anteprima, insieme ad Asia (ciao Asiaa) per dirmi se fa cagare o meno.

Ah, e saluto pure Marta alla quale fracasserò le ovaie finché non leggerà questa storia.

Pace, amore e sesso gay.

-cit.

P.S. comunque abbiate pietà perché è la mia prima fan fiction (e perchè non ho riletto) e se volete chiedermi qualcosa o soltanto insultarmi, su Twitter sono @larrysmjles

Addioo

  
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