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Autore: Evillinnie    09/08/2008    3 recensioni
Sasuke collezionava silenzi.
Naruto collezionava parole.
Si erano sfiorati, ma era durato un attimo.
~ [ Sasuke/Naruto ] [ Seconda classificata al contest Under 16 indetto da rekichan. ] ~
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Silence Of Words.

 

Quando Sai iniziò a disegnare nel suo libro preferito era ben certo di essere stato il primo ad aver avuto l'idea di dividerlo in due parti, e poco gli importava se, una volta conosciuto Naruto Uzumaki, quest'ultimo avesse continuato ad affermare il contrario.

Pochi anni prima che Sai disegnasse un solo volto sulla copertina del libro, Naruto trovò il suo primo regalo: non che un quaderno dalle pagine bianche e rigate, persino strappato laddove le cuciture andavano ad unirlo ad una parte di fogli che non si trovava allegata al resto, fosse quel tipo di regalo che il biondino avrebbe più o meno desiderato, in ogni caso egli non era tipo da gettare via doni che gli venivano fatti o, ancor meglio, che riusciva a trovare.

E, se una parte di quei fogli era nella sua mano, la gemella l'avrebbe completato dal lato opposto esattamente come nel libro di Sai.

Tuttavia, poiché non riuscì mai ad unire i due pezzi e a lungo andare finì con il dimenticarsi del fatto, continuò ad avere l'impressione che quell'idea tanto buffa quanto geniale non fosse inventiva del compagno di squadra.

 

*

 

Sasuke collezionava silenzi.

Non che avesse bisogno di legarli l'uno all'altro, tant'era che si susseguivano perfettamente,

senza alcun palpito di rumore o suono o chicchessia attributo simile.

Tuttavia, annoiato da quel silenzio così leggero e abituale, decise inconsciamente di appesantirlo, riempiendolo di parole che, nascoste chissà dove all'interno di esso, avevano perso il loro

naturale suono.

E ripeteva, ripeteva, ripeteva le stesse lettere, legate nello stesso identico modo, cercando di

scacciarle da quel silenzio ch'era infine parte di lui.

Una qualsiasi parte importante di lui.

 

*

 

Non c'era niente di bello da guardare.

Naruto respirava rumorosamente, cercando di ingannare quell'enorme blocco fisso ch'era l'aria, priva di qualsiasi movimento e inzuppata di arido.

Il suo pennello gocciolante d'inchiostro grattò ancora sulla superficie liscia del quaderno, macchiando più pagine con la stessa forma di nero, sempre più stinta.

«Anche oggi, anche oggi.»

Intinse nuovamente il pennello, lasciando che affogasse anche buona parte del manico ormai scurito dai precedenti utilizzi; gli occhi del ragazzo sbuffavano, alla ricerca di luce, come se scrivere con quel nero asfissiante non fosse una buona scusa per nascondere quelle parole incise di sporco.

Poi, alzandosi in piedi e dimenticandosi del misero pennello in equilibrio nella boccetta, tirò fuori dalla tasca sinistra una decina di foglietti sgualciti, dalla forma triangolare, arrotolati minuziosamente su sé stessi a partire dalla punta estrema.

Afferrò il pennello abbandonato senza distinguerne l'orientamento, dipingendosi la mano di quel nero informe e di cattivo odore; aprì ogni foglietto e ne colorò uno ad uno, senza che s'intravedesse mai la scritta al loro interno.

Infine li lasciò cadere sul tetto buio, pregando quell'aria ferma di portarseli via da lui - respirò nuovamente, tossendo.

«Anche oggi, Sas'ké.»

Era facile idolatrare qualcuno, tanto quanto provare l'esatto contrario; indi, se tanta venerazione portava allo scrivere il nome del suddetto Dio ovunque per potergli quantomeno somigliare, sarebbe di certo funzionato anche solo per umiliarlo.

Naruto ogni giorno provava e riprovava all'Accademia, intascando quell'angolo più piccolo, e misero, e nascosto del suo quaderno, dove il nome dell'Uchiha era scritto in modo più o meno evidente.

Ad ogni fallimento colorava la carta e la gettava sul tetto, sperando che l'immobile vento portasse via ogni traccia.

La sera successiva fortunatamente non vi trovava più niente.

E aveva provato ancora, senza stancarsi, anche durante gli allenamenti e le pause, rendendo la sua tasca incredibilmente pesante.

Tuttavia, non aveva ottenuto ancora alcun risultato, ed era per quel motivo che aveva inaugurato, qualche settimana prima, la carriera del suo primo regalo: privo di copertina, fu costretto a scrivere il titolo - Dizionario - sul primo foglio bianco del quaderno, così che i successivi furono le sue fotocopie per un paio di giorni, il tempo di riempirli con parole strambe e, forse, in quale loro assurda maniera, importanti.

Dopo le parole ninja, Hokage e ramen, Naruto aveva aggiunto il nome Sasuke, tracciando accanto ad esso una grossa X, che rimase miseramente priva di spiegazioni.

L'Uzumaki provò ad affibbiargliene qualcuna, ma, dopo gli infiniti aggettivi più o meno offensivi che la sua mente poteva ospitare, lo spazio dopo il nome del compagno rimase occupato dal segnetto, ch'era molto più simile ad uno scarabocchio che ad una croce.

Giustamente Naruto continuò ad andare avanti e, se di tanto in tanto ricompariva il nome Sasuke, lo liquidava con quella vecchia X utilizzata precedentemente.

Pertanto, seduto quasi comodamente sul tetto, rifletteva su quel nome talmente accumulato su sé stesso da schiacciarsi e scomparire.

Osservò quel bianco immenso che lo affiancava pomposamente, beffandosi della sua indecisione e carenza di idee, finché non riprese il pennello molle e ricoprì ogni spazio vuoto.

Sasuke? Sasuke, Sasuke.

E continuò ancora, e ancora, e ancora, come se il ripetere di quel nome fosse una spiegazione più che sufficiente - e lo era, difatti.

Una volta sfinito, si lasciò cadere sulle tegole malamente incastonate fra loro, ignorando qualsivoglia lamento della schiena; ammirava le pagine annerite e umide, piene di un significato che non coglieva, eppure c'era, dentro la carta e nell'inchiostro che macchiava anche sé stesso.

Raccogliendo i suoi oggetti, prima che il capo crollasse sulle spalle flosce, aspirò l'aria secca, costringendola ancora una volta a portarsi via quei pezzetti scuri confusi nel buio.

Quando Sasuke si avvicinò ad essi li studiò attentamente, cercando anch'esso un significato non colto.

Poi, stufo e insoddisfatto, li bruciò uno ad uno, lasciando che la cenere s'infiltrasse nelle tegole, dove cumuli mai spostati giacevano assieme ad altri.

In silenzio, si sedette nello stesso punto dell'Uzumaki e attese il sonno.

Le labbra serrate e piegate in uno sfregio privo di sentimenti rimasero persino più immobili dell'aria durante tutto il corso della notte.

 

Entrambi si rincorrevano in un cerchio dannatamente troppo piccolo.

 

 

*

 

 

 

Naruto collezionava parole.

Ne accumulava l'una sull'altra - le lettere a contatto, l'inchiostro di una

a macchiare quello della successiva, le righe sghembe e oblique sulla carta

sottile e facile allo strappo di quel dizionario finto - e, infine, aggiungeva un proprio significato personale a ciascuna di esse.

Ogni giorno sommava una nuova parola alle precedenti,

riflettendo con le labbra spiegate e raggrinzite, sicuro su cosa

 incidere in quelle sue pagine invisibili.

Lentamente, il dizionario era divenuto fitto e disordinato, pieno

di pagine staccate e piegate nascoste fra le altre, il cui bordo ingiallito fuoriusciva a dovere.

L'odore della carta iniziò a sapere di vissuto.

 

 

 

*

 

Era uno spettacolo desolante.

Sasuke impugnò l'ultimo kunai rimasto fra le sue riserve, cercando di chiudere la sua visuale solo allo spazio vuoto rimasto nel suo bersaglio, già pieno di armi conficcate in precedenza.

Sul terreno ferito e screpolato vedeva chiaramente il nero del sudore che il sole non si degnava di asciugare, che forse poteva essere nero d'inchiostro, ma, convinto che non fosse affar suo, si ripeteva che non avrebbe dovuto importargliene nemmeno un po'.

Però ne vedeva proprio tante, di gocce scure.

Se le avesse inseguite, avrebbe potuto perdere lo spazio ancora pulito del suo bersaglio, così da ritrovarsi costretto ad abbandonare l'ultimo kunai al suolo, ritto su sé stesso.

Strinse maggiormente l'impugnatura dura e bagnata dell'arma affilata, ascoltando il vento trascinare le foglie secche sul campo con quel loro rumore simile ad un graffio continuo; alzò il braccio e prese nuovamente le misure.

Il kunai corse dritto verso l'area libera dell'albero pieno, deviando solo all'ultimo momento e schizzando in una direzione indefinita.

Sasuke spostò lo sguardo inespressivo due, tre, quattro volte dalla sua arma a quella avversaria - capacitarsi di una sconfitta non rientrava proprio fra le sue priorità.

Le labbra ferme e sottili erano sigillate fra loro, senza che nessuna tradisse l'altra tremando di un solo millimetro; il vento le seccava più di quanto non fossero già, e Sasuke trovava in esso un ulteriore motivo per chiudersi in un fermo silenzio, privo di vie d'uscita.

«Oy, Sas'ké, togliti da lì.»

Naruto gli passò accanto, estraendo il suo shuriken ormai sporco di terra. Un sorriso disteso occupava il suo volto, come se fosse non ci fosse altro sul suo viso allegro e buffo - aveva proprio quell'impressione, lui: che il vento non spostasse proprio niente, in Naruto.

«Non intralciarmi.» Non lo guardò un solo attimo, mentre le iridi cercavano il suo ultimo kunai perso nel contatto; non che fingesse così bene: se qualcuno avesse avuto la benché minima voglia di fissare con attenzione le labbra del ragazzo avrebbe notato la visione di una patetica scena.

Sasuke articolava qualcosa, apriva e richiudeva - seppur di poco - la bocca delusa.

Niente, proprio niente, però, sfuggiva dal suo fiato perso nell'aria.

Dopo essersi chinato a terra ed essersi annerito le ginocchia, rinunciò alla ricerca dell'arma sconfitta, rendendosi conto che nel cortile non era rimasto che lui, come sempre, ad allenarsi da solo.

Stufo e sudato, con un gesto quanto più nervoso, provò a scacciare via il vento portandosi il braccio destro al petto e poi rimandandolo in aria, come se avesse potuto paragonare quel fluido immenso ad una piccola mosca ronzante.

Oltretutto aveva fame ed era ora di pranzo.

Si sdraiò sul terreno, la testa poggiata sotto le braccia flesse e sporche di terra; calmatosi - nonostante la presenza di quel vento così assurdo a portare via una voce che non c'era -, continuò quel muto dialogo con sé stesso, parlando e ripetendo ancora una lingua sconosciuta, formata da una sola parola.

Naruto? Naruto, Naruto.

Non che fosse così difficile pronunciare il suo nome [ lo era, lo era, non si sarebbe spiegato dunque il motivo per cui ogni volta soffocasse le sue parole nel silenzio ], tuttavia era ciò che esprimeva nel farlo, a tradirlo. E lui era stufo d'esser tradito, da lui stesso, poi, suonava davvero ridicolo.

Così l'utilizzo di quegl'epiteti idioti con i quali si rivolgeva normalmente a Naruto era aumentato a dismisura, tanto quanto la replica forte e sdegnata [ Sas'ké ] che non sarebbe mai riuscito a pareggiare.

Continuava tuttavia ad allenarsi senza sosta, credendo davvero che ciò sarebbe bastato.

Ascoltando finalmente i brontolii del suo stomaco, si alzò e raggiunse la sua classe all'interno dell'Accademia, dove il suo pranzo era fedelmente tenuto a bada da un gruppo di ragazzine che forse, di meglio, non avevano proprio niente da fare.

Passarono dieci minuti buoni prima che Naruto si avvicinasse alla sagoma nera lasciata da Sasuke sulla terra, che il vento avrebbe facilmente ricoperto ed asciugato.

Lasciò cadere il kunai esattamente nella zona che avrebbe corrisposto alle labbra dell'Uchiha; guardò ancora quel nero che poi nero non era, immaginandosi quelle lettere senza voce scorrere in un qualcosa che nessuno avrebbe mai ascoltato.

Era davvero sconfortante, oltre che una miriade di altre cose.

Quando vide il cortile ripopolarsi di ragazzini urlanti, decise ch'era venuto il momento di abbuffarsi di ramen, per poi andare di nuovo a cercare il significato di quel nome tanto ripetuto.

 

Se uno dei due avesse teso la mano in avanti, avrebbe toccato la pelle dell'altro.

 

*

 

Si erano sfiorati, ma era durato un attimo.

{ F r a m m e n t i }       

 

 

Le rocce aderivano alla pelle.

Se l'avessero penetrata, Naruto non se ne sarebbe minimamente accorto, e avrebbe solo pensato che la mano di Sasuke, spinta violentemente sul suo petto, stesse semplicemente aumentando di pressione.

E l'avrebbe capito, dopotutto; e non si sarebbe lamentato per il dolore, perché tanto non era un dolore vero, quello; e avrebbe parlato con quella lingua formata da una sola parola, che Sasuke forse non avrebbe mai compreso.

«Non ho più bisogno di te,» Aprì la bocca, cercando una voce che non rispondeva ai suoi comandi. Sputò a terra. «baka.»

Il corpo di Naruto fu scaraventato molti metri più in basso, riducendosi ad misero mucchio di bolle sul pelo dell'acqua.

Si erano poi guardati, una volta ch'era riuscito faticosamente a risalire: avevano perso minuti, in quella operazione tanto banale.

Naruto ciarlava, univa parole senza legami per riempire quel silenzio che era già saturo da tempo.

Sasuke non ascoltava [ Sasuke era offeso da quel parlare sciocco e frenetico ], però guardava le mani del biondino e ne studiava i polpastrelli sporchi.

«...e poi sono tutti preoccupati per te, devi tornare indietro, dev-»

Un attimo dopo, il loro scontro era iniziato.

 

«Sas'ké!»

L'acqua infradiciava i vestiti pesanti, la loro pelle sembrava aver perso ogni sensibilità.

«Sas'ké, merda, perché? Perché?» E ancora, ancora, lui non avrebbe ascoltato, non avrebbe capito.

Quel nome, forse, sempre troppo ripetuto, aveva perso qualcosa di proprio.

I pugni, accompagnati dal suono dell'ultima e lasciata echeggiare nell'aria [ il vento scivolava sull'acqua, sfiorando le bocche di entrambi ], affondavano nei muscoli contratti, impregnati di una rabbia che avrebbe voluto rasentare l'odio - senza alcun successo.

«Sas-»

Sasuke lo massacrò; e si fece male, nel farlo.

Si fece tanto male quanto era grande l'umiliazione nel non riuscire a pronunciare il suo nome senza perdere qualcosa di estremamente suo, e suo soltanto.

Quando Naruto capì dove stesse sbagliando, Kyuubi prese possesso del suo corpo.

 

Fino alla fine, però, Naruto continuò a ripetere il suo nome, ossessionato.

Fino alla fine Sasuke rimase immutabile nel suo silenzio, senza trovare la forza di abbatterlo [ e lui era diventato forte, proprio forte, ma l'odio non serviva niente, in quel caso. ]

Quando si separarono, le pagine restanti del Dizionario di Naruto furono riempite fino all'ultimo con il nome dell'Uchiha, e, anche quando finì lo spazio, riempì il bianco rimanente di ogni pagina finché tutto divenne nero e lui avrebbe potuto sperare che Sasuke capisse.

I silenzi, poi, non erano mai stati tanto pesanti, per l'Uchiha.

 

*

 

Se i silenzi di Sasuke si fossero potuti unire alle parole di Naruto, forse, allora, avrebbero avuto una buona scusa per rinfacciare a Sai la sua poca originalità.

Ma ciò, anche se fosse stato possibile, sarebbe stato accuratamente tenuto nascosto da entrambi: Naruto avrebbe potuto immaginare il suo inchiostro a contatto con l'aria piena, in volo, così come Sasuke avrebbe pensato che forse, sovrapponendosi, anche i suoi pensieri avrebbero preso colore.

Sarebbe stato semplice.

Per entrambi, comunque, ancor più semplice era conservare l'idea di quel legame senza che fosse poi così palesato.

Non ce n'era bisogno, d'altronde.

 

 

 

N/A

Ho deciso che odierò questa fanfic da questo preciso momento.

Seconda classificata al contest indetto da rekichan, Under 16.

Qui trovate i giudizi.

Complimenti agl'altri partecipanti.

Linnie-in-coma-più-o-meno-profondo.

  
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