The Silence Of Words.
Quando
Sai iniziò a disegnare nel suo
libro preferito era ben certo di essere stato il primo ad aver avuto
l'idea di
dividerlo in due parti, e poco gli importava se, una volta conosciuto
Naruto
Uzumaki, quest'ultimo avesse continuato ad affermare il contrario.
Pochi
anni prima che Sai disegnasse un
solo volto sulla copertina del libro, Naruto trovò il suo
primo regalo: non che
un quaderno dalle pagine bianche e rigate, persino strappato laddove le
cuciture andavano ad unirlo ad una parte di fogli che non si trovava
allegata
al resto, fosse quel tipo di regalo che il biondino avrebbe
più o meno
desiderato, in ogni caso egli non era tipo da gettare via doni che gli
venivano
fatti o, ancor meglio, che riusciva a trovare.
E,
se una parte di quei fogli era nella
sua mano, la gemella l'avrebbe completato dal lato opposto esattamente
come nel
libro di Sai.
Tuttavia,
poiché non riuscì mai ad
unire i due pezzi e a lungo andare finì con il dimenticarsi
del fatto, continuò
ad avere l'impressione che quell'idea tanto buffa quanto geniale non
fosse
inventiva del compagno di squadra.
*
Sasuke
collezionava silenzi.
Non
che avesse bisogno di legarli l'uno
all'altro, tant'era che si susseguivano perfettamente,
senza
alcun palpito di rumore o suono o
chicchessia attributo simile.
Tuttavia,
annoiato da quel silenzio
così leggero e abituale, decise inconsciamente di
appesantirlo, riempiendolo di
parole che, nascoste chissà dove all'interno di esso,
avevano perso il loro
naturale
suono.
E
ripeteva, ripeteva, ripeteva le
stesse lettere, legate nello stesso identico modo, cercando di
scacciarle
da quel silenzio ch'era
infine parte di lui.
Una
qualsiasi parte importante di lui.
*
Non
c'era niente di bello da guardare.
Naruto
respirava rumorosamente, cercando di ingannare
quell'enorme blocco fisso ch'era l'aria, priva di qualsiasi movimento e
inzuppata di arido.
Il
suo pennello gocciolante d'inchiostro grattò ancora sulla
superficie liscia del quaderno, macchiando più pagine con la
stessa forma di
nero, sempre più stinta.
«Anche
oggi, anche oggi.»
Intinse
nuovamente il pennello, lasciando che affogasse
anche buona parte del manico ormai scurito dai precedenti utilizzi; gli
occhi
del ragazzo sbuffavano, alla ricerca di luce, come se scrivere con quel
nero
asfissiante non fosse una buona scusa per nascondere quelle parole
incise di
sporco.
Poi,
alzandosi in piedi e dimenticandosi del misero pennello
in equilibrio nella boccetta, tirò fuori dalla tasca
sinistra una decina di
foglietti sgualciti, dalla forma triangolare, arrotolati minuziosamente
su sé stessi
a partire dalla punta estrema.
Afferrò
il pennello abbandonato senza distinguerne
l'orientamento, dipingendosi la mano di quel nero informe e di cattivo
odore;
aprì ogni foglietto e ne colorò uno ad uno, senza
che s'intravedesse mai la
scritta al loro interno.
Infine
li lasciò cadere sul tetto buio, pregando quell'aria
ferma di portarseli via da lui - respirò nuovamente,
tossendo.
«Anche
oggi, Sas'ké.»
Era
facile idolatrare qualcuno, tanto quanto provare
l'esatto contrario; indi, se tanta venerazione portava allo scrivere il
nome
del suddetto Dio ovunque per potergli quantomeno somigliare, sarebbe di
certo
funzionato anche solo per umiliarlo.
Naruto
ogni giorno provava e riprovava all'Accademia,
intascando quell'angolo più piccolo, e misero, e nascosto
del suo quaderno,
dove il nome dell'Uchiha era scritto in modo più o meno
evidente.
Ad
ogni fallimento colorava la carta e la gettava sul tetto,
sperando che l'immobile vento portasse via ogni traccia.
La
sera successiva fortunatamente non vi trovava più niente.
E
aveva provato ancora, senza stancarsi, anche durante gli
allenamenti e le pause, rendendo la sua tasca incredibilmente pesante.
Tuttavia,
non aveva ottenuto ancora alcun risultato, ed era
per quel motivo che aveva inaugurato, qualche settimana prima, la
carriera del
suo primo regalo: privo di copertina, fu costretto a scrivere il titolo
- Dizionario
- sul primo foglio bianco del quaderno, così che i
successivi furono le sue
fotocopie per un paio di giorni, il tempo di riempirli con parole
strambe e,
forse, in quale loro assurda maniera, importanti.
Dopo
le parole ninja, Hokage e ramen, Naruto aveva aggiunto
il nome Sasuke, tracciando accanto ad esso una grossa X, che rimase
miseramente
priva di spiegazioni.
L'Uzumaki
provò ad affibbiargliene qualcuna, ma, dopo gli
infiniti aggettivi più o meno offensivi che la sua mente
poteva ospitare, lo
spazio dopo il nome del compagno rimase occupato dal segnetto, ch'era
molto più
simile ad uno scarabocchio che ad una croce.
Giustamente
Naruto continuò ad andare avanti e, se di tanto
in tanto ricompariva il nome Sasuke, lo liquidava con quella vecchia X
utilizzata precedentemente.
Pertanto,
seduto quasi comodamente sul tetto, rifletteva su
quel nome talmente accumulato su sé stesso da schiacciarsi e
scomparire.
Osservò
quel bianco immenso che lo affiancava pomposamente,
beffandosi della sua indecisione e carenza di idee, finché
non riprese il
pennello molle e ricoprì ogni spazio vuoto.
Sasuke?
Sasuke, Sasuke.
E
continuò ancora, e ancora, e ancora, come se il ripetere
di quel nome fosse una spiegazione più che sufficiente - e
lo era, difatti.
Una
volta sfinito, si lasciò cadere sulle tegole malamente
incastonate fra loro, ignorando qualsivoglia lamento della schiena;
ammirava le
pagine annerite e umide, piene di un significato che non coglieva,
eppure
c'era, dentro la carta e nell'inchiostro che macchiava anche
sé stesso.
Raccogliendo
i suoi oggetti, prima che il capo crollasse
sulle spalle flosce, aspirò l'aria secca, costringendola
ancora una volta a
portarsi via quei pezzetti scuri confusi nel buio.
Quando
Sasuke si avvicinò ad essi li studiò
attentamente,
cercando anch'esso un significato non colto.
Poi,
stufo e insoddisfatto, li bruciò uno ad uno, lasciando
che la cenere s'infiltrasse nelle tegole, dove cumuli mai spostati
giacevano
assieme ad altri.
In
silenzio, si sedette nello stesso punto dell'Uzumaki e
attese il sonno.
Le
labbra serrate e piegate in uno sfregio privo di
sentimenti rimasero persino più immobili dell'aria durante
tutto il corso della
notte.
Entrambi
si rincorrevano in un cerchio dannatamente troppo
piccolo.
*
Naruto
collezionava parole.
Ne
accumulava l'una sull'altra - le
lettere a contatto, l'inchiostro di una
a
macchiare quello della successiva, le
righe sghembe e oblique sulla carta
sottile
e facile allo strappo di quel
dizionario finto - e, infine, aggiungeva un proprio significato
personale a
ciascuna di esse.
Ogni
giorno sommava una nuova parola
alle precedenti,
riflettendo
con le labbra spiegate e
raggrinzite, sicuro su cosa
incidere in quelle sue
pagine invisibili.
Lentamente,
il dizionario era divenuto
fitto e disordinato, pieno
di
pagine staccate e piegate nascoste
fra le altre, il cui bordo ingiallito fuoriusciva a dovere.
L'odore
della carta iniziò a sapere di
vissuto.
*
Era
uno spettacolo desolante.
Sasuke
impugnò l'ultimo kunai rimasto fra le sue riserve,
cercando di chiudere la sua visuale solo allo spazio vuoto rimasto nel
suo
bersaglio, già pieno di armi conficcate in precedenza.
Sul
terreno ferito e screpolato vedeva chiaramente il nero
del sudore che il sole non si degnava di asciugare, che forse poteva
essere
nero d'inchiostro, ma, convinto che non fosse affar suo, si ripeteva
che non
avrebbe dovuto importargliene nemmeno un po'.
Però
ne vedeva proprio tante, di gocce scure.
Se
le avesse inseguite, avrebbe potuto perdere lo spazio
ancora pulito del suo bersaglio, così da ritrovarsi
costretto ad abbandonare
l'ultimo kunai al suolo, ritto su sé stesso.
Strinse
maggiormente l'impugnatura dura e bagnata dell'arma
affilata, ascoltando il vento trascinare le foglie secche sul campo con
quel
loro rumore simile ad un graffio continuo; alzò il braccio e
prese nuovamente
le misure.
Il
kunai corse dritto verso l'area libera dell'albero pieno,
deviando solo all'ultimo momento e schizzando in una direzione
indefinita.
Sasuke
spostò lo sguardo inespressivo due, tre, quattro
volte dalla sua arma a quella avversaria - capacitarsi di una sconfitta
non
rientrava proprio fra le sue priorità.
Le
labbra ferme e sottili erano sigillate fra loro, senza
che nessuna tradisse l'altra tremando di un solo millimetro; il vento
le
seccava più di quanto non fossero già, e Sasuke
trovava in esso un ulteriore
motivo per chiudersi in un fermo silenzio, privo di vie d'uscita.
«Oy,
Sas'ké, togliti da lì.»
Naruto
gli passò accanto, estraendo il suo shuriken ormai
sporco di terra. Un sorriso disteso occupava il suo volto, come se
fosse non ci
fosse altro sul suo viso allegro e buffo - aveva proprio
quell'impressione,
lui: che il vento non spostasse proprio niente, in Naruto.
«Non
intralciarmi.» Non lo guardò un solo attimo,
mentre le
iridi cercavano il suo ultimo kunai perso nel contatto; non che
fingesse così
bene: se qualcuno avesse avuto la benché minima voglia di
fissare con
attenzione le labbra del ragazzo avrebbe notato la visione di una
patetica
scena.
Sasuke
articolava qualcosa, apriva e richiudeva - seppur di
poco - la bocca delusa.
Niente,
proprio niente, però, sfuggiva dal suo fiato perso
nell'aria.
Dopo
essersi chinato a terra ed essersi annerito le
ginocchia, rinunciò alla ricerca dell'arma sconfitta,
rendendosi conto che nel
cortile non era rimasto che lui, come sempre, ad allenarsi da solo.
Stufo
e sudato, con un gesto quanto più nervoso, provò
a
scacciare via il vento portandosi il braccio destro al petto e poi
rimandandolo
in aria, come se avesse potuto paragonare quel fluido immenso ad una
piccola
mosca ronzante.
Oltretutto
aveva fame ed era ora di pranzo.
Si
sdraiò sul terreno, la testa poggiata sotto le braccia
flesse e sporche di terra; calmatosi - nonostante la presenza di quel
vento
così assurdo a portare via una voce che non c'era -,
continuò quel muto dialogo
con sé stesso, parlando e ripetendo ancora una lingua
sconosciuta, formata da
una sola parola.
Naruto?
Naruto, Naruto.
Non
che fosse così difficile pronunciare il suo nome [ lo
era, lo era, non si sarebbe spiegato dunque il motivo per cui ogni
volta
soffocasse le sue parole nel silenzio ], tuttavia era ciò
che esprimeva nel
farlo, a tradirlo. E lui era stufo d'esser tradito, da lui stesso, poi,
suonava
davvero ridicolo.
Così
l'utilizzo di quegl'epiteti idioti con i quali si
rivolgeva normalmente a Naruto era aumentato a dismisura, tanto quanto
la
replica forte e sdegnata [ Sas'ké ] che
non sarebbe mai riuscito a
pareggiare.
Continuava
tuttavia ad allenarsi senza sosta, credendo
davvero che ciò sarebbe bastato.
Ascoltando
finalmente i brontolii del suo stomaco, si alzò e
raggiunse la sua classe all'interno dell'Accademia, dove il suo pranzo
era
fedelmente tenuto a bada da un gruppo di ragazzine che forse, di
meglio, non
avevano proprio niente da fare.
Passarono
dieci minuti buoni prima che Naruto si avvicinasse
alla sagoma nera lasciata da Sasuke sulla terra, che il vento avrebbe
facilmente ricoperto ed asciugato.
Lasciò
cadere il kunai esattamente nella zona che avrebbe
corrisposto alle labbra dell'Uchiha; guardò ancora quel nero
che poi nero non
era, immaginandosi quelle lettere senza voce scorrere in un qualcosa
che
nessuno avrebbe mai ascoltato.
Era
davvero sconfortante, oltre che una miriade di altre
cose.
Quando
vide il cortile ripopolarsi di ragazzini urlanti,
decise ch'era venuto il momento di abbuffarsi di ramen, per poi andare
di nuovo
a cercare il significato di quel nome tanto ripetuto.
Se
uno dei due avesse teso la mano in avanti, avrebbe
toccato la pelle dell'altro.
*
Si
erano sfiorati, ma era durato un
attimo.
{
F r a m m e n t i }
Le
rocce aderivano alla pelle.
Se
l'avessero penetrata, Naruto non se ne sarebbe
minimamente accorto, e avrebbe solo pensato che la mano di Sasuke,
spinta
violentemente sul suo petto, stesse semplicemente aumentando di
pressione.
E
l'avrebbe capito, dopotutto; e non si sarebbe lamentato
per il dolore, perché tanto non era un dolore vero, quello;
e avrebbe parlato
con quella lingua formata da una sola parola, che Sasuke forse non
avrebbe mai
compreso.
«Non
ho più bisogno di te,» Aprì la bocca,
cercando una voce
che non rispondeva ai suoi comandi. Sputò a terra.
«baka.»
Il
corpo di Naruto fu scaraventato molti metri più in basso,
riducendosi ad misero mucchio di bolle sul pelo dell'acqua.
Si
erano poi guardati, una volta ch'era riuscito
faticosamente a risalire: avevano perso minuti, in quella operazione
tanto
banale.
Naruto
ciarlava, univa parole senza legami per riempire quel
silenzio che era già saturo da tempo.
Sasuke
non ascoltava [ Sasuke era offeso da quel parlare
sciocco e frenetico ], però guardava le mani del biondino e
ne studiava i
polpastrelli sporchi.
«...e
poi sono tutti preoccupati per te, devi tornare
indietro, dev-»
Un
attimo dopo, il loro scontro era iniziato.
«Sas'ké!»
L'acqua
infradiciava i vestiti pesanti, la loro pelle
sembrava aver perso ogni sensibilità.
«Sas'ké,
merda, perché? Perché?» E ancora,
ancora, lui non
avrebbe ascoltato, non avrebbe capito.
Quel
nome, forse, sempre troppo ripetuto, aveva perso
qualcosa di proprio.
I
pugni, accompagnati dal suono dell'ultima e
lasciata echeggiare nell'aria [ il vento scivolava sull'acqua,
sfiorando le
bocche di entrambi ], affondavano nei muscoli contratti, impregnati di
una
rabbia che avrebbe voluto rasentare l'odio - senza alcun successo.
«Sas-»
Sasuke
lo massacrò; e si fece male, nel farlo.
Si
fece tanto male quanto era grande l'umiliazione nel non
riuscire a pronunciare il suo nome senza perdere qualcosa di
estremamente suo,
e suo soltanto.
Quando
Naruto capì dove stesse sbagliando, Kyuubi prese
possesso del suo corpo.
Fino
alla fine, però, Naruto continuò a ripetere il
suo
nome, ossessionato.
Fino
alla fine Sasuke rimase immutabile nel suo silenzio,
senza trovare la forza di abbatterlo [ e lui era diventato forte,
proprio
forte, ma l'odio non serviva niente, in quel caso. ]
Quando
si separarono, le pagine restanti del Dizionario
di Naruto furono riempite fino all'ultimo con il nome dell'Uchiha, e,
anche
quando finì lo spazio, riempì il bianco rimanente
di ogni pagina finché tutto
divenne nero e lui avrebbe potuto sperare che Sasuke capisse.
I
silenzi, poi, non erano mai stati tanto pesanti, per
l'Uchiha.
*
Se
i silenzi di Sasuke si fossero
potuti unire alle parole di Naruto, forse, allora, avrebbero avuto una
buona
scusa per rinfacciare a Sai la sua poca originalità.
Ma
ciò, anche se fosse stato possibile,
sarebbe stato accuratamente tenuto nascosto da entrambi: Naruto avrebbe
potuto
immaginare il suo inchiostro a contatto con l'aria piena, in volo,
così come
Sasuke avrebbe pensato che forse, sovrapponendosi, anche i suoi
pensieri
avrebbero preso colore.
Sarebbe
stato semplice.
Per
entrambi, comunque, ancor più
semplice era conservare l'idea di quel legame senza che fosse poi
così
palesato.
Non
ce n'era bisogno, d'altronde.
N/A
Ho deciso che odierò questa fanfic da questo preciso momento.
Seconda classificata al contest indetto da rekichan, Under 16.
Qui trovate i giudizi.
Complimenti agl'altri partecipanti.
Linnie-in-coma-più-o-meno-profondo.