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Autore: Elly J    10/06/2014    3 recensioni
“L’aveva usata, solo usata. L’aveva plasmata, trasformata in una vera e propria macchina da guerra, un’assassina. Ma per chi uccideva? Per chi toglieva la vita? Uccideva per conto di quell’uomo che le aveva tolto la libertà, la felicità, il sorriso. Le aveva tolto tutto. Ma soprattutto le aveva tolto lui, il suo unico e vero amore, l’unico che l’avesse mai amata veramente. Senza di lui, cos’era lei? Cos’era diventata? Era diventata una spietata assassina, l’assassina. Ma non un’assassina qualunque. Era diventata fredda, calcolatrice, piena d’odio. Era stata addestrata per diventare l’assassina dei Templari. Era diventata una Templare.”
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Achille Davenport, Charles Lee, Connor Kenway, Haytham Kenway, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15 - Tensioni e priorità

Anche se avevano superato l'avamposto da diversi minuti, Connor decise di galoppare ancora per un po'. Nessuno li stava seguendo, ne era certo, ma era sempre meglio non rischiare.
Scarlet era dietro di lui, con il viso appoggiato alla sua schiena e le braccia strette attorno alla sua vita. La ragazza era estremamente tesa, Connor lo sentiva dal suo respiro e soprattutto dal modo in cui si reggeva a lui.
Galopparono ancora per qualche minuto e poi fu lo stesso Hidalgo a rallentare. Era stremato.
Si fermarono in una piccola radura in mezzo al bosco. Molti alberi ne delineavano la forma rotondeggiante e da alcune angolature era praticamente invisibile dal sentiero principale.
Connor scese dal cavallo ancor prima che quest'ultimo si fermasse e senza troppi preamboli afferrò Scarlet per la vita e tirò giù anche lei. La ragazza teneva lo sguardo basso e senza dire una parola si sedette, accucciandosi vicino al tronco di un albero. Connor, dopo aver legato Hidalgo ad un altro albero poco distante, fece lo stesso e si sistemò vicino a lei.
- Sono stufo di continuare a correrti dietro, lo sai? - le disse sospirando.
Lei, sempre con lo sguardo basso, non mosse un muscolo e non disse una parola.
Connor continuò a fissarla. - Mi sembrava di averti detto di non fare cavolate, o sbaglio?
Scarlet girò il viso dall'altra parte.
- Scarlet.. - Connor allungò una mano verso di lei sfiorandole il braccio destro.
Fu come accendere una miccia.
La ragazza si scansò all'improvviso e guardò Connor con uno sguardo duro.
- Non toccarmi. - gli disse scandendo con forza le due parole.
Connor rimase con la mano a mezz'aria e poi la ritrasse. Scarlet si era rigirata dall'altra parte e non aveva aggiunto altro. Qualcosa non andava, Connor riusciva a percepirlo nelle movenze di lei.
- Chi stavi cercando prima alla locanda? - le chiese poi con voce quasi troppo severa.
Scarlet non si girò nemmeno.
Connor perse la pazienza. Le afferrò un braccio con forza e la costrinse a girarsi verso di lui.
- Ti ho fatto una domanda. Chi stavi cercando prima? Stavi cercando qualcuno con lo sguardo, ti ho vista. Chi cercavi? - la voce del giovane aveva assunto una piega quasi aggressiva, troppo aggressiva.
Scarlet lo guardò spaurita e una grossa lacrima le scese lungo la guancia, poi un'altra e un'altra ancora. Un fiume di lacrime le inondò il viso e i forti singhiozzi coprirono il cinguettare degli uccellini.
Connor rimase estremamente sorpreso da quella reazione e con un forte senso di colpa le lasciò il braccio. Scarlet si era portata le mani al viso e stava piangendo come una bambina piccola. Quella ragazza, la stessa che aveva cercato di scappare lanciandosi da un balcone, la stessa che si era lanciata al galoppo sfrenato nel bosco, la stessa che si era rialzata dopo due terribili cadute da cavallo ora era lì, di fronte a lui, che piangeva come una ragazzina indifesa.
- Scarlet.. - Connor le sfiorò una spalla con dolcezza. Si sentiva terribilmente in colpa. Sapeva di essere stato troppo brusco, fin dall'inizio, fin da quando avevano avuto la loro prima discussione il giorno prima, dopo che avevano lasciato la casa di Prudence e Warren. Non avrebbe dovuto lasciarla da sola per tutto il pomeriggio e quella mattina non avrebbe dovuto trattarla in quel modo.
Non avrebbe dovuto fare molte cose.
- Scarlet.. - ripeté lui stringendole delicatamente la spalla.
- Vattene. - la voce di lei uscì incerta tra i singhiozzi. - Vai via, non voglio più vederti.
- Scarlet, ascoltami, io..
- Ascoltarti?! Io dovrei ascoltarti? - le mani di Scarlet si erano staccate dal suo viso e ora due occhi viola arrossati dal pianto stavano fissando Connor con collera.
- Chi ti credi di essere? Chi ti credi di essere per decidere cosa devo fare, per decidere che devo rendere conto a te? Io non devo rendere conto a nessuno! A nessuno chiaro? Non mi importa se mi hai salvata, non me ne frega un accidente! - Scarlet stava urlando. Le lacrime continuavano a scenderle lungo le guance con violenza, lasciandole dei profondi segni sulla pelle. Erano lacrime di disperazione, di collera e di dolore, Connor lo sapeva.
Un ultimo singhiozzo e Scarlet fissò l'indiano negli occhi. - Ti odio. - gli sibilò. Dopodiché si alzò e con passo deciso sparì tra gli alberi della foresta.
 
 
 
***
 
 
 
Connor la aspettò per tutto il pomeriggio, con la schiena appoggiata a quel maledettissimo tronco. Chiuse gli occhi e li riaprì per un centinaio di volte, nella speranza di vederla ricomparire. Era stufo di correrle dietro, di rimproverarla come se fosse una bambina. Era stufo.
Una goccia di pioggia cadde sul suo cappuccio abbassato. Poi un'altra e un'altra ancora, come le lacrime di Scarlet. L'indiano abbassò il viso. Aveva sbagliato, fin dall'inizio.
Ormai la pioggia aveva iniziato a cadere senza sosta e dei grossi nuvoloni grigi avevano coperto quasi completamente il sole.
Connor diede un ultimo sguardo al punto dove ore prima Scarlet era sparita e poi si alzò.
Sapeva con certezza che lei non sarebbe tornata.
Con passo stanco si diresse verso Hidalgo, lo slegò dall'albero e con un salto gli fu in groppa. Il cavallo nitrì forte e con vigore si lanciò al galoppo tra gli alberi, in direzione della tenuta.
 
 
 
***
 
 
 
Non appena sentii la porta che si apriva, il Capitano girò leggermente il viso verso l'ingresso.
- E' fatta. - la voce compiaciuta di Charles risuonò nella stanza silenziosa.
Il Capitano si concesse un sorriso. - Ben fatto, Charles.
Charles fece alcuni passi avanti. - E' cresciuta molto, è uguale a suo padre. - disse.
Il Capitano si girò completamente verso l'uomo. - Di certo i loro occhi viola non sono molto comuni in giro. - commentò con sguardo serio.
Charles annuii. - Dopo che è stata separata dal padre le è stato cambiato nome, mi ha detto di chiamarsi Scarlet. Ha passato l'infanzia in orfanotrofio fino alla maggiore età.
Il Capitano assunse un'espressione assorta. - Orfanotrofio, è? Molto astuto, quel vecchio non si è mai smentito, nemmeno in passato.
- Già, è riuscito a nasconderla per tutti questi anni senza che nessuno sospettasse nulla, nemmeno la ragazza stessa.
- Connor ha dato problemi?
- Nessuno. Ma ha ucciso tutta la nostra scorta.
Il Capitano si girò, tornando davanti alla finestra della stanza con le mani incrociate dietro alla schiena. - Ci occuperemo anche di lui. Ma per ora la priorità è Ginevra.
Charles fece un piccolo cenno con il capo. - Senza ombra di dubbio.
Il Capitano girò il viso verso l'uomo per alcuni secondi, poi tornò con lo sguardo alla finestra. La sua espressione di fece dura e decisa. - Abbiamo già perso lui, non lasceremo che gli Assassini si portino via anche sua figlia.
Charles si avvicinò al Capitano, fermandosi al suo fianco. - Non ci riusciranno.
Fuori, una leggera pioggia iniziò a cadere con insistenza.
  
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