Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: SparklingLetters    10/06/2014    1 recensioni
[Stable Queen]
Regina non ha vita facile, tra il complicato rapporto con la madre e l’isolamento dal resto del mondo. Poi, un giorno, fa amicizia con un ragazzino di nome Daniel…
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cora, Daniel, Henry (Padre), Regina Mills
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note dell’Autrice: Yippee, questa volta un capitolo più lungo come ho promesso! Preparatevi per un po’ di mamma Cora, un po’ di papà Henry, per un Daniel confuso e una Regina delusa. TW: maltrattamento (pensate alla 1x18).



Capitolo 11
Many Happy Returns

«Girati… No, non così» dice Cora impazientemente. Agitata, Regina si volta e si mette di nuovo in posa sullo sgabello per quella che sembra la milionesima volta. Non un’altra prova d’abito, pensa ormai ogni volta che vede arrivare la sarta.
Malinconicamente, ripensa alla prima volta. Allora era piena di anticipazione, e di meraviglia: la sarta aveva portato pezze di tessuto di una dozzina di colori e trame, pizzi e lavori all’uncinetto e fiocchi, sciarpe, guanti, e scarpette. Lei aveva selezionato e scelto e indicato, e tutti correvano per esaudire ogni suo capriccio.
Ciò che era iniziato come divertente ed eccitante, tuttavia, presto si era trasformato in una prova. Il vestito dei suoi sogni non è destinato ad essere realizzato: la mamma se ne occuperà. Gradualmente, Cora ha preso il controllo di tutte le decisioni, o abbastanza perché non faccia differenza. A volte Regina è obbligata a stare sullo sgabello per ore mentre Cora esamina ogni centimetro di stoffa e fa notare difetto dopo difetto. Spille appuntite la pizzicano e la trafiggono senza pietà mentre la mamma la gira e la volta rudemente, abbaiando ordini alla sarta.
«Dovremmo fare lo strascico più lungo» dichiara. Questo riporta Regina alla realtà.
«Ma mamma» protesta lei, «non è abbastanza lungo? Sarà solo d’intralcio».
«Sarà d’intralcio per cosa, mia cara? Terrai un ballo, non una qualche selvaggia gara di cavalli».
Lo scherno punge.
«Regina, per una volta nella tua vita, comportati come una lady. Suppongo che sarebbe troppo chiederti anche di pensare come tale. Inoltre, è solo una lieve modifica che ho fatto. Un piccolo miglioramento per il tuo modello».
Regina si morde la lingua. Un lieve miglioramento. Tutti quelli sono stati chiamati lievi miglioramenti dalla mamma. Eppure in qualche modo, ad un certo punto, è diventato un vestito completamente diverso. Non molto è rimasto delle idee di Regina.
«Dovremo cambiare anche il collo» continua Cora, facendo cenno alla sarta di avvicinarsi. «Un grande colletto, direi. Ornato, cucito a mano».
«Un colletto?» prorompe Regina incredula. «Eravamo d’accordo per nessun colletto, ricordi?» Questo è uno dei compromessi che Cora ha fatto, una piccola vittoria che Regina è riuscita a strappare dopo che sua madre ha praticamente ridisegnato l’intero vestito che Regina aveva assemblato su carta.
Cora supera la sua pena con un gesto casuale della mano. «Un colletto darà al vestito un aspetto molto più impressivo, vedrai. Tua madre sa quel che fa, cara».
«Non mi interessa se è impressivo!» grida Regina mentre lacrime di frustrazione le salgono agli occhi. «Avrebbe dovuto essere mio. Perché non ne indossi tu uno col colletto e non mi lasci avere un vestito che piaccia a me?» Regina salta giù dallo sgabello e scappa verso la porta. Prima che arrivi a metà della stanza, però, uno scoppio di energia la colpisce, la avvolge, e le fa perdere l’equilibrio. Lei si sente sollevare in aria. Le sue mani si piegano in pugni di rabbia e, mentre si ferma a mezz’aria, un colpo invisibile la fa girare e lei si ritrova faccia a faccia con sua madre. Le sarte, registra, si sono ormai tutte disperse.
«Non osare parlarmi così! Ti comporti come una bambina ostinata ed ingrata! Non sopporterò questa insolenza! Tu avrai un vestito come si addice ad una regina, hai capito?»
Regina lotta, sebbene nella propria mente sappia che tutti i suoi sforzi non servono a niente. «Madre» supplica. «Io…»
«Non rispondermi» dice Cora morbidamente, calma e composta adesso, sorridendo – è al suo peggio. Regina guarda, a rallentatore, le dita di sua madre contrarsi; un momento di riconoscimento la colpisce prima che un paio di catene appaiano dal nulla e si chiudano strettamente attorno a lei, facendola respirare a stento. Lei sente la stoffa dell’abito finito a metà tirarsi mentre la pelle cigolante la stringe dolorosamente, e sente numerosi spilli perforarle la pelle. «Mamma…!» ansima. Tutta l’energia sembra colare fuori da lei. Non è possibile resistere, lo sa, non è possibile combattere. Abbassa lo sguardo sul volto di sua madre, sconfitta, rassegnata, e amareggiata all’indescrivibile.
Cora le rivolge un sorriso con aria di sufficienza, con aria incoraggiante, attendendo. Regina sa che cosa si aspetta da lei.
Regina singhiozza. «Farò la brava» sussurra.
«Ecco la mia bambina», Cora le concede un sorriso radioso e la rilascia lentamente dalla sua presa magica.
Regina si strofina il braccio dolorante e inghiottisce un altro singhiozzo, pregando di venir congedata, senza osare dire una parola.
«Adesso puoi andare nella tua stanza. Verrò a prendere il vestito tra un momento e mi prenderò cura del resto per te. Fa’ i tuoi compiti e non essere in ritardo per il tè. Ricorda – una signora non perde mai il tè».
Regina annuisce precipitosamente, e fugge con tutta la dignità che ha, che è molto poca. Adesso persino il disprezzato cucito sarà una distrazione benvenuta…

Daniel solleva del concime col forcone e lo lancia sulla pila che cresce. Le stalle devono essere abbastanza pulite da potervi mangiare, secondo gli ordini di Lady Cora. Nobili ospiti arriveranno presto. Un numero di box sono già stati approntati per ospitare una manciata di cavalli dei pochi selezionati. Con la quantità di lavoro extra che ha avuto nelle ultime settimane, ha a stento visto Regina. In effetti, nessuno sembra averla vista molto, nemmeno nei dintorni della casa. Probabilmente è impegnata a prepararsi per la sua grande notte, riflette Daniel. Eppure, lei gli manca.
Pensa di sentire un fantasma di fastidio insinuarsi nei suoi pensieri, e lo respinge prima di avere la possibilità di capirne la natura esatta. Preferisce non capirlo, è risoluto. Di sicuro non è un buon pensiero. Potrebbe essere invidioso, o persino pericoloso, in cui si coglie a desiderare, come normalmente non fa, di essere di uno stato sociale più vicino a quello di Regina, per essere parte di questo grande evento nella sua vita da cui un giovane stalliere deve invece essere escluso. Potrebbe essere un pensiero arrabbiato, un pensiero risentito perché lei lo sta trascurando così facilmente. Perciò, è meglio non permettersi di pensare simili pensieri. La sa più lunga, dopotutto.
L’aria è fredda e grigia più che calda e colorata, nota lui mentre spinge fuori la carriola traboccante di letame; un inizio uggioso d’inverno piuttosto che una tavolozza calda d’autunno. Può l’autunno essere stato tanto breve? Ci sono chiazze frondose di sparpagliati tappeti oro e cremisi attraverso l’erba che si dirada, ma gli alberi non hanno ancora perso metà dei loro mantelli – alcuni infatti sono ancora vestiti prevalentemente di verde.
«Daniel», la voce di suo padre arriva da dietro l’angolo con una forte raffica di vento. «Pulisci i finimenti dorati. Ma prima vieni ad aiutarmi con l’aratro». I finimenti scintillanti e delicati vengono fuori, il vecchio aratro rovinato dev’essere rimosso dalla vista. Lady Cora allestisce uno spettacolo, pensa Daniel mentre tira e fatica fianco a fianco con suo padre. Edric ha riguadagnato molta della sua forza dalla sua recente malattia, per il sollievo di Daniel. La tosse non se n’è ancora andata del tutto, ma gli attacchi sono cessati da molto tempo.
«Chi verrà al ballo, lo sai?» chiede Daniel casualmente, quasi volesse solo iniziare una conversazione.
Edric sbuffa ed ansima. «La crème de la crème, suppongo. Nessuno che abbiamo buone probabilità di conoscere, in ogni caso».
«Sarò felice quando tutto questo chiasso sarà finito», Daniel si acciglia e si asciuga la fronte su una manica.
«Ce ne saranno altri a seguire. La stagione dei balli è appena iniziata, figlio mio. Ne dai uno, presenzi ad una dozzina di altri. Sospetto che Lady Cora vorrà partecipare e fare da chaperon a sua figlia, ora che lei è abbastanza grande. Adesso mettilo giù, posso occuparmene io. Va’ a prenderti cura dei finimenti».
«Sei sicuro?» Daniel esita. «Potresti occuparti tu dei finimenti, ed io dell’aratro».
Edric gli rivolge uno sguardo strano, ed annuisce con una punta di tristezza. «Me la caverò. Ora vai».
I finimenti sono sottile oro lavorato, così delicati che lui teme di poterli rompere accidentalmente tra le proprie dita; una cosa più di bellezza che pratica. Oro come le pagliuzze della gatta randagia, che a loro volta gli ricordano gli occhi di sua madre. È passato davanti alla randagia proprio questa mattina; gli sembra leggermente meno scheletrica ogni giorno che passa da quando Regina l’ha soccorsa dall’albero. Lei ha passato un sacco di guai con Lady Cora a causa della cicatrice sul labbro che ha guadagnato dagli artigli affilati della gatta terrorizzata. Daniel sorride involontariamente. Cicatrici di battaglia, riflette. Deve ricordarsi di dirlo a Regina la prossima volta che la vedrà.

Regina guarda, il mento poggiato sul gomito sul davanzale, la prima carrozza avanzare e fermarsi all’ingresso principale – gli ospiti stanno cominciando ad arrivare. Un’ondata di eccitazione che aveva quasi dimenticato le infiamma lo stomaco. Forse non è ancora tutto perduto, pensa sorpresa. Forse alla fine posso ancora godermelo – il mio primo vero ballo. Il papà esce dalla soglia con la mamma sottobraccio per accogliere gli arrivi. La fronte di Regina si corruga molto lievemente – una parte di lei gioisce nel vedere i suoi genitori andare d’accordo tanto per cambiare; una parte di lei protesta contro la falsità di uno spettacolo che allestiscono per amor degli ospiti. Daniel appare rapidamente e inizia a staccare i cavalli per guidarli nei loro box temporanei. Una fitta di desiderio la assale per il calore ed il conforto delle stalle, per il nitrito familiare dei cavalli, e per la compagnia di Daniel. In quell’esatto momento, comunque, il viso della mamma si volta proprio verso la finestra da cui Regina sta sbirciando, e Regina sussulta: dovrebbe essere impegnata a prepararsi.
Il vestito è disteso sul suo letto – un grazioso azzurro pervinca. È del colore che volevo, si dice lei mentre chiude la porta dietro di sé, ansimando lievemente per lo scatto. Avrà bisogno di qualcuno che la aiuti ad entrarci, ma può comodamente iniziare per conto proprio. Anche le scarpe giacciono in attesa ai piedi del letto, dello stesso azzurro del vestito, e ricamate d’oro. Regina sospira mentre si passa cautamente il vestito sopra la testa. Il tessuto prude e pizzica all’interno a causa dell’inamidatura usata per il desiderio di sua madre di far sì che il vestito mantenga meglio la sua forma. Il colletto, riccamente ricamato con gemme e fili d’oro, grava pesantemente sul suo collo e sulle sue spalle. Anche le scarpe sembrano troppo strette – e sono state fatte su misura. Posso farcela, si dice lei, sono solo un paio d’ore. E la prossima volta, avrò il vestito che voglio io, se questa sera mi comporto bene – la mamma lo ha promesso. E domani, potrò finalmente andare a cavalcare di nuovo, con dei vestiti normali, e parlare di molto più che di gonne e gioielli e balli.
L’acconciatrice arriva, scortata da una mamma impaziente ed infuriata. Salta fuori che i cavalli degli ospiti non sono esattamente tolleranti verso gli stranieri e alle stalle i guai erano in vista prima che Edric e Daniel li spostassero negli ultimi box e mettessero una distanza tra loro e gli altri cavalli. Regina siede pazientemente e lascia che la donna faccia qualsiasi cosa voglia coi suoi capelli; è meglio non versare olio sul fuoco. La pettinatura, come avrebbe potuto aspettarsi, è elaborata e dotata di dozzine di spilli, molti dei quali tirano e la pizzicano fastidiosamente, ma lei continua a non dire una parola.
La mamma congeda l’acconciatrice e si assume lei stessa la responsabilità del corsetto di Regina. Lo lega stretto, così stretto che a Regina l’aria viene strappata. Lei trattiene un ansito e si costringe invece a prendere respiri veloci e poco profondi.
«Rimani ferma» ordina la mamma mentre lega il fiocco e aggiusta le pieghe della gonna. «Fa’ una piroetta per me». Regina fa una piroetta. «E sorridi, per amor del cielo. È il tuo gran giorno!»
Regina riesce a fare un sorriso forzato. È più vicina alle lacrime di quanto non la sia mai stata negli ultimi giorni e non è nemmeno sicura del perché.
«È sufficiente. Immagino che tu sia solo un po’ nervosa. Be’, questo è normale. Passerà. Non devo rammentarti di ricordare le buone maniere adesso, vero?»
Lei scuote la testa con veemenza. «No, mamma».
«Molto bene. Il giovane principe James e suo padre dovrebbero arrivare a momenti. Ti farò chiamare e farò le presentazioni. Il principe James ti terrà compagnia per la maggior parte della serata. Mi aspetto che tu ti comporti come una signora e non mandi tutto all’aria».
Regina annuisce docilmente. «Sì, mamma». Forse questo principe James si rivelerà essere una compagnia piacevole, chi lo sa? Di certo lei lo spera.
Quando la mamma se ne va, Regina si siede sul bordo del letto con la massima attenzione, così da non rovinare la gonna. Un momento più tardi, qualcuno bussa alla porta, e il papà entra. L’espressione sfinita sul suo viso viene sostituita da un sorriso quando lui la vede, ma è troppo tardi – lei lo ha già notato.
«Papà» sorride timidamente. «Guarda… non sembro affatto io, vero?» Fa segno al proprio aspetto.
«Sei bellissima in qualsiasi modo, cara. Quanto sei cresciuta velocemente» dice lui e lei ha l’impressione che i suoi occhi luccichino d’umidità.
«Volevo darti qualcosa. Per il tuo compleanno».
«Ma… avrò un ballo. Pensavo non ci sarebbe stato nient’altro».
«Tua madre ti dà il ballo. Io ti do questo». Le porge una vellutata scatolina per gioielli. «Avanti, aprila. Spero ti piaccia».
Curiosa e di nuovo positivamente eccitata, Regina la prende e solleva il coperchio. L’interno è di seta azzurro chiaro, è c’è un piccolo medaglione dorato poggiato lì sopra, dalla forma di un albero. «Un melo» esala lei. Gli occhi del papà brillano. «Grazie, papà!» Si abbracciano goffamente, intralciati dal vestito pesante. «Mettimela» lo esorta lei.
«Hai già una collana» le ricorda lui; e infatti, è un pesante gioiello di zaffiro che la mamma ha fatto fare appositamente per accompagnare il vestito.
«Non importa» dice lei. «Terrò questa».
Dopo un momento di esitazione, il papà si arrende, e i fastidiosi zaffiri vengono sostituiti dalla semplice catenella dorata. «Molto meglio» sorride lei.
La porta si spalanca e una servitrice sconvolta entra con passo malfermo per informare Regina che adesso è attesa nella sala ballo.

L’aria è pesante di profumo e vino, chiacchiere e pettegolezzi, danze e festeggiamenti. La testa di Regina gira – una macchia di colore continua a lampeggiare dentro e fuori dalla sua vista mentre lei piroetta per la pista da ballo. La sua mano è sudata attorno al pugno dello strascico che sta stringendo per evitare che lei o chiunque altro ci inciampi. Lei realizza con imbarazzo che l’altra mano, posata su quella del principe, deve essere nelle stesse condizioni, e si domanda se questo sarà considerata cattiva etichetta. Lei coglie uno scorcio di cremisi e distoglie rapidamente lo sguardo. Il sorriso che si costringe a rivolgere al suo ballerino porta uno sguardo molto compiaciuto sul volto di lui, malgrado ciò che in realtà si trova alla radice.
Il principe James è abbastanza bello. Le sue maniere sono impeccabili, proprio come la mamma le ha sussurrato nell’orecchio in un momento rubato dopo che sono stati presentati. Lui è probabilmente una persona da fiabe, il tipo che le ragazzine sognano. E chiaramente lo sa. La confidenza con cui cammina impettito rende Regina imbarazzata e un po’ invidiosa allo stesso tempo. Mentre la notte continua, però, la quieta invidia svanisce, e un lieve fastidio prende il suo posto.
«Milady», il principe le rivolge un inchino quando la musica cessa. Regina ricambia l’inchino con la massima grazia; in effetti è piuttosto felice della propria performance questa sera. Se non fosse per il tradimento dei suoi palmi appiccicaticci, tutto starebbe filando liscio. «Posso accompagnarvi al tavolo?» James le offre il braccio coperto di seta.
«Sì, vi ringrazio» concede lei. Tutti gli ospiti liberano la strada per loro mentre lui la guida al capo del tavolo.
«Vino per milady!» grida lui ad una domestica quando loro si sono a stento seduti.
Regina copre il suo calice per fermare il flusso del liquido rosso. «Basta per me, grazie» dice.
Il principe sembra sconcertato per un momento ma il suo sorriso a denti bianchi riappare quasi immediatamente. «La mia signora preferirebbe un po’ di torta?»
«N…» inizia lei, ma la torta le si materializza davanti prima che possa finire. A lei piace la crostata, non la torta… Rassegnata, prende la forchetta.
«Ho sentito che suonate il piano meravigliosamente, milady. Forse più tardi mi concederete il piacere di sentirvi suonare?»
Lo stomaco di Regina sprofonda. La prospettiva di suonare di fronte a così tante persone non la attrae nemmeno un po’. Una singola nota mancante le farebbe guadagnare vergogna agli occhi della mamma…
Quasi si soffoca con la torta quando la voce della mamma interviene da dietro: «Lo farà con piacere, caro principe. Non è vero, Regina cara?»
«Sì, mamma» replica Regina, intrappolata, a testa bassa. «Lo farò».
«Splendido» dice James con un sorriso vincente. La forchetta di Regina sbatte contro il piatto di porcellana. La torta non finita scompare prontamente.
I musicisti iniziano a suonare di nuovo. James si guarda attorno in modo indagatore. Qualche coppia si raccoglie sulla pista da ballo e molte altre stanno lanciando loro delle occhiate – Regina può sentire gli occhi su se stessa. James li ripaga con uno sguardo condiscendente. «Tutta la stanza attende vossignoria. Credo che la pista manchi di fascino senza di voi, milady. Posso avere l’onore?»
Sono solo parole vuote, le manda la sua mente senza preavviso. È tutto solo uno spettacolo. Lui sta facendo il principe, allo stesso modo in cui lei sta interpretando la giovane lady perfetta. Sarebbe uguale con chiunque altro, non gli importa di me. Non sa niente di me e non gli importa. Non significa niente.
«Preferirei restare seduta durante questa, vostra altezza. Se non vi dispiace» aggiunge, eseguendo il rifiuto più educato a cui riesce a pensare.
«Regina!» butta fuori la mamma, scandalizzata. «Sicuramente non intendevi rifiutare questo onore?»
Il principe sbuffa alle sue parole. «Nessuna offesa, Lady Cora. Sono sicuro che milady intendesse dire che è un po’ stanca per tutto il danzare», agita una mano benevolente. Regina fissa dalla mamma al principe. Tutti sembrano avere più peso di lei in ciò che vuole e sente e di cui ha bisogno. «Forse una piccola camminata nel giardino farebbe più al caso vostro». Lui si alza e le offre il braccio. «Il piacere sarà mio».
Regina non vede via d’uscita se non vuole attirare la rabbia della mamma e il risentimento del principe su di sé. «Il piacere è mio» recita. «Siete gentilissimo». Senza guardare la mamma neanche una volta, si lascia guidare all’esterno.
«I miei complimenti per lo splendido ballo che avete organizzato» dice il principe mentre camminano fuori sul terrazzo.
«A mia madre farà piacere sentirlo, Vostra Altezza» replica Regina. Dovresti dirlo a lei, non a me. Non significa niente per me, realizza con una lieve sorpresa. È la mamma che desidera ardentemente la tua approvazione.
Lei cerca febbrilmente un argomento più di suo gradimento. Dopotutto deve esserci di sicuro una persona sotto quella maschera principesca, se solo lei cercasse di conoscerlo meglio. «Ho sentito che le stalle reali contengano più di una centinaia di cavalli» osserva lei.
«Più di questo» replica James vanitosamente mentre oltrepassano la fontana mormorante. «E sono i migliori di tutta la terra. Ma non voglio annoiarvi con chiacchiere da uomini. Sicuramente ci sono argomenti più appropriati».
«Oh no» esclama Regina. «Io amo i cavalli!»
Il principe inclina la testa curiosamente. «Davvero? Be’, credo che i cavalli debbano sembrare abbastanza carini da guardare».
Qualcosa nel suo tono la irrita lievemente ma il rapimento è ancora più forte. «L’aspetto non è la loro parte migliore. Sono animali nobili, indipendenti, ma leali se prendi il tempo di stabilire un legame. Cavalcare rafforza il corpo e risolleva lo spirito», si trova a ripetere le parole che una volta ha sentito dal padre di Daniel.
«Be’… penso sia vero. Per noi possono essere un passatempo bello a sufficienza, specialmente quando si caccia. Ma neanche questo è un argomento appropriato per una lady. Non annoiamo milady con questo. È il vostro compleanno; siete voi che dovete essere adulata e lusingata con argomenti che vi siano cari. Dimenticate gli interessi principeschi, milady».
Ma i cavalli mi sono cari, grida lei nel profondo. Non dice niente, comunque.
«Vi piacerebbe sedervi vicino alla fontana per un po’, milady?»
«Per favore, chiamatemi Regina», lei alza speranzosamente lo sguardo su di lui. Solo questa notte è stata chiamata “milady” più volte di quante ne vorrebbe sentire in una vita intera.
«Ho paura di non aver ancora guadagnato questo privilegio, milady» risponde lui e la guarda quasi pietosamente – come se stesse cercando di coprire un passo falso che lei ha commesso nella sua ignoranza. Lei deglutisce ed emette un piccolo sospiro. Questo non porterà da nessuna parte. Siedono in silenzio finché Regina non può più sopportarlo e chiede se può essere scortata di nuovo al salone da ballo.
Almeno danzare richiede da scarsa a nulla conversazione. Adesso lei vi trova una certa consolazione, cede ai propri pensieri erranti, e si permette di essere guidata in un turbinio di colore e al ritmo della musica, dimentica di tutto.
Arriva il tempo perché i regali vengano consegnati. Molti di loro dovranno essere scartati più tardi in privato, e tanti saranno collane, orecchini, ventagli, eccetera. Il principe, comunque, l’ospite d’onore, è una questione diversa. Tutti gli occhi sono su di lei mentre lui le porge cerimoniosamente un grosso pacco rotondo. Regina sa quello che deve fare. Accetta il pacco con parole di ringraziamento adornate con le più eleganti cortesie, e si prepara per quello che deve arrivare.
Non le rimangono illusioni dopo quel guaio di conversazione nel giardino; senza dubbio questo non sarà un regalo di suo gusto. O il principe non si è preso il disturbo di scoprire niente su di lei, o la mamma lo ha male informato come considerava appropriato. Le sue paure vengono confermate quando i contenuti del pacco sono rivelati: una tiara ornata, bella oltre ogni dubbio deve concederlo… ed un set da cucito di lussuose decorazioni, cornici dorate, fine tessuto setoso, fili d’oro e d’argento e di seta, aghi dorati con delle perline in cima. Gli occhi di Regina traboccano di lacrime. Lei farfuglia qualche altra parola di ringraziamento e fa appello ad un sorriso a metà prima di scusarsi e fuggire dalla stanza.

La discussione che segue quando l’ultimo ospite se n’è andato è uno delle peggiori che ricorda – se non la peggiore.
«Cosa pensavi di fare? Non hai autocontrollo? Tu sciocca, sciocca bambina!»
«Ma mamma!» Lei emette un singhiozzo strozzato. «Ho fatto tutto quello che hai chiesto. Tutto quello che voleva il principe. Ho persino suonato il pianoforte! Ho finto di essere la lady perfetta che tu volevi che io fossi, sono stata… brava» finisce con la voce che si spezza.
«Hai finto di essere una lady? Perché non puoi semplicemente esserne una? Perché dovresti rifiutare una danza al principe? Ogni altra ragazza avrebbe dato metà della sua vita per danzare con lui!»
«Be’ allora lascia che lo facciano!» sbotta Regina. «Comunque non gli importa con chi danza. Non gli importa niente di me. Non gli importa chi sono, come sono, lui…»
«Perché dovrebbe importargli? Importa chi sei adesso? Potresti essere regina! Non capisci cosa significa questo?»
«Se significa vivere la mia vita intera in una mascherata come stanotte, non voglio niente di tutto ciò. Io voglio essere me stessa, voglio essere libera, e avere persone a cui piaccio perché sono io, non perché sono una lady o una regina. Odio quanto pretenziosi erano tutti, stanotte. Facendo oh e sospirando per il mio vestito, i miei capelli, le mie scarpe – persino per il pezzo al piano che ho fatto male. Ho odiato tutto, non voglio niente di questo!»
«Tu stupida ragazza! Non osare dirlo un’altra volta, mai, mi hai sentito? E non osare piangere, mai di fronte al principe! Grazie al cielo ha preso la tua stupidità per adorabile emotività davanti alla preziosità del suo regalo. Ma la prossima volta potresti non essere così fortunata. Quindi sii più furba!»
«La prossima volta…?» dice Regina raucamente mentre le lacrime le rigano le guance e il davanti dell’abito da sera.
«Pensavi fosse tutto qui? Certo che ci sarà altro, sarebbe considerato inappropriato per il principe farti una proposta di matrimonio dopo il vostro primo incontro. Anche se avevo delle speranze… se tu fossi stata affascinante a sufficienza. Ma questo ovviamente non era caso».
«P-proposta?» sussurra Regina, ad occhi spalancati.
«Oh, Regina. Accettalo. Ho sempre avuto intenzione di farti sposare un principe. È così che nascono le regine. Adesso svestiti e va’ a letto. Riprenderemo la conversazione domani mattina. Puoi andare nella tua stanza».
Tutto ciò che Regina può fare è controllarsi sulla via per la sua stanza. Le lacrime impregnano le sue ciglia e deve essere solo per miracolo che non straripano. Le sue falcate sono veloci e lunghe, la sua testa è tenuta alta; ma lei sa che la sua faccia non ingannerebbe nessuno. Lotta per reprimere un singhiozzo ma alla fine le sfugge comunque dalla gola. Ora fuori portata d’orecchio, lei inizia a correre.
Solo quando la porta le sbatte dietro lei si arrende alle lacrime: la rabbia e il dolore sanno d’amaro e di sale insieme. Prima che lei sappia cosa sta facendo, un pugno serrato atterra sulla porta con un colpo sonoro. Segue l’altro, e ancora il primo, e ancora, e ancora. Nessuno sente, nessuno arriva. Regina continua a picchiare contro la porta in un attacco di rabbia, finché le sue lacrime sembrano esaurirsi e nelle sue braccia non c’è più forza rimasta. Allora si lancia sul letto, completamente vestita, e fissa il soffitto.
Non è il disegno bluastro che vede però; invece, immagini della serata si inseguono nello sfondo della sua mente. Il principe e suo padre il re, intento a guardarla dall’alto al basso e ad annuire la sua approvazione verso la mamma dopo che Regina era entrata nella stanza. Tutti gli occhi su di lei mentre pronuncia il preparato discorso di benvenuto ed apre le danze. Il primo ballo, un po’ goffo all’inizio ma appropriatamente aggraziato dopo che la prima tensione è stata scrollata via. La mamma che la rimprovera in privato per aver rimpiazzato gli splendidi zaffiri con un semplice medaglione. Il sapore dolciastro della torta e i tasti freddi del pianoforte sotto le sue dita. Le chiacchiere, le vuote cortesie che non cambiano mai, i complimenti per il suo aspetto e per la fortuna di avere il principe in persona come partner. Il principe, una persona da fiaba, eppure un contenitore vuoto simile al resto di questa farsa chiamata la sua festa di compleanno, galante ma senza empatia, cortese ma senza emozione, volto a compiacere ma senza un grano di reale interesse per lei.
Mi piacciono le crostate, non le torte. I cavalli, non il cucito. La vita, non la prigione della mascherata sociale. Gli stallieri, non i principi. Perché non capiscono? Voglio essere me stessa, ma sembra che a loro importi solo di Regina la recita, Regina la lady. Regina la figlia obbediente, che non è mai abbastanza brava. Eppure tutto ciò che io voglio essere è… Regina.
Si obbliga ad alzarsi con un sospiro e inizia a rimuovere le tante parti del proprio vestito elaborato. Respira più liberamente non appena il corsetto è sparito, e una parte considerevole del suo mal di testa sembra ritirarsi mentre lei si scioglie i capelli. Lascia il medaglione per ultimo. Si ferma col gancio aperto. Prendendo una decisione dopo un momento, ci vuole un altro po’ perché lei riesca a chiuderlo di nuovo – il medaglione resta. La sua camicia da notte, ampia e morbida contro la sua pelle, non è mai stata più confortevole di adesso. Lei tira indietro le coperte con sollievo e si ferma a metà dell’azione.
Un libro giace appena sotto il suo cuscino a faccia in giù. Quando lei lo raccoglie, un biglietto piegato cade dalle pagine. Lei lo apre impazientemente. Dice: Un trotto leggero è una cura – molto di più. Godilo. Buon compleanno dal tuo amico. Sorridendo per quella che sembra la prima volta in quel giorno, Regina gira il libro per leggere il titolo: Sull’equitazione, dice. Lei si trascina nel letto, si tira le coperte sopra la testa, e si appisola con le braccia piegate attorno al libro e un lieve sorriso sulle labbra.
















NdT:
Capitolo più lungo davvero! Spero che vi sia piaciuto =)
Fare distinzione tra torta e crostata è l
’unico modo che ho trovato per rendere la differenza tra cake e pie... Oh, be’.
Se riesco, vedrò di finire il prossimo capitolo per martedì 17, ma è probabile che dovrò rimandare di nuovo l’aggiornamento…
Comunque sia, alla prossima!
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: SparklingLetters