Titolo raccolta: E se poi te ne penti?
Titolo della one: ‘Mai ficcare il naso nelle invenzioni altrui’
Rating: Verde
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Capitoli: 2/7
Prompt: Incubo.
Genere: Comico.
Personaggi: Andrea Verrocchio, Sandro Botticelli.
Disclaimer: Non possiedo la Starz o Da
Vinci’s Demons, i suoi personaggi, o le sue storyline. Non possiedo nemmeno i
nomi dei personaggi o le loro storie.
E se poi te ne penti?
‘Mai ficcare il naso nelle invenzioni altrui.’
{Verrocchio & Botticelli.}
“Devo ricordarti, per
caso, di quella volta che hai quasi ucciso Sandro Botticelli?”
“Quale esagerazione! Grazie a me ha imparato la più preziosa delle lezioni: mai
ficcare il naso negli affari altrui!”
14
luglio 1475- Firenze.
L’afa
mattutina, in una calda mattinata fiorentina, era quasi insopportabile.
Per questo
Leonardo s’era visto bene dal mettersi al lavoro.
Aveva
racimolato un paio di cose e aveva trotterellato per le scale che conducevano
dal suo laboratorio al cortiletto interno alla bottega, incrociando per caso il
maestro Verrocchio in quel frangente.
Questi lo
guardò perplesso, mentre sentiva a malapena il saluto del giovane da Vinci.
“Dobbiamo davvero
parlare di Andrea? Ancora mi intristisco.”
“Lui è uno dei
protagonisti di questa storia. Rammenti?”
“Come può un figlio
dimenticarsi del padre?”
“Dove vai,
ragazzo?” aveva chiesto il Verrocchio, incrociando le braccia sul petto.
Arrestata
la marcia proprio sull’uscio, Leonardo sorrise sornione “Con Zoroastro, a
bagnare i panni nell’Arno!”
“Non vedo
il bucato.” Rispose l’uomo, affatto persuaso, facendo ridere l’altro.
“Li ho
addosso! Intendo lanciarmi nell’acqua e sperare che la calura si quieti.”
Fece quindi
per uscire, ma il maestro lo richiamò nuovamente “Hai tolto quella diavoleria
da sopra il mobile del mio laboratorio? Mi serve un posto in cui appoggiare una
grande tela che m’è stata da poco commissionata dai Pitti. Senza contare te lo
dico da mesi.”
Da Vinci
annuì, con già il corpo fuori dal cortile e il collo ben teso nella fessura
della porta “Naturalmente, Andrea. Buona giornata!”
Manco a
dirlo, l’ennesimo esperimento di Leonardo era ancora la, dove poteva dar più
fastidio.
Sbuffando e
brontolando fra sé e sé, Andrea dovette chiedere aiuto a un giovane con la
schiena ancora buona. Come minimo, lui sarebbe caduto dalla scaletta.
Per caso,
di lì passava Sandro Botticelli, che pareva un angelo mandato dalla provvidenza
in quel momento.
“Provvidenza un
cavolo; come lecca lui le suole, nessuno.”
“Leonardo, posso
finire?”
“Ha passato la vita a
strisciare in modo infimo per affermarsi!”
“Leo…”
“Invidioso
opportunista!”
“Potresti
aiutarmi a tirar giù quella diavoleria?”
Il biondo
alzò lo sguardo su quell’ammasso di teli e corde che componevano l’oggetto in
questione. Senza dar una risposta a parole, Sandro sollevò le maniche della
camicia bianca sui gomiti, arrotolandole con precisione “Ancor mi domando
perché non lo cacciate, maestro; che si trovi una sua bottega e ci liberi della
sua sciagurata presenza.”
Andrea
rispose con garbo, aprendo una scala a quattro pioli davanti all’armadio “Avresti
molto da imparare da lui, se solamente aprissi le tue orecchie ai suoi
consigli.”
Se l’avesse
offeso dandogli dell’incapace, avrebbe comunque fatto meno danno.
Con uno
scatto, il biondino salì i tre gradini, afferrando con ambo le mani
l’invenzione di Leonardo. Tossicchiò per la polvere che s’era alzata, prima di
rispondere irato più a se stesso che al Verrocchio “Sarò morto il giorno in cui
mi rivolgerò a quel bastardo chiamandolo maestro.”
Fu allora
che accadde.
Tirò a sé
l’ammasso di teli e corde e avvertì distintamente uno scatto. Sotto alla stoffa
che avvolgeva quella diavoleria si udì come un ingranaggio in movimento e poi
essa venne squarciata da un piccolo dardo.
Nascosto
agli occhi, Leonardo aveva celato un trabocchetto per evitare che le sue ‘idee’
potessero venir rubate da terzi.
“Maestro, avete ucciso
Botticelli?!”
“Non dire sciocchezze,
Francesco…. Si è solo ferito lievemente.”
“Lievemente dici, Leo?
Io non credo proprio.”
Il cadere
dalla scala, di sedere, sul pavimento della bottega fu il meno.
La fitta
che gli arrivò dal collo e il suo stesso sangue caldo tra le dita quando portò
la mano ad esso, furono il peggio.
Fissò il
palmo della mano irrorato di liquido vermiglio che gli occhi sbarrati, mentre
Andrea accorreva a coprire la ferita con uno straccio pulito, cercando di
fermare l’emoraggia.
“Mi ha
ucciso.” Sussurrò da prima il povero artista, iniziando poi ad agitarsi “Mi ha
ucciso! Quel bastardo l’ha premeditato!”
“Non dire
sciocchezze, ragazzo mio! È solo un taglietto!” ritrovando la sua calma, il
maestro lo costrinse ad alzarsi da terra, per poter ricucire quella ferita e
lavarla via dalla polvere.
Il cielo
doveva aver deciso il fato di Botticelli, visto che solo un paio di centimetri avevano
salvato la sua giovane vita.
Se solo la
piccola freccia lo avesse centrato nel collo, sotto al pomo d’Adamo, la storia
avrebbe avuto un finale diverso.
“La prima volta che
una delle mie invenzioni ha fallito: avrebbe dovuto centrarlo fra gli occhi, se
solo i miei calcoli si fossero rivelati esatti.”
“Da lì avete deciso di
inventare lo scrigno a combinazione?”
“Si, Salai. Andrea mi
ha seriamente minacciato di buttarmi fuori se avessi attentato nuovamente alla
vita di qualcuno la dentro.”
“Dovresti
davvero vergognarti, Leonardo.”
La
strigliata che arrivò non appena il giovane da Vinci riportò le chiappe alla
bottega fu lunga e sofferta.
Botticelli
lo guardava da sopra uno sgabello con l’odio nello sguardo e il collo bendato
con cura. Si stava addirittura impegnando ad apparire ancor più sofferente del
dovuto, per rendere ancor meglio quella sua tragica condizione.
“Trovate
divertente rendere la mia vita un autentico incubo, immagino!” sbottò
spazientito il più giovane, passandosi una mano tra i capelli color paglierino,
prima di indicare il da Vinci “Un giorno pagherete a caro prezzo tutto questo!”
“Non
avreste dovuto toccare nulla!” si difese con enfasi Leonardo “Sapete quanto
sono geloso delle mie idee!”
La
discussione andò avanti parecchio e, come sempre, il nostro protagonista ebbe
la meglio; Andrea Verrocchio l’amava come un figlio pasticcione e mai l’avrebbe
cacciato, nonostante tutti i guai che portava.
“Eri il suo
orgoglio e infondo eravate uguali: per questo eri sempre perdonato.”
“Chissà quante ne ha
fatte lui, da giovane.”
“Altre storie, signor
Zoroastro?”
“Salai, perché non vai
a svuotare il mio orinatoio?”
“Hai mai raccontato
loro del nostro viaggio a Vespuccia?”