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Autore: Chemical Lady    10/06/2014    2 recensioni
[Da Vinci's Demons week, summer 2014]
“Ne sei davvero certo? Io ho ricordi diversi.”
Ormai l’attenzione dei due apprendisti era tutta su Zoroastro.
Leonardo aveva da rimetterci solo il suo orgoglio.
“Pensi il contrario?”
“Leonardo, quante volte hai fatto esplodere una persona, per iniziare?”
“Non so a cosa ti riferisci.”
“Girolamo.”
“Ah….” Non poteva ribattere, perché era successo almeno sette volte. E quelle erano solo quelle che aveva subito riportato alla mente. Con un moto di orgoglio, Leonardo drizzò le spalle e lo guardò attentamente “E sia! Ti sfido a trovare almeno cinque volte in cui ho fatto qualcosa di estremamente stupido.”
Zoroastro rise, portando una mano alla fronte sudata “Sei sicuro? E se poi te ne penti?”
Genere: Comico, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Leonardo da Vinci, Un po' tutti, Zoroastro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo raccolta: E se poi te ne penti?

Titolo della one: ‘Mai ficcare il naso nelle invenzioni altrui’

Rating:  Verde
Betareader:  //

Capitoli:  2/7
Prompt: 
Incubo.

Genere:  Comico.

Personaggi:  Andrea Verrocchio, Sandro Botticelli.

Disclaimer: Non possiedo la Starz o Da Vinci’s Demons, i suoi personaggi, o le sue storyline. Non possiedo nemmeno i nomi dei personaggi o le loro storie.

 

 

E se poi te ne penti?

‘Mai ficcare il naso nelle invenzioni altrui.’

 

 

{Verrocchio & Botticelli.}

 

 

 

“Devo ricordarti, per caso, di quella volta che hai quasi ucciso Sandro Botticelli?”
“Quale esagerazione! Grazie a me ha imparato la più preziosa delle lezioni: mai ficcare il naso negli affari altrui!”

 

 

14 luglio 1475- Firenze.

 

 

 

L’afa mattutina, in una calda mattinata fiorentina, era quasi insopportabile.

Per questo Leonardo s’era visto bene dal mettersi al lavoro.

Aveva racimolato un paio di cose e aveva trotterellato per le scale che conducevano dal suo laboratorio al cortiletto interno alla bottega, incrociando per caso il maestro Verrocchio in quel frangente.

Questi lo guardò perplesso, mentre sentiva a malapena il saluto del giovane da Vinci.

 

“Dobbiamo davvero parlare di Andrea? Ancora mi intristisco.”

“Lui è uno dei protagonisti di questa storia. Rammenti?”

“Come può un figlio dimenticarsi del padre?”

 

“Dove vai, ragazzo?” aveva chiesto il Verrocchio, incrociando le braccia sul petto.

Arrestata la marcia proprio sull’uscio, Leonardo sorrise sornione “Con Zoroastro, a bagnare i panni nell’Arno!”

“Non vedo il bucato.” Rispose l’uomo, affatto persuaso, facendo ridere l’altro.

“Li ho addosso! Intendo lanciarmi nell’acqua e sperare che la calura si quieti.”

Fece quindi per uscire, ma il maestro lo richiamò nuovamente “Hai tolto quella diavoleria da sopra il mobile del mio laboratorio? Mi serve un posto in cui appoggiare una grande tela che m’è stata da poco commissionata dai Pitti. Senza contare te lo dico da mesi.”

Da Vinci annuì, con già il corpo fuori dal cortile e il collo ben teso nella fessura della porta “Naturalmente, Andrea. Buona giornata!”

Manco a dirlo, l’ennesimo esperimento di Leonardo era ancora la, dove poteva dar più fastidio.

Sbuffando e brontolando fra sé e sé, Andrea dovette chiedere aiuto a un giovane con la schiena ancora buona. Come minimo, lui sarebbe caduto dalla scaletta.

Per caso, di lì passava Sandro Botticelli, che pareva un angelo mandato dalla provvidenza in quel momento.

 

“Provvidenza un cavolo; come lecca lui le suole, nessuno.”

“Leonardo, posso finire?”

“Ha passato la vita a strisciare in modo infimo per affermarsi!”

“Leo…”

“Invidioso opportunista!”

 

“Potresti aiutarmi a tirar giù quella diavoleria?”

Il biondo alzò lo sguardo su quell’ammasso di teli e corde che componevano l’oggetto in questione. Senza dar una risposta a parole, Sandro sollevò le maniche della camicia bianca sui gomiti, arrotolandole con precisione “Ancor mi domando perché non lo cacciate, maestro; che si trovi una sua bottega e ci liberi della sua sciagurata presenza.”

Andrea rispose con garbo, aprendo una scala a quattro pioli davanti all’armadio “Avresti molto da imparare da lui, se solamente aprissi le tue orecchie ai suoi consigli.”

Se l’avesse offeso dandogli dell’incapace, avrebbe comunque fatto meno danno.

Con uno scatto, il biondino salì i tre gradini, afferrando con ambo le mani l’invenzione di Leonardo. Tossicchiò per la polvere che s’era alzata, prima di rispondere irato più a se stesso che al Verrocchio “Sarò morto il giorno in cui mi rivolgerò a quel bastardo chiamandolo maestro.”

Fu allora che accadde.

Tirò a sé l’ammasso di teli e corde e avvertì distintamente uno scatto. Sotto alla stoffa che avvolgeva quella diavoleria si udì come un ingranaggio in movimento e poi essa venne squarciata da un piccolo dardo.

Nascosto agli occhi, Leonardo aveva celato un trabocchetto per evitare che le sue ‘idee’ potessero venir rubate da terzi.

 

“Maestro, avete ucciso Botticelli?!”

“Non dire sciocchezze, Francesco…. Si è solo ferito lievemente.”

“Lievemente dici, Leo? Io non credo proprio.”

 

Il cadere dalla scala, di sedere, sul pavimento della bottega fu il meno.

La fitta che gli arrivò dal collo e il suo stesso sangue caldo tra le dita quando portò la mano ad esso, furono il peggio.

Fissò il palmo della mano irrorato di liquido vermiglio che gli occhi sbarrati, mentre Andrea accorreva a coprire la ferita con uno straccio pulito, cercando di fermare l’emoraggia.

“Mi ha ucciso.” Sussurrò da prima il povero artista, iniziando poi ad agitarsi “Mi ha ucciso! Quel bastardo l’ha premeditato!”

“Non dire sciocchezze, ragazzo mio! È solo un taglietto!” ritrovando la sua calma, il maestro lo costrinse ad alzarsi da terra, per poter ricucire quella ferita e lavarla via dalla polvere.

Il cielo doveva aver deciso il fato di Botticelli, visto che solo un paio di centimetri avevano salvato la sua giovane vita.

Se solo la piccola freccia lo avesse centrato nel collo, sotto al pomo d’Adamo, la storia avrebbe avuto un finale diverso.

 

“La prima volta che una delle mie invenzioni ha fallito: avrebbe dovuto centrarlo fra gli occhi, se solo i miei calcoli si fossero rivelati esatti.”

“Da lì avete deciso di inventare lo scrigno a combinazione?”

“Si, Salai. Andrea mi ha seriamente minacciato di buttarmi fuori se avessi attentato nuovamente alla vita di qualcuno la dentro.”

 

“Dovresti davvero vergognarti, Leonardo.”

La strigliata che arrivò non appena il giovane da Vinci riportò le chiappe alla bottega fu lunga e sofferta.

Botticelli lo guardava da sopra uno sgabello con l’odio nello sguardo e il collo bendato con cura. Si stava addirittura impegnando ad apparire ancor più sofferente del dovuto, per rendere ancor meglio quella sua tragica condizione.

“Trovate divertente rendere la mia vita un autentico incubo, immagino!” sbottò spazientito il più giovane, passandosi una mano tra i capelli color paglierino, prima di indicare il da Vinci “Un giorno pagherete a caro prezzo tutto questo!”

“Non avreste dovuto toccare nulla!” si difese con enfasi Leonardo “Sapete quanto sono geloso delle mie idee!”

La discussione andò avanti parecchio e, come sempre, il nostro protagonista ebbe la meglio; Andrea Verrocchio l’amava come un figlio pasticcione e mai l’avrebbe cacciato, nonostante tutti i guai che portava.

 

Eri il suo orgoglio e infondo eravate uguali: per questo eri sempre perdonato.”

“Chissà quante ne ha fatte lui, da giovane.”

“Altre storie, signor Zoroastro?”

“Salai, perché non vai a svuotare il mio orinatoio?”

“Hai mai raccontato loro del nostro viaggio a Vespuccia?”

 

 

 

  
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