Autore:
Chloe R Pendragon.
Titolo: I’ll
shape your belief.
Rating: Verde.
Genere: Angst,
Introspettivo.
Avvertimenti: Nessuno.
Citazione utilizzata: 11. “Basta una stilla di male per gettare
un’ombra infamante su qualunque virtù.”
Hamlet, I, IV, 38-40.
NdA: (facoltative) Nessuna.
I’ll shape your belief.
Guileless
son, i’ll shape your belief
And
you’ll always know that your father’s a thief
And
you won’t understand the cause of your grief
But
you’ll always follow the voices beneath.
(Heather
Dale – Mordred’s lullaby)
Morgana sedeva sul suo nero scranno, il volto chino
sul bimbo che dormiva tra le sue braccia, avvolto in un fagotto color panna. I
capelli corvini ricadevano ai lati del viso paffuto dell’infante, quasi come a
volerlo proteggere dal mondo esterno, dall’ingrata sorte che gli era toccata,
in quanto bastardo di un re meschino. Gli occhi smeraldini della strega
osservavano i lineamenti del proprio figlio, catturandone ogni piccolo
dettaglio, dagli zigomi alti alle fossette sulle guance, piegando le esangui
labbra in una smorfia ogniqualvolta s’imbatteva in un particolare estetico
ereditato dal padre: sentiva il sangue ribollirle nelle vene quando vedeva le gote imporporate come quelle di colui che
l’aveva umiliata, gemeva nel soffermarsi sulla bocca carnosa al pari di quella
per cui aveva perso la testa.
No, non poteva tollerare che una creatura pura ed
innocente somigliasse tanto ad un mostro senza cuore; avrebbe dato qualunque
cosa per poter plasmare i lineamenti dell’infante a proprio piacimento, ma ciò,
suo malgrado, non rientrava nelle sue capacità. Trovava alquanto ironico che
lei, la più temuta nemica di Camelot, dotata di poteri che superavano ogni
immaginazione, non potesse sistemare una faccenda tanto semplice. Un sadico
sorriso le illuminò il viso nel pensare che, dopotutto, poteva sfigurare quella
bestia senz’anima che sminuiva la bellezza del suo pargolo, invece di
modificare le fattezze di quest’ultimo.
Quel pensiero diede il via ad una serie di torbide
fantasie, tutte focalizzate sul suo desiderio di rivalsa contro coloro che
l’avevano bandita; quei miserabili avrebbero pagato caro le umiliazioni che le
avevano fatto patire, cominciando dal suo spregevole fratello, che l’aveva
illusa ed abbandonata senza pietà. Quel disgraziato le aveva promesso mari e
monti, aveva condiviso con lei sogni e segreti inenarrabili, ed ora barattava
tutto questo per una sgualdrina d’alto rango? Avevano pianificato di regnare
insieme, perché l’uno si fidava ciecamente dell’altro, almeno a parole: i fatti
avevano tuttavia dimostrato che la fiducia della maga non era ricambiata,
nonostante tutti quegli anni trascorsi ad amarsi e a progettare il loro futuro,
Se le intenzioni di quel demonio dall’aspetto
angelico fossero state quelle di dividere il trono con la sua nuova fiamma,
allora avrebbe dovuto fare i conti con lei, giacché quel posto le spettava di
diritto e non vi avrebbe rinunciato facilmente. E se il destino di quel ladro
gli fosse stato favorevole, avrebbe dovuto quantomeno sudarselo, tormentato
dalla guerra, cacciato dalla propria terra e strappato dall’abbraccio dei
propri cari. Il minimo che avrebbe dovuto fare era prostrarsi ai suoi piedi
implorante, vedere i suoi uomini perire uno dopo l’altro ed elemosinare un
trattato di pace; inoltre, una volta ottenuta, non avrebbe dovuto godere di
essa, bensì avrebbe dovuto morire prematuramente senza ricevere degna
sepoltura.
Per quanto fosse appagante immaginare il compimento
della sua vendetta nei confronti di quel verme incapace, non poteva certo trascurare la sua consorte;
quella megera regale aveva irretito quell’inetto di Artù ed ora sedeva nello
scranno che era destinato a Morgana, ragion per cui avrebbe pagato per la sua
impertinenza. La strega accarezzò con il dorso della mano il volto del suo
bambino, pensando a quale minaccia doveva rappresentare la sua esistenza per le
nozze reali: chissà come avrebbe reagito la pseudo-regina nel vedere Mordred,
la prova vivente della vera natura del suo consorte.
La maga rise sommessamente fantasticando
sull’effetto di quello scandalo, indugiando con sinistro piacere sulle reazioni
di quel branco di infami, finché le sue elucubrazioni non misero in luce una
persona di cui si era dimenticata: Merlino, il suo viscido e pusillanime
precettore. Il solo ricordo bastò a farle perdere momentaneamente il controllo
dei suoi poteri, tanto da generare un’imponente fiammata che attraversò
l’immensa stanza dall’alto soffitto, bruciando il marmo grigio che la componeva
e facendo crepitare il massiccio legno in cui era stata realizzata la porta della
sala.
Quel pavido stregone aveva gettato sale sulle sue
ferite, assecondando Artù nella sua follia e liquidando le obiezioni della sua
allieva in modo brutale ed umiliante, dicendole che non era all’altezza del
ruolo di regina, perché secondo lui, nonostante i suoi pregi, la sua anima non
era sufficientemente pura, in quanto bastava una stilla di male per gettare
un’ombra infamante su qualunque virtù. Come aveva osato trattarla in quella
maniera, con quella arroganza e quella sufficienza? Chi era lui per permettersi
simili licenze? Con quale coraggio l’aveva accusata di essere malvagia, dopo il
modo in cui era stata oltraggiata, privata di tutto ciò che le apparteneva solo
per soddisfare la lussuria di un depravato? Si sarebbe occupata personalmente
di mettere quel vecchio impudente al suo posto, ne andava del suo onore …
Era talmente assorbita dalla sua furia da non
accorgersi dell’arrivo di colei che non le aveva mai voltato le spalle, sua
sorella Morgause; nel vederla apparire improvvisamente nel suo campo visivo, la
strega sobbalzò, per poi sorriderle e farle cenno di avvicinarsi. Si
somigliavano molto, segno che avevano ereditato gran parte dei tratti somatici
della madre, colei che aveva generato entrambe, seppur da coniugi diversi;
avevano i medesimi capelli corvini, che ricadevano in ampi boccoli lungo la
schiena, gli stessi lineamenti del volto, capaci di esprimere freddo distacco e
ferocia cocente nel contempo.
La donna appena sopraggiunta si chinò sul nipote e
lo cinse delicatamente, attirandolo a sé per tenerlo tra le sue braccia; a quel
punto Morgana si alzò e, guardando con determinazione colei che reggeva il
proprio figlio, le disse di avere cura di lui e di non fargli mai dimenticare
le sue origini né colei a cui doveva essere leale. Dopo quell’affermazione
lapidaria, schioccò un lieve bacio sulla fronte di Mordred, sfiorò dolcemente
il viso della sorella e si allontanò a grandi passi, diretta verso le sue
stanze private. Non le era mai piaciuto congedarsi da coloro che amava, per cui
non voleva restare in attesa della loro partenza, sarebbe stato un’inutile
fonte di dolore; decise invece di abbandonarsi sul proprio letto, lasciandosi
cullare dal piacere che le donava il pensiero della propria vendetta compiuta e
del proprio bimbo seduto sul trono che gli apparteneva in virtù del diritto di
sangue.