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Autore: WingsOfShadow    11/06/2014    1 recensioni
[Il principe vampiro]
[Il principe vampiro]Fan fiction incentrata sul personaggio fittizio Gregori Daratrazanoff; Savannah sostituita dalla cara Amelia Dubrinsky, storia che non si attiene molto all'originale, come se Savannah non fosse mai esistita.
Contiene personaggi vari di Dolce Flirt.
Può contenere tracce delle noccioline e degli arachidi che l'autrice ha sgranocchiato mentre scriveva, ma voi fate finta di non averli notati.
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome
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Spinsi lentamente la porta ed entrai. L’eco dei miei passi era l’unico rumore presente: non c’era nessuno. Ero sola, e la cosa mi andava davvero bene.
Il cuore sembrava volesse uscire dal mio petto, tanto batteva forte. Mi addentrai nella biblioteca e mi abbandonai ancora ansante su una sedia lì vicino: forse avevo un po' esagerato nel correre via a quella velocità.
Mentre riprendevo fiato, osservai lo spettacolo davanti a me: migliaia e migliaia di libri, la maggior parte ancora inghiottiti dal nero pece della notte. I raggi infuocati dell’alba penetravano piano nella biblioteca, illuminando così le scritte sulle copertine delle enciclopedie.
Riuscii infine a regolare la respirazione e il battito cardiaco, ma l’istinto mi disse di non abbassare la guardia. Mi riposai ancora qualche minuto, giusto per dare al mio corpo l’opportunità di riprendersi, dopodiché mi alzai con cautela, senza fare rumore; il mio sguardo percorse le pareti, il soffitto, le finestre e i libri davanti ai miei occhi. Tirai un sospiro di sollievo e non riuscii a scacciare la sensazione di sicurezza che quel posto mi infondeva da sempre.
Andai vicino alla finestra più grande per osservare il paesaggio attraverso i vetri appannati: dei puntini neri si muovevano veloci sotto i miei occhi. Li associai alle persone mattutine che ogni giorno si svegliavano presto per andare a lavorare, in modo da portare a casa uno stipendio con cui mandare avanti l'intera famiglia.
«Famiglia...» dissi in un debole sussurro che, se fosse stato emesso al di fuori della biblioteca, sarebbe stato inghiottito dal vento. Tuttavia ero lì con la sensazione di essere al sicuro, lontana dai pericoli e davanti a me c'era una finestra chiusa. Le mie orecchie non poterono captare i rumori presenti al di là di quel vetro: la vista era l'unico dei cinque sensi su cui potevo fare affidamento.
Il sole pian piano acquistava un colorito più acceso, però il vento non cessava e mi chiesi quale dei due avrebbe vinto. C'era anche qualche nuvola, però non erano abbastanza per minacciare il sole, quindi molto probabilmente quest'ultimo avrebbe avuto la meglio.
Mi persi nel filo dei miei pensieri e, di conseguenza, la vista degli occhi si limitò a mostrarmi il riflesso del mio viso roseo. Intorno a me tutto giaceva in silenzio, un silenzio che mi faceva riappacificare con me stessa, ma che trasmetteva tristezza e malinconia allo stesso tempo. Mi faceva troppo sentire sola e troppo abbandonata, come se fossi l'ultima creatura vivente rimasta sul pianeta.
Ero sola anche nella mia famiglia.
Quell'argomento mi faceva da sempre riflettere: il matrimonio univa le vite di due persone, ma in alcuni casi le divideva e al posto di quella che avrebbe dovuto essere la scia dell'amore vissuto, lasciava un enorme senso di debolezza e rimpianto verso le proprie azioni.
Credetti che la mia famiglia facesse parte di quei "alcuni casi". Ripensai così al motivo per cui ero lì, dinanzi ad una finestra; provai una sensazione di sollievo e di amarezza.
Tornai a concentrarmi sul paesaggio: il sole era alto nel cielo azzurrino, occupato da qualche nuvola che non si dava ancora vinta. Guardai l'orologio a muro: le sei e mezza.
Ero lì per due motivi: volevo ringraziare a quel posto per avermi accolta sotto la sua ala protettiva. Secondo, volevo dirgli addio. Posai così un’ultima volta il mio sguardo su ciò che c'era al di là del vetro e il cuore fece una capriola all’indietro.
Terrore per il riflesso di due facce, una delle quali era la mia.
  
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