Serie TV > JAG
Segui la storia  |       
Autore: Alexandra e Mac    11/06/2014    4 recensioni
Il Passato e il Futuro si mescolano in questo racconto che conclude la trilogia iniziata con Giochi del Destino. Per tutti coloro che hanno amato i personaggi storici da noi inventati.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Capitolo XI

Strane sensazioni



Nicole Montgomery scese dall’auto e si guardò attorno: era strano che nessuno venisse ad accoglierla, eppure aveva avvertito del suo arrivo.

Girò attorno alla macchina per recuperare la borsa con l’attrezzatura fotografica e solo allora notò la decappottabile argento parcheggiata sotto la tettoia.  

Si avviò all’ingresso e bussò all’antico batacchio, senza tuttavia ottenere risposta.

Per ciò che era venuta a fare, avrebbe potuto lavorare anche se non vi fosse stato nessuno, ma era comunque strano il fatto che avesse trovato aperto il cancello principale della tenuta, altrimenti non sarebbe potuta arrivare fin lì, mentre lo Chateau era chiuso.

Incuriosita dall’auto posteggiata, si avvicinò per osservarla meglio ma fu distratta dal suono inconfondibile, seppur lieve, dell’acqua che sciabordava: c’era evidentemente qualcuno che stava nuotando, poiché l’aria era troppo immobile per esserne la causa. Abbandonò il precedente obiettivo e, svoltando verso il retro della casa, si soffermò sotto l’ombrellone color lavanda che, abbinato alla tovaglia sul tavolo in ferro battuto e al tessuto che ricopriva le sedie, richiamava l’esatta tonalità degli arbusti profumati che circondavano il patio. Da lì poteva osservare la vasca senza dare troppo nell’occhio.

In acqua un uomo stava nuotando a crawl, con un ritmo costante, rilassato, quasi ipnotico; nonostante ciò procedeva con rapidità, macinando una vasca dietro l’altra, segno che la spinta di gambe e braccia doveva essere potente. Dopo venticinque metri eseguiva una virata perfetta, increspando l’acqua che invece, durante la bracciata a stile libero, sembrava appena sfiorata, quasi che il nuotatore l’accarezzasse, anziché fenderla con vigore.

Dal punto in cui si trovava riusciva a scorgere dell’uomo solo i capelli scuri, le braccia e parte dell’ampio dorso; attraverso l’acqua intuiva appena la sagoma delle gambe, che dovevano essere lunghe e muscolose, mentre il profilo del volto si confondeva nella lieve increspatura formatasi dal movimento del braccio e dalla rotazione del capo durante la respirazione.

Rimase ad osservarlo per alcuni minuti, affascinata da quei movimenti lenti ma al tempo stesso potenti, contando una quindicina di vasche prima che l’uomo decidesse di smettere; quando lo vide rallentare e dirigersi verso il bordo della piscina, comprese che sarebbe uscito di lì a breve e, guidata dall’istinto, posò la mano sulla macchina digitale che portava come sempre al collo, pronta a cogliere l’attimo. Egli si issò sul bordo facendo leva sulle braccia, mentre le dava le spalle; la scaletta per risalire era al lato opposto, ma Nicole aveva intuito che sarebbe uscito da dove si era tuffato per recuperare l’asciugamano appoggiato a terra e quando lo vide attraverso l’obiettivo in piedi capì anche il perché: non indossava il costume e lo scatto immortalò, inquadrato di schiena, un corpo nudo assolutamente perfetto.

A dire il vero gli scatti furono tre, uno di seguito all’altro, mentre l’uomo, sempre di spalle, si asciugava rapido dapprima capelli e volto e poi si avvolgeva in vita il telo bianco; al terzo egli si accorse del rumore e si voltò proprio mentre Nicole ne scattava un quarto che colse entrambi di sorpresa, lui perché scoperto da una donna a fare il bagno nudo e per di più immortalato con delle foto, lei perché, nell’attimo in cui vide il volto sorpreso dell’uomo, capì come mai l’istinto le aveva suggerito di fotografarlo mentre usciva dalla vasca: si trattava del medesimo esemplare di maschio che aveva incontrato su una spiaggia e che aveva fotografato alcuni giorni prima alla Maison Dior.

Era da quel giorno che non faceva che pensare a lui e sviluppare il servizio fotografico in cui era l’unico modello non aveva certo contribuito a toglierselo dalla mente. Le foto erano splendide, le più sensuali che avesse mai fatto, se si escludevano gli ultimi quattro scatti; aveva sufficiente esperienza per sapere che merito dell’eccezionalità di quelle immagini era dovuto al mix pericoloso tra la sensualità insita in quell’uomo e l’effetto che aveva su di lei. Non era l’unico uomo attraente che aveva fotografato, considerato il suo lavoro, ma di certo era l’unico che le trasmetteva quelle strane sensazioni alle quali, nonostante i suoi ferrei propositi, faceva fatica a resistere.

Dopo l’attimo di sorpresa anche lui la riconobbe e lei lo capì dal sorriso sornione con cui il suo volto si illuminò.

“Salve”, le disse, con aria divertita.

“Salve” rispose lei, cercando di avere l’aria più naturale possibile mentre si gingillava la macchina fotografica nelle mani.

“Ci si rivede” aggiunse lui.

“Già...” puntualizzò lei a sua volta, per prolungare gli inutili convenevoli, onde evitare l’imbarazzo del silenzio.

Lui non disse più nulla e si diresse verso di lei con estrema disinvoltura come se, anziché avvolto in un telo, fosse abbigliato in abito da sera.

“Sono appena arrivata... ho bussato al castello ma non c’è nessuno... devo... dovrei fare un servizio fotografico al giardino...” balbettò, cercando di contenere le strane sensazioni che l’uomo le procurava.

“E’ solo?” aggiunse poi.

Non appena ebbe posto la domanda, si rese subito conto di quanto fosse stupida. Lui colse  al volo l’occasione per metterla ancora più in imbarazzo, facendole notare di essersi accorto che lo aveva guardato e addirittura fotografato mentre usciva nudo dalla piscina.

“Ovviamente, altrimenti non mi avrebbe trovato a fare il bagno in costume adamitico! O per caso pensa che sia solito nuotare in queste condizioni ove chiunque potrebbe vedermi?” chiese divertito. Poi, senza attendere risposta, proseguì: “Non avevo il costume con me, ma l’acqua era talmente invitante... credevo che sarei rimasto solo per almeno un paio d’ore. A quanto pare lei è sempre pronta a scattare una foto... deformazione professionale?” domandò con un sorriso da presa in giro, assecondandola nella formalità verbale che lei si ostinava ad utilizzare, per non renderle la vita facile.

“Non sapevo che fosse lei...” tentò di scusarsi Nicole.

“Quindi, se avesse saputo che ero io, non mi avrebbe fotografato, mentre un qualunque altro uomo sì? Ahi, ahi, che duro colpo per il mio ego! Devono essere venute davvero brutte le foto dell’altro giorno...” scherzò lui, con l’aria di non temere affatto ciò di cui pareva preoccuparsi a parole.

Quando la vide arrossire aggiunse, avvicinandosi di qualche passo e arrivandole pericolosamente vicino:

“Non mi dirà che svilupperà queste foto, vero?”

“Si vergogna?” chiese lei, a mo’ di sfida.

“No, non direi. Se mi avesse fatto mettere in posa apposta, è molto probabile che mi sarei sentito in imbarazzo, ma visto che lei ha scattato a mia insaputa...” disse con l’aria di chi voleva farla sentire quasi in colpa per avere violato la sua privacy; ma poi aggiunse divertito:

”Mi preoccupavo solo per lei...”

“Le ricordo che sono adulta... e poi il ritratto di un nudo, se ben fatto, può essere considerato persino un’opera d’arte. E le assicuro che le mie foto, anche se improvvisate, non sono mai volgari...” .

Posandole un dito sulle labbra lui la zittì:

“Non volevo affatto mettere in dubbio la sua professionalità... mi preoccupavo per lei...

“Per me?”  domandò Nicole a fatica, ipnotizzata da quel lieve tocco sulle sue labbra.

“Sì” rispose lui, sorridendole “non vorrei che certe mie foto la turbassero al punto da mettere in discussione i suoi ferrei principi di non mescolare mai lavoro e piacere e la spingessero ad accettare un mio invito a cena” aggiunse poi, sempre col sorriso sulle labbra e lo sguardo acceso di una luce particolare, la stessa che gli aveva visto alla Maison Dior mentre lo fotografava.

La pressione del suo dito unita a quello sguardo le resero difficilissima la risposta che si costrinse a dargli:

“Lei dimentica che sono una fotografa di professione e sono abituata ad avere a che fare con modelli e modelle, quindi con persone di bellezza superiore alla media... Ci vuole più di un bell’uomo nudo per farmi cambiare idea e dimenticare le mie regole” disse con la voce che le usciva a fatica, mentre si allontanava di un passo.

“Mi sta forse provocando?” domandò di rimando lui, gli occhi fissi sulla sua bocca.

“Niente affatto. Sto solo chiarendo la mia posizione” si affrettò a precisare, osservando che ci sapeva davvero fare con le parole, tanto da trasformare una banale conversazione in una seducente schermaglia amorosa d’altri tempi.

“E, se non se ne fosse accorta, mi sta dando anche un grande vantaggio...” aggiunse lui, in un sussurro.

Aveva ragione. Nicole se ne rese conto dalla tensione che aleggiava tra loro. Se l’avesse baciata, come gli era sembrato che lui stesse per fare, in quel momento avrebbe capitolato.

“Dove sono i custodi?” domandò, cercando di cambiare argomento.

Monsieur Pierre e la moglie sono andati per un paio d’ore dal figlio... la nuora ha da poco avuto un bambino e loro volevano passare del tempo con il nipotino. Sono andati via da un po’, torneranno a breve. Perché non si siede ad aspettarli con me? Oppure può iniziare a fotografare il giardino, come preferisce. Io starò buono buono ad osservarla” rispose accomodandosi su una sedia con le gambe allungate davanti a sé e l’aria più rilassata del mondo.

Fotografare il giardino... Figuriamoci! Con un uomo, QUELL’UOMO, vestito solo di un asciugamano bianco stretto attorno alla vita, che la osservava mentre si concentrava per le foto che doveva fare... Non se ne parlava neppure!

“La ringrazio, ma preferisco tornare un’altra volta”, disse decisa. Poi aggiunse: “Piacere d’averla rivista” e, prima di dargli il tempo di capire che se ne sarebbe andata, girò sui tacchi e si diresse rapida all’auto.

Lui la raggiunse e la fermò, prendendola per un polso.

“Sta scappando, Nicole?” chiese in un sussurro al suo orecchio.

Si sentì percorrere da un brivido e si augurò che lui, così vicino, non se ne accorgesse.

“Mi sta dando un altro grande vantaggio psicologico, lo sa, vero?” .

La sua domanda le confermò che aveva colto con grande perspicacia il suo turbamento.

Preferì non rispondere e, liberando il polso dalle sue dita, salì sull’auto e mise in moto.

“Mi saluti Pierre e Madeleine”, aggiunse e, ingranata la marcia, lo lasciò in mezzo al cortile, a piedi nudi e avvolto unicamente da un asciugamano.

Mentre percorreva il viale alberato che conduceva all’uscita si sforzò di scacciare dalla mente la sua immagine e, soprattutto, la sensazione provata quando gli aveva toccato le dita per allontanarle dal proprio polso.

Si sforzò ma, come temeva, fu del tutto inutile.

 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > JAG / Vai alla pagina dell'autore: Alexandra e Mac