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Autore: Defiance    11/06/2014    4 recensioni
Steve, Capitano della squadra di basket amato da tutte le ragazze.
Natasha, capo-cheerleader amata da tutti i ragazzi.
Thor, il nuovo arrivato ‘bello e dannato’.
Loki, il fratello sfigato del ‘bello e dannato’.
Tony, il genietto della scuola.
Bruce, il secchione evitato da tutti.
Clint, il solitario che evita tutti.
Cosa succede se portiamo gli Avengers al liceo? E se fossero addirittura all’ultimo anno?
Leggete e lo scoprirete! Ne accadranno delle belle!
AU: tutti umani/normali. Genere: teen drama.
Avvertenze: Presenti anche Sharon Carter e Sam (Falcon), personaggi introdotti in CATWS. Personaggi secondari tratti da altri film Marvel (X-men, Spiderman).
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, Movieverse, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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6
Guilty
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Steve e Natasha restarono in silenzio per tutto il tragitto; ogni tanto le sfuggiva qualche singhiozzo, cosa che causava una fitta di dolore al ragazzo.
Non riusciva a perdonarsi per ciò che aveva fatto, non ci sarebbe mai riuscito e non era a Sharon che stava pensando in quel momento: non credeva possibile di aver fatto una cosa del genere alla ragazza con cui era cresciuto, quella con cui giocava da bambino, quella di cui aveva conosciuto pregi e difetti prima ancora di comprendere il significato di quei termini.
Parcheggiò l’auto, ma era troppo tardi, perché la fanciulla non riuscì più a trattenersi e scoppiò a piangere.
“Natasha, Natasha ti prego” mormorò, pur sapendo di non avere alcun diritto di pretendere che si calmasse.
“No, Steve! Non mi toccare!” gridò lei, sbattendo i pugni contro il petto del giovane e sfogando tutta la sua frustrazione.
Quell’attacco isterico durò all’incirca dieci minuti, poi lei si accasciò sul corpo del ragazzo, permettendogli di abbracciarla.
“Mi dispiace, Nat. Io… Io non lo avrei mai fatto. Io… Mi dispiace” le sussurrò nell’orecchio, con voce rotta, stringendola forte a sé.
“Non è stata colpa tua” ammise la russa, ancora scossa dagli spasmi “è più probabile che sia stata io a cominciare”
Lentamente, si rimise a sedere e accese una delle sue tanto amate sigarette; non ne aveva veramente bisogno, nessuno ne ha davvero bisogno, ma ormai ci aveva preso l’abitudine.
“Mi piaceva provocare, Steve” spiegò, vedendo l’espressione confusa dell’amico, “ad ogni ragazzo con cui sono uscita, ho sempre e solo dato un assaggio di quello che poteva avere, ma non sono mai andata fino in fondo. Amavo tenerli sulle spine, farmi desiderare. Evidentemente quella sera non sono riuscita a controllarmi”
“Non darti colpe che non hai, Nat. Se c’è un colpevole qui sono io! Sono io il ragazzo, sono io che avrei dovuto…” la contraddisse lui, stringendo i pugni per tenere a freno la voglia di mollare un pugno al finestrino dell’auto; il fatto che quella fosse stata la prima volta della russa rendeva ciò che aveva permesso che accadesse ancora più imperdonabile.
“Non stavi capendo nulla in quel momento, Steve” insistette lei, che non voleva assolutamente odiarlo per qualcosa di cui non era responsabile.
“Nemmeno tu, Natasha!” tuonò il Capitano, battendo le mani sullo sterzo.
“Non è mai successo. Okay? Non è mai successo” decretò la giovane, scendendo dalla macchina e correndo in casa.
 
***
 
Steve non chiuse occhio quella notte e nel pomeriggio avrebbe avuto gli allenamenti con la squadra di basket; non aveva idea di come avrebbe fatto a reggerli, ma in quel momento non gli importava, né tanto meno il pensiero del coach Fury che sbraitava contro di lui sortiva qualche effetto.
No, okay, quello faceva un certo effetto.
Se non fosse stato solo il secondo giorno di scuola, il Capitano sarebbe certamente rimasto a casa, tuttavia non poteva permetterselo, infondo era all’ultimo anno.
Quando raggiunse l’edificio, il corridoio era ancora perlopiù deserto, cosa che gli diede un leggero sollievo almeno finchè non scorse Natasha riordinare il suo armadietto, che guarda caso era proprio accanto al suo.
L’unico contatto che ebbero nel lasso di tempo in cui il ragazzo lasciò i suoi libri, fu una rapida occhiata, che di certo non sfuggì a Sharon, intenta a parlottare con Pepper qualche metro più avanti.
La bionda, allora, corse incontro a Steve, gettandogli le braccia al collo e stampandogli un bacio sulle labbra, che il giovane non ricambiò.
“Non mi hai cercata, ieri” assodò lei, un mezzo tono accusatorio nella voce.
“Sono… stato impegnato” si giustificò distrattamente lui, cercando di non pensare alle scure occhiaie che aveva notato sul volto della russa, che dovevano essere così intense da non poter essere sconfitte nemmeno da uno spesso strato di fondotinta, e, soprattutto, tentò di non indugiare sulla possibilità che avesse trascorso la notte a piangere.
“Ieri, come tutti gli altri giorni negli ultimi mesi, Steve. Ti sarai fatto vivo non più di dieci volte durante l’estate” proseguì la Carter, cercando di attirare la sua attenzione, ma ogni sforzo sembrava vano.
“Nat!” strillò a quel punto, stanca del’apatia del Capitano, facendo finta di aver notato la sua presenza solo in quel momento e correndo ad abbracciarla.
“Ti stavo proprio cercando! Sei impazzita o cosa? Ieri hai pubblicato una foto con Clint, stai per caso cercando di ammazzare la tua reputazione?”
“Dio, Sharon falla finita! Io frequento chi cavolo mi pare e si da’ il caso che lui sia mio fratello!” sbottò la rossa, sbattendo con voga lo sportello del suo armadietto e dirigendosi di corsa verso l’aula ove si teneva la sua prima lezione del giorno, nonostante mancassero venti minuti buoni al suo inizio.
Sobbalzò, quando udì la voce di Barton alle sue spalle: era comparso lì dal nulla, facendole prendere un colpo.
“Ma sei scemo?!” esclamò, tirandogli una pacca sulla spalla.
Il ragazzo si limitò a ridacchiare e a commentare la scena cui aveva assistito solo pochi minuti prima.
“Siamo passati alla fase due ora?”
“Fase due?” ripeté confusa lei, corrugando la fronte.
“Quella in cui mi difendi da quelle sottospecie di arpie che definisci ‘amici’” precisò lui, accomodandosi al banco accanto.
“Non sono tutti come lei” si affrettò a replicare Natasha, gli occhi che minacciavano prepotentemente di chiudersi ogni qual volta sbatteva le palpebre.
“E chi è che si salva? Steve?” ipotizzò Clint, alzando gli occhi al cielo.
“E Pepper. E devo ancora farmi un’idea riguardo Thor, ma sembra un tipo okay” aggiunse la rossa, sbadigliando.
“Non hai dormito questa notte? Hai due occhiaie che farebbero invidia a un metallaro” chiese il giovane, ridendo alla sua stessa battuta nonostante l’occhiataccia omicida della sorella.
“Però che occhio” mugugnò, poggiando il capo sul banco.
“Non te l’ho detto che alle medie mi chiamavano Occhio di Falco?”
“Fai sul serio?” domandò la russa, scoppiando a ridere.
“Ehi ho una vista acuta, non so quante volte te lo devo ripetere!” asserì lui, simulando un gesto spazientito.
“Ti credo” concesse lei, ricomponendosi quando la classe cominciò a riempirsi e il professor Xavier, chiamato ‘professor X’ dall’intera comunità studentesca, entrò in aula, somministrando un test d’ingresso sulla genetica che ottenne un notevole disappunto dagli alunni.
“Ora capisco come fai ad avere il voto massimo in ogni materia” notò Natasha, scuotendo la testa alla vista del sorrisetto beffardo che era spuntato sul volto di Clint.
 
***
 
“Guardate chi ha deciso di degnarci ancora della sua presenza” cantilenò Sharon, prendendo posto accanto a Steve, con una scodella piena di insalata e pomodoro.
“Non so se sei troppo ottusa per accorgertene, ma non è giornata Shy” puntualizzò Natasha, lasciandosi pesantemente cadere sull’unica sedia vuota, accanto a Thor e, purtroppo per lei, Bucky.
“Stai bene?” le domandò a voce bassa il nuovo arrivato, che non si convinse affatto dell’accennata risposta positiva della ragazza.
“Beh, veramente nel tuo caso non è periodo, Nat. Non so cosa ti stia succedendo. Prima ti rifiuti di venire al party di fine estate, poi appoggi Pepper riguardo la sua assurda idea di uscire con Stark, pubblichi delle foto con Barton e infine vengo a sapere che vai frequentemente a trovare Bruce Banner all’ospedale. Non è che per caso quello che ha detto Bucky l’altro giorno corrisponde a verità?” insistette la bionda, sorridendo soddisfatta, senza rendersi conto che accanto a lei, Steve si era irrigidito di botto.
Nonostante il colorito della russa passò in una frazione di secondo dal roseo al bianco cadaverico, capì immediatamente che l’unica intenzione di Sharon era quella di umiliarla, di metterla in difficoltà con la storia dell’ospedale, anche se non aveva la più pallida idea di come avesse fatto a scoprirla.
“Mystica ti ha vista l’atro giorno, sua zia è nella stanza accanto” aggiunse, come per rigirare il dito nella piaga, come se avesse intuito il quesito che aveva preso forma nella mente della ragazza.
“Sai che ti dico, Sharon? Che dovresti crescere e imparare a farti i fatti tuoi. Se la gente ci considera una massa di coglioni superficiali e tutta apparenza, è proprio perché in questo gruppo ci sono persone come te. Ma il liceo non durerà per sempre e sai cosa sarai una volta fuori di qui? Niente” esplose Natasha, mandando al diavolo il pranzo e lasciando la sala tra gli occhi sbalorditi di tutti i presenti.
“Wow, ora capisco perché la chiamano Vedova Nera. Le sue parole sono morsi velenosi” asserì Thor, per la verità contento che la rossa avesse messo al suo posto la Carter, la quale, fin dal primo momento, non gli era risultata particolarmente simpatica.
“Ti consiglio di non provare i suoi schiaffi allora” considerò Bucky, addentando il suo hamburger come se non ne vedesse uno da anni.
“Scusatemi” disse all’improvviso Steve, lasciando a sua volta il tavolo e seguendo la traiettoria che la Romanoff aveva percorso solo pochi minuti prima.
“Ma che accidenti sta succedendo qui?” strillò Sharon, indignata per il gesto del suo ragazzo e con uno sguardo che avrebbe fatto invidia ad un serial killer: se c’era una cosa che era intenzionata a fare, era quella di scoprire cosa nascondessero il suo ragazzo e la sua migliore amica, anche se non era ben chiaro a nessuno il concetto che la bionda aveva di ‘amicizia’, visto che calpestava tutto e tutti senza alcun riguardo.
 
***
 
“Sapevo che ti avrei trovata qui” mormorò il Capitano, sedendosi sull’altalena accanto a quella della russa.
“Ma non saresti dovuto venire” lo riprese lei, evitando di incrociare il suo sguardo e asciugandosi le lacrime dagli occhi.
“Nat, siamo cresciuti praticamente insieme. Non puoi pretendere indifferenza da parte mia, neanche se dopo quello che è successo ne avresti tutto il diritto” sottolineò il biondo, sporgendosi verso la ragazza e alzandole delicatamente il mento con le dita.
“Mia madre me lo aveva detto, che andavi a trovare Banner, che te lo lascia vedere eccezionalmente per dieci minuti dopo l’orario delle visite. Io non ne ho mai avuto il coraggio, neanche quando ero lì, nella stanza accanto. Ti fa sentire meno in colpa stare lì con lui?” chiese esitando e studiando con attenzione l’amica.
“No, il contrario. Ma è bello svegliarsi e vedere che c’è qualcuno lì, accanto a te” confessò Natasha, ricordando come si era sentita bene quando aveva riaperto gli occhi e aveva visto Steve, seduto sulla poltrona accanto al suo letto.
E voleva che a Bruce accadesse la stessa cosa.
Era stata in coma per un mese e stando alle parole di sua madre, da quando gli avevano permesso di alzarsi lui aveva trascorso tutto il suo tempo nella sua stanza, a parlarle del più e del meno, cercando di farla svegliare.
“Non ti ho mai ringraziato, per esserci stato per me” si scusò la russa, lottando per ricacciare dentro le lacrime, di nuovo pronte a venir fuori.
Il Capitano sorrise, poi posò la mano su quella della giovane e mormorò:
“Io ci sarò sempre per te, Nat. Nel caso te lo fossi dimenticato, questa promessa te l’ho fatta dodici anni fa su questa stessa altalena e mi sembra di averla sempre onorata”
Natasha sorrise di rimando.
“Non l’ho dimenticato” ammise, alzando il capo verso il cielo e traendo un profondo respiro liberatorio.
“Steve, che diavolo fai?” esclamò improvvisamente, reggendosi alle catenine e scoppiando a ridere quando capì che il ragazzo stava spingendo la sua altalena, proprio come faceva quando avevano sei anni.
“Tu sei matto” sussurrò ridacchiando, scendendo poi al volo e finendo dritta tra le sue braccia.
“Dici?” sibilò lui, lo sguardo serio e gli occhi puntati in quelli di lei.
Per un momento, la mente della Romanoff indugiò sui delicati tratti del volto del biondo, su quella particolare tonalità dei suoi occhi che si rese conto solo in quel momento essere il suo colore preferito, sulle sue possenti braccia… poi si ritrasse immediatamente, schiarendosi la gola e facendogli notare che era arrivato il momento di tornare a scuola.
“Sarà meglio andare, ora” asserì, recuperando la compostezza che spesso la caratterizzava.
“Sì, hai ragione” concordò lui, incamminandosi pigramente verso l’istituto.

 










Angolo Dell'Autrice
Salve a tutti!
Brindate al marcolo, sono riuscita ad aggiornare
in fretta! ahahah
Sinceramente devo ancora capire se questa
storia è uno dei miei abomini o meno, ma 
immagino che lo scoprirò solo alla fine.
Ancora non stiamo a niente.
Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi
sapere cosa ne pensate se vi va :)
Ringrazio di cuore tutti coloro che leggono,
recensiscono, seguono, preferiscono (?) la 
mia storia. 
Alla prossima,

Bell
  
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