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Autore: reby    11/08/2008    6 recensioni
Improvvisamente, tutto il tempo che erano stati lontani sembrò piombare tra di loro come invisibili macigni, inducendolo quasi a credere di trovarsi un estraneo davanti agli occhi.
La colpa in verità non era affatto sua, e Yamato lo sapeva bene. La spirale che gli aveva portati a separarli era stata iniziata da lui.
Lo sapevano tutti.
Ma due mattine prima, quando Tai l’aveva cercato in ufficio aveva capito quanto fosse migliore di lui.[...]
Il destino aveva voluto farli rincontrare in quelle circostanze orribili, ponendogli di fronte la più grande e triste verità.
La realtà non aspetta mai.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mimi Tachikawa, Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya, Yamato Ishida/Matt | Coppie: Mimi/Matt, Sora/Tai, TK/Kari
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il viaggio in macchina fu silenzioso.

Ne Tai ne Matt aprirono bocca, il primo apparentemente concentrato sulla sua guida più che spericolata, e il secondo con lo sguardo di ghiaccio fisso fuori dal finestrino, immerso nei ricordi.

Due anni.

Era strano ritrovarsi catapultati da un giorno all’altro nel paese che per tanto tempo si era cercato di dimenticare, con il peso schiacciante di sapere gli unici due che non si erano mai lasciati trasportare dagli eventi in ospedale.

Kari e Tk nonostante fossero i più piccoli si erano dimostrati i più maturi sotto diversi aspetti. Avevano cercato di farli ragionare, di far tornare tutto alla normalità, senza però riuscirci. Ma non si erano mai lasciati, loro due.

-Siamo quasi arrivati.- annunciò Tai, decelerando visibilmente e svoltando in una strada secondaria.

Le luci del Tokyo Central Hospital illuminavano tutta la zona, rivelandone l’imponente e moderna struttura-

Scesero dalla macchina l’uno di fianco all’altro, senza guardarsi ne parlarsi. Come due estranei.

Come se la vita avesse deciso di renderli tali senza il minimo sforzo.

L’infermiera dell’ingresso riconobbe subito Tai e con fermento li fece passare senza trattenerli oltre.

Deve essere proprio importante ormai, pensò Matt mentre lo seguiva.

-E’ l’ultima porta a destra.- lo avvisò Tai, rimanendo indietro.

-Tu non vieni?- chiese il biondo, voltandosi a guardarlo. Ma Tai si era già incamminato nella direzione opposta alla sua.

Sospirando e facendosi coraggio, Matt avanzò fino alla porta, che aprì lentamente quasi scottasse.

La prima cosa che notò fu suo fratello, immobile sul primo letto. Una flebo attaccata sul braccio e il bip regolare della macchina accanto a lui. L’unica cosa che rassicurò Yamato fu il colore delle guance: rosee, un buon segno.

Si avvicinò lentamente, osservandolo più attentamente.

Nonostante i numerosi graffi che riportava in viso, poteva facilmente dire che era cambiato parecchio dall’ultima volta che si erano visti, il Natale scorso.

Aveva accorciato i capelli, notò carezzandogli il capo dolcemente. Il fisico non era più quello esile di un ragazzino, ma i pettorali si intravedevano da sotto il camice anonimo che indossava.

Sospirò.

Per fortuna stava bene.

Come un macigno però, lo sguardo cadde sul letto accanto.

Kari..

Rimase pietrificato nel vederla così.

Pallida, molto pallida.

Con una maschera per l’ossigeno che le copriva circa metà del viso, il fisico esile di sempre e le guance scavate.

-Mio dio..- mormorò a se stesso.

 

 

Tai era seduto in sala d’attesa quando vide Matt raggiungerlo.

Non si sedette vicino a lui, ma rimase in piedi poggiato al muro. –Chi altro lo sa?-

-Solo tu.-

Matt storse le labbra: l’aveva immaginato.

Istintivamente chiuse la mano in un pugno serrato, colpevolizzandosi per quello sciocco gesto che anche se a distanza d’anni continuava a bruciare.

Ci sono cose nella vita che non si cancellano. Errori, che niente e nessuno può eliminare.

Osservando quello che rimaneva del vecchio Tai sorridente e solare, capì che gli anni passati lontani non avevano cambiato proprio niente.

Anzi, semmai avevano peggiorato tutto.

-E’ il caso di avvisarli.- suggerì, alzando lo sguardo verso il soffitto dai colori pastello.

Tai ghignò per l’ennesima volta, e Matt capì che forse era diventata una sua nuova abitudine farlo.

-E chi credi che verrà?- domandò quasi beffardo, sollevando il capo e fissandolo negli occhi.- Eh, amico mio…- aggiunse, soffermandosi ironicamente su quell’ultimo appellativo –credi che qualcuno sia disposto a venire?-

Il biondo ignorò quel piccolo scherno, dicendosi che infondo lo meritava.- Verranno per loro due. Chiamala.-

L’espressione di Tai cambiò radicalmente in una frazione di secondo. Il suo sguardo divenne vitreo e il cozzare improvviso dei suoi denti fece quasi sobbalzare l’altro.

-Chiamarla?- riecheggiò quasi sfidandolo.

-Si.- rispose deciso Yamato.- Verrà.-

Tai non rispose, distogliendo lo sguardo e alzandosi in piedi. Si avvicinò lentamente al distributore, inserì alcune monete che risuonarono nel silenzio della stanza, e pigiò il pulsante per un caffè forte.

-Sai Matt,- esordì poco dopo –ho chiamato te solo perché c’è anche tuo fratello in quella fottuta camera. Altrimenti non l’avrei mai fatto.-

-Non dormo da non so quanti giorni, ed ogni volta che mi stendo nel mio letto, solo- calcò sull’ultima parola, guardandolo sopra le spalle- non c’è notte in cui non penso al motivo per cui io sia…solo.-

-Tai io…-

-No no. Non dire niente per favore.- lo interruppe il castano, distraendosi per un attimo dal rumore della macchinetta che annunciava il suo caffè.- Ti chiedo solo di non venire qui a farmi la predica su cosa devo fare.- e detto questo lo lasciò solo, dirigendosi verso la camera di Kari e Tk.

 

 

Matt però aveva deciso.

Lo faceva per loro. Perché era sicuro che non si erano mai dimenticati l’uno dell’altro durante quei due anni.

Glielo doveva.

Frugò nella tasca dell’impermeabile alla ricerca del suo cellulare. Trattenne il fiato mentre premeva le cifre sulla tastiera del telefono dell’ospedale.

Spero solo non abbia cambiato numero, pensò quando premette l’ultima cifra.

Dall’altro lato del mondo, un telefono squillava insistentemente.

-Tesoro vai tu!-

Una voce di giovane donna uscì ovattata dall’interno della doccia, e pochi istanti dopo il telefono smise di squillare.

-Pronto?-

Matt rimase basito nell’appurare che realmente il numero esistesse ancora. Ma era un inglese quello che gli aveva risposto?

-Pronto?- ripetè nella sua lingua madre.

-Sei del Giappone?- domandò la voce dall’altro lato del telefono, nella stessa lingua di Matt. Rimase doppiamente basito. Ma era un bambino?

-Posso…potrei parlare con la signorina Takenouchi?- chiese con un filo di speranza.

-Oh, la mamma è sotto la doccia!Però posso avvisarla io, tu chi sei?-

Quasi gli cadde la cornetta dalla mano.

Mamma…

Sora aveva avuto un bambino?Era riuscita a dimenticare Tai e tutto quello che era successo addirittura avendo un figlio?

-Pronto?Pronto signore?- continuava a ripetere il bambino, aumentando il tono di voce.

-Puoi dire alla tua mamma di chiamare…- si bloccò nuovamente. Infondo, Sora gli aveva detto di non farsi risentire mai più…ma doveva farlo. Per suo fratello e Kari, ma soprattutto per Taichi.- di chiamare Matt in Giappone appena possibile?E’ urgente.- concluse, e il bambino lo salutò allegramente promettendogli che l’avrebbe fatto.

Riagganciò, notando con un sospiro che Tai non era ancora uscito dalla camera.

Anche se non era la situazione che avrebbe sperato, forse era arrivato il momento di riunirsi e ripartire…insieme.

 

 

 

Dopo un’abbondante mezz’ora la neo trentenne Sora Takenouchi uscì dalla doccia con l’accappatoio e i capelli ancora bagnati.

-Chi era tesoro?-

Il bambino, troppo occupato a giocare davanti ad un gioco di calcio alla Play Station nemmeno la sentì.

Sora scosse la testa divertita.- Taichi…- lo richiamò, avvicinandosi di soppiatto e balzandogli addosso investendolo di solletico.

-Mamma…mamma basta!- implorava il bambino, contorcendosi tra le braccia della madre.

-Allora…-iniziò Sora lasciandolo andare,- chi era al telefono?-

Il bambino di nome Taichi si illuminò subito, ansioso di riferire la strana telefonata.- Era un signore che parlava in giapponese!Mi ha detto che devi chiamare in Giappone presto!- spiegò, felice di essersi ricordato tutto.

Ma Sora taceva. Taceva e rimaneva immobile davanti a quello che suo figlio innocentemente le aveva comunicato.

-Mamma?- la richiamò, vedendola ferma.- Ti sei arrabbiata?Non ci gioco più se vuoi…-mormorò sconsolato lasciando il joystick.

-Ti ha detto come si chiamava?- gli domandò, carezzandogli tremante i capelli.

-Si…Ma...- il bambino crucciò la fronte nello sforzo per ricordare.- Matt!- saltò su poco dopo.

Sora rimase allibita. Se da un lato aveva sospirato sentendo quel nome, convinta che a cercarla fosse stato qualcun altro, dall’altro lato era seriamente preoccupata.

Cosa voleva Matt dopo quasi cinque anni? Non gli era bastato rovinare la vita di tutti loro?

Si alzò dal tappeto, e dopo aver dato il permesso a Taichi di giocare ancora per un po’ si affacciò alla finestra.

Londra si stendeva sterminata davanti ai suoi occhi.

La grande metropoli che nei primi tempi aveva odiato, ma che poco a poco era riuscita ad apprezzare.

Sospirò, guardando furtivamente il telefono. Forse era davvero successo qualcosa.

 

 

Salve ragazze!

Spero di non avervi fatto aspettare troppo^^

In realtà questo capitolo l’ho scritto abbastanza presto perché non so con quanta velocità potrò aggiornare d’ora in avanti.

Tra poco meno di due settimane diventerò maggiorenne…ehm, ebbene si! E quindi sono impegnata con l’organizzazione della mia festa che vi dirò, non immaginavo così caotica O.o

Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, ed ecco che la storia prende un po’ più forma ;)

Mando un bacio a due delle lettrici ritrovate, Smartgirl(addirittura tra gli autori preferiti,grazie mille!!) e la veterana DarkSelene89Noemi!

Che piacere risentirvi :D

Inutile aggiungere anche il mio desiderio di risentire tutte le altre!

Alla prossima,

Sabry!

 

 

 

 
 
 
   
 
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