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Autore: MarySmolder_1308    11/06/2014    1 recensioni
Sequel di "Friendzone?" (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2098867)
L'amore non è mai facile.
In amore non sempre tutto è rose e fiori, ci sono i problemi.
L'amore ci rende felici, tristi, fortunati, devastati; ci consuma, ci consola, ci risolleva, ci distrugge, ci pervade, ci fa perdere il senno, ci fa agire d'istinto.
Mary e Ian stanno per riconciliarsi, quand'ecco un'auto giungere.
Ian scansa Mary.
L'auto lo travolge.
Dal mezzo esce una donna, che spara a Mary.
Nina guarda impietrita e terrorizzata.
Abbiamo lasciato i nostri protagonisti a quello che poteva essere il "lieto fine", a quella che poteva essere finalmente una riconciliazione, dopo tanti litigi e fraintendimenti; ma qualcosa è andato storto.
Chi è questa donna?
Perché ha agito in questo modo?
Ian e Mary sopravviveranno?
Continuate a leggere, perché l'amore vi/ti mostrerà ogni cosa.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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POV Mary
“In realtà l’ha conosciuta. Il ventotto Agosto per la precisione. Valerie è la donna che le ha sparato”.
Mi pietrificai, trattenendo il respiro.
Quella data.
Quel giorno.
Quel gesto.
Cominciai ad avere dei violenti capogiri.
Mi appoggiai al marmo del bancone, come se da quest’ultimo dipendesse la mia vita.
“Dottoressa Floridia, è ancora lì?” chiese l’avvocato, quasi con un tono preoccupato.
“S-sì – balbettai – Mi scusi è-è solo che mi ha colto d-di” conclusi con voce tremante.
“Sorpresa?”
“Ehm, sinceramente? Sì – mi morsi il labbro, mentre il mio corpo si rifiutava di smettere di tremare – Non capisco perché mi abbia contattato. Perché ora”
“Valerie è in cura dal giorno dell’incidente. Ha lavorato duramente con degli esperti per curare questa sua – l’avvocato s’interruppe per un attimo, poi, dopo un sospiro, riprese – definiamola malattia”
“Mi chiedo perché non l’abbiano curata prima” risposi un po’ acida, stringendo la cornetta.
Involontariamente.
Forse.
“Dottoressa – l’avvocato sospirò nuovamente – è-è complicato. Comunque, adesso è migliorata e mi ha chiesto di contattarla”
“Perché?”
“Vorrebbe semplicemente parlare. E, soprattutto, scusarsi. Con lei e con il signor Somerhalder. Sempre che glielo permettiate”.
Quelle parole mi lasciarono spiazzata.
“Ehm…” mormorai incerta.
“So che siete a Parigi al momento. Ma vi supplico di pensarci, per quando tornerete ad Atlanta. Per Valerie è davvero importante continuare il suo percorso di guarigione e un colloquio con voi è… è vitale, dottoressa”
“Ne parlerò con il signor Somerhalder e la richiamerò io. Può lasciare il suo numero all’albergo, per favore? Ora dovrei proprio andare”
“Ma certamente. Si figuri. Grazie per avermi ascoltato. Ci sentiamo al suo ritorno, dottoressa”
“Arrivederci” dissi freddamente e passai la cornetta all’uomo della reception.
Tornai al bar e bevvi quel succo d’ananas tutto d’un sorso.
La testa non smetteva di girare.
Il mio corpo di tremare.
Gli incubi, cominciati quel giorno, riemersero, tutti in una volta.
Strizzai gli occhi, stringendo forte la maglietta che indossavo.
“Smettila, smettila, smettila. Ti prego” supplicai.
Non servì a niente.
“Ian!” sentii le mie urla rimbombarmi nelle orecchie.
Mi sembrò quasi di toccare nuovamente il suo corpo inerme, di vedere il sangue uscire dalla sua testa.
Mi toccai d’stinto l’addome, come se avessi accolto nuovamente quella pallottola in esso.
Mi venne la nausea.
“Signorina, si sente bene?” mi chiese il barista.
Lo guardai di sfuggita con gli occhi improvvisamente lucidi.
“S-sì, grazie” risposi in francese, accennando un sorriso.
Pagai il succo di frutta e gli lasciai la mancia, poi tornai velocemente in camera.
La nausea non cessava.
“Mary, eccoti qui! – Ian sorrise, vedendomi sulla soglia della nostra camera – Stavamo decidendo dove andare questo pomeriggio. Noi siamo stati a Parigi già”
“Parecchie volte” aggiunse Nina.
“E dato che per te è la prima volta – Paul si alzò, sventolando una cartina – Dove ti va di andare?”.
Cominciai a respirare affannosamente, stringendo lo stomaco con una mano.
“Mary?” Ian mi guardò preoccupato.
“Scusate” dissi di fretta e mi catapultai in bagno.
Alzai la tavoletta del water e cominciai a vomitare.
Le lacrime cominciarono a rigarmi le guance.
Ian era così sereno ora.
Come potevo dargli una notizia del genere?
Singhiozzai, rigettando ancora.
“Mary, stai bene?” disse la voce di Nina.
“Andate tutti via, per favore” dissi con voce rotta, portando una ricciolo dietro l’orecchio.
 
POV Nina
Guardai Mary inginocchiata davanti al water, poi mi voltai verso Ian e Paul.
“Uscite” dissi in labiale e feci segno loro con la mano.
“Io resto” Ian rispose ad alta voce.
“Ian, sto bene. Solo non voglio farmi vedere così. Vi prego, uscite” singhiozzò Mary.
Ian sospirò e si alzò dal letto, facendosi porgere le stampelle da Paul.
Mi avvicinai a loro.
“Resto io, non preoccupatevi” sussurrai.
“Ha detto che dobbiamo uscire tutti” mi rispose Paul con un filo di voce.
“Beh, sì, questo è un po’ un codice per noi donne. Lo dico spesso anche io, quando in realtà – lasciai cadere la frase e scossi lievemente la testa – Andate, tranquilli. Se si sente meglio usciamo e andiamo in giro. Voi continuate a decidere le mete” sorrisi e diedi a entrambi una spintarella con le mani.
Non appena se ne andarono, mi sedetti sul letto, mentre Mary continuava a piangere e a tossire.
Mi focalizzai per un po’ sui colori della stanza, così freschi e allegri. L’azzurro emanava serenità e solarità. Forse per questo riuscivo a collegarlo istintivamente a Mary. Nonostante la mia gelosia, nonostante tutto, lei era riuscita a farsi volere bene.
Era riuscita a farmi sorridere, scopo principale di Jules, Riawna, Morgan, Erika, Hilary e le altre.
Sorrisi, ripensando a quel giorno.
25 Febbraio 2012.
 
Un conato di vomito si fece largo lungo l’esofago.
Corsi in bagno e cominciai a rigettare la colazione.
Non ce la facevo più.
Non potevo reggere ancora per molto.
Cominciai a piangere.
Per l’ennesima volta.
Sembrava l’unica cosa che in quel momento mi riusciva bene.
Lacrime su lacrime.
Nient’altro.
Sentii qualcuno bussare alla porta d’ingresso, poi suonare il campanello.
Ignorai il tutto e continuai a stare lì, davanti al water, a piangere.
“Quanto dolore può sopportare una persona?” pensai.
Una volta se l’era chiesto Damon.
Mi ricordavo bene quell’episodio.
Ian era stato male per giorni per colpa di quella scena.
La porta sul retro si aprì e si richiuse.
Chi era entrato?
Mi portai due ciocche dietro le orecchie e scesi al piano di sotto.
“Chi c’è?” dissi con voce tremante, ancora un po’ rotta per le lacrime.
“Nina? Sono Mary” la sua voce incerta divenne un poco più forte.
Sceso l’ultimo scalino me la ritrovai davanti.
Riccioli sparsi lungo le spalle.
Occhiali sulla testa.
Felpa enorme e sacchi della spesa.
“Che ci fai qui?” chiesi, corrugando la fronte.
“Giorno libero. Rose e Steve lavorano. Ian mi ha detto che oggi non dovevi girare – alzò le buste – Ho preso schifezze da mangiare in compagnia. Ti va?” mi sorrise a trentadue denti.
Mi morsi il labbro inferiore e sospirai.
“Mary, sei stata gentile a passare, davvero, ma… oggi non è giornata. Ti prego, potresti andare?”.
Mary mi osservò meglio.
“Occhi gonfi. Viso pallido. Stai bene?”
“Non proprio, ma non preoccuparti. Andrà meglio”
“Nina, non prendermi in giro. Che hai?”
“Ho appena rigettato la colazione e-e… ripeto, non è giornata. Tutto qua”
“Ok, allora forse è meglio mettere patatine, hamburger e salse da un’altra parte – posò i sacchi sul divano, poi tornò vicino a me e si sedette su uno scalino – Dimmi tutto”
“Mary, tranquilla, puoi andare. Sarà stata un’indigestione, niente di che”
“Indigestione? – si mise a ridere – Nina, non sono nata ieri. Avrai anche vomitato, ma non stai male fisicamente. Cosa ti turba? Se ti va, me ne puoi parlare” mi sorrise e batté dolcemente la mano sullo scalino.
Mi sedetti accanto a lei e sospirai nuovamente.
“Come l’hai capito?”
“Diciamo che ho un sesto senso per queste cose. Allora? Non ti voglio costringere, sia chiaro, ma sembra che tu ne voglia parlare”
“Ci vorrebbe troppo tempo”
“Ho il giorno libero, tutto il tempo che vuoi” mi sorrise di nuovo.
“Okay. Forse ti sembrerò un’emerita idiota, ma non riesco più a reggere tutto questo”
“A cosa ti riferisci?”
“Ti sembra strano se ti dico che penso ancora alla litigata con Ian di un mese e mezzo fa?”
“No. Non sono proprio la massima esperta in amore, ma credo che le litigate non si dimentichino facilmente. Come, d’altronde, accade con ogni cosa che ci causa un dispiacere o sofferenza. Vuoi dirmi come ti senti riguardo alla litigata?”
“Tu ne sai qualcosa?”
“Ian non me ne ha mai parlato. So che avete litigato perché ripeteva in continuazione il tuo nome quella notte, mentre abbracciava morente il water. Era una scena adorabile”.
Feci una risatina, poi tornai seria.
“Mesi fa gli ho detto che mi sentivo trascurata, così lui ha fatto di tutto per non permetterlo. E’ stato davvero molto dolce, ma… un mese e mezzo fa ho trovato delle sue foto con altre donne. Lui sembrava così allegro e spensierato. E…”
“E?”
“E mi sono ingelosita. Da morire. Insomma, prima lui era così con me”
“E avete discusso perché gli hai detto questi tuoi pensieri?”
“Sì” risposi abbattuta.
“Ma ora avete fatto pace. Non mi sembra che ti trascuri. Non mi sembra che le cose vadano tanto male – sorrise, ma non vedendomi allegra tornò seria – No?” chiese con incertezza.
“Io credo che… che siamo tornati punto e a capo. E’ una situazione sfibrante. Deve sempre lavorare, o per TVD, o per la fondazione, o per altro. Non sta mai fermo. E io… io lo amo, Mary, con ogni fibra del mio corpo. Adoro vederlo sorridere, appassionato; adoro sentire il suo respiro, i battiti del suo cuore, il suo profumo; solo che…” mi arrestai.
“Che vorresti averlo più vicino. Vorresti poter sentirlo tuo più spesso. Vorresti ballare e urlare e divertirti al suo fianco. Vorresti baciarlo e appartenergli per sempre. Tuttavia, ciò non sta accadendo”
“Mi hai letto nel pensiero. Ora crederai che io sia una bambina e, sai cosa? Forse hai ragione. Forse sono solo una ragazzina, innamorata persa di un uomo troppo grande”
“Non sei una ragazzina. Certo, è vero che non avete la stessa età, ma che importa quanti anni avete? Quando vi guardate, mia cara, esprimete amore. Quando vi guardate, quando vi sorridete, quando vi parlate, fate venire voglia agli altri di innamorarsi e viversi, così come fate voi. Ciò non è affatto negativo, Niki. Anzi! E’ amore! Se io ne trovassi uno così non me lo lascerei scappare – Mary mi sorrise – E poi è normale che tu desideri queste cose. Non sei una settantenne, è ovvio che vuoi uscire e divertirti. Non sei affatto un’aliena. Sei una donna di ventitré anni. E, come tutte le ventenni, vuoi sorridere fino a svenire”
“Anche tu eri così ai tempi che furono?”
“Ehi, ho avuto la tua età solo tre anni fa, quasi quattro! Mi credi così vecchia?” aggrottò le sopracciglia, in disappunto.
Scoppiai a ridere.
“Non oserei mai” sghignazzai.
“Comunque, per rispondere alla tua domanda, no, non ero così alla tua età. Ero piena di lavoro e studio, conciliare l’università di medicina con il part-time non è stato facile. Il tempo di divertirsi era ben poco, perciò quando lo avevo, non andavo a ballare”
“Allora che facevi?”
“Leggevo un buon libro, se ero sola; se, invece, ero in compagnia, andavo al parco con le mie colleghe o con Mel, la mia coinquilina, andavo al mare con le mie amiche o più semplicemente stavamo a casa. Pizze, birre, una coperta, tre divani e un film. Sai le risate. Sono cose semplici, ma bellissime. In fondo, non è importante il luogo in cui vai. L’importante è avere al tuo fianco delle persone che facciano sembrare divertente persino una tragedia greca. Ma non stiamo parlando di me. Io sono sempre andata un po’ controcorrente” accennò un sorriso.
“Beh, andare controcorrente non è mai un male. Cosa dovrei fare secondo te?”
“Dovresti ballare. Ridere. Ubriacarti e divertirti. Se Ian è impegnato, fallo ugualmente. Essere fidanzati non significa dipendere l’uno dall’altra. Esci con le tue amiche. Loro sono fondamentali”
“Non vorrei farlo arrabbiare” abbassai lo sguardo.
“Arrabbiare? Ah, se si arrabbia, è un coglione. Ripeto, hai ventitré anni, mica settanta. Hai diritto a fare queste cose. Lui le ha fatte e, secondo me, quando ha tempo le fa ancora. Magari non ballare, ma bere qualcosa con i suoi amici sì. Perché tu non dovresti farlo? C’è una legge che te lo vieta? Io credo di no”
“Mary?”
“Sì?”
“Grazie” la abbracciai.
“Di niente, quando vuoi” mi strinse.
“Ti va di venire a ballare con me stasera?”.
Mary mi guardò a bocca aperta.
“Che c’è? Mi hai detto che devo divertirmi con le amiche” sorrisi.
“Lo faccio solo per te, sia chiaro” scosse la testa ridendo e mi abbracciò nuovamente.
 
Ritornai con i piedi per terra, notando che Mary si era calmata.
Mi alzai e la raggiunsi in bagno.
La trovai rannicchiata accanto al water, con la testa tra le mani.
“Non avevo detto a tutti di uscire? Cosa ci fai qui?”
“Passavo di qua” mi strinsi nelle spalle e mi sedetti di fronte a lei, osservandola attentamente.
“Mmm” dissi, storcendo la bocca in una smorfia.
“Che c’è?” mi rispose.
“Occhi gonfi. Viso pallido. Che succede?”
“Come hai potuto ben notare, ho vomitato. Benvenuta a Parigi” si sforzò di sorridere, alzando un pugno in aria, come in segno di vittoria.
“A me non sembra un’indigestione”
“Aaah, rievochiamo situazioni passate ora?”
“Dejà – vu invertito, direi – accennai un sorriso – Allora?”
“E’ successa una cosa. La definirei intensa”
“Cosa?”
“Nina, sto per dirti una cosa importante. Non deve uscire da questo bagno”
“Certamente”.
“Ha chiamato un avvocato, Nicholas Evans”
“Non mi dire che qualcuno ti ha denunciato!” la guardai a bocca aperta.
“No, no. La definirei una cosa peggiore – esitò un po’, poi disse – E’ l’avvocato di Valerie, la donna che ha investito Ian e mi ha sparato” abbassò lo sguardo.
“Oddio – sgranai gli occhi, di certo non mi aspettavo una cosa simile – E che voleva?”
“Ha detto che Valerie è ricoverata in una clinica da quando c’è stato l’incidente. Ha detto che ci vuole parlare e che sarebbe molto importante per il suo percorso di guarigione se acconsentissimo a farlo. E-e… io non me lo aspettavo. E’ stato come un uragano di informazioni e-e… come posso dirlo a Ian?”
“Mary, è giusto che lo sappia”
“Lo so! – rispose in modo enfatico e amaro allo stesso tempo – Ne sono perfettamente consapevole, ma… non posso”
“Perché non puoi?”.
 
POV Mary
“Mary, perché non puoi?” mi disse Nina.
Alzai lo sguardo e cominciai a raccontare.
 
Aprii gli occhi lentamente. Riuscivo a riconoscere le caratteristiche tipiche di una stanza ospedaliera. Le lenzuola, il pavimento, le pareti, ma… ma non era la mia stanza. Ricordai dov’ero non appena mi voltai alla mia sinistra, attirata da un respiro caldo sul mio petto. Ian dormiva beatamente. Sorrisi nel vederlo. Aveva le guance rosse e le labbra sporte in un broncio tenerissimo. Chissà cosa stava sognando. Trattenni l’istinto di accarezzarlo e guardai l’orologio. Erano le sei del mattino. Entro mezz’ora i miei colleghi avrebbero scoperto che non ero in stanza, ma qui. Tolsi la mano sinistra dalle spalle di Ian e cercai di scostarmi senza svegliarlo. Fallii.
“Non c’è bisogno che scappi” mormorò con la voce ancora impastata dal sonno.
“Tra mezz’ora comincerà il giro visite. Devo andare se non voglio farmi scoprire”
“Non andare” Ian si aggrappò al mio camice.
Il tessuto sfregò sui punti.
“Ahi!” protestai.
“Che ho fatto?” Ian si ritrasse.
Sgranò gli occhi, visibilmente preoccupato.
Spalancai e richiusi la bocca circa tre volte, indecisa se dirlo o meno.
“Mary, cosa ti è successo?” mi guardò serio.
Mi arresi. Doveva sapere.
“Ehm… sono i punti…” dissi vagamente, distogliendo lo sguardo.
“Punti per? Che mi sono perso mentre ero incosciente-barra-morente?” chiese ironico, cercando di nascondere la sua angoscia per tutto quello che avevamo passato e stavamo passando e di smorzare un po’ l’atmosfera tesa che in meno di un attimo si era creata in quella stanza.
“Quella donna mi ha sparato” dissi la frase lentamente.
Subito dopo lo guardai.
“C-cosa?” anche Ian mi guardò.
Le sue iridi sembravano ghiaccio fuso, ma allo stesso tempo sembravano infiammate.
“Ma sono qui ora. E’ andato tutto bene. Solo che i punti fanno male qualche volta” sorrisi.
Vedendo che non rispondeva, continuai: “Cosa perfettamente normale. Si deve dare alla ferita il tempo di guarire e non devo nemmeno tenerli per tanto tempo. Solo due settimane. E già una è a metà. Il tempo passa in fretta, eh?”.
Lo guardai nuovamente.
Non si muoveva. Sembrava una statua. Eccezion fatta per il respiro, ovviamente.
“Ian, dovrò stare in ospedale per altre due settimane e mezzo, non è la fine del mondo tenere i punti per un altro po’. Non credi?”.
Ci fu qualche attimo di silenzio.
“Ian, per favore, parla” dissi preoccupata, carezzandogli una mano.
Non appena feci quel gesto, scattò.
“Quella… quella puttana ti ha sparato!” Ian urlò, facendomi spaventare.
 
“Oh – Nina commentò, storcendo la bocca – Non l’ha presa nel migliore dei modi”
“Direi di no – sospirai – Perciò come posso dargli una notizia del genere?”
“Mary, purtroppo non so cosa dirti – mi prese la mano – però so che in questo momento sei a Parigi e che, dopo i mesi passati in riabilitazione, meriti un po’ di riposo. E anche Ian lo merita”
“Non posso pensare a Parigi, sapendo di Valerie”
“Invece puoi. Questo è un enorme problema, è vero, ma, fino a quando sei qui in Francia, non puoi risolverlo. Quindi perché pensarci fin da ora? Tra tre giorni saremo nuovamente ad Atlanta. Ci penserai tra tre giorni. Non muore nessuno se ti godi un po’ di serenità e divertimento per – fece un conto con le mani – circa settantadue ore o mi sbaglio?”
“Hai ragione”
“Lo so – sorrise contenta – perciò, non pensarci!”
“D’accordo”
“E ora – si alzò e mi tese la mano – lavati la faccia e seguimi. Abbiamo una città da visitare” mi fece l’occhiolino e uscì dal bagno.
Feci come mi aveva detto.
 
POV Ian
Mi sedetti sul letto di Paul, non smettendo di muovere la gamba sana.
Sospirai lasciando le stampelle da parte e stringendo i pugni.
“Non fare quella faccia da film drammatico, ti scongiuro, Ian” Paul catturò la mia attenzione con il suo tono ironico, enfatizzato dal roteare degli occhi.
Voleva smorzare l’agitazione.
Accennai un sorriso.
“Sono solo preoccupato”
“Ha solo rigettato un po’ di cibo, non si muore mica per queste cose!”
“Lo so, ma prima di scendere nella hall stava bene – ripensai ai baci che ci eravamo scambiati, sentendo improvvisamente arrossire le guance – Benissimo” aggiunsi.
“Ma guardati, sembri una ragazzina alla prima cotta – Paul scoppiò a ridere – Comunque secondo me non stava poi così bene. Magari l’atterraggio l’ha scombussolata, ma non voleva farti preoccupare, quindiiii” prolungò la vocale, agitando la mano destra per aria con teatrale lentezza.
“E se fosse successo qualcosa mentre era nella hall?”
“Cosa, una chiamata stile ‘The Ring’? – cambiò voce, sembrando un esorcizzato – Sette giorni”.
Scoppiammo a ridere.
“Smettila, coglione, cerco di essere serio”
“Tu serio?! La battuta dell’anno” si mise a braccia conserte.
“Lasciamo perdere – lo guardai mentre sorrideva divertito – Magari le è successo qualcos’altro”
“Ian, accetta il fatto che sei l’incarnazione della paranoia. Ti prego, fallo e vai avanti” mi diede una pacca sulla spalla.
“E’ permesso?” dissero due voci femminili in coro, mentre la porta si apriva.
Mary e Nina varcarono la soglia sorridenti.
Presi le stampelle e scattai in piedi, andando loro incontro.
“Hai ripreso colore in viso! – dissi sollevato – Come ti senti?” chiesi apprensivo.
“Meglio” rispose, continuando a sorridere.
“Ne sei sicura?” mollai una stampella a terra e le carezzai la guancia.
Era liscia e calda.
Mary chiuse gli occhi a quel tocco, annuendo poco dopo lievemente.
Non appena li riaprì, disse: “Allora, mete scelte?”
“Yep! – Paul si alzò dal letto e posò la cartina sul tavolo – Sono due dei luoghi più famosi e belli e pieni di vita di Parigi. Sono due luoghi che ispirano serenità e allegria. Rullo di tamburi” simulò quello strumento a percussioni battendo le mani sul tavolo.
Lo guardai di sfuggita.
Non appena mi fece cenno col capo, parlai.
“Tour Eiffel e Champs Élisée!”.
Paul fece la ola entusiasta.
“Sì! – Nina contenta strinse il pugno destro, abbassandolo un poco – Vado subito a dirlo a Joseph”
“Ma a proposito, dov’è finito?” domandai.
“E’ andato in letargo provvisorio dopo che abbiamo fatto la doccia”
“Oppure l’hai sfinito tu” Paul le fece una linguaccia.
Nina fece una faccia sconvolta e scoppiammo tutti a ridere.
Anche lei stessa, dopo qualche secondo.
“Piuttosto che fare battute per niente volgari – cominciò Nina in tono ironico – perché non vai a recuperare Torrey?”
“Perché, dov’è?” domandò Mary, guardandosi attorno.
Solo in quel momento si era accorta che non era in camera con noi.
“A fare un giretto per i negozi che si trovano nella hall. Questo vuol dire che, come minimo,  ha prosciugato tre quarti del patrimonio di Paul” risposi io, facendo una risatina.
Paul, ancora sorridente, divenne serio.
“Oh” mormorò.
Subito uscì dalla stanza, correndo disperato, come se stesse per perdere il treno.
Ridemmo nuovamente.
“Vado da JoMo, altrimenti non ci muoviamo più” Nina scosse la testa divertita e uscì anch’ella dalla stanza.
 
“Perché dobbiamo farlo?” dissi, guardando con la coda dell’occhio la fotocamera interna del mio Iphone.
“Perché non sono mai stata qui. E poi perché è praticamente il nostro primo viaggio insieme. Certo, tu stai lavorando, ma che importa? Siamo a Parigi. Siamo insieme. E questi ricordi devono essere catturati, così potremo guardarli e riguardarli sempre e lasciarci scappare un sorriso. E potremo avere una bella memoria di questi giorni. Ho detto abbastanza? Perché potrei”.
La interruppi, baciandola.
Quando le nostre labbra si separarono, fecero un po’ di rumore.
“Continuare” Mary finì la frase con un filo di voce.
“Era un modo per dirti ‘ok, tutto chiaro’” sorrisi.
Mary ricambiò il sorriso e mi strinse a lei, tenendo contemporaneamente il telefono.
“Lo capisci che quel gioiellino potrebbe caderti da un momento all’altro? Dallo a me” la guardai.
“Nah, sono brava! E poi come dovresti tenerlo se hai le stampelle in mano? Lascia fare a me” alzò le spalle e sorrise, ostentando la sua superiorità.
Scossi la testa divertito, poi mi soffermai nuovamente a guardarla.
Guardava a destra, a sinistra e in alto velocemente. I suoi occhi brillavano, mentre ammiravano una Parigi solare, piena di vita.
“Ci credi, amore? Siamo sotto la Tour Eiffel! Che bello!” sorrise esaltata, spostando un po’ il telefono verso l’alto, per inquadrare meglio quel monumento, che aveva rubato il cuore a milioni di turisti.
“Lo è davvero! Vieni qui – i nostri volti si avvicinarono e ci baciammo – Che ne dici se saliamo? La vista è mozzafiato da lassù”
“Sìììì – urlò eccitata e guardò verso l’obiettivo della fotocamera – Ian mi porta sulla Tour Eiffel! E’ bello da dire. Tour Eiffel. Ha un bel suono” rise e staccò il video.
Risi con lei, poi ci incamminammo verso gli ascensori, che ci avrebbero portato in vetta.
 
POV Nina
“Siete pronti per ordinare?” chiese il cameriere gentilmente in francese.
“Ehm, ancora no. Potrebbe passare tra un po’? Stiamo aspettando due persone” rispose Paul, un po’ mortificato.
Non appena il cameriere se ne andò, Paul cominciò a tamburellare le dita sul tavolo.
“Ma si può sapere dove sono finiti? Dovrebbero essere già qui” borbottò.
“Paul, caro, calmati. Mary è a Parigi per la prima volta, sicuramente è voluta restare di più in cima alla Tour Eiffel. Non spazientirti”
“Ha ragione Torrey. Sono certa che arriveranno presto” sorrisi a Paul, poi mi voltai a guardare l’ingresso del ristorante.
Forse stavano ritardando davvero per via della Tour Eiffel, tuttavia la mia mente non riusciva a smettere di pensare a quella telefonata, a quell’avvocato.
Che Mary avesse vuotato il sacco?
“Niki? – mi chiamò Joseph, facendomi tornare con i piedi per terra – Tutto ok?”
“S-sì, sto benissimo! Solo che ho – esitai un momento, cercando di trovare una scusa per il mio essere sovrappensiero – ho dimenticato di chiamare mia madre. Meglio se lo faccia subito”.
Detto questo, mi alzai e mi allontanai dal tavolo.
Stavo per chiamare Mary, chiederle se lei e Ian avessero parlato, quando mi ritrovai Joseph davanti.
“Che c’è?” chiesi, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro.
“Non mi bevo la chiamata a tua madre”
“Come mai? E’ vero!” agitai l’Iphone in aria.
“L’hai chiamata prima di uscire dall’albergo. Ecco perché”
“Oh. Beccata” risi nervosamente.
“Allora, che succede?” Joseph incrociò le braccia.
Cominciai a battere il piede, guardando a destra e a sinistra, fin quando Joseph non mi prese il volto tra le mani, costringendomi a guardarlo.
“Allora?”
“Eccooo… diciamo che Mary mi ha confidato una cosa che al momento non si sente di dire a Ian e io non so per quanto potrò mantenere il silenzio stampa”
“Oh mio Dio, è incinta, vero? Per questo ha vomitato! Ma certo, tutto chiaro! Oh, Smolder papà” Joseph cominciò a esaltarsi.
“No, no, Mary non è incinta. Che io sappia – corrugai lievemente la fronte, poi scossi la testa – Il segreto è un altro”
“Sputa il rospo”
“JoMo, non tentarmi. Non posso”
“E’ una cosa grave?”
“Non so dirlo”
“Niki, prometto di non dirlo a Ian. Anzi, a nessuno. Però parla, non posso vederti così pensierosa e preoccupata” i suoi occhioni azzurri mi fecero sciogliere.
“Mary ha ricevuto una chiamata in hotel da parte di un avvocato”
“Avvocato? E’ stata denunciata?”
“No, l’avvocato d-di Valerie, la donna che ha provocato il loro incidente” conclusi la frase con un filo di voce.
“Ah. E che voleva da lei?”
“Le ha comunicato il desiderio di Valerie, cioè vedere lei e Ian per parlare. Mary non sa come dirlo a Ian, perché, beh, si sta ancora riprendendo e” non continuai più la frase, abbassando lo sguardo.
“E quindi ora tu pensi che stanno ritardando perché lei ha deciso di dirglielo?”.
Annuii.
“Nah, non credo. Non la conosco benissimo, ma credo che non gli rovinerebbe mai questi tre giorni”
“Io le ho consigliato di dirglielo quando si torna ad Atlanta”
“Buon consiglio. In questi tre giorni ci si deve solo divertire e rilassare. E lavorare per noi, ma dettagli. Il resto fuori da Parigi” mimò il gesto con le mani.
“Già”
“Anche la tua preoccupazione, mia cara” sorrise.
“D’accordo” ricambiai il sorriso.
Stavamo per baciarci, quando una ragazzina si schiarì la voce.
La guardammo.
Aveva i capelli corti, castani, e ci osservava con due grandi occhi azzurri.
Poteva avere massimo undici anni.
“Scusate, i-io – esitò, rossa in volto – siete Nina Dobrev e Joseph Morgan?” disse in inglese timidamente.
“Sì, siamo noi” rispondemmo insieme.
“Potrei fare una foto con voi? Io amo The Vampire Diaries e” non continuò la frase, abbassando lo sguardo.
“Ma certo” sorridemmo.
La ragazzina, entusiasta, sorrise a trentadue denti e, preso il suo cellulare, scattò una fotografia con la telecamera interna.
“Gr-grazie” balbettò.
“Ehi, come ti chiami?” chiese Joseph, abbassandosi alla sua altezza.
“I-io? Grace”
“A presto, Grace” Joseph le diede un bacio sulla guancia.
La ragazzina lo guardò sorpresa, poi mormoro ‘A presto’ e corse da sua madre.
“Sei dolcissimo” dissi, carezzandogli il volto.
“Le tue labbra di più” rispose malizioso, strappandomi un bacio.
“Ragazzi! Ehi!” sentii una voce femminile gridare.
A malincuore mi distaccai dalle labbra di Joseph e guardai l’altro lato della strada.
Mary si stava sbracciando, mentre Ian scuoteva la testa, reggendosi sulle stampelle.
Non appena attraversarono la strada, ci vennero incontro.
“Finalmente vi abbiamo trovati – disse Mary, piegandosi sulle ginocchia – Ian pensava che foste andati in un altro ristorante” gli lanciò un’occhiataccia.
“Beh, per discolparmi posso dire che non li avremmo mai persi se tu ti fossi scollata prima dalla vetta della Tour Eiffel” le fece una linguaccia.
“Mi sarei scollata volentieri se solo tu ti fossi scollato prima dalle mie labbra” ricambiò la linguaccia.
Ian alzò gli occhi al cielo.
Non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere.
“Andiamo dentro, bambini, su, così vi diamo la pappa e vi calmate” disse Joseph con voce paterna, come se stesse parlando davvero a dei bambini, facendomi ridere di più.
“Prendete pure in giro, ma bravi” Mary rispose, scuotendo la testa amaramente.
Subito dopo sorrise.
Entrammo tutti insieme.
 
POV Ian
“Qualcun altro ha domande per i nostri beniamini?” disse la nostra traduttrice ai fans, che erano in sala.
“Io avrei una domanda” disse una ragazza in prima fila.
Dalla voce sembrava irlandese. Aveva i capelli lunghi, lisci e neri. Gli occhiali e l’apparecchio. Sedici anni al massimo.
“Ok – la traduttrice sorrise – Passatele il microfono”.
Non appena la ragazza prese il microfono tra le mani, la traduttrice disse: “A chi vuoi fare la domanda?”
“In realtà non è una vera e propria domanda. E’ più una cosa che ho da dire”
“A chi?”
“A Ian”
“Dimmi, piccola” mi intromisi, sorridendole.
“Io volevo semplicemente dire che – la sua voce, improvvisamente s’indurì – che non puoi competere con Paul, così come Damon non può competere con Stefan. I due ruoli sono completamente diversi! Stefan è così romantico e premuroso! Damon sa solo uccidere la gente e far soffrire tutti. Come può Elena anche solo stargli vicino? C’è qualcosa sotto, vero? Magari un incantesimo, perché la vera Elena, quella che abbiamo conosciuto nella prima stagione, odia Damon e ama Stefan. Il loro amore è epico e non finirà mai. Quindi, Damon non esiste. Il Delena non esiste. Dovevi perire in quell’incidente, così anche Damon si sarebbe finalmente tolto dalle scatole!”.
Spalancai la bocca, incapace di rispondere.
Cercai di calmare i bollenti spiriti e di trovare una risposta gentile e matura.
Una cosa come ‘Non si può piacere a tutti’.
Stavo per parlare, quando sentii un rumore strano, come se delle tende fossero state aperte.
Spalancai gli occhi e guardai la donna di fronte a me.
Mary era uscita fuori ed era sul palco.
E sembrava incazzata nera.       
 
POV Mary
“Dovevi perire in quell’incidente, così anche Damon si sarebbe finalmente tolto dalle scatole!”.
Avevo ascoltato quel breve monologo a pugni stretti, ma queste parole erano state il colpo di grazia. Come si permetteva un’adolescente a dire queste cose davanti a tutti? Cose comunque non di certo leggere, ma delicate e di un grande peso.
Cercai di resistere il più possibile alla mia voglia di uscire allo scoperto e dirgliene quattro, ma non riuscii a trattenermi a lungo.
Mi alzai dallo sgabello, su cui ero stata appollaiata fino a poco prima, scostai la tenda che mi divideva dal palco e mi catapultai fuori.
Esattamente davanti a Ian.
“Chi ha parlato?” chiesi seria, con tono secco.
La ragazzina insolente sventolò il microfono.
“Di solito sono una persona che sa controllarsi. Di solito. Oggi, tuttavia, non è questo il caso. Deve essere divertente piombare qui, a soli sedici anni, credo, e realizzare il tuo sogno di vedere i tuoi idoli. Contenta per te, davvero, ma – mi arrestai, sottolineando quel contrastivo – di certo non lo è dire determinate cose a una persona. Numero uno: dici di amare Stefan. Sai che, però, Stefan ama suo fratello? E viceversa? Ora, con quale bel faccino vieni qui a sperare nella morte della persona che Stefan ama di più al mondo? Che ama più di Elena? Questo, mia cara, vuol dire non guardare bene e attentamente uno show televisivo; vuol dire essere superficiali su un rapporto di fratellanza intenso e meraviglioso, che ci regala momenti così forti, da lasciarci senza parole; vuol dire non aver capito un tubo del messaggio che i produttori vogliono trasmettere con questo rapporto. Numero due, molto più importante: conosci la differenza tra la realtà e la finzione? Perché Damon, Stefan e tutti gli altri sono personaggi inventati. Frutto di una fantasia simpatica. E questi signori che vedi qui, seduti su questo palco, che parlano dei loro personaggi e un po’ anche delle loro vite, che sorridono, che vi adorano, che hanno sempre tempo per donarvi una foto o un autografo, si chiamano attori. Loro recitano le parti di questi personaggi fittizi. Ora, secondo te, desiderare che una persona vera muoia in un incidente solo per non averla in mezzo ai piedi in un telefilm, è essere sani di mente? A mio parere no. Hai voluto esprimere una tua opinione. Hai fatto benissimo. Si deve dire ciò che si pensa, è vero, ma si deve sempre ricordare che non bisogna confondere la libertà di pensiero e di parola con la libera facoltà di sparare cazzate. Quell’incidente non può essere nominato, perché reale. Non può essere nominato, perché è stato un evento delicatissimo, che poteva costare la vita, quanto a Ian, quanto a me. Perciò chiudi la bocca e distingui la prossima volta. Lieta di averti conosciuto” conclusi sorridendo e tornai dietro le quinte, rossa in volto.
 
“Perché non riesco a tenere mai la bocca chiusa?” mugugnai, picchiandomi la fronte con il pugno destro.
“Perché, quando non ti controlli, sei una donna istintiva e meravigliosa? – Ian sfoggiò un sorriso a trentadue denti, ma non mi fece stare meglio – Dai, non ci pensare. Hai fatto e detto quello che ritenevi giusto. Non è stato un errore. Certo, l’hai detto di fronte a tantissime fans che già”
“Che già mi odiano, quindi devo aspettarmi un attentato terroristico sull’aereo. Vi consiglio di non imbarcarvi” sorrisi sarcasticamente per un attimo, guardando non solo Ian, ma anche Nina, Joseph, Paul e Torrey.
“Smettila. Presto tutti dimenticheranno questo… mmmm… definiamolo episodio” Ian annuì lievemente, cercando di convincermi.
“Non per alimentare chissà quale fuoco, ma io non ne sarei tanto sicuro” disse Paul, cercando di trattenere le risate.
“Perché?” lo guardai, alzando un sopracciglio.
“Beh, qualcuno deve averti ripreso, perché sei su Youtube! E questo video sta praticamente inondando Twitter” agitando il suo Iphone.
“Cosa?!” strillai, afferrando il suo telefono e scorrendo le sue notifiche di Twitter.
“Chissà, magari diventi pure un trend mondiale” Paul non riuscì più a resistere e scoppiò in una fragorosa risata.
“Non posso crederci! – sbarrai gli occhi, diventando rossa – Posso trasformarmi in struzzo all’istante?”
“Non credo che ti salverebbe da questo” Paul continuò a ridere, scuotendo la testa.
“Ian, sotterrami da qualche parte, ti imploro!” lo guardai, facendo il labbruccio.
“Tesoro, non potrei mai! Considera tutto questo come una sorta di rito di iniziazione! Ora sei ufficialmente accettata, nel bene e nel male, diciamo”.
Sbuffai e andai a comprare una bottiglietta d’acqua al bar dell’aeroporto.
Mancava poco all’imbarco effettivo, ma non potevo aspettare che decollassimo.
Ero troppo nervosa.
Strano, anzi, che non stavo comprando alcolici.
O patatine e dolci.
“Grazie” dissi al barista in francese.
“Di niente” mi sorrise.
Non appena uscii dal piccolo locale, trovai Nina ad aspettarmi.
“Posso dirti una cosa?” chiese, accennando un sorriso.
“Certo”
“Non ti preoccupare. Quello che hai fatto, a mio parere, può solo far bene alla tua figura. So che ti piacerebbe restare nascosta agli occhi degli altri, ma comunque vivere la tua storia. E credimi se ti dico che lo capisco. Purtroppo, però, non è possibile. Avere una storia con qualcuno del nostro mondo non è facile, ma te la stai cavando davvero bene. Certo, forse potevi moderarti un pochetto, ma è anche vero che parlare di quello che avete passato non è stato per niente di buon gusto. In fondo, solo chi ha vissuto la paura di quel giorno può capirlo. Perciò, non vergognarti. Sii fiera di quello che hai detto. Ecco, l’ho detto”
“Nina – la guardai commossa, poi la abbracciai – Grazie. Davvero. Non sai quanto vogliano dire per me queste tue parole!”
“Credo di saperlo. Ti voglio bene” mi strinse.
“Anche io”.
 
Entrai nella stanza che mi aveva indicato l’infermiera.
Era molto accogliente, con un’ampia finestra che dava sulla spiaggia. Tende bianche oscillavano per il vento. A parte loro,  niente si muoveva.
Ma dov’era?
Feci qualche passo incerta e mormorai: “Valerie? Sono Maria Chiara. F-floridia” finii la frase balbettando.
Non rispose nessuno. Mi voltai per andarmene, ma me la ritrovai davanti.
I capelli biondi lasciati mossi sulle spalle.
Gli occhi azzurri splendenti, ma nonostante ciò sempre inquietanti.
Distolsi lo sguardo, che ricadde sulle sue mani.
Deglutii con forza, mentre cercavo di non pensare a loro che, più di due mesi prima, avevano tenuto saldamente una pistola contro di me.
“E’ venuta” disse Valerie con tono spento.
“S-sì. Il suo amico avvocato mi ha detto che voleva vedermi. Cosa posso fare per lei?”.
Strinse i denti. Restai immobile in attesa di una risposta, che non arrivò mai.
Le sue mani si chiusero a coppa sul mio collo.
Stringevano con forza. In brevissimo tempo mi ritrovai con i piedi per aria, che si agitavano. Provai a combatterla, cercando di allontanarla con le mani, ma inutilmente. Era molto più forte di me.
Cominciai a boccheggiare, mentre mi abbandonavo alla morte, fissando i suoi spietati occhi azzurro ghiaccio.
Mi svegliai di soprassalto.
“Ehi, tutto ok?” Ian mi guardò preoccupato, accarezzandomi la schiena con la mano destra.
Mi guardai intorno velocemente, prima di rispondergli.
Eravamo ancora sull’aereo.
“Sì – respirai profondamente , quasi per accertarmi che i miei polmoni stessero davvero bene – Ho solo fatto un sogno così strano” la voce mi morì in gola.
“Ah, tranquilla! Era solo un sogno. Qui ci sono io, sei al sicuro” mi baciò dolcemente.
“Si pregano i gentili passeggeri di riallacciare le cinture di sicurezza. Il volo A478, partito da Parigi, sta per cominciare le manovre di atterraggio” disse la hostess al microfono, prima in francese, poi in inglese.
“Allacciamo questa cintura” Ian sorrise.
Allacciò prima la mia, poi la sua, in modo che potessimo restare abbracciati.
“Ti senti meglio?”
“Sì, tesoro, grazie – sorrisi, stringendolo – Uh, guarda, si vede Atlanta!” indicai con un dito il finestrino.
“Siamo a casa” mi strinse.
“Già” lo abbracciai ancora, cercando di non far notare il mio turbamento.
Non appena l’aereo atterrò, mi alzai, presi le stampelle di Ian e gliele porsi, aiutandolo ad alzarsi.
“Non vedo l’ora di liberarmi di queste” le guardò.
“E impedirmi di farti da baby sitter? Crudele” sorrisi sarcastica.
Dopo essere scesi dall’aereo e aver preso i nostri bagagli, salutammo gli altri e ci dirigemmo verso l’uscita dell’aeroporto.
“Spero che John sia già arrivato, voglio tornare a casa e spaparanzarmi sul divano e non fare niente” mi disse Ian.
“Lo spero anche io! Dopo tre giorni fuori casa ci vuole proprio un po’… un po’ di casa”.
Mancava poco all’uscita, quando due ragazzine ci fermarono.
Una era mora con gli occhi verdi, l’altra bionda con gli occhi castani.
Potevano avere al massimo quattordici anni.
“Tu sei Ian Somerhalder, vero?” disse la mora, con lo sguardo pieno di speranza.
“Sì, piccola, sono proprio io” Ian rivolse a entrambe uno dei suoi splendidi sorrisi.
“Oh mio Dio! – il volto della seconda ragazzina si riempì di gioia – Possiamo chiederti una foto?”
“Ma certo! Mary?” mi guardò.
Annuii, poi mi rivolsi alle due ragazzine: “Se mi date la vostra macchina fotografica o il vostro cellulare, posso scattarvela io”
“A dire il vero – disse la prima ragazzina timidamente – volevamo chiederti di unirti alla foto”
“Oh! – rimasi sorpresa da quella risposta – Ok” sorrisi.
La bionda diede il suo cellulare alla madre, poi insieme all’amica si avvicinò a me e Ian.
Appena il flash finì di brillare,riprese il telefono; ammirata la foto, disse timidamente: “Grazie davvero a tutti e due. Siete una bella coppia secondo noi” e se ne andò insieme all’amica.
“Che simpatiche!” le guardai, mentre si allontanavano sempre più.
“Andiamo anche noi, su” Ian riprese a camminare con le stampelle e io lo seguii, trascinandomi dietro le valige.
All’uscita trovammo John, che prese i bagagli e ci accompagnò a casa di Ian.
“Grazie mille, John. Una buona serata” gli sorrisi, dopo aver scaricato tutte le valige.
“Di niente, miss Floridia”
“Mary, mi chiamo Mary” lo ammonì sorridendo.
“Mary – sorrise, dopo aver fatto una smorfia – Una buona serata anche a voi” salì in macchina e se ne andò.
Rientrai in casa. Ian si era sdraiato sul divano.
Ovviamente.
“Come se non fossimo stati seduti per undici ore di volo” lo guardai dall’alto.
“Ma come sei spiritosa” si issò sui gomiti, fin quando non trovò le mie labbra.
Gli carezzai il volto e ricambiai. Mentre il bacio continuava, includendo le nostre lingue, si udì un brontolio. Posi fine al bacio e risi.
“Era il tuo stomaco?” lo guardai.
“Sì, lo ammetto” Ian si nascose il volto con un cuscino.
“Vado a preparare la cena allora” gli tolsi il cuscino e lo baciai.
“Il mio stomaco sentitamente ringrazia” rise e mi lasciò andare.
Spesi un’abbondante ora tra i fornelli, preparando pasti sfiziosi a base di ortaggi e cibo senza glutine.
“Spero sia di tuo gradimento, oh mio principino!” lo aiutai ad accomodarsi.
“Zucchine al forno con mozzarella. Beh, dopo tutte le ‘schifezze’ – fece il segno delle virgolette con le dita – che abbiamo mangiato a Parigi un pasto più leggero ci voleva”
“Ne sono contenta. Buona cena” sorrisi, poi cominciammo a mangiare.
Lavati i piatti, accesi il mio computer portatile e raggiunsi Ian sul divano.
“Che stai facendo?” mi chiese, mettendosi a sedere per lasciarmi un po’ di spazio.
“Devo controllare la mail, per vedere se mi hanno cambiato l’orario del turno di domani” spiegai, mentre accedevo alla mia casella di posta.
“Dopo vai su Facebook?”
“Perché?”
“Voglio vedere che succede nel mondo virtuale dei comuni mortali”
“O meglio, vuoi vedere che dicono sul nostro conto” scossi la testa divertita.
“Beccato” alzò le mani in segno di resa.
Risi e controllai che con i turni fosse tutto regolare, poi accontentai Ian ed entrai su Facebook.
Mi ritrovai ben 70 notifiche, per la maggior parte richieste di amicizia dalle fan di Ian, inviti alle pagine su Ian o su me e Ian, queste ultime in netta minoranza.
“Alla faccia. Vediamole una per una” si mise comodo.
“Come fanno a divertirti queste cose? – risi – Ricordati che non troverai chissà quali gran commenti, i tuoi fan mi odiano, specie dopo la scenata che sta spopolando sul web!”
“Non quelle due all’aeroporto”
“Due su milioni, confortante” risposi ironica.
“Apri le notifiche” cambiò discorso.
Rifiutai la maggior parte delle richieste d’amicizia, dato che erano dei curiosoni che volevano notizie sulla mia relazione.
Accettai, però, le richieste delle due ragazzine all’aeroporto, Kayla B. e Maya Evans. Pochi secondi dopo mi arrivò un tag da parte di Kayla. Guardai Ian, poi aprii la notifica.
La foto scattata all’aeroporto riempì lo schermo.
Le ragazzine guardavano l’obiettivo emozionate, con un sorriso a trentadue denti.
Ian stringeva le sue stampelle, lasciandosi accarezzare dalle due ragazzine, e sorrideva tranquillo.
Per lui il tutto era routine.
Per me no.
L’unica nota stonata in quella foto ero io. Al contrario del mio amato ragazzo, che poteva attraversare il deserto del Sahara e sembrare dopo un dio greco comunque, io sembravo un’esaurita e stremata donna comune, con i capelli a cavolo e i segni della stanchezza ben visibili sul mio viso.
Sospirai.
“Che c’è?” mi chiese Ian.
“Ma guardami! Sembro una deficiente!”
“Non è assolutamente vero. Eri appena atterrata da un viaggio lungo, normale che fossi un po’ tanto distrutta”
“E com’è che tu sembri un dio sceso in terra? Abbiamo fatto lo stesso viaggio”
“Non pensare a me!”
“Ci penso invece. Se ci metti vicini, sembriamo due opposti” abbassai lo sguardo.
“Non studiavi fisica una volta? Nessuno ti ha mai detto che gli opposti si attraggono?” mi prese il mento, facendomi riposare gli occhi sui suoi.
“Ero una capra in fisica” feci una smorfia.
“Ok, può succedere. Ma ora lo sai” mi baciò.
“Grazie per la lezione” gli risposi.
“Di niente. Ora, torniamo alla foto” Ian mi sorrise, poi guardò nuovamente il computer.
La foto era stata pubblicata insieme a una descrizione.
“Io e @Maya Evans ci sentiamo le ragazze più fortunate del mondo perché abbiamo incontrato all’aeroporto l’uomo più perfetto di questo pianeta e la sua ragazza, @Maria Chiara Floridia, dolcissima e simpaticissima. Al diavolo tutte le malelingue! Grazie per questa foto e per la vostra disponibilità J”.
Dopo questo commento, vi erano tre pagine taggate, tutte su me e Ian. Due di queste pagine avevano già commentato, così come alcune amiche delle due ragazze.
“Questa Kayla è davvero dolcissima. Che dicono i  commenti?” chiese Ian.
Scesi per leggerli meglio.
“Allora, alcune sue amiche scrivono che sono state molto ma molto fortunate ad averti incontrato così casualmente e che avrebbero voluto conoscere anche me per vedere di presenza che tipo fossi – premetti la freccia rivolta verso il basso per continuare – mentre le pagine su di noi hanno scritto che confermano che siamo una bellissima coppia e che vorrebbero incontrarci di presenza. E che ci adorano” finii la frase con una punta di superbia.
“Ma guardati, ti metteresti persino a saltellare in questo momento” mi sorrise.
“Beh, sì, lo ammetto. Mi fa piacere che esistano persone che non mi conoscono e che non mi giudichino male, nonostante ciò”
“Chi ti giudica male imparerà ad amarti come fanno già queste persone” mi baciò la guancia sinistra.
“Che non sono più di dieci per pagina”
“Dieci per tre fa trenta” mi fece notare.
“Ma magari sono sempre le stesse persone – feci una smorfia, ironica, poi risposi a Kayla – Siamo felici di aver reso te e @Maya Evans così contente. E’ stato un bell’incontro! J un bacio da me e Ian :* - scrissi – Va bene?” lo guardai.
“Perfetto. Invialo”.
Premetti il tasto ‘invio’.
“La tua sete di auto-gossip è finita adesso?”
“Sì, credo – rise – ma ormai completiamo il tuo giro di notifiche”.
Selezionai come ‘già lette’, tutti gli inviti e i ‘mi piace’ a link, commenti e foto. Restava solo una notifica da guardare, da parte di Rose. Cliccai e si aprì la foto di una camera, piena di candele, rose e foto.
“Che stanza meravigliosa!” commentò Ian.
“E’ il soggiorno di Rose e Steve. Questa foto risale al tre Maggio dell’anno scorso” sorrisi, già commossa.
“Cos’è successo quel giorno?”.
Dopo aver guardato un’ultima volta quella foto, lessi la descrizione che Rose aveva scritto per rispondere alla sua domanda: “Esattamente un anno e mezzo fa ho trovato questo spettacolo nel mio soggiorno. Non dimenticherò mai quel giorno, così essenziale e importante per me. Grazie @Maria Chiara Floridia per aver aiutato quel pazzoide del mio futuro marito a realizzare tutto ciò. Senza il tuo aiuto, probabilmente l’anno prossimo non ci sarebbe un giorno così vitale; non ci sarebbe il giorno sicuramente più bello della mia vita. Ti voglio bene <3 ps. Per la cronaca, il mio futuro marito è @Steve Crane”
“Le ha fatto la proposta con quest’atmosfera? Wow!” gli occhi di Ian brillavano.
“Non hai la minima idea di quanto abbiamo faticato per crearla e per non farle capire niente. Il mio di soggiorno sembrava una sala per il decupage”.
Ian rise.
“Come mai non si sono ancora sposati?” mi chiese.
Mi rabbuiai un pochino, ripensando all’anno precedente.
“Mary, ho per caso detto qualcosa di male?”
“No, non preoccuparti. Inizialmente le nozze erano state pensate per il Gennaio di quest’anno. Già dal Luglio scorso, infatti, sia Rose che Steve si erano mobilitati per i preparativi, per la chiesa, che a dire il vero è ancora sconosciuta”
“Persino a te?” mi guardò incredulo.
“Sì, persino a me – accennai un sorriso – Ma alla fine furono rinviate”
“Come mai?”
“Ad Agosto, circa una settimana dopo il nostro ritorno dalla vacanza in Sicilia, Rose cominciò a stare male. Si sentiva sempre spossata, senza forze. Alla fine si scoprì che – esitai – che aveva in corso un aborto. Era il secondo che le capitava, il primo l’aveva avuto ai tempi dell’università e… beh, non se l’è sentita di organizzare il matrimonio. Era troppo sconvolta”
“Oh, mi dispiace”
“Già – abbassai lo sguardo, ma poi scossi la testa e sorrisi – Ma ora sta bene ed è più agguerrita che mai per queste nozze”
“E’ una donna forte. Come te” mi diede un bacio stampo.
“Ruffiano – ricambiai il bacio – Ora rispondo al commento, poi stacchiamo. Non voglio che ti venga qualche altra strana idea di gossip – lo guardai, poi cominciai a rispondere a Rose – Non sai quanto bene ti voglia io! E’ stato un piacere aiutarlo e poi per ben una settimana intera il mio soggiorno profumava ancora di rose bianche ahahah vi voglio davvero bene ragazzi <3 e quel giorno sarà, come dire, EPICO! :P – premetti invio – Bene, adesso mi scollego”
“No, alt! Perché non vai in una delle pagine in cui parlano di noi?”
“Ian!”
“Dai, questa è l’ultima cosa che ti chiedo per stasera, promesso. Parola di scout!”
“Sei assurdo” risi.
Andai nuovamente nella sezione notifiche e presi una pagina a caso. Guardai la bacheca della pagina e scoppiai a ridere.
“Che c’è?” Ian mi guardò.
“Guarda tu stesso” risposi a fatica tra le risate.
“Buonasera ragazze, sono io, la vostra Elena. Purtroppo stasera non potrò stare con voi, è il compleanno di mio padre, ma per farmi perdonare vi lascio questa bellissima foto scattata ai nostri Iary a Parigi. Una buona notte e spero cresciate di numero :* <3 – Ian lesse ad alta voce e rise – Iary? Ma che nome è?”
“Non ne ho la minima idea” mi calmai.
“No, io devo rispondere” mi tolse il computer dalle mani, poi cliccò su ‘commenta’.
“Ian, no, sei con il mio profilo, ti prego!” protestai, cercando di impossessarmi di nuovo del computer.
“Tranquilla, non scriverò chissà che cosa – rise, poi cominciò a muovere le sue dita sui tasti – Nome fantasioso, non c’è che dire! Una buona serata a te J un bacio, Mary e Ian – si fermò per un attimo, dopo aver inviato il commento – Forse, però, avrei dovuto scrivere ‘Iary’” rise di nuovo.
“Forse – risi anch’io – ma adesso basta!” ripresi il controllo del mio computer e uscii da Facebook.
 
“E finisce sempre con le sue mani attorno al mio collo e… beh, con la mia morte”
“Sogno strano” commentò Rose, sorseggiando il suo caffè.
“Cosa vorrà dire?” sospirai.
“Forse che hai paura di schiattare davvero stavolta direttamente per mano sua?”
“Potrebbe essere, secondo te?”
“Beh, sei quasi morta per colpa di una pallottola che ha sparato lei, poi contando quello che ha fatto a Ian… la tua paura è giustificata. Così come tu – sottolineò il pronome – sarai giustificata se deciderai di non incontrarla”
“Ma il suo amico avvocato mi ha detto che le farebbe bene vedere me e Ian. Ah, e dovrei dirlo a Ian” mi presi il volto tra le mani.
“Non gli hai ancora detto niente?”.
Scossi la testa.
“Mary! – mi rimproverò – Ricordi la promessa?”
“Lo so, e mi sento in colpa per questo, però… Ian ha dovuto portare il busto per un mese pieno, ha avuto controlli cerebrali fino allo sfinimento, ha ancora le stampelle, non ha ancora finito del tutto la sua riabilitazione post-incidente… al momento non può lavorare, escludendo la convention di Halloween a Parigi. E’ vivo e non ha lesioni cerebrali, né spinali, né respiratori davvero per chissà quale miracolo. Secondo te come reagirebbe se gli dicessi ‘Ehi, tesoro, la tizia che ti ha investito e mi ha sparato ci vuole vedere per, così dice, scusarsi. Ci stai?’”
“Magari accetta!” Rose finì il suo caffè.
“Non lo so” mormorai.
“Mary, tesoro, so che vuoi proteggerlo e so anche che, se fosse stato lui a ricevere questa chiamata, avrebbe esitato a parlartene per proteggere te. Avrebbe fatto la stessa cosa; con la differenza, però, che lui, nonostante la paura, alla fine ti avrebbe detto tutto. Dopo un giorno. Massimo due. Devi dirglielo, non puoi tenerlo all’oscuro. Sono passati quattro giorni”
“D’accordo” annuii.
“Ora andiamo a lavoro, su” mi sorrise.
Ci alzammo dagli sgabelli del bar e ci dirigemmo verso la zona per il ritiro delle analisi.
Improvvisamente vedemmo Steve correrci incontro, tutto affannato.
“Amore, che succede?” Rose gli si avvicinò, con gli occhi colmi di preoccupazione.
“Grandi notizie, amore mio: il sacerdote ci ha dato l’okay! Ci sposiamo a Santa Fe. Il venticinque Gennaio è confermato” nonostante Steve fosse stanco per la corsa, sfoderò un sorriso a trentadue denti, pieno di gioia.
“Davvero?! Ah, che splendida notizia” Rose gli gettò le braccia al collo, poi lo baciò.
“Santa Fe? Che mi sono persa?” chiesi confusa.
“Santa Fe è una città che si trova tra la California e l’Alabama, più o meno. Così non avvantaggiamo nessuna delle nostre famiglie, facendo automaticamente offendere l’altra – Rose sorrise – E poi lì c’è una chiesa molto speciale”.
Notando sicuramente la mia espressione ancora confusa, Steve raccontò l’aneddoto: “Era l’estate tra l’ultimo anno di università e il primo anno di tirocinio, perciò il duemilanove. Giusto?”.
Rose annuì.
“Bene. Io e Rose stavamo insieme da quasi un anno e la stavo portando a conoscere finalmente i miei genitori ed era molto agitata.  L’auto si fermò a Santa Fe e l’agitazione di Rose aumentò, fin quando non ci ritrovammo casualmente davanti a una chiesa, la cattedrale di Saint Francis. Entrammo e assistemmo a una messa. All’uscita, Rose era completamente rilassata”
“E il primo incontro con i miei suoceri andò benissimo. Ecco perché ho scelto quella chiesa come luogo dove coronare il mio sogno d’amore. Ah, ora finalmente possiamo stampare gli inviti!”.
Steve baciò Rose sulla guancia. I loro occhi brillavano.
“Ragazzi, sono così felice per voi” li abbracciai, un po’ goffamente.
L’abbraccio fu interrotto dal mio cercapersone.
“Si va definitivamente a lavoro” staccai il cercapersone, li lasciai e mi diressi al pronto soccorso.
 
“Sono a casa” dissi, richiudendo il portone.
“Ehi, amore” Ian si voltò e mi guardò.
Era sdraiato sul divano.
Di nuovo.
“Tu e il divano avete una relazione amorosa? – chiesi ironica e Ian rise – Tesoro, sei raggiante oggi” sorrisi e mi avvicinai, alzandogli accuratamente le gambe e ponendole sulle mie ginocchia.
“Anche tu. Che succede?”
“Beh, devo dirti che il venticinque Gennaio mi servi”
“Per?”
“Sarai il mio accompagnatore”
“Uh, dove mi porti?”
“Al matrimonio dell’anno” sorrisi.
“Vuoi dire che”
“Mh mh – annuii – Rose e Steve hanno vuotato il sacco: venticinque Gennaio duemilaquattordici, Santa Fe. Una data, un luogo, un amore, un unione” parlai fiera.
“Sembri la testimonial di una pubblicità – rise – Signorina Floridia, le farò da accompagnatore molto volentieri” sorrise.
“Ne sono contenta. La gamba come va?” cominciai a massaggiargli delicatamente la coscia sinistra.
“Oggi va lievemente meglio. Forse la fisioterapia sta cominciando a dare i suoi frutti”
“Allora smetto di far lavorare le mie dita” mi fermai.
“Non intendevo questo”.
Ian si mise a sedere, un po’ a fatica, e toccò le mie mani.
Le mie dita avvertirono una scossa elettrica. Le nostre labbra si avvicinarono meccanicamente, attrattesi a vicenda. Prima che si toccassero, però, lo fermai.
Rose aveva ragione.
Non potevo e non dovevo lasciarlo all’oscuro.
“Ian, ti devo parlare” sospirai.
“E devi parlare proprio ora?” mormorò, guardando intensamente le mie labbra.
Mi desiderava.
Deglutii, provando con tutte le mie forze a resistergli.
“S-sì, d-devo” balbettai.
“Ti do cinque secondi, prima che la mia bocca si unisca alla tua. Poi, potrai parlare solo dopo le ‘coccole’ – fece le virgolette, sorrise malizioso e guardò il suo orologio da polso – Vai”
“Mentre eravamo a Parigi, mi è arrivata una chiamata da un avvocato, che si è rivelato amico di Valerie, che sarebbe la donna che ti ha investito e mi ha sparato” dissi tutto d’un fiato.
















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Note dell'autrice:
http://24.media.tumblr.com/tumblr_m4oux8ycXA1qlx6t0o1_250.gif
ahahahahahaahh
Tralasciando il tempo IMMANE che è passato dall'ultimo capitolo pubblicato, ecco qua il 5, tanto atteso! Mi scuso davvero tanto, ma tra test ed esami di stato, trovare il tempo per scrivere questo capitolo è stato davvero difficile :(
Allora, eravamo rimasti alla chiamata ricevuta da Mary. Ci siamo ritrovati con Parigi, Niseph, Iary (xD), ma soprattutto tanti momenti di amicizia. Personalmente non credevo fosse possibile un rapporto del genere tra Mary e Nina, non l'avevo programmato. Ma, boh, le loro scene escono fuori spontanee. Come se si scrivessero da sole. Ecco perché mi piace tanto la loro amicizia! :)
Come, d'altronde, amo pure il rapporto tra Mary, Rose e Steve! <3
Mary ha vuotato il sacco.
Che reazione avrà Ian?
Lo scoprirete presto, credo che non passerà più tutto questo tempo di stacco.
Spero, nonostante il ritardo, che abbiate potuto ugualmente apprezzare.
Ringrazio per le recensioni e per chi ha messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite.
Ma anche chi legge silenziosamente. Nel suo piccolo è importante, Ovviamente! u.u
Non so più che dire, se non rinnovare nuovamente le mie scuse :(
E invitarvi al piccolo gruppo che ho creato su fb per questa piccola storia: https://www.facebook.com/groups/265941193578737/
Vi aspetto!
Alla prossima <3
Mary :*
  
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