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Autore: Martamydear    11/06/2014    1 recensioni
Mitchell Young, meglio conosciuto come Raven, è lo scapicollato leader di un gruppo di progressive rock ancora più svitato di lui.
Proprio il giorno in cui la band deve presentarsi ad un importante provino per una casa discografica, un evento irrompe nella vita dei musicisti: un giovane batterista viene ritrovato morto con un'inquitante scritta acccanto a lui.
A che cosa si riferirà?
Tra leggende metropolitane, esoterici riti e persino chitarre apparentemente infestate da fantasmi, in una malfamata New Orleans contemporanea, riusicrà l'insolito detective a scoprire i terribili eventi che si celano dietro al delitto?
Dal capitolo 1:
Dissonanze a non finire, nulla di ripetuto e il tutto al ritmo più veloce che si potesse immaginare.
Lui era quella musica, in quel momento si trovava in un’altra dimensione, estraniato dalla realtà che lo circondava. Era un corvo che volava via in un mondo fatto di suoni, un mondo immateriale, a cui solo lui poteva accedere. Era una sensazione maledettamente bella.
I piedi con tutte le scarpe buttati sulla ringhiera del letto, i pantaloni senza cintura e la camicia sbottonata. Sdraiato con lo stomaco schiacciato sul materasso di un lurido appartamento, Raven ascoltava la musica.
Genere: Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La sveglia suonò, come al solito, alle sei e un quarto spaccate.
Una mano ossuta si protese da terra, spegnendo con un pugno l’apparecchio infernale e la sagoma scura rannicchiata in una coperta ebbe un sussulto, tornando poi alla dimensione onirica in cui si trovava. Esattamente cinque minuti dopo, le note di “I can’t get no satisfaction” invasero a tutto volume la camera, facendo saltare un battito cardiaco al malcapitato, ancora tra le calde braccia di Morfeo.
Tirò fuori il proprio cellulare dalla tasca, insieme alla canzone compariva la scritta  Svegliati, idiota sonno˗dipendente ritardatario . In quel momento odiò il sé stesso del passato che aveva scritto quella frase.
Si alzò da terra barcollando, osservando il cuscino sul pavimento e la coperta stropicciata: “Per quale cavolo di motivo mi è saltato in mente di mettermi a dormire sul tappeto?!” rivolse allora lo sguardo verso il letto, Sylvia riposava coperta dal morbido piumone rosso. Si stiracchiò, con la schiena dolorante “Cosa si fa per amore!”. Si avviò verso la minuscola cucina della casa, non senza domandarsi come avesse fatto Sylvia a non svegliarsi con tutto il baccano che c’era stato.
Il luogo dove Raven lavorava fino alle quattro del pomeriggio era un enorme negozio di musica, situato nel centro commerciale “Wehemeirs” al 333 di Canal Street.
L’impiego in sé non era troppo difficile: consigliare cantanti a ragazzi dubbiosi, sistemare i nuovi arrivi e sorvegliare e aiutare i clienti che provavano gli strumenti del negozio. I problemi sorgevano nelle ore in cui l’affluenza degli acquirenti diveniva insostenibile, con dieci persone ogni minuto a chiedere insistentemente assistenza, inoltre non era raro che qualcuno non si dimostrasse per nulla garbato; X˗Ray era stato licenziato dopo aver dato un pugno ad un uomo che lo aveva insultato pesantemente.
Raven sedeva sul tram con la maglietta rossa del Martis’ music and media store e il cartellino “Salve sono Mitchell, come posso aiutarla?” Si sentiva quasi umiliato a non poter indossare le maglie dei suoi artisti preferiti, le giacche di pelle o le camicie fosforescenti. Quanto doveva essere geniale colui che le aveva inventate!
Arrivò nel negozio alle sette precise, sebbene i suoi ritardi non fossero cosa insolita per la proprietaria.
-Salve Young, sei il primo oggi, che ti è successo, hai finalmente messo la testa a posto?- esordì causticamente questa.
Non rispose alla provocazione, iniziando ad aprire con disgusto diversi scatoloni di CD di Justin Bieber che andavano esposti.
˗ Mi senti?! Ti ho fatto una domanda!-
La signorina Lavinie Martis non era donna con cui era permesso scherzare, un po’ come quelle insegnanti fredde e acide delle scuole medie; ma stavolta Raven, forse a causa dell’enorme stanchezza che provava, decise di tenerle testa, stando zitto un’altra volta.
˗ Mi fa piacere vederla così zelante oggi, ma pretendo una risposta quando porgo una domanda ad un dipendente! Come ti ho ripetuto mille altre volte, questo negozio appartiene da tre generazioni alla mia famiglia, siamo una tra le più stimate nel quartiere francese e in tutta la città! Tu chi sei per mancarmi così di rispetto?!-
Raven si bloccò per un istante, non aveva mai sentito la signorina Martis così arrabbiata. Cercò per un momento una risposta azzeccata e sarcastica, ma poi lasciò perdere, non era proprio giornata per mettersi contro la persona che gli pagava ogni mese quei  dannatissimi e vitali ottocento dollari.
˗ Mi dispiace, signorina, ma ieri sera sono stato testimone di un suicidio e mi hanno trattenuto in una centrale di polizia fino alle tre e mezza di notte.-
La donna fece un’espressione di disprezzo, poi, fissando il ragazzo, se ne andò.
˗ Tornatene a lavoro...-
Raven sospirò e poi riprese il suo deprimente compito, iniziando ad aprire le scatole di CD.
Ripensò alla terribile scena del giorno prima, l’aveva sognata per tutta la notte.
Chi fosse quel misterioso Daniel Levy (la polizia lo aveva identificato dopo poco) e cosa lo legasse ad Archie Owens era una questione che in quel momento rimbalzava costantemente nella sua testa; non aveva mai sentito neanche nominare quel ragazzo ed Archie si era sempre riferito ad un tale Vince come suo migliore amico, mentre la sera prima aveva mugugnato riguardo al povero Levy qualcosa come “Era il migliore che potessi avere…”
Buio totale.
Mentre finiva di rimuovere gli ultimi CD dalle scatole di cartone, balenò nella sua mente, come un fulmine a ciel sereno, un particolare su cui non aveva ancora riflettuto: era sicuro che il foro del proiettile con cui Daniel si era sparato fosse sulla tempia sinistra, allora perché la pistola giaceva invece nella mano destra?
Si fermò per un attimo, poi dedusse che nessuno è in grado di ricostruire esattamente cosa passi nella mente di un suicida poco prima dell’ atto, probabilmente doveva essersi ucciso nella foga e nella paura e chissà per quale cavolo di motivo si era tolto la vita in modo così strano.
Cercò di scacciar via quei pensieri, fissando il sorridente faccino di Justin Bieber. Distolse lo sguardo dopo poco, dirigendosi verso gli scaffali dove doveva riporre i CD.
 Ma improvvisamente, come se il suo cervello ragionasse a scatti, un’altra strana questione si invase di Raven: cos’era e cosa significava la scritta Souls of Blood ? Era una sorta di addio? Stranamente quelle parole non gli erano nuove, le aveva già sentite da qualche nell’ambito musicale. Il titolo di un album? Un gruppo? O magari una canzone?
Fece qualche considerazione e ciò che dedusse era che di certo quello di Daniel Levy non era un suicidio normale, vi era qualcosa di poco chiaro  sotto quella falsa veste di morte quasi ordinaria.
 
Archie sedeva sul divano con le braccia conserte, accanto a lui il signor e la signora Owens cercavano in tutti i modi di cavare qualcosa dalla bocca del figlio.
˗ Archie caro, perché non vuoi dirci nulla?-
˗ Non voglio sentirmi interrogato! Lasciatemi stare!-
Philip Owens gli si sedette accanto.
˗ Maude, lasciaci un attimo soli, voglio provare a parlargli io…˗
La donna fece un’espressione sottomessa e, andandosene, chiuse la porta del salotto.
˗ Archie,˗ esordì l’uomo ˗sai benissimo che sia io che tua e madre ti vogliamo un bene dell’anima, qualunque persona tu diventi, qualsiasi sbaglio tu faccia. Non capisco proprio perché tu voglia nasconderci la tua relazione con il fatto che è accaduto ieri; né io né mamma abbiamo mai sentito parlare di questo Daniel, avevamo sempre saputo che i tuoi amici fossero quelli del college o i membri di quella scapicollata band in cui suoni.
Quando avevo la tua età la mia famiglia era il mio primo punto di riferimento; mi fosse capitato di tutto loro erano sempre i primi a saperlo.
Adesso, capisco che ciò che è successo ieri ti debba aver scioccato moltissimo, ma, per l’amor del cielo, fa che non siano i poliziotti a doverti tirar fuori le parole dalla bocca!-
Archie si scosse, poi, sospirando, iniziò a parlare con un filo di voce.
˗ Lo hanno già fatto ieri, se è questo che ti interessa e comunque Daniel Levy era solo un mio caro amico; avrà avuto anche sette anni più di me, ma era semplicemente un ragazzo che frequentavo normalmente. Non si drogava, era astemio e non fumava nemmeno. Aveva una vita serena, tralasciando il posto orrendo in cui viveva, era pieno di amici, suonava anche lui, in un gruppo molto più inserito e organizzato del mio, ed era in buoni rapporti con la sua famiglia. Non capisco proprio perché abbia fatto una cosa del genere…
Lo dovevo incontrare poco prima dell’audizione di ieri mattina perché avevo dimenticato una chiavetta usb con alcuni file per la tastiera a casa sua il giorno prima, quando eravamo andati a sentire insieme il concerto di un gruppetto di ragazzi.
Sono arrivato davanti alla sua abitazione prestissimo, alle sei o alle sette di mattina e ho trovato la porta stranamente aperta, sono entrato e,  beh… ho trovato quello che ho trovato.˗
Il padre di Archie si sistemò la cravatta.
˗ Nel prossimo mese non ci sarò, sai com’è la vita di un marine, ma ti assicuro che ogni volta che avrai bisogno di me ti basterà alzare la cornetta del telefono e chiamarmi, inoltre quest’estate ce ne andremo solo io e te in campeggio. Sei contento?-
˗ Papà, non sono più un dodicenne…˗
Fu tutto quello che Archie disse prima di alzarsi e andarsene in camera sua, aggiungendo solo un semplice ˗Comunque oggi pomeriggio non ci sarò, devo andare di nuovo alla centrale di polizia per ulteriori deposizioni.-
Philip sospirò e si stese leggermente sul sofà, già gli era stato detto che il figlio aveva dei comportamenti un po’ strani da qualche tempo, eppure non aveva fatto nulla, aveva pensato ad un semplice passaggio dall’adolescenza all’età adulta, ma probabilmente non era così. E se fosse finito in qualche brutto giro? I membri della band che frequentava non sembravano proprio tipi affidabili, soprattutto il  metallaro svedese e quel bassista… completamente pazzo.


NOTE (quanto sono sobria in questo titolo…)
 
Rieccomi qui, carissimi amici lettori (che ultimamente, per mia grande gioia, siete anche aumentati!)
Che dire, la scuola è finalmente terminata e ultimamente, prima del fatidico 7 giugno, non ho potuto scrivere molto per studiare latino come una pazza (che poi quell’Hannibal Lecter del mio professore mi ha pure lasciato con il 5,4 e rischio il debito, mannaggia ai carciofini!) e, appena terminati gli Hunger Games (intendo sempre la scuola) mi sono imbattuta in cinque bellissimi giorni di febbre a 38. Che bella la vita!
Vabbè, ora mi sono un po’ sfogata e posso iniziare a parlarvi (più o meno) seriamente del capitolo.
In questo bellissimo nuovo scintillante pulito˗con˗ il ˗Viakal episodio ho voluto inserire qualche nuovo particolare sulla morte del povero Daniel Levy attraverso le considerazioni di Raven e le parole di Archie. Ovviamente non posso rivelarvi tutto in una volta, quindi, come accade quasi sempre, si scopriranno cose nuove di volta in volta e la strada è ancora taaanto lunga!
Ok, per adesso non ho più nulla da dire e vi saluto, dandovi appuntamento alla prossima puntata.
Per domande chiarimenti o semplici curiosità non esitate a chiedere e inoltre alla gentile clientela è ricordato che lasciare una recensione, seppure breve, è cosa  accolta in modo benevolo. Grazie, la direzione.


RIFERIMENTI MUSICALI
I can’t get no setisfaction dei Rolling Stones: https://www.youtube.com/watch?v=3a7cHPy04s8&feature=kp
Justin Bieber (purtroppo se cito i cantanti che non mi piacciono devo linkare anche loro…uffa…):  http://it.wikipedia.org/wiki/Justin_Bieber
   
 
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