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Autore: ponfo    12/06/2014    2 recensioni
"Nessuno è del tutto una cosa. Io odio le etichette. Se mi piace il cazzo non vuol dire che io sia gay, se a te piace la fica non vuol dire che sei lesbica. Con il tempo si cambia, mettersi in una categoria è stupido, non credi?"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Se dici che sei lesbica le domande che ti fanno sono due :

A) "Ma sei lesbica-lesbica o è solo per curiosità?"

B) "Come fa a non piacerti il cazzo?! A me la fica fa schifo anche solo averla in mezzo alle gambe."

Quello che ti viene da rispondere varia in base al tipo di personalità che hai. C'è chi scoppia a ridere, chi manda a fanculo e chi semplicemente scuote la testa e sorride. Sophia appartiene a quest'ultima categoria. Quando le chiedono come abbia fatto a capire che i maschi non le piacevano, lei sorride, scuotendo la testa e "L'ho capito perché in discoteca guardavo più le ragazze dei ragazzi" risponde. Molti ci rimangono male, magari si aspettavano chissà quale drammatica storia su come avesse fatto a chiaririsi le idee, ma in verità la faccenda è molto semplice. Guardava più tette che addominali ergo le piacciono le donne.

 

 

L'imprecazione preferita di Sophia è cazzo. Buffo come una che il cazzo l'ha visto sì e no due volte in vita sua ce l'abbia sempre in bocca, no? Volgare- pensa la mora mentre cammina per il corso- stai diventando davvero volgare, Sophia, porco Dio. Comunque, questa è la sua imprecazione preferita e se dovesse dare una spiegazione a tale scelta, di certo non ce l'avrebbe pronta su due piedi. Ogni tanto ha pensato al perché, a come mai usi in continuazione questa parola, ma non è mai arrivata a grosse conclusioni. Sarà per la presenza della lettera z che la rende così forte o forse per il semplice fatto che noi umani abbiamo questa sciocca tendenza a parlare e usare termini che magari non rientrano nella nostra esperienza.

Squilla il telefono.

"Dove sei, Sophia? Ti sto aspettando da mezz'ora!" sbraita una voce femminile al telefono. La ragazza alza gli occhi al cielo e "Arrivo, Cristo, dammi un secondo," sbuffa scocciata.

Allungando il passo si ritrova in poco tempo in piazza e lì una figura minuta batte il piede per terra sbuffando sonoramente e guardando lo schermo del telefono con irritazione. Julie.

"Ma dove minchia eri finita, deficiente?! Siamo in ritardo!"

Sophia alza un'altra volta gli occhi al cielo e porta un dito davanti alle labbra rosse, "Non ti stanchi di essere sempre arrabbiata? Con la statura che ti ritrovi tutta questa rabbia ti farà scoppiare!"

Julie la fulmina con gli occhi scuri e alza un magro dito medio laccato di nero mentre gira sui propri tacchi e comincia a camminare. Sophia scoppia a ridere e balzella dietro la minuta biondina che la precede verso la festa, "Quando ti incazzi, mi fai morire dal ridere," esclama passandole un braccio dietro le piccole spalle.

"Non riderai quando ti sgozzerò nel sonno," sibila la bionda tirandole una gomitata nel costato e drizzando la schiena. Sophia ride più forte e le dà un bacio sui capelli, " Sei sexy quando minacci e tanto lo so che mi adori".

Julie nasconde un sorrisetto,"Vaffanculo."

 

 

 

Le feste fanno schifo. Non che ci voglia un genio a capirlo, ma in generale, tutte le feste fanno schifo. Nella mentalità comune c'è il concetto di party che equivale a sballo totale, gioia infinita, divertimento senza pari. Poi c'è la concezione di Sophia che equivale a sciocca riunione di adolescenti in calore che sfruttano occasioni su occasioni per incontrarsi in posti improponibili per dare sfogo ai loro ormoni impazziti o per farla sintetizzarla una festa equivale ad uno schifo.

Con un bicchiere di liquido ambrato che suppone sia birra di supermercato, Sophia è seduta su un divano a fissare la massa di individui che si ingroppa senza un minino di armonia. Solo corpi che cozzano su altri corpi al ritmo di una musica scadente, con birra scadente e scarsa igiene, davvero molta scarsa igiene.

"Ciao."

La mora sposta gli occhi verdi dalla pista alla figura in piedi accanto a sé, "Ciao," dice scrutando sospettosa il ragazzo che le sorride. Ha un bel sorriso, di quelli perfetti per le riviste di dentifrici o di igiene orale. Uno di quelli smaglianti e luminosi che appena notati sembrano irreali. "Sono Nathan, piacere," e le porge la mano. Sophia stringe la mano enorme e piena di tatuaggi e "Sophia," dice abbozzando un sorriso. Nathan si siede accanto a lei con il proprio bicchiere e posando una gamba sull'altra si sbraca senza eleganza sul divano.

"La gente mi fa ridere," esclama con le labbra scure tirate in un ghigno divertito, "guardali," mormora chinandosi di più vicino a lei ed alzando una mano per indicare, "tutti che cercano di trovare un'altra persona più sbronza di loro per potere svuotare o riempire qualcosa. Non lo trovi triste?"

Sophia sbatte le palpebre, incuriosita ed arriccia le labbra, "Beh, in realtà no. A me fanno solo ridere. Forse sono un po' sadica," dice ridacchiando fra sè. Il castano le sorride ed annuisce, "Sì, fanno ridere anche me, in realtà," aggiunge con la voce più bassa. Sophia sente improvvisamente voglia di alzarsi ed uscire, il soffitto pesa su di lei.

"Ti va di uscire un po'? Qua c'è puzzo di ferormoni nemmeno fossimo dentro un'orgia!" Sophia ride appena ed annuisce, "Sì, usciamo, non riesco più a stare qua dentro."

Il giardino del propietario della casa è piuttosto carino. Niente di eccezionale. E' pulito, mediamente ordinato e anche non troppo piccolo. I due ragazzi lo attraversano con i loro bicchieri sotto gli occhi curiosi di qualche superstite sobrio e si siedono sotto un albero.

L'aria della sera è piacevole sulla pelle, Sophia l'ha sempre adorata. E' come una carezza timida o un sussurro nell'orecchio. Ti fa venire la pelle d'oca, ma non quella fastidiosa, quella che ti lascia un sorrisetto per tutto il tempo e che ti fa chiudere gli occhi con un sospiro. Piacere.

"E' un po' che ti osservo, sai?" Sophia sbarra gli occhi e li punta in quelli celesti del ragazzo sorridente che sorseggia incurante accanto a lei. "Prego?" domanda, sperando di aver capito male. Nathan ridacchia e si gratta la guancia con i polpastrelli, "Hai capito, Sophia." La ragazza deglutisce a fatica e stringe le dita intorno al bicchiere colorato, "E perché l'avresti fatto, sentiamo," dice gonfiando il petto e sorridendo sfrontata.

"Perché io e te siamo simili."

La mora rimane un attimo sbigottita. Cerca di fare mente locale. A meno che non si trovi insieme ad un pazzo psicopatico che pensa di conoscerla senza averci parlato nemmeno una volta, è sicura di non averlo mai nemmeno visto a scuola. E di certo fa la sua stessa scuola. Il portachiavi con lo stemma del liceo non mente.

"E, di grazia, per quale motivo affermi questo?" domanda chiudendo di più la zip della felpa grigia. Il ragazzo ridacchia, divertito, e punta i suoi grandi occhi celesti su di lei. Oppressione.

"Io osservo e posso affermare fieramente di capire piuttosto bene le persone." E' Sophia questa volta a ridere, e anche di gusto. L'arroganza della gente non ha limiti. "Quindi tu mi stai dicendo che, osservandomi di nascosto lungo i corridoii della scuola e chissà in quale altra occasione astrusa, sei riuscito a giungere alla conclusione che io ti assomiglio? Dio, ti rendi conto di quanto risulti presuntuoso?" sbotta calcando le parole con gesti secchi della mano magra.

"Innanzitutto non ti ho osservata di nascosto. Non sono un maniaco. E poi sei tu ascoltassi quello che ho da dire magari mi capiresti, non credi?" la riprende con un'espressione dolcissima a disegnargli il viso mascolino. Disagio.

"Allora, prego. Esponimi i tuoi ragionamenti," farfuglia scocciata la ragazza arricciandosi su due dita una ciocca lunga. Nathan incrocia le gambe e si posiziona proprio di fronte a lei, faccia a faccia. Gli occhi celesti non sono minacciosi, sorridono. La lingua inumidisce in un secondo le labbra e poggia il mento sui pugni chiusi appoggiati sulle cosce fasciate da un jeans chiaro. Fastidio.

"Quando cammini, tieni la testa alta," inizia con voce allegra mentre Sophia aggrotta ancora di più le sopracciglia, "non ti vergogni mentre cammini mano nella mano con Julie e quando vi baciate tu tieni gli occhi socchiusi, non li chiudi mai del tutto-" La ragazza comincia a muoversi infastidita sul posto, "Cazzo, sei un maniaco!" lo interrompe dilatando appena le narici ed allontandosi facendo leva con le mani sul terreno," Un cazzo di maniaco che si eccita guardando due lesbiche! Dio, mi fai vomitare." Nathan scuote la testa ed alza gli occhi al cielo, "Come sei suscettibile, diamine. Mi piacciono gli uomini, vedere due ragazze pomiciare non è il massimo per eccitarmi e no, come ti ho già detto, non sono un maniaco. Se aspettassi un attimo prima di sbroccare ed accusare a caso sarebbe meglio."

Sophia si morde il labbro inferiore continuando a squadrarlo infastidita, "Continua, brutto porco," borbotta facendo un gesto con la mano e sentendo la risatina dell'altro.

"Allora, dov'ero?" mormora toccandosi il mento ispido, Sophia sbuffa sonoramente, "Alla parte in cui ci fissi pomic-"

"Ah sì, allora, dicevo; tu non chiudi mai gli occhi. All'inizio ci rimanevo un po' male, nel senso che boh, non riuscivo a capire perché. Di norma un bacio è qualcosa in cui ci si perde, ci si lascia completamente andare e tutto intorno scompare, eppure tu, con le tue mani dietro la sua schiena e le dita affondate nella sua maglia, continui ad osservare tutto quello che succede nel frattempo. E' come se avessi paura di perderti qualcosa di importante o come se temessi che qualcuno ti faccia qualcosa mentre abbassi le difese per baciare la tua ragazza." Sophia respira dal naso passandosi nervosamente la lingua sulle labbra. Inquietudine. "Credevo fosse solo una mia impressione a pelle, sai. Una di quelle cose che senti così, d'istinto, ma continuando ad osservarti ho visto che non era solo un'impressione. Tu lo fai sempre, in qualsiasi situazione. Sembri assente, fuori dal mondo, persa nei tuoi pensieri eppure hai sempre le antenne sollevate, pronte a captare il pericolo non appena si avvicina. E non capisco perché, ma queste tue antenne si sollevano soprattutto quando ti si avvicina un uomo.-"

Sophia scosta un attimo lo sguardo fissando il terreno per qualche istante. Ha stritolato un bastoncino e nemmeno se ne è accorta. Imbarazzo.

"Le ragazze le osservi, com'è normale che sia. Guardi loro le gambe, ogni tanto osi un po' di più e ti concedi occhiate più maliziose, ma non hai mai quello sguardo da orso inferocito," Sophia lo guarda scettica alzando le sopracciglia e piegando le labbra su un lato, " No, davvero, non mi guardare con quella faccia! Ti giuro che fai così, guarda!" Nathan serra le labbra ed apre un po' di più gli occhi, non molto, ma il giusto necessario per permettere ad un osservatore adeguato di percepire che qualcosa non va. Ogni tanto solleva impercettibilmente un angolo della bocca e poi abbassa subito lo sguardo sul terreno. Sophia vuole andarsene. All'istante.

"Muoviti, Sherlock, non ho tutta la sera. La mia ragazza mi starà cercando," sibila acida la mora guardando attorno a sé. Le coppiette sono appartate, ma lo scena è sempre lo stesso. La ragazza sulle gambe del ragazzo, la lingua in gola.

Nathan sorride, "Perché hai paura degli uomini?"

Sophia sbarra gli occhi e li sbatte per qualche secondo per poi stringerli in un'occhiata feroce, "Che cazzo mi hai domandato, scusa?" abbaia a denti stretti. Mai fare incazzare Sophia. Rabbia.

Il ragazzo ridacchia coprendosi la bocca con una mano. Un gesto molto femminile accompagnato da pelle macchiata di nero inchiostro. "Calma, tigre, ho solo fatto una domanda innocente. Non c'è bisogno di incazzarsi," esclama con un ghigno innocente e gli occhi brillanti.

Sophia piega la testa di lato e risponde al sorriso con strafottenza, "Solo perché lecco fiche non significa che abbia paura di voi pelosi bestioni," dice con voce celestiale. E se non fosse così furiosa potrebbe anche definire la risata di Nathan bella.

"Gesù, sei stupenda!" butta lì tra le risate. La mora annuisce con sicurezza, "Lo so, grazie. Non c'è bisogno che tu me lo dica." Aumenta il volume del riso, "No è che-" singhiozzo di risata " anche la tua ragazza è così piccola."

Sophia gela e "Cosa cazzo c'entra Julie adesso?" domanda irrigidendo la mascella. Il castano posa una mano sul petto e respira ad occhi chiusi per riprendere fiato, "Intendo," inizia con un po' di fiatone, "Julie è così minuta, innocua. Sembra una piccola bambolina dai vestiti colorati,"- Sophia ha una gran voglia di tirargli un cazzotto-"Anche la tua ex, Emily, vero?"

La mora fa un'espressione scocciata a quel nome. Sciocche ex. "Sì, si chiamava Emily," cantilena guardando una ragazza che ride rotolandosi per terra, evidentemente ubriaca fradicia.

"Eh, sì, insomma, anche Emily era piccoletta e gracilina. Sembra quasi che tu tema di essere minacciata. Tutte le ragazze con cui sei stata hanno un viso dolcissimo e sembrano dei pezzi di pane, sbaglio?"

Stringe i pugni sulle cosce e respira profondamente. Calma e sangue freddo, Phia. "Prima di tutto, come cazzo fai a sapere delle mie ex?! Cazzo, sei davvero un pervertito!" sbraita con occhi di fuoco. Lo stomaco si stringe e sente di star per vomitare.

Nathan alza gli occhi al cielo, ancora, "Cristo, sei sulla bocca di tutti, Sophia! Ti immagini se quelle lingue malevole si lasciano perdere gli intrighi amorosi dell'unica lesbica del paese? Su, un po' di intuizione, fiorellino."

"Vaffanculo."

"Insomma? Perché hai paura degli uomini?"

"Non lo so," mormora quasi per non farsi sentire. E non sa perché risponde, forse è solo stanca di mentire in continuazione. "E' sempre stato così, non saprei spiegartelo,-" farfuglia tenendo lo sguardo a terra. Se ne pentirà amaramente. Si pentirà di aver parlato con un perfetto sconosciuto maniaco sessuale del cazzo. Soggezione.

"Quando ero piccola, all'incirca tredici anni, il cazzo mi faceva ribrezzo, seriamente. Tipo che ne ero leggermente terrorizzata, quando gli altri ne parlavano era ok, non mi dava fastidio. Poi se invece beh, me lo immaginavo-"trema appena storcendo il naso " Insomma, mi faceva schifo e non so perché. Mi dava boh, ribrezzo. Oddio, sono quasi in imbarazzo," ridacchia passandosi nervosamente le mani sulle ginocchia, "Va beh, tanto tu te ne intendi, no?" Nathan ride guardando il suo sorrisino impertinente, "Insomma, cazzo, sono boh, inquietanti, no? Cristo, sto davvero chiedendo ad un gay se un cazzo è inquietante? Sono messa male.." Il castano ride un po' di più, "Ora comunque non mi danno fastidio, nel senso, mi piace la fica, ma non provo più il ribrezzo che avevo prima..."

"Come hai capito di essere lesbica?" Sophia alza la testa e la scuote sorridendo, "Me lo stai chiedendo seriamente?"

"Sì, te lo sto chiedendo seriamente," esclama con uno sguardo serio. Voglia di solitudine.

"Dico sempre che ho capito quando guardavo troppe gambe femminili e nessun culo maschile, ma la verità non la so," sussurra sentendosi in un buco nero, "Se devo essere sincera non so nemmeno se sono del tutto lesbica."

Nathan non si muove di un millimetro, annuisce e basta. Sophia non capisce.

"Non sei sorpreso?" domanda con la voce piccola. Un papà che grida e una bambina che trema.

"Dovrei? Nessuno è del tutto una cosa. Io odio le etichette. Se mi piace il cazzo non vuol dire che io sia gay, se a te piace la fica non vuol dire che sei lesbica. Con il tempo si cambia, mettersi in una categoria è stupido, non credi?" Sophia sorride timidamente, "Sì, è stupido."

"Secondo me hai paura di essere sottomessa, non è vero?" La mora non dice nulla.

"Per questo ti piacciono le ragazze e più in particolare quelle piccoline. Ti danno la certezza che non ti metteranno i piedi in testa, sbaglio?"

"No." E fa più male dire quel no che ricevere un pugno in faccia, "Mi fanno paura le mani maschili, ma mi piacciono. Sono una contraddizione vivente," farfuglia senza un nesso.

"Cosa intendi?"

Deglutisce lentamente, la gola è secca. "Sono affascinanti. Insomma, mi piacciono. Tipo—tipo le tue. Cioè, in generale, insomma, le mani maschili mi affascinano. Sono grandi, quasi sempre scheletriche, dinoccolate, hanno un tatto che le donne non hanno. Sono diverse, nel modo di toccarti. Quelle femminili sono delicate, come il vento quando sei distratto. C'è, ma non te ne accorgi se non ti concentri. Invece voi siete tipo irruenti. E in parte mi piace, lo trovo interessante. Avete quell'aria protettiva quando abbracciate una ragazza, sembrate i fantomatici cavalieri dalla cavallo bianco, eh?"-sorride imbarazzata-" Poi però la magia finisce e vi trasformate nel lupo cattivo, alzate il tono, muovete le mani e urlate, urlate. Noi ci rimpiccioliamo, mettiamo le mani a scudo, ma le vostre parole sfondano i nostri muri e ci tagliano come coltelli affilati."

Lacrime. Coperte fredde. Singhiozzi forti.

"I cavalieri non sono per forza celesti, lo sai, vero?" Sophia alza finalmente gli occhi vagamente lucidi, "Ci sono rosa, verdi, blu, neri, arcobaleno, a strisce, a pois. Il tuo com'è?"

La mora si guarda la felpa e "Grigio," mormora, "il mio cavaliere è grigio."



 

Note.

E' stato scritto in una notte insonne. Non è il mio solito genere e sì, dovrei star scrivendo la OS Larry anziché cimentarmi un questo, ma io sono io e decido quello che mi va di fare.

Per la Larry non so quanto ancora dovrete aspettare, mi è venuta molto più lunga di quanto aspettassi e sono ancora un po' in alto mare, quindi calma e sangue freddo.

Questa invece, di OS, non la capirà nessuno, ma amen. Forse qualcuno ci si ritroverà pure, ma ne dubito.

La dedico a me stessa e al mio cavaliere grigio che dopo anni di lotte finalmente mi ha salvata.

Grazie.

Ponfo 

  
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