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Autore: King_Peter    12/06/2014    7 recensioni
Sta per tornare.
La sua storia sta per essere riscritta: paure misteriose rinasceranno, oscure forze.
Dolori dimenticati.
Qualcosa che gli Dei dell'Olimpo avevano persino dimenticato, qualcosa che ha covato rancore tra le fiamme del Tartaro e che adesso risorge per cercare vendetta, quella stessa vendetta che le č stata impedita anni prima e che ora brucia nelle sue vene del mondo come un fuoco.
Quel fuoco che brucerŕ il mondo.
Quel fuoco che dieci semidei dovranno spegnere.
Quel fuoco da cui deriverŕ la cenere della vita, il sapore di ruggine della vittoria.
♣♣♣
Sul volto di lei si dipinge un'espressione di terrore, mentre la sua mano corre al pugnale che porta al fianco, legato ad una cintura di pelle.
Cerca di trattenerlo, gli strappa persino la camicia di dosso pur di fermarlo, ma lui continua a camminare verso il mare aperto, non riuscendo piů a sentire la sua voce, come se fosse atona, senza suono."

♣♣♣
""Potete solo rispondere alla chiamata."
Fissň ognuno con i suoi occhi millenari, come se stesse cercando di capire il legame che li univa, inutilmente.
"Potete solo giurarlo sul fiume Stige."
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Gli Dči, Nuova generazione di Semidei, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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8.  Everybody wants something from me
 

 
Luke,
"Taste me, Drink my Soul"
 
Luke era più che incredulo.
Insomma, una dea viene a farti una visita per poi chiederti un "prezzo" di cui non sai in ciò che consiste e tu, stupido figlio di Ares, accetti la sua proposta?
Luke sperò solo che Nemesi si accontentasse di una scatola di caramelle o un pacchetto di Golia Active Plus che aveva in tasca perché non aveva nient'altro da offrirle.
Dei dell'Olimpo.
Sospettava che la loro impresa si sarebbe presto rivelata un vero e proprio fallimento e, in più, bisognava contare anche questa "misteriosa" voce che entrava nelle loro teste e le sconvolgeva.
Dopotutto, una singola voce aveva messo nove di loro a tappeto, pronti per essere schiacciati ed uccisi dal dragone se non fossero stati salvati da Archie, il suo migliore amico, che aveva sempre criticato per la sua mania di combattere con un paio di cuffie nelle orecchie.
Mania che, anche se gli era difficile ammetterlo, li aveva salvati tutti, impedendogli di ascoltare la voce e cadere a terra, sotto il suo suo potere.
Luke ricordava bene la sensazione che aveva provato quando le parole, dolci e suadenti, si erano fatte strada attraverso la sua armatura e avevano invaso le sue orecchie: non avrebbe voluto fare altro che lasciare le armi e sedersi all'indiana per ascoltare meglio.
Se non fosse stato per Jake, sarebbe morto sotto il grande fondoschiena verde del mostro che era atterrato nel punto esatto dove lui si era fermato prima, trascinato, poi, dal figlio di Ermes verso un riparo sicuro.
Per quanto si sforzasse di ricordare miti e leggende dell'antica Grecia, non riusciva ad associare alla voce che sentivano, a quella minaccia onnipresente, una controparte nella mitologia.
Sembrava che fosse qualcosa che gli dei volevano tenere segreto dall'alba dei tempi e che adesso stava risorgendo, in tutta la sua forza, pronta per reclamare vendetta.
"Che pizza." disse una parte di sè, "Tutti che vogliono vendetta contro l'Olimpo. Ma cavolo, è così difficile per gli dei farsi degli amici e non solo infidi bastardi pronti a tradirli e attaccarli?"
Luke avrebbe tanto voluto darsi una risposta, ma si limitò ad alzare le sopracciglia quando la moto di Nemesi sfrecciò attraverso il parco e una delicata brezza gli scompigliò i capelli.
Guardò gli altri: sembravano tutti reduci da una battaglia con i cuscini finita male, anzi, malissimo. Nei loro occhi stanchezza e dolore, anche se erano solamente al loro primo giorno d'impresa.
Il sole scintillò con più forza.
"Che ti è saltato in mente?" chiese a Warren, sputando quelle parole come se fossero veleno, "Hai stretto un patto con quella pazza, te ne rendi conto?" domandò, prendendolo per le spalle e costringendo i loro occhi a scontrarsi.
"Non ho bisogno di una balia." ribatté lui, "Testa di Gufo."
Luke era sul punto di prenderlo a cazzotti, ma si fermò, come se delle briglie invisibili mosse da mani onnipotenti stessero tenendo a bada la sua rabbia.
"Senti, smettila di fare tutto il "tosto", chiaro?" gli chiese, retoricamente, "Qui siamo tutti nella stessa situazione, tutti coinvolti in questa fottuta impresa e tu che fai? Invece di prendere una decisione in gruppo accetti la proposta della prima divinità psicopatica che ti capita davanti?"
Storse la bocca in un'espressione di ribrezzo.
"Cresci, Warren." gli disse, "La vita non è fatta solo di scappatelle e cazzate, sappilo idiota."
Gli occhi di Luke scintillavano pericolosamente di un grigio tempesta provvisto di fulmini, saette e quant'altro, mentre si passava una mano nei capelli e respirava affannosamente, come se avesse corso per chilometri e chilometri solo per sgridare Warren, il quale lo guardava con poco interesse.
"Finito, mammina?" chiese, sarcastico, mentre prendeva a camminare senza una meta fissa, nella direzione dalla quale erano arrivati, "Non venirmi a cercare, so cavarmela benissimo da solo."
Il figlio di Atena stava per sbottare altro, quando qualcuno gli posò una mano sulla spalla e lui fu costretto a voltarsi, posando i suoi occhi arrabbiati sulla figura di Selene, la figlia di Morfeo.
"Ci parlo io." disse, raggiungendolo, "Lo farò ragionare."
Luke non sapeva più a cosa pensare, se fosse lui o meno il problema: prese la mappa dallo zaino e la srotolò nervoso, strappandola su un angolo e sussurrando un'imprecazione in greco antico.
Qualcuno gli si avvicinò.
"Sei troppo duro con lui." sussurrò una voce accanto a lui: i suoi occhi tempestosi incontrarono quelli calmi e tranquilli di Liz che gli sorrise, scostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio e porgendogli la mappa per poterla consultare.
"Io ... io voglio solo aiutare quell'idiota." borbottò a denti stretti Luke, passandole il rotolo di pergamena, "È solo che lui è troppo ... cieco  per capire la realtà."
Liz scrutò la mappa per qualche minuto, girandola più volte sui quattro lati, alzando gli occhi, più confusi di prima, su Luke.
"Finirà con l'ammazzarsi se non la smette di comportarsi così." esclamò, poi si avvicinò a lei per poter capire quali fossero i suoi dubbi.
"Vedi anche tu quello che vedo io?" gli chiese.
Luke si grattò la guancia, dove i capelli scuri di Liz gli facevano solletico, e aggrottò le sopracciglia in un'espressione buffa che, come gli aveva detto Archie, lo faceva somigliare molto ad un orso molto perplesso a cui avevano rubato il suo miele.
Luke non avrebbe mai capito quello strano accostamento e non poteva fare altro che sorriderci su.
"Cosa dovrei vedere?" chiese il figlio di Atena, confuso dal fatto che lui non vedeva nulla, eccetto il puntino su Central Park, dove si trovavano in quel momento, "Non c'è niente." le disse, quasi imbarazzato, pensando che a Liz mancasse qualche rotella.
"Appunto!" esclamò lei, ruotando la mappa e mettendola controluce per poter scoprire chissà che, ma non successe nulla, "Non ti sembra strano?" gli chiese.
Lui annuì, scrollando le spalle.
"Quest'impresa sta diventando più difficile di un rompicapo." disse, "E non so come venirne a capo, è questo il vero problema."
Era frustrante, per un figlio di Atena, essere tenuto all'oscuro delle cose, non sapere dato che, per loro, la mancanza di conoscenza era il peccato più grave che si potesse commettere.
Liz alzò una sopracciglia, mentre arrotolava la mappa e gliela passava.
"Che si fa?" chiese Bashir osservando gli altri sette dato che Selene e Warren erano ancora dispersi tra gli alberi e Archie aveva ironizzato su ciò che stavano facendo, "Insomma, non possiamo starcene qui impalati, no?"
Daphne assentì, legando i suoi capelli in una treccia.
Luke si toccò il collo e incontrò i lineamenti della sua collana, la collana che si trasformava nella sua ascia a doppia lama: non sapeva cosa dire, aveva esaurito le risposte, per se stesso e per gli altri.
"Andiamo in discoteca." suggerì Archie: sette paia di occhi si ritrovarono a guardarlo, mentre lui alzava lo sguardo dalla maglia stropicciata per il suo bagno "inaspettato" a Groun Zero.
"Che c'è?" chiese, "Ho solo proposto una soluzione alla noia mortale!" si giustificò, alzando le mani al cielo, in segno di innocenza.
Scrutò gli altri con aria sospettosa, come se si aspettasse che qualcuno ribatesse, e cominciò a blaterare a vanvera altre affermazioni a supportare ciò che aveva appena detto.
Luke non gliel'avrebbe detto  mai, ma in quel momento sembrava molto un procione sul punto di prendere una purga dato che si agitava come un forsennato.
Gli occhi del figlio di Atena si agitarono quasi quanto Archie, spostandosi da un semidio all'altro, cercando di leggere le sue emozioni e sensazioni in merito alla proposta. Si voltò, cercando inutilmente di scorgere anche i due mancanti, Warren e Selene, dispersi chissà dove nel parco.
Perché avrebbe dovuto rifiutare?
La domanda gli sorse spontanea, come se qualcuno dentro di lui, una voce, gliel'avesse sussurrato alle orecchie, come se qualcosa dentro di lui si fosse agitato e lui avesse reagito al sintomo.
Perché avrebbe dovuto rifiutare?
Si, perché? In fondo erano anche loro delle persone, degli esseri umani, perché non avrebbero potuto divertirsi come dei comuni esseri mortali?
Una parte di lui spingeva oltremodo verso il divertimento, lo sballo, la festa, l'altra cercava in tutti i modi di tirarlo verso l'onore, la gloria, il senso del dovere, come un vero greco.
La verità era che Luke non sapeva cosa fare.
Guardò ancora una volta i suoi compagni d'impresa, poi si soffermò sul suo migliore amico Archie: gli avrebbe tenuto il muso in eterno se non avesse accettato.
"Si, insomma, dobbiamo pur svagarci un ..."
"Smettila di sparare stronzate." gli rispose calmo Luke, sorridendogli, "Questa sera ... fiesta!"
" ... po’."
Sul volto del figlio di Nike si fece largo un'espressione stupita, seguita dall'alzarsi ed abbassarsi nervoso delle sue sopracciglia.
"Ehm ... sei sicuro di stare bene, Luke?" gli chiese, domandandosi se il suo amico avesse perso qualche rotella dato che non era proprio il tipo da frequentare feste o sparare battute squallide e divertenti.
No, Luke era il perfetto prototipo di un vero figlio di Atena.
"Solo perché ho un QI nettamente superiore al tuo, idiota, non vuol dire che non mi possa concedere anch'io una festa." rispose, mellifluo.
Si passò una mano nei capelli.
"Stai dicendo sul serio?" chiese Archie, ancora stupefatto da quella sua insolita decisione, una manciata di gioia mischiata con polvere di nervosismo e incredulità.
Luke si strinse nelle spalle, imitando una delle sue espressioni buffe, di quelle che il figlio di Nike usava spesso quando parlava con lui e non voleva rispondere alle sue domande.
Sul volto di Archie campeggiò un sorriso.
"A patto che ci porti nel miglior locale di New York." scherzò Luke, trattenendo una risata per l'espressione che il figlio di Nike aveva fatto quando lui aveva detto "a patto che", temendo, ovviamente, il peggio.
Archie sorrise, mostrando tutti i suoi quarantadue denti, bianchi ed intatti, con gli occhi che gli scintillavano dall'emozione.
"Dovrei registrati e poi farlo ascoltare a tua sorella Amina." ridacchiò lui, "Non ci crederebbe mai se glielo raccontassi."
Lo guardò, la bocca distorta in un sorriso, appoggiando i palmi delle mani sulle ginocchia come per prendere fiato dopo una delle sue lunghe corse, mentre gli occhi tempestosi di Luke incontravano quelli divertiti di Lia che si stava trattenendo dal ridere sguaiatamente ed incendiare tutti gli alberi di Central Park.
Luke pensò che non avevano affatto bisogno anche della polizia alle calcagna, per quello bastavano già i mostri ed erano anche abbastanza.
Immaginò i titoli: "Combriccola di dieci ragazzi dà fuoco a Central Park. Arrestati." oppure "Baby piromani crescono: tutto fumo e niente arrosto."
No, non era il genere di pubblicità di cui avevano bisogno.
 

Archie li condusse in uno dei locali appartenenti alla catena di discoteche più rinomate di New York: il Pacha NYC si stagliava in tutta la sua bellezza quasi nel centro della città, dove c'era la movida e la vita pulsante della stessa New York.
Le persone, specialmente ragazzi, continuavano ad andare e venire dalla porta d'ingresso dalla quale provenivano una miriade di luci, facendo pregustare l'atmosfera che si sarebbe avuta all'interno. La folla era in delirio per un gruppo musicale che si sarebbe esibito quella sere e le ragazze non facevano altro che urlare e strapparsi i capelli a vicenda per entrare.
"Ma che razza di oche sono?" sussurrò Selene all'orecchio di Daphne, mentre si mettevano in coda e aspettavano il loro turno.
La figlia di Afrodite ridacchiò.
"Credimi, se le avessi per sorelle sarebbe peggio."
Avevano cercato di pulirsi e comprare dei nuovi vestiti, ma i soldi non sarebbero bastati per tutti, così avrebbero cercato di imbucarsi, come aveva detto Archie, strizzando loro un occhio.
Luke continuava a rimanere scettico e ad arroccarsi sulle sue convinzioni, ma cercò di liberare la mente per potersi solo divertire.
In fondo tutta la loro vita era un "carpe diem", non avrebbero mai saputo se avrebbero potuto vedere l'alba del giorno dopo.
"All mon ... mostres ar ... humen." sillabò poco convinto Jake, cercando di leggere una locandina dell'evento a cui avrebbero partecipato.
"All mostres ar humen?" chiese e non si capì se lo disse a sè stesso o agli altri dato che parlo ad alta voce, ma continuò a guardare verso il manifesto.
Santa, benedetta dislessia: era uno dei loro tratti principali, così come il deficit dell'attenzione, dato che il loro cervello era impostato sul greco antico e, quindi, gli risultava difficile leggere qualsiasi altra lingua esistente se non quella della cultura dalla quale discendevano.
"Che diavolo significa?" domandò, stavolta rivolto verso i suoi compagni d'impresa mentre si grattava la testa con fare nervoso, come se questo l'avesse aiutato a scoprire cosa ci fosse scritto.
Un paio di ragazzi lo guardarono strano e fecero delle battute sul suo aspetto.
"Hai visto quello?" chiese uno, indicandolo con fare poco amichevole. Jake strinse gli occhi, come un gatto che si prepara a saltare.
"Ma che razza di capelli ha?!" sussurrò una ragazza vestita come una sorta di Lady Gaga, continuando a ridere e a fare battute idiote, "Li hai visti? O mio Dio! Sono orribili!"
"Ahahahahah!" ridacchiò qualche altro, "Si, mai visto niente di peggio."
Il tempo sembrò fermarsi e farsi liquido.
"A volte è proprio vero." sospirò Luke, i suoi occhi grigi scintillanti di determinzion, rivolgendo loro uno sguardo freddo e alzando la voce in modo che anche chi gli stava intorno potesse sentirlo, "I peggiori mostri sono gli uomini, non è vero?" chiese loro, sarcastico, indicando la locandina che portava la scritta "All monsters are humans"
Si avvicinò verso Jake che sembrava più abbattuto del solito: stava sussurrando qualcosa che Luke non riuscì a capire dato che non sembrava neppure greco antico, i suoi occhi rossi sembravano farsi ancora più profondi e scuri.
"Tutto bene?" gli domandò, sorvolando con lo sguardo la pelle color latte di Jake, più pallida del colorito della luna. Lui annuì, ma il figlio di Atena vide che era una risposta forzata.
Luke era diventato troppo bravo a leggere le persone, nel corso degli anni.
"Se è per quelli, lasciali bruciare nel Tartaro." ribadì, "Non ho mai conosciuto una persona più coraggiosa di te, Jake, e non lo dico solo per via del tuo aspetto."
Gli sorrise e, in qualche modo, Jake capì, spazzolandosi i capelli e rispondendo al suo sorriso scrollando le spalle.
"Avanti gente, non vorrete perdervi tutto il divertimento?!" chiese ironicamente Archie, riuscendo in qualche modo, ad infilarsi senza che il bodyguard all'entrata avesse la possibilità di controllarlo.
Lia, accanto a Luke, sorrise mentre i suoi occhi passavano dalla tonalità del nero al viola intenso, senza che nessuno se ne accorgesse.
Sorrise.
 

 
[...]
 
Selene,
"Kiss the Demons out of my Dreams"
 
Selene dovette ammettere che la band che si esibì quella sera era davvero fantastica e stava cominciando a preoccuparsi sul cantante che le sembrava fin troppo espansivo nei suoi confronti.
Hope le disse che probabilmente si era fumato qualcosa e lei rise, tenendo in mano un bicchiere enorme di Coca Cola, provvisto di cubetti di ghiaccio, che le figlia di Ecate le aveva fatto apparire in mano.
La figlia di Morfeo vide passare più volte Archie vicino a lei e le diede l'impressione che si stesse divertendo un mondo o almeno, molto più di lei: per quanto sforzasse di divertirsi, gettarsi nella mischia o ballare a ritmo sfrenato come tutti gli altri lì dentro, non ci riusciva, come se qualcosa la stesse bloccando.
Un peso enorme sul cuore, una pietra pesante che lo costringeva a sottostare.
Selene non era mai stata brava ad interpretare questi segni, ma sapeva che c'era qualcosa che non andava e continuava a guardarsi intorno, come se, da un momento all'altro, qualcuno potesse saltarle addosso e reciderle le vene del collo.
Hope non migliorava affatto la situazione: per carità, era un'ottima amica, una ragazza davvero fantastica, ma il suo aspetto emo, i suoi capelli scuri che facevano contrasto con la carnagione pallida non riusciva a calmarla, né a farla sentire meglio.
Cercò tra la folla, a fatica, un volto amico che conoscesse, ma essa era troppo numerosa e lei non aveva nessuna voglia di imprigionarsi in una giungla da dove era impossibile uscirne.
Una strega alquanto accigliata le fece quasi perdere l'equilibrio: sembrava di essere ad Ottobre, Halloween per l'esattezza, per i costumi appariscenti e spaventosi che la gente indossava, provvisti di sangue e ossa in quantità.
Se solo quella gente avesse saputo che tutti quei mostri che adesso andavano ad imitare erano veri avrebbero rivisto le loro priorità.
Selene sarebbe sicuramente rimasta lì a fantasticare e a crogiolarsi nella sua solitudine, se non fosse stato per qualcuno che le stava per vomitare sui piedi: Liz aveva la faccia verdognola e confusa di chi aveva appena preso un drink alquanto alcolico per la prima volta e adesso ne pagava le conseguenze.
I suoi occhi erano semi-aperti, lucidi e fissi sulla figlia di Morfeo con l'incantevole sensazione di chi stava per liberarsi di un grosso peso, un grandissimo peso.
Sembrò che qualcuno le avesse passato la scossa.
"No, no, no, no!" ripeté velocemente Selene, afferrando per il busto Liz prima che potesse caderle addosso e vomitare qualunque cosa avesse bevuto anche se la cosa non avrebbe potuto fare altro che farle bene, "Hope, dammi una mano!" urlò affinchè la sua voce fosse più forte della musica che continuava a risuonarle nelle orecchie: se l'indomani avesse provato a fare un salto da un otorino, l'avrebbe sicuramente scioccato per i venti anni di vita che il suo udito aveva perso in un'unica sera.
Liz sembrava farsi pesante ogni secondo di più, Selene ipotizzò per la cintura degli attrezzi
Hope accorse, seguita anche da sua sorella Lia, uscita da chissà dove, che si fece cingere il collo da un braccio di Liz, avviandosi verso il supremo regno della carta igienica.
 

Per essere un bagno era il più lussuoso che Selene avesse mai visto, contando anche che si trattava di un bagno di una discoteca.
Non ebbero molti problemi a far sgombrare tutte le ochette che lo occupavano, chi sistemandosi i capelli, chi colorandosi le labbra di una tonalità rosso sangue che avrebbe fatto gola a tutti i Dracula presenti in sala.
"Embè?" chiese una ragazza dai folti capelli scuri con uno strano accento, "A che vi serve un bagno tutto per voi?" domandò, continuando a masticare, a bocca aperta, una caramella a molla.
Liz gonfiò le guance e corse via, Lia si precipitò ad aiutarla come meglio poteva mentre la tizia continuava a squadrarci e ad incorniciarci con i suoi occhi cerchiati dall'eyliner nero. Selene abbassò lo sguardo, timida e in soggezione, mentre Hope schioccava le dita e nell'aria cominciava a spandersi l'odore pungente del fumo.
Per qualche secondo la ragazza, e la stessa figlia di Morfeo, si guardarono intorno per capire cosa fosse successo, al contrario di Hope che continuava a guardarsi le unghia, melliflua, e sorrideva divertita.
Alzò lo sguardo, imitando la sua espressione.
"Sai, credo che i tuoi capelli stiano andando a fuoco." le suggerì, poco interessata, dirigendosi verso lo specchio, aggiustandosi i capelli e facendo l'occhiolino a Selene che la guardava stupita.
Per un attimo la ragazza rise, prima di accorgersi che i suoi capelli stavano effettivamente andando a fuoco e nella stanza di spargesse l'odore di capelli bruciati che costrinse Selene ad aprire una delle finestre in modo che non soffocassero per l'aroma vomitevole che si stava riversando nei bagni delle ragazze.
La ragazza corse verso il lavandino più vicino, aprendo il rubinetto e innaffiandosi la chioma riccia con la foga di uno a cui hanno detto di prendere una purga.
Selene si costrinse a non ridere, anche se Hope non faceva nulla per nascondere il suo divertimento tanto da beccarsi un'occhiata truce da parte della ragazza quando questa uscì senza fiatare, camminando indispettita.
Il volto di Lia fece capolino poco dopo che la porta sbatté violentemente vicino agli infissi, sorridendo verso sua sorella Hope che adesso cercava di non guardarla fingendo di controllare se i suoi capelli avessero delle doppie punte.
Selene non avrebbe mai capito quelle due: facevano di tutto per scannarsi a vicenda e prevalere l'una sull'altra quando erano molto più simili di quanto volessero ammettere.
Osservò il luccichio degli occhi di Lia.
"Liz sta meglio." avvertì, "Ancora ... ehm, qualche minuto e usciamo." disse loro, richiudendo la porta delicatamente: evidentemente lì dentro era successo qualcosa che Selene non aveva l'intenzione di sapere.
Certe cose è meglio che rimangano segrete.
"Che serata." commentò, quasi ridendo alla sua affermazione, guardandosi allo specchio per osservare se ci fosse qualcosa che non andasse, cadendo in balia dell'ossessione di tutte le ragazze: constatare il loro stato di bellezza.
Hope continuava a lisciarsi i capelli, mentre le sue pupille viola scorrevano assieme alle sue dita sulle ciocche ci separava dalle altre e osservava minuziosamente.
"Già." rispose, mentre un'ombra di sorriso si faceva spazio sul suo volto e incurvava un angolo della sua bocca.
"Eh." sospirò Selene, aprendo il rubinetto dell'acqua e sciacquandosi il volto, "Credo che non sia stata una buona idea imbarcarsi per quest'impresa." continuò, asciugandosi la faccia con un fazzoletto, cercando di farlo il più lentamente possibile.
"Per quale motivo?" le chiese Hope, confusa ed improvvisamente interessata alla conversazione, "Senti ... "
Si fermò, come se facesse fatica a parlare perché avesse della sabbia nella gola.
"Senti una strana sensazione addosso?" le domandò.
Selene avrebbe voluto strozzare Hope per il fatto che stava dando voce a tutte le sue paure più recondite, ai suoi timori, ai rimorsi.
"Si."
La figlia di Ecate strinse le labbra, come se si aspettasse la risposta, e si voltò ancora verso lo specchio, osservando chissà cosa, se sé stessa oppure ciò che la circondava.
"A volte vorrei che qualcuno potesse predirmi il futuro." sospirò amareggiata Selene, guardando in direzione di Hope che le rivolse il suo sguardo violaceo.
Scosse la testa.
"Non pratico la divinazione e ..."
Abbassò la voce.
"Nemmeno Lia è così esperta." continuò, "Per padroneggiare le arti magiche ci vogliono mesi, anni e io non sono ancora riuscita a farlo del tutto. Posso ..."
Fece un sorrisetto, quasi mettendosi a ridere.
"Incendiare i capelli delle persone, far levitare gli oggetti, ma la predizione del futuro mi è completamente estranea." sussurrò, scrollando le spalle.
Poi sembrò accendersi una lampadina invisibile sulla testa.
"Forse qualcuno può dircelo."
Fu come se qualcuno avesse sfilato la terra da sotto i piedi di Selene: la figlia di Morfeo la guardò confusa, aggrottando la fronte come se si stesse chiedendo se Hope la stesse prendendo in giro o meno.
"Conosci il gioco del Bloody Mary?" le chiese.
Selene scosse la testa, forse sembrando anche piuttosto stupida, ma non le importò: da qualche giorno era come ossessionata dalla ricerca del futuro, di qualcuno che le dicesse che cosa le sarebbe capitato.
Se avrebbe avuto un fidanzato, un marito, dei figli.
Gli occhi di Hope scintillarono mentre Selene era immersa nei suoi pensieri, facendole apparire in mano una candela accesa
"Forse è solo un'enorme stronzata." la avvertì Hope, sorridendo, "Ma nessuno ci impedisce di tentare, no?"
Selene annuì, quasi emozionata.
"Dammi la mano e ripeti con me."
La parola Bloody Mary scivolò via dalle sue labbra per tre volte, mentre Hope tratteneva la candela accesa davanti allo specchio e le due ragazze si specchiavano, osservando le loro sagome.
Non successe nulla.
"Ok ragazze, stiamo uscendo."
La voce di Lia sembrò interrompere il loro personalissimo incanto mentre la figlia di Ecate afferrò la maniglia e fece leva per tirare.
"Non è divertente, Hope!" esclamò Lia, continuando a strattonare la maniglia con tutte le sue forze, "Apri questa porta o giuro sullo Stige che ti ammazzo." minacciò.
Hope, per un attimo, spostò lo sguardo dallo specchio agli occhi di Selene che la guardarono confusi quanto i suoi, mentre sua sorella continuava a strattonare la maniglia con forza.
"Hope!" urlò, "APRI.QUESTA.CAZZO.DI.PORTA!"
"Noi non stiamo facendo niente!" le rispose la sorella, continuando a stringere la candela e, per la prima volta, a sembrare di avere paura.
"Hope!"
"Lia è vero." la supportò Selene, dando le spalle allo specchio, ma continuando a stringere la candela, "Tua sorella non c'entra."
"Che diamine state facendo?" urlò ancora, "Vi divertite a rinchiudermi qui dentro con una ragazza, senza offesa Liz, che potrebbe vomitarmi addosso da un momento all'altro?"
"Lia, razza d'idiota, noi non c'entriamo!" le urlò di rimando Hope, cercando di raggiungere il bagno nel quale erano state, per qualche motivo rinchiuse, ma non riuscendoci dato che le sue dite e le sue membra sembravano essere attaccati alla candela.
"Non chiamarmi "idiota", chiaro? Io sono ..."
Si sentì un tuono che squarciò la terra.
"Io sono Bloody Mary." disse una voce.
Selene girò la testa di scatto verso lo specchio, osservando una donna, vestita di bianco, in piedi dietro di loro quando in realtà era solo il riflesso di una realtà inesistente.
Hope sembrò calmarsi.
"Chi mi ha invocato?" chiese la donna, i capelli castani tenuti su una spalla, gli occhi azzurri come il cielo più terso e chiaro mai visto sotto lo stesso Zeus.
Selene sembrava avere in bocca un brutto sapore di ruggine: alzò la mano, come se fosse a scuola a rispondere all'appello.
"Tu, mia cara?" le domandò ancora, avvicinadosi a lei, nel riflesso, e carezzandole il volto, "Bene, vuoi scoprire il tuo futuro?"
La figlia di Morfeo annuì, un po' imbarazzata per tutta quell'attenzione che riceveva in rare e speciali occasioni.
Bloody Mary rise.
"Bene, bene, bene." sussurrò la donna, accarezzando anche i capelli di Hope, "Scoverai l'amore tra rovi di spine, dove sembra non abbia mai piantato il suo seme ed esso sia germogliato, fiorito, sbocciato: un amore diverso, strano, sussurrato solo nel dolce momento della morte."
Selene non sapeva se essere rasserenata oppure scoppiare a piangere come una bambina.
"Ma tutte le cose hanno una fine."
Bloody Mary le si fece pericolosamente vicina e Selene pensò che non aveva mai visto nessuna donna così bella: la mitologia le aveva insegato che era il caso di avere paura se una donna super sexy come quella le stesse predicendo qualcosa che implicava la fine di qualcosa.
"Uccisa, ferita, tradita"
In qualche modo le mise le mani intorno al collo prima che lei potesse fare qualcosa, prima di aspettarsi un attacco.
Prima di prendere fiato e resistere per continuare a vivere.
"Privata della vita per mano di una sirena."
Il suo cervello sembrò voler esplodere, così come il suo cuore e tutte le vene del suo corpo mentre lei cercava inutilmente di scacciare quelle mani dal suo collo, quelle mani che stavano comiciando a diventare molto più concrete di un riflesso.
"Tu sarai il prossimo sangue che sarà versato per la mia resurrezione" ghignò, "Il prossimo passo del triangolo!"
Il suo volto era distorto in un ghigno di vittoria mentre non cominciava ad apparire così bella come Selene l'aveva vista prima.
"Muori, semidea!"
Selene non riusciva più a resistere, stava per lasciarsi andare, per abbracciare il fratello di suo padre, quando la stretta intorno al suo collo si allentò assieme al grido più terrificante a cui la figlia di Morfeo avesse assistito: Bloody Mary andava dissolvendosi, lo specchio rotto, i suoi mille pezzi volteggiare nell'aria.
Il sapore di ruggine che invadeva la sua bocca mentre respirava ancora, mentre tornava alla vita.

 
- - - 
*panda's corner*
Ma eccomi *^*
La scuola è finalmente finita (alleluia *---------*), io sto scoppiando di caldo e questo sole che non si faceva vedere da tipo eoni di anni, ora ha deciso di arrostirmi lentamente nella mia camera che sembra il Monte Fato dove portare l'anello a fonderlo ç____ç
E quindi mi sono detto, perché non assillare i miei lettori con questo nuovo capitolo bomba? xD 
Luke si avvicina a Jake e penso che quei due diventeranno presto grandi amici, Archie è sempre il solito e li fa imbucare ad una fiesta! xD
Dai, ci voleva proprio un po' di svago per i nostri giovani semidei che, prima di essere semidei, sono pur sempre adolescenti, no? u.u
E poi Sel, la ciliegina sulla torta! xD Avete anche scoperto chi è la minaccia, no? u.u Spero che abbiate anche compreso gli indizi sparsi nel corso del capitolo perché ci sarà da divertirsi! ^^
Penso che l'idea del gioco dello specchio sia stata una trovata geniale u.u
*orgoglio on*

Beh, fatemi sapere cosa ne pensate, demigods! xD Alla prossima e ... spero che colmiate le vostre carenze dei capitoli scorsi xD
Aloha! :3

King
  
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