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Autore: bemyronald    12/06/2014    11 recensioni
Mi hanno preso per un baby-sitter o cosa? Ron, bada a questo, bada a quello, fai attenzione, non dimenticarti di quello, ricordati di fare quest'altro... ma insomma! Oh, gliela faccio vedere io a quei marmocchi... per Godric!, pensò passandosi febbrilmente una mano tra i capelli.
~
«Smettila, Ronald» la sua voce decisa mise fine a quella scia di baci. «Smettila di fare il ruffiano»
«Non sto facendo il ruffiano» ribattè lui sulla difensiva. «Voglio solo far pace»
«E io voglio solo riposare, ti ho detto che sono stanca»
«E io voglio solo far pace» ripetè a voce bassa scostandosi appena da lei.
«Hai finito?»
«Ok, basta. Tregua» disse infine Ron allontanandosi e lasciandosi cadere sul cuscino.
«Volevo dirti una cosa importante ma tu sei arrabbiata con me»
La storia si è classificata seconda al contest Gli opposti si attraggono indetto sul forum di EFP da Red Wind.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Hugo Weasley, Ron Weasley, Rose Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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A Mattia e Gabriele, 
che con i loro sorrisi e i piccoli gesti mi regalano il mondo.




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Le piccole cose hanno la loro importanza:
è sempre per le piccole cose che ci si perde.
 

- F. M. Dostoevskij.
 
Una versione sfinita di Hermione percorreva a passi svelti il breve corridoio che separava la cucina dal salotto, ora per imboccare Hugo, ora per riferire a Ron quel che andava segnato sulla lista che l'indomani avrebbe dovuto assolutamente seguire, punto per punto. 
«C'è gelo domattina, magari meglio che tu gli faccia indossare il cappotto ver...» Hugo prese a battere le mani sul tavolo facendo oscillare pericolosamente il piatto, Hermione si bloccò col cucchiaio a mezz'aria.
«Oh, no! Sono  in lavanderia i cappotti pesanti! Meglio se ad Hugo fai indossare quello blu allora... un ultimo boccone... così... bravo!» Hermione sbuffò, poi con un paio di colpi di bacchetta, fece sparire il disastro lasciato da Hugo.
«Ron! Magari è meglio se ti segni un paio di incantesimi, ti chiedo cortesemente di non farmi trovare la casa sottosopra!» gli gridò dalla cucina, mentre apriva e richiudeva velocemente le ante dei mobili per dargli un'occhiata ed assicurarsi che ci fosse tutto ciò di cui avrebbero avuto bisogno il giorno seguente.
«Non dimenticare la merenda di Rosie e il sonnellino pomeridiano e... Oh, accidenti! Non dimenticarti di portare in orario Rose a scuola, domani ha le prove per la recita di Natale e non può assolutamente far tardi, meglio se arriva in anticipo! E Hugo devi portarlo da mia madre. Rose esce alle 3 p.m. da scuola, non dimenticare di... » Ron, che intanto non distoglieva lo sguardo dal televisore, scoppiò in una risata sguaiata che non sfuggì a Hermione. A passo svelto, in breve, raggiunse il salotto.
«Ron!» tuonò piazzandosi tra lui e il televisore.
«Che c'è?» chiese Ron sorpreso, sobbalzando al tono allarmato della moglie.
«Tu non mi stai ascoltando!» ribatté Hermione con le mani sui fianchi, decisa a non schiodarsi da lì.
«Certo che ti sto ascoltando!» rispose Ron, accigliandosi. «Devo portare Hugo a scuola perché deve fare le prove per la recita e Rose dalla nonna» disse con una strana calma, mentre un sorrisetto furbo minacciava di comparire sul volto. Hermione lo fissò con tanto d'occhi, fece per aprir bocca ma Ron la precedette.
«Hermione, sto scherzando, ovvio che Rose deve andare a scuola e Hugo da tua madre, lo so! Smettila di agitarti tanto» borbottò infine.
«Io non mi agito tanto, Ronald, sei tu che non mi ascolti! Non hai scritto nulla di ciò che ti ho detto» sbottò Hermione mentre gli strappava dalle mani il block notes completamente bianco. Ron sbuffò sonoramente.
«Andiamo, Hermione, non mi serve una stupida lista per badare a quei due marmocchietti» disse ridendo, ma subito smise non appena intercettò lo sguardo truce di sua moglie. Si alzò dal divano e le si avvicinò. 
«Sta' tranquilla, va bene? Perché non ti fidi?» disse cingendole la vita.
«Non è vero che non mi fido» farfugliò Hermione, che distolse lo sguardo e fece per staccarsi da lui, ma Ron la trattenne. «E non è una stupida lista! Solo che è... è meglio avere tutto per iscritto in modo che tu possa avere tutto sotto controllo, ecco. E se ne avessi bisogno?» si affrettò ad aggiungere.
«Ho capito, non ti fidi di me» ribadì Ron, allentando la presa dalla sua vita.
«Smettila» disse Hermione mollandogli un pugno sulla spalla.
«E comunque sono stato anche altre volte solo con Rose, mentre tu eri al lavoro» bofonchiò Ron.
«Certo, ricordo. L'anno scorso l'hai lasciata all'asilo e...»
«Ancora con questa storia?» la interruppe Ron alzando gli occhi al cielo. «Si è trattato di veramente pochi minuti a causa di un imprevisto al lavoro... non l'ho mica dimenticata!»
«Ma avresti potuto mandare un gufo a tua madre o alla mia» ribatté seccata Hermione.
«Va bene, basta» disse Ron liberandola dalla lieve stretta e alzando le mani in segno di resa. «Lasciamo perdere. Va bene se ti prometto che non dimenticherò niente e nessuno? E manterrò la promessa, ovviamente» Hermione aprì bocca per ribattere ma lui la bloccò con un gesto della mano prima di proseguire.
«A patto che tu non ti agiti. Magari comincia a rilassarti, eh?» mormorò fissandola negli occhi e strappandole dalle mani oggetti da cucina che non riuscì ad identificare, gettandoli malamente sul divano. «Così domani sarai ben riposata e concentrata, e potrai lavorare a quel maledetto progetto sugli Elfi o su quel che vuoi...» le disse a voce bassa mentre giocava con un ricciolo sfuggito dall'ormai quasi inesistente chignon e si avvicinava pericolosamente al suo viso.
«Non c'entrano gli Elfi, Ron, lo sai... si tratta dei Centauri e delle...» gli bisbigliò Hermione sulle labbra che intanto erano talmente vicine da sfiorare le sue.
«Sì, sì... certo... tutte le leggi e le creature che vuoi...» disse Ron spiccio. Hermione stava per obiettare ancora, ma non si scompose quando Ron le si avvicinò impercettibilmente per coprire quei pochissimi centimetri che li separavano e cominciò a baciarla lentamente.
Era sempre stata così, Hermione. Caparbietà, determinazione, diligenza. Tutto concentrato in una sola persona. Caratteristiche che in lui, a dir la verità, scarseggiavano. A meno che non fosse realmente interessato ad una determinata cosa e non ci mettesse il massimo dell'impegno, e tutto sommato, testardo lo era, a modo suo, ma lo era eccome. E lui quante volte l'aveva presa in giro per quel suo modo di fare? Bonariamente, s'intende, in fondo era sempre stato attratto da quel qualcosa che lei aveva e che sentiva gli mancasse, da quella capacità che lei possedeva e che era in grado di stabilire ordine ed equilibrio fuori e dentro di lui. Era una vita che la osservava, che l'ascoltava e ancora si chiedeva come facesse ad essere... così.
Dalle un qualcosa - qualsiasi cosa - da fare e la prenderà come un impegno da portare a termine nel breve tempo possibile e nel migliore dei modi. E ci riesce sempre, ovviamente. Dopotutto lei è Hermione, e io l'ho sempre amata anche per questo!, pensò, mentre lasciava che le sue mani si insinuassero tra le sue ciocche rosse scarmigliandogli i capelli e che lui, accarezzandola, si perdesse in quel bacio che sapeva semplicemente di lei.
E a volte la sentiva la mancanza di quell'Hermione un po' più spensierata, e cercava sempre di godersi appieno quei brevi istanti che la giornata era tanto generosa da regalargli... Ehm, certo, una volta ogni tanto... però glieli donava. Proprio come quel preciso momento in cui poteva accarezzarle il viso, sentire il suo profumo e le sue labbra che si schiudevano al dolce tocco di lui e le sue sottili dita accarezzargli la nuca. Si accorse di non volere altro. Poteva abbracciarla, sfiorarla, poteva continuare a baciarla e...
«MAMMA!» il grido di Rose proveniente dalla camera del piano superiore, fece sobbalzare entrambi. Hermione si staccò bruscamente da Ron per raggiungere i suoi figli che, nella loro cameretta, "giocavano" a tira e molla con un giocattolo. 
«Rilassarsi... come non detto» bofonchiò affranto prima di seguire Hermione sulle scale, per poi essere accolto dalle grida e dai piagnistei dei suoi bambini.

****

«Papà!» fu il buongiorno di quella mattina. Un po' troppo gridato forse, ma era pur sempre un "buongiorno".
«Papà!» qualcuno aveva cominciato a disturbare non solo la quiete nella quale era stata avvolta la stanza fino a quel momento, ma anche l'immobilità del letto che ora continuava a muoversi. Su e giù... su e giù... e ancora su e giù...
«Rosie, smettila di saltare sul letto. Potresti farti male» borbottò Ron in modo incomprensibile, con la testa affondata nel cuscino. Infatti il messaggio non era arrivato chiaramente perché qualcun altro si aggiunse a quel continuo e fastidioso "su e giù".
«Papi! Papi!» Hugo aveva cominciato a colpirlo ripetutamente in testa. E a quel punto, Ron si arrese.
«Va bene, va bene» brontolò riemergendo dal cuscino. «Che ore sono?» si stropicciò gli occhi e buttò un'occhiata di sbieco alla sveglia, mentre Rose e Hugo continuavano a rimbalzare sul materasso.
«Merda!» gli uscì con voce leggermente alta.
«Che hai detto, papi?» chiese Rose prima di sedersi sul letto con un ultimo balzo.
«Nulla, nulla... dai, muoviamoci» disse sbrigativo. «Hugo! Ho detto che non devi saltare sul letto!» sbottò prima di afferrare suo figlio per la mano e farlo scendere.
Nella fretta e nella confusione che regnava in tutta la casa, aveva quasi dimenticato la merenda di Rose e il suo costume per la recita. La bambina arrivò con quindici minuti di ritardo, con enorme disappunto della maestra che non risparmiò a Ron un'espressione cagnesca - esistono la Materializzazione o le Passaporte, dico io. Stupido traffico babbano - e Hugo fu lasciato a casa dei signori Granger.
Una volta nel suo ufficio, scaraventato sulla comoda sedia girevole e con la scrivania piena di varie scartoffie che aspettavano solo di essere compilate, Ron pensò che la giornata era iniziata nel peggiore dei modi. Hermione l'aveva avvertito sul fatto che Rose non avrebbe dovuto far tardi e gli aveva anche detto di scrivere su quel benedetto blocchetto ciò di cui avrebbe dovuto ricordarsi per "tenere tutto sotto controllo", la sua citazione preferita nonché l'attività che prediligeva. Figurarsi, a stento l'aveva ascoltata. Ma quel pomeriggio li avrebbe portati al parco. Più siamo lontani da casa, meno probabilità ci sono che essa venga distrutta!, pensò ridacchiando tra sé e sé. E poi i suoi figli erano due, doveva badare soltanto a due marmocchietti...
«Ron, ho bisogno di un favore!» Harry si precipitò nel suo ufficio, chiuse la porta e subito si accomodò sulla sedia di fronte alla scrivania di Ron.
«Sto bene, amico, nonostante sia stata una mattinata infernale. Grazie per esserti interessato, sei gentile» mugugnò massaggiandosi le tempie.
«Dai, Ron, sono serio» rispose Harry ridendo.
«Va bene, dimmi» sospirò Ron, tornando a guardare l'amico.
«Ecco» cominciò Harry schiarendosi la gola. «Sai che Ginny non tornerà prima di stasera per via di quel servizio giornalistico, no? Mi servirebbe questo pomeriggio per organizzarle una... ehm... sorpresa, diciamo» Ron annuì cercando di scacciare dalla mente il tipo di "sorpresa" che il suo migliore amico avrebbe voluto fare a sua sorella. Ma subito un altro pensiero si insinuò nella mente. Cominciò a capire dove volesse arrivare Harry, ma era meglio sentirselo dire dal diretto interessato se fosse stato così, perché il solo pensiero lo terrorizzava.
«Quindi... senza troppi giri di parole: avrei bisogno che mi tenessi James e Albus da questo pomeriggio» disse Harry tutto d'un fiato. Ron lo fissò, non troppo sbalordito. Il pensiero di un attimo prima era stato concretizzato dalla voce di Harry.
«Oh, no, no. No, Harry, no» disse armeggiando con una piuma tra le dita. «Hermione lavora fino a tardi e io sono solo con Rose e Hugo, e già due bambini sono... capisci? Ma quattro... quattro... voi volete vedermi morto per la fine di questa giornata! Piuttosto mi apro un allevamento di Schiopodi Sparacoda. Non se ne parla» borbottò alla fine.
«Lo so che Hermione è occupata con quell'affare, non fa che aggiornarmi... ma non te lo avrei chiesto se non fosse importante. Adesso i bambini sono con tua madre, ma questo pomeriggio i tuoi partiranno per la Romania, lo sai. Lily è già da Bill, ma i ragazzi sono a scuola e non posso lasciarli da Bill e Fleur, è un casino con gli orari. Andiamo! Si tratta solo di poche ore, stasera ci sarà anche Hermione, dopo vado a riferirglielo. Dai, per favore, Ron» lo supplicò Harry. «E poi Albus e James non vedono l'ora di passare un po' di tempo con lo zio preferito» aggiunse cercando di essere il più convincente possibile, sapeva che i suoi figli avevano un debole per lo zio. Ron fece un mezzo sorriso compiaciuto.
«Va bene, d'accordo. Ma mi devi quattro favori, chiaro? Quattro» borbottò guadagnandosi una pacca sulla spalla da un Harry raggiante che lasciò l'ufficio dopo averlo ringraziato. Sapeva che avrebbe ceduto alla richiesta di Harry, gliel'aveva chiesto per favore e lui gliene doveva qualcuno, in effetti. Ma di certo Harry non si era mai trovato da solo con quattro bambini di età compresa tra i tre e i sei anni...
Mi hanno preso per un baby-sitter o cosa? Ron bada a questo, fai attenzione, non dimenticarti di quello, ricordati di fare quest'altro... ma insomma! Oh, gliela faccio vedere io a quei quattro marmocchi... quattro... per Godric!, pensò passandosi febbrilmente una mano tra i capelli.
Uscì dall'ufficio terribilmente stanco solo al pensiero del frenetico pomeriggio che lo attendeva. Quasi, quasi, avrebbe preferito tornare indietro di qualche ora e ripetere quella mattinata con tanto di maestra di Rose che lo guardava in cagnesco. Non appena Harry gli lasciò Albus e James, caricò tutti e quattro i bambini in macchina per raggiungere il parco. Più siamo lontani da casa, meno probabilità ci sono che essa venga distrutta!, continuava a ripetersi mentalmente per darsi manforte.
Presto si accorse che il pomeriggio non fu così infernale come aveva prospettato. Certo, James aveva quasi fatto a botte con un ragazzino poco più grande di lui e Hugo si era sbucciato un ginocchio, ma erano tutti sani e salvi e, a dirla tutta, tra scivoli, altalene e inseguimenti vari, si era divertito anche lui. E cosa di fondamentale importanza: erano stati lontani da casa. Ma quel momento sarebbe arrivato prima o poi, non avrebbe potuto trattenerli lì all'infinito. 
Una volta giunti a casa, non appena Ron aprì la porta, i bambini cominciarono a correre e strepitare per tutto il salotto.
«Ehi, ehi! Che cosa credete di fare?» ma la sua voce fu superata dalle risate divertite di Hugo intrappolato a terra da James intento a fargli il solletico e dalle grida di Albus che correva dietro Rose che sfiorò appena il delicato vaso in stile Kamares, un regalo dei signori Granger. Ron trattenne il respiro quando vide il vaso oscillare pericolosamente, ma subito si riscosse.
«Bambini, mi ascoltate un attimo?» disse disperato.
«Zio Ron! Zio Ron! Giochiamo che ci inseguiamo come al parco, dai!» urlò Albus tirandolo per il polso.
«Al, qui non siamo al parco, è pericolo... ROSE!» il vaso stavolta minacciò seriamente di cadere e frantumarsi in mille pezzi.
«Il vaso della mamma! Avresti potuto farti male!» disse Ron avvicinandosi al tavolino e spostando il vaso più in profondità.
«Statemi bene a sentire» stavolta la sua voce, più alta e decisa, sovrastò quelle dei bambini e attirò la loro attenzione. «Non siamo più al parco, non potete correre in questo modo. Lo zio Ron vi ci ha portato oggi, vi siete divertiti?» i quattro bambini annuirono contenti e Hugo corse ad abbracciare il padre che si era seduto sul tappeto incrociando le gambe per fronteggiare quelle faccette vispe e felici. Ron prese il figlio sulle ginocchia e riprese.
«Bene, possiamo inventarci tanti giochi anche qui. Giochi che non prevedano attività di inseguimento, corsa, salto, lotta, spinte eccetera, eccetera» disse contando sulle dita le attività che avrebbero causato la distruzione della casa, nonché la sua inevitabile fine per mano di Hermione.
«Ma zio, così non ci si diverte per davvero!» ribatté James con un'alzata di spalle, prima di sedersi sul pavimento imitando Ron.
«Oh, si, invece. Facciamo finta di essere una squadra di Quidditch»
«Impossibile, pa'» lo interruppe Rose. «Siamo solo cinque»
«Ma è una squadra nostra, possiamo decidere noi. Che ne dite se zio Ron stabilisce un paio di regole?»
«Perché non possiamo farle anche noi le regole, zio?» chiese Albus che si sedette sul tappeto vicino al fratello.
«Volete stabilire delle regole? Va bene, non sarò io a fermarvi, dopotutto siamo una squadra. Una regola ciascuno: Rosie» disse Ron indicando la figlia.
«Ci racconti una storia!» disse la bambina mentre le si illuminavano gli occhi.
«Che sciocchezza, non è mica una regola!» intervenne James ridacchiando.
«Ma io voglio che papà racconti una storia, cosa importa se non è una regola» borbottò Rose incrociando le braccia e lanciando un'occhiata di traverso al cugino.
«Ma non puoi sprecare le regole per una stupida storia, perché non...»
«Stop» li bloccò Ron. «James ha ragione, non è una regola, ma ciò non significa che Rose non possa chiedere una storia. Se vuole una storia, le verrà raccontata una storia. Possiamo chiedere ciò che vogliamo, d'accordo, James?» il bambino annuì mentre Rose gli dedicava una linguaccia e sorrideva al padre.
«Allora possiamo fare la lotta, zio?» chiese James in tono speranzoso.
«Temo di no»
«E allora una corsa con le scope, come alla Tana! Zio Charlie mi ha insegnato una cosa, ma non posso dirtela ora, zio Ron, è un segreto» disse incrociando le braccia al petto. Rose e Albus lo guardarono con tanto d'occhi, desiderosi di scoprire il segreto di James e zio Charlie.
«Allora me lo svelerai alla Tana questo segreto. Mi sa proprio che qui non si possono fare gare. Dovrai chiedere un'altra cosa. Puoi pensarci» disse Ron ridendo mentre si allungava verso di lui per scompigliargli i capelli. 
«Al, la tua regola o ciò che vorresti» riprese Ron indicando il nipote di fronte a lui.
«Io voglio le patatine fritte... Tante patatine fritte!» esclamò allargando le braccia per far intendere la quantità di patatine che desiderava. Tutti risero.
«Mi tocca cucinare molto stasera» disse Ron ridacchiando. «James, pronto?»
«Giochiamo ai pirati? Possiamo, vero? Voglio essere il capitan Jack Sparrow, io!» disse mentre si alzava in piedi e saltellava contento. A Ron venne da ridere pensando a quando lui ed Harry portarono i bambini al cinema e ne uscirono tutti entusiasti. Compresi i due adulti in questione.
«Non siete per niente stanchi, eh?» chiese senza smettere di ridere. «E tu, Hugo, cosa vuoi che papà faccia?» chiese rivolgendosi al figlio che seduto sulle sue gambe non la smetteva di fare piccoli saltelli. «Cololi!» esclamò.
«Sì, pa'! Abbiamo i MagiPaint di sopra, quelli che ci hai comprato al negozio di zio George! Possiamo disegnare e colorare» intervenne subito Rose che esplodeva dalla contentezza. Attirò perfino l'attenzione di Albus e James.
«Rosie, non so se quei colori...» cominciò Ron.
«Dai, papi, facciamo attenzione»
«Ti  prego, zietto» aggiunse Albus che corse ad abbracciare Ron.
Ron ci pensò un po'. La prospettiva di lasciare la pittura nelle mani dei bambini che avrebbero potuto sporcarsi, o peggio, sporcare... non era per niente allettante. Ma i suoi figli e i suoi nipoti continuavano ad abbracciarlo con l'intento di convincerlo. E lui a quegli occhietti dolci non sapeva proprio resistere.
«Va bene» disse alla fine, suscitando la gioia dei quattro bambini. «Ma prenderemo i colori dopo cena, ok? E se non correrete in giro per la casa. Saremo pure una squadra ma guardate che ci sono dei punti e posso toglierli se non vi comportate bene, d'accordo? E adesso, tutti in pigiama!» esclamò alzandosi con Hugo in braccio. 
Il tardo pomeriggio si svolse abbastanza tranquillamente, Ron si chiese se non fosse troppo presto per tirare un sospiro di sollievo, e infatti arrivò il momento della cena.
La cucina si trasformò in un campo di battaglia: Hugo mise in scena uno dei suoi più temibili capricci, Rose si lamentava perché non le piaceva il pollo e James continuava a dirle che in realtà era vivo, che stava dormendo e aspettava il momento giusto per morderla.
«Dai, James, smettila. Non è vero, Rose, mangia il tuo pollo» disse Ron alle prese con Hugo che continuava a piangere e urlare: «No voglio! No voglio!»
«Avanti, un altro po'... ma cos'hai?» bisbigliava Ron esasperato, mentre fissava il cucchiaio a mezz'aria. Intanto la lotta a tavola si era intensificata. James aveva avvicinato il piatto per spaventare Rose e il pollo le si era rovesciato addosso.
«Papà!» urlò la bambina. «James mi ha buttato il pollo addosso!»
«Ma non è vero! È lui che ti è venuto addosso» sbottò James.
Ron che dava loro le spalle per imboccare Hugo, si voltò di scatto giusto in tempo per vedere un piatto di patatine a mezz'aria scagliarsi contro James. 
«Ehi!» strillò lui mentre Albus cominciava a sghignazzare. Così, per vendicarsi, prese la bottiglietta di Ketchup e lo spruzzò sul pigiama di Rose. Peccato che gran parte degli schizzi, furono deviati e finirono sulla parete. Ron si allontanò da Hugo per separare i due cugini.
«Allora, cosa vi ho detto riguardo le lotte?» sbottò. «Cosa avete combinato! E, Rose, sta' attenta!» disse cercando di togliere le macchie dal pigiama della figlia.
C'erano patatine sparse sul pavimento e schizzi di salsa rossa imbrattavano la parete di fronte. Ron si guardò in giro esasperato, cercando di ricordare qualche incantesimo per ripulire quel disastro. Hermione gliene aveva detto qualcuno? No, voleva ma lui non la stava ascoltando! Sarebbe stato costretto a risolvere alla maniera babbana. Storse il naso.
Era in preda ad un esaurimento nervoso, i bambini continuavano a bisticciare, Albus si aggiunse al frastuono continuando a picchiettare la forchetta sul piatto per attirare l'attenzione e Hugo continuava a piangere e strepitare... piangeva... piangeva... piangeva e...
«PAPÀ!» strillò Rose indicando il fratello. «Guarda Hugo!»
Ron si voltò e vide il piatto che levitava verso l'alto, lo seguì con lo sguardo mentre saliva su... ancora su... sempre più su e...

SBAM! 

Dritto sulla sua faccia. I bambini scoppiarono a ridere e Hugo smise di piangere all'istante. Ron imprecò sottovoce mentre si toglieva pezzetti dello spezzatino di manzo che gli imbrattavano il viso. Poi si rese conto di ciò che aveva appena fatto Hugo. Si bloccò all'istante e fissò suo figlio che giocherellava col suo cucchiaio. James e Albus non smettevano più di ridere, Rose corse dal fratello battendo le mani e saltellando.
C'era da esser contenti, in effetti: suo figlio aveva fatto la sua prima magia.
Pensò ad Hermione, alla faccia che avrebbe fatto se fosse stata lì con loro, e non vedeva l'ora di dirglielo, di condividere quella piccola emozione con lei.
Ron si diresse al lavello per sciacquarsi la faccia e le mani mentre Rose gli si avvicinava.
«Papà, Hugo ha fatto una magia, non è vero? Non ha mai fatto una cosa così» gli chiese Rose in tono gioioso.
«Già, non ha mai fatto una cosa del genere» sorrise alla figlia e si avvicinò ad Hugo. «Allora, ecco qui il nostro maghetto. Cos'era? Una specie di "Wingardium leviosa", eh?» disse prendendolo in braccio, non smetteva di sorridere e nemmeno suo figlio, che continuava a parlottare tutto felice. Sentì un moto d'orgoglio invaderlo.
«Cos'è un "Ligardiu leiosa", zio?» chiese James.
«È "Wingardium leviosa", James» disse ridendo - e non fu di certo un caso se gli venne da ridere... - «Un incantesimo di levitazione, lo scoprirete tra qualche anno» aggiunse poi.
«Papi, la mamma sarà felice! Non vedo l'ora che torna» Ron si rese conto di quanto l'entusiasmo di sua figlia fosse contagioso. Si calò fino a raggiungere Rose in altezza e le diede un bacio affettuoso sulla guancia. Lei mise le braccine attorno al collo del padre per abbracciarlo e Ron, con in braccio Hugo, quasi perse l'equilibrio. Ma cercò di sistemarsi in modo da non dover lasciare né Hugo né Rose.
Ecco, la giornata gli stava regalando il famoso "istante da vivere appieno", non poteva mica perderselo. Aveva dimenticato il disastro dominante in cucina, le patatine, il Ketchup, e presto si sarebbe reso conto che la sua cena nel microonde sarebbe stata immangiabile. Riusciva solo a pensare a quanto fosse contento ed orgoglioso e che Hermione gli aveva davvero regalato le cose migliori che avesse mai potuto desiderare. Una volta sciolto l'abbraccio, Rose cominciò a saltellare battendo le mani e Hugo continuava ad emettere versi picchiettando con la mano sulla testa del padre. Sentì di dover dare un po' d'affetto anche a qualcun altro quella sera.
«E per i miei due nipotini, niente abbracci?» disse rivolgendosi a James e Albus, lì in piedi di fronte a lui. Albus spiccò una breve corsa per abbracciare lo zio e dopo un po' fu raggiunto da James. 
«Zio, coloriamo adesso?» gli chiese James non appena gli si fu allontanato.
«Ah, ecco dove volevi arrivare, furbastro» rispose ridendo. «Vorrei solo sapere cosa ha spinto Hugo a fare una magia...» mormorò perplesso.
Poi gli venne un'idea. Raccolse il piatto di Hugo, ancora contenente qualche pezzetto dello spezzatino di manzo, e l'assaggiò.
«Miseriaccia, ma è terribile! Ovvio che continuava a rifiutarlo e a piangere!» esclamò con una smorfia di disgusto. Dopodiché, Ron li mandò in salotto in modo che un po' di cartoni animati potessero tenerli a bada, mentre preparava un piatto decente per lui e per Hugo, vittima delle pessime doti culinarie del padre. 
Poi arrivò il fatidico momento, quello dei colori. All'inizio era stato molto scettico, ma per la piega che aveva preso la serata, cominciava a sentirsi più tranquillo. E non gli importava, avrebbe pulito tutto con i faticosi metodi babbani e giurò a se stesso che avrebbe imparato quegli incantesimi prima o poi. Più prima che poi
In salotto, Rose tornò con acquerelli, tempere, pennelli e le attrezzature necessarie per dipingere, tutte con forme strane e funzioni altrettanto strane e stravaganti, rigorosamente made in Tiri Vispi Weasley. Dopo essersi sistemati, diedero il via alla loro vena artistica, mentre Ron decise di tenersi occupato con la TV, sorvegliandoli dal divano sul quale era disteso.
«Papi, cololi co' me? Pe' piacele» Hugo gli si avvicinò, inclinò leggermente la testa e prese a guardarlo con gli occhietti vispi del suo stesso azzurro chiaro, sperando che il padre cedesse alla sua richiesta.
«Pe' piacele, papino» ripeté mentre con una manina gli accarezzava la fronte. Ron gli sorrise e cedette ancora una volta, nonostante la stanchezza. Era più forte di lui.
«Certo che coloro con te, bestiolina» disse mettendosi a sedere per poi prenderlo in braccio.
E così, un Ron adulto, Auror, sposato, padre, si ritrovò seduto a terra nel salotto di casa sua, tra pennelli e acquerelli magici per la prima volta. Ed era veramente piacevole starsene lì e non pensare a nulla, ascoltare le risate dei bambini, i loro discorso che possedevano una propria logica che non bisognava sforzarsi di comprendere perché apparteneva al loro mondo, quel mondo impenetrabile per gli adulti.
«Al, che cosa hai fatto?» chiese portandosi una mano al naso dove il bambino gli aveva appena passato il pennello.
«Zio, hai il naso verde, adesso sei più bello» disse provocando le risate divertite di tutti. Mentre Ron cercava di ripulirsi strofinandosi il naso, Hugo pensò bene di passarsi un pennello sulla fronte. Se la pennellata di Albus gli aveva lasciato un po' di verde sul naso, quella di Hugo non ebbe lo stesso effetto e il bambino si ritrovò con la fronte completamente blu. Quel pennello doveva essere difettato. Cominciò a preoccuparsi, non ricordava dove avesse lasciato le istruzioni del gioco, di sicuro ci sarebbero stati degli incantesimi adatti per quel tipo di incidente. Prese suo figlio in braccio che, vedendosi allontanare dai giochi, cominciò a fare i capricci, e si diresse in bagno, con l'intento di mandar via la pittura con l'acqua. Strofinò delicatamente ma questa, ovviamente, non venne via. Imprecò mentalmente, decise che avrebbe affatturato suo fratello e i suoi prodotti, poi prese la bacchetta e mormorò un paio di incantesimi che ricordava. Funzionò, ma solo una parte del blu sparì dalla fronte del bambino che continuava a piangere, così Ron decise di lasciar perdere e che avrebbe chiesto ad Hermione, di sicuro avrebbe trovato la soluzione anche senza istruzioni.
Dopo quella che parve un'infinità, Hugo si addormentò tra le sue braccia. Tornò in salotto, si stese sul divano e posizionò Hugo accanto a sé che, intanto, succhiava il suo pollice e si lasciava accarezzare i capelli dal padre. 
Quel leggero movimento della mano tra i capelli marchio Weasley del figlio, fece assopire anche lui. Glieli sfiorava lentamente, ancora e ancora, fino a quando le voci dei bambini pian piano si fecero più lontane e le sue palpebre pesanti si chiusero definitivamente.

****

«Ti prego, mamma, solo questo mi manca e anche a James» 
«No, Rosie, avete colorato abbastanza, continuerete domani. Adesso datevi una ripulita e a letto»
Le voci di Rose e Hermione lo scossero da quel sonnellino, ma era ancora troppo assonnato e non riusciva a capire se facessero parte del sogno.
«Ronald»
Erano a Hogsmeade e c'era la neve... ma lui era al caldo, sembrava Mielandia quel posto...
«Ronald»
Doveva essere periodo natalizio... quelle luci...
«Ronald!»
Ma Rose non c'era e nemmeno Hugo... c'era solo Hermione che...
«RONALD WEASLEY!»
Ruzzolò giù dal divano prima di alzare lo sguardo su Hermione. Non era ad Hogsmeade, non c'era la neve e non era da Mielandia, certo che no. Era sul pavimento del salotto di casa sua e lì, davanti a lui, Hermione lo fissava con le mani sui fianchi e sembrava... arrabbiata.
«Devo essermi assopito, accidenti» borbottò massaggiandosi le tempie. «Ma Hugo stava dormendo qui, vicino a me e... per le mutande di Merlino, cosa diamine è successo qui?» chiese spalancando gli occhi e guardando i mobili di fronte a sé.
«Oh, be', di certo non è passato Picasso che ha dato libero sfogo alla sua creatività. E tuo figlio, quello con mezza faccia blu, dorme di sopra» Hermione sembrava che si stesse trattenendo da una sfuriata.
«Pica... che?» chiese Ron massaggiandosi ancora la testa.
«Lascia perdere. Si da il caso, che i nostri figli e i nostri nipoti, che tu avresti dovuto semplicemente controllare invece di oziare, siano sfuggiti al controllo dell' "adulto" che avrebbe dovuto badare a loro e hanno pensato bene di imbrattare il mio salotto!» disse Hermione con un tono di voce abbastanza alto e facendo ben attenzione a virgolettare il termine "adulto".
«O-oziare? Dici sul serio, Hermione? È tutto il giorno che sono dietro a loro!» ribatté Ron alzando il tono per contrastare il suo.
«Certo, sei stato dietro a loro... dal divano, per poi ritrovarmi un salotto variopinto e una cucina che equivale ad un stalla. Grazie tante!» disse tutto d'un fiato. La discussione stava prendendo una brutta piega ed era l'ultima cosa che Ron avrebbe voluto.
«Senti, Hermione, mi dispiace. Avrei dovuto pulire subito ma è successa una cosa e poi mi sono addormentato e così non ho...»
«Non mi importa, è sempre la stessa storia!» lo interruppe Hermione. «Ti avevo chiesto, per favore, di tenere la casa in ordine, come l'avevo lasciata e invece ho trovato persino i bambini sporchi di pittura mentre te sonnecchiavi! E Rose mi ha detto che è arrivata in ritardo a scuola, Ron!» sbottò Hermione mentre lui si alzava dal divano e la sovrastava in altezza. 
«Non si può proprio fare affidamento su di te» aggiunse alla fine lanciandogli un'occhiata gelida prima di voltarsi e mormorare alcuni incantesimi che avrebbero scacciato via la pittura dai mobili. 
Ron rimase qualche secondo lì impalato, cercando le parole giuste da usare per ribattere. Ma pensò che se avesse continuato avrebbe alzato il tono di voce, lei avrebbe risposto in egual modo per sovrastarlo, i bambini si sarebbero svegliati, loro avrebbero litigato, Hermione si sarebbe arrabbiata e innervosita più di quanto non lo fosse già e lui quella notte sarebbe finito dritto sul divano, ovviamente. E poi doveva dirle una cosa, doveva condividere con lei quella cosa. Così decise che avrebbe usato un altro metodo, un metodo che preferiva di gran lunga del contrastare ciò che Hermione diceva e del fare a gara a chi dei due urlasse di più. 
Si diresse al piano superiore e non appena mise la mano sul pomello della porta del bagno si sentì chiamare da Rose.
«Rosie, sei ancora sveglia?» disse sporgendosi con la testa verso l'interno della cameretta. «I tuoi cugini nella stanza accanto già dormono e anche Hugo»
«Lo so, papà, siamo saliti prima con la mamma mentre tu dormivi» disse la bambina. «Ma ti devo dire una cosa» aggiunse subito.
«Va bene» sospirò Ron e si sedette sul bordo del letto.
«Papà, la mamma deve essere arrabbiata con me, vero? Tu e lei stavate litigando... ma io ho chiesto di prendere i MagiPaint, no tu» disse in tono triste, guardando il padre negli occhi.
«Oh, no, sta' tranquilla» rispose prontamente Ron. «Certo, se magari aveste evitato di colorare i mobili...» aggiunse borbottando.
«James continuava a dire che zio Harry glielo lascia sempre fare perché così i mobili sono più belli! Ma io non ci credo, è impossibile!» disse incrociando le braccia e corrucciando la fronte. Ron sorrise, somigliava terribilmente ad un Hermione in miniatura. Con i capelli rossi però.
«Ci avrei scommesso che tu non c'entravi, anche se avresti dovuto svegliare papà. Non preoccuparti, la mamma è un po' stressata in questo periodo e vedere il salotto in quello stato e papà che dormiva... Be', l'ha mandata su tutte le furie. Ma domani faremo un discorsetto anche a James e Albus» disse accarezzandole i capelli e facendole appoggiare la testa sul cuscino. «Adesso dormi, d'accordo?» disse, prima di posarle un bacio sulla fronte.
«Papà?» lo chiamò Rose mentre lui apriva la porta e si voltava verso di lei.
«Sì, Rosie?»
«Dici alla mamma che le voglio bene? Ne voglio anche a te» disse sbadigliando. 
«Anch'io te ne voglio e la mamma ne vuole a te. Sì, glielo dirò. Sogni d'oro» mormorò prima di chiudersi la porta alle spalle e sentire un sorriso allargarsi sul volto.
Dopodiché, entrò nella camera da letto, Hermione era distesa su un fianco, girata verso la finestra. Rannicchiata, occupava un piccolo spazio del letto matrimoniale. Ron, con molta poca grazia, si stese sul letto e tirò su le coperte. Aspettò qualche minuto prima di rompere il silenzio.
«Hermione?» sussurrò, ma come previsto, non ottenne risposta.
«Andiamo, lo so che sei sveglia» disse dopo un po'. Cominciava ad innervosirsi, se c'era una cosa che non sopportava più delle urla di Hermione, era l'indifferenza che lei ostentava in questi casi. Sospirò.
«Ascolta, mi dispiace, dico davvero. Avevo già pensato di pulire alla maniera babbana ma mi sono addormentato e allora...»
«Lo so, l'ho visto» lo interruppe lei che non riuscì a trattenersi. «Ma avresti potuto farlo prima, o meglio: avresti dovuto ascoltarmi quando ti ho consigliato di segnarti gli incantesimi utili. Ma tu no! Non l'hai fatto! Non l'hai fatto perché non mi ascolti mai» rimase rigida nella sua posizione continuando a dargli le spalle.
«Va bene, hai ragione. Ma almeno lasciami spiegare» ribatté lui in tono deciso.
«Non credo ci sia nulla da spiegare. E poi sono stanca» disse Hermione in un tono che non ammetteva repliche.
Ron sbuffò, sapeva che c'erano volte in cui doveva aspettare che l'ira di Hermione si placasse prima che lui potesse proferire anche mezza parola. E quella era una di quelle volte. Ma non avrebbe lasciato mica perdere, doveva assolutamente darle la notizia ma prima avrebbe dovuto addolcirla un po'. E poi, a dirla tutta, non aveva proprio torto... non del tutto almeno. Doveva agire. 
Passarono molti minuti prima che si decidesse. Si avvicinò lentamente ad Hermione e cominciò a darle dei baci leggeri partendo dalla spalla, fino a raggiungere l'incavo del collo. Poi si spostò all'orecchio.
«E dài, Hermione...» sussurrò e la sentì rabbrividire quando con le labbra le sfiorò il lobo per poi ricominciare a baciarla. 
Avrebbe ceduto da un momento all'altro. La conosceva bene. Qualche altro bacio, qualche carezza e avrebbe ceduto, lo sapeva...
«Smettila, Ronald» la sua voce ferma mise fine a quella scia di baci. «Smettila di fare il ruffiano»
«Non sto facendo il ruffiano» rispose lui sulla difensiva. «Voglio solo far pace»
«E io voglio solo riposare, ti ho detto che sono stanca»
«E io voglio solo far pace» ripeté a voce bassa, lasciandole un altro bacio sulla clavicola.
«Hai finito?» 
«Ok, basta. Tregua» disse infine Ron, allontanandosi e lasciandosi cadere sul cuscino.
«Volevo dirti una cosa importante ma tu sei arrabbiata con me»
«Certo che sono arrabbiata con te, che t'aspettavi?» ribatté Hermione che gli dava ancora la schiena.
«Ma non puoi, per un minuto, far finta che non sia successo nulla e ascoltarmi?» 
«No, non posso perché non mi va di ascoltarti. Punto»
«Ma io te lo dico lo stesso: Hugo oggi ha fatto la sua prima magia»
BANG! 
La buttò lì, a tradimento. Furbo! 
Altrimenti Hermione quand'è che l'avrebbe ascoltato?
La sua risposta? Silenzio. 
Cosa non avrebbe dato per guardarla in viso e sorridere alla sua espressione sbalordita! Era certo che fosse sbiancata e che avesse sgranato gli occhi per lo stupore.
«Non è vero, l'hai detto solo perché pensi che così io ricominci a parlarti, ma ti sbagli di grosso, caro, io non...»
«Ma ti pare?» la interruppe Ron. «No, l'ho detto perché è vero» rispose tranquillamente, voltando la testa nella sua direzione aspettando che Hermione si girasse per non dargli più le spalle. Non dovette attendere molto.
«Dici sul serio?» disse piano girando la testa verso Ron, che annuì sorridendo. Hermione sospirò prima di voltarsi e stendersi in posizione supina.
«Com'è successo?» chiese con un tono tra il curioso e il sorpreso, fissando il soffitto.
«Be', dopo che siamo tornati dal parco...»
«Siete stati al parco?» lo interruppe Hermione strabuzzando gli occhi e voltando la testa di scatto verso lui.
«Sì... nel pomeriggio» rispose lui esitante. «Comunque, una volta tornati dal parco, ho preparato la cena e, be', lo spezzatino di manzo di Hugo faceva davvero schifo, così...»
«Ecco, lo sapevo» disse Hermione interrompendolo per la seconda volta. Si voltò nuovamente verso di lui e scoppiò a ridere.
«Non ridere, a tavola è stata una battaglia» mugugnò Ron, offeso. Ma Hermione non riusciva a smettere di ridere. Era una risata nervosa e Ron se ne rese conto.
«Si può sapere perché continui a ridere?» poi vide che si portò le mani sul volto per coprirselo. Non capiva se stesse ridendo, piangendo o tutte e due. Si alzò puntellandosi sui gomiti, fece per avvicinarsi e in quel momento Hermione parlò.
«Mi sono persa la prima magia del mio bambino per quello stupido progetto» biascicò con voce soffocata, senza togliere le mani dal volto. «Saranno settimane che non trovo un po' di tempo per portarli al parco o che non riesco a cucinare qualcosa per loro. E non so nemmeno se riuscirò ad essere presente alla recita di Rose, tra qualche giorno» sbuffò, asciugandosi gli occhi leggermente umidi.
«Certo che ci sarai alla recita di Rosie» disse Ron avvicinandosi. «Lo so che troverai un modo per gestire entrambe le cose...»
«No, Ron, io non lo so. Non so più niente. Questo progetto, per questa benedetta promozione, mi sta portando via un sacco di tempo da voi» disse seria senza guardarlo. «Quand'è stata l'ultima volta che io e te abbiamo fatto una semplice passeggiata insieme?» si voltò verso di lui che con un braccio le circondò la vita per avvicinarla di più a sé.
«Non lo so, ma è quello che vuoi tu, no? Questo progetto e la promozione...» chiese guardandola tra il comprensivo e il dispiaciuto.
«Certo! Sì, voglio dire, se dovessi ottenere questa promozione sarebbe fantastico... un sogno... sì, assolutamente, però...» si interruppe e sospirò. «Mi sento in colpa. Per i bambini. Per te» sussurrò guardandolo negli occhi.
«Non devi, Hermione» disse Ron serio. «Non devi sentirti in colpa. Non per me» mormorò cominciando ad accarezzarle i capelli. «Lo so che non è semplice gestire il tutto e rinunciare a certe cose. Ma possiamo aspettare insieme, no? Io ho fiducia in te e ti appoggio. E so per certo che se decidi di fare una cosa, qualsiasi essa sia, è perché lo vuoi per davvero. E so che ci riuscirai, scommetto la mia infinita collezione di figurine delle Cioccorane. Lo so perché sei tu. Lo so e basta» le sorrise e lei ricambiò subito, ma non sembrava del tutto convinta. Ron se ne rese conto quando si lasciò cadere sulla sua spalla senza dire altro. Qualcosa continuava a frullare nella sua testolina perfettamente organizzata.
«Prima Rosie mi ha detto di dirti che ti vuole bene. Ha detto che era importante, quindi ho pensato che avrei dovuto dirtelo» disse a sottovoce, scostò appena il capo e le sorrise.
«Forse dovrei andare da lei» disse Hermione all'improvviso, in tono triste. «Ero arrabbiata e l'ho mandata subito a letto, non le ho nemmeno chiesto come sono andate le prove per la recita...» fece per scostarsi da Ron.
«Sei impazzita? Sta dormendo» disse subito lui. Hermione sbuffò senza replicare, consapevole del fatto che fosse una cosa stupida dettata dal desiderio di recuperare i minuti persi. Tornò a stendersi al suo fianco.
«Perché invece non coccoli un po' me? Non è tra le cose che il progetto ti sta portando via, il coccolarmi?» disse Ron e quando Hermione alzò la testa per guardarlo in viso, lui sfoggiò uno dei suoi bronci migliori di sempre.
«Scemo» ribatté lei mollandogli un buffetto sul naso. «Vieni qui» disse prendendogli il volto tra le mani e cominciando a posargli dei baci leggeri sulle labbra, più e più volte. 
«Allora non sei più arrabbiata con me» mormorò Ron compiaciuto una volta che Hermione ebbe finito e prese a fissarlo negli occhi.
«E chi l'ha detto?» rispose lei inarcando le sopracciglia prima di tornare a distendersi accanto a lui, che ricominciò a carezzarle i capelli, mentre lei prese a sfiorargli il braccio.
«Scusa per il casino che hai trovato in cucina e in salotto, avrei dovuto pulire subito ma poi Hugo ha fatto levitare il piatto ed eravamo tutti così entusiasti. E... sì, mi dispiace di essermi addormentato...» disse improvvisamente Ron, senza smettere di sfiorarle i capelli.
«Mi dispiace di essermi arrabbiata in quel modo» mormorò dopo un po' Hermione. «Ma dopo una pessima giornata, dinnanzi a quel disordine non ci ho visto più. Ma non ho tutti i torti, eh. Ovviamente ho ragione, e tu devi imparare quegli incantesimi» disse, mentre Ron faceva una smorfia alzando gli occhi al cielo. «Però devo ammettere che te la sei cavata discretamente, erano pur sempre quattro bambini» aggiunse infine sorridendo.
«Discretamente?» fece Ron stupito, scostandosi appena. «Discretamente? Hermione, sono stato tutto il giorno dietro a quattro marmocchi, li ho portati al parco, ho cucinato per loro e mi sono anche beccato un piatto di carne in faccia perché...» 
«... Perché sei un pessimo cuoco, già» Hermione terminò la frase per lui guadagnandosi un'occhiataccia. 
«Lascia perdere» borbottò. «Ho disegnato, colorato con loro, ho perso la mia dignità, capisci? E tu mi dici che me la sono cavata solo discretamente
Hermione scoppiò a ridere.
«Dignità? Addirittura?» 
«Be', certo, prova tu a correre dietro bambini di età compresa tra i tre e i sei anni in un parco pubblico... davanti a tutti» mugugnò.
«Ma smettila, tanto lo so che ti sei divertito! E, a proposito di dignità, hai dello sporco sul naso» disse Hermione, che prontamente si scostò da lui e si mise in ginocchio per riuscire meglio nel suo intento. Cominciò a strofinargli il pollice sul naso, ma come previsto da Ron, la pittura non venne via. 
«Che figura, è tutta la sera che ce l'ho allora. Ho discusso con te e cercato di fare discorsi seri col naso... verde. Bella serietà» disse cupo, mentre Hermione rideva.
«Se magari stai un po' fermo riesco a...»
«Se magari smetti di sfregare che mi stai facendo male. Sembri mia madre!» brontolò Ron cercando di sottrassi dalle grinfie di Hermione.
«Vuoi stare fermo?» sbottò lei, aggrottando la fronte.
«Vuoi piantarla, Hermione?» 
«E va bene!» Hermione smise di sfregargli il naso e incrociò le braccia, offesa. Ron non riuscì a trattenere una risata.
«Ora metti il broncio? Non ti sarai mica offesa?» disse seguendola con lo sguardo mentre si adagiava sulla schiena senza rispondere.
«Oh, adesso mi togli di nuovo la parola, capisco» disse, girandosi sul fianco per poi allungare un braccio e abbracciarla.
«La prima volta che ci siamo incontrati avevo il naso sporco, credo di nero... non ricordo. È una vita che ho il naso sporco quando ci sei tu» disse ridendo, mentre Hermione, suo malgrado, non riuscì a trattenere un sorrisetto.
«Hai dello sporco sul naso, a proposito, lo sapevi? Proprio qui» cantilenò Ron con una fastidiosa vocetta stridula. Hermione aggrottò la fronte.
«Io non parlavo così!»
«Oh, no, eri molto più insopportabile e saccente» disse ridendo e guadagnandosi un buffetto sul braccio. 
All'improvviso, Ron decise che c'era qualcosa che avrebbe dovuto dirle quella sera.
Continuando ad accarezzarle il braccio, scese lentamente fino a raggiungere la sua mano. La sollevò, schiacciò delicatamente il palmo contro quello di lei e osservò attentamente le loro dita che si muovevano lente in modo che poi combaciassero, si intrecciassero per poi stringersi. «Hermione?» la chiamò in un sussurrò appena udibile, continuando a fissare le loro mani unite.
«Mmh?» avvertì la stretta di lei in risposta.
«Mi prometti una cosa?»
Hermione si allontanò appena per guardarlo dritto negli occhi. «Che faremo sempre tesoro di piccoli momenti come questo. Anche quando non riusciremo a vederci per tutto il giorno e la sera avremo i minuti contati perché stanchi e distrutti. A volte passo la giornata proprio nell'attesa di quei minuti contati e penso che non dovrò sprecarli. Oggi, stando con Rose e Hugo, mi sono reso conto di molte cose e ho subito pensato a te nel momento in cui Hugo ha fatto la sua prima magia, e anche Rosie ti ha pensata. Avrei tanto voluto che fossi qui con noi. E non avrei proprio dovuto farti arrabbiare perché c'erano cose così importanti da condividere e raccontare. E anche questo istante. Questo istante per me è importante» aveva parlato a voce bassa e non aveva staccato gli occhi dai suoi nemmeno per un istante e Hermione fece lo stesso. 
Come se un filo invisibile avesse la capacità di tenere uniti quegli occhi dalle sfumature così diverse, eppure così indispensabili l'uno per l'altra.
O forse non c'era nessun filo, nessuna forza sconosciuta.
Semplicemente i loro occhi si cercavano da sempre.
Che fosse alchimia? Ron non lo sapeva. 
Sapeva solo che sarebbe stato lì ore e ore a contemplarli per perdersi alla ricerca della giusta serenità e del giusto equilibrio.
Hermione non rispose, gli sorrise dolcemente. Sciolse con lentezza le loro mani e cominciò ad accarezzargli la guancia. A Ron piaceva sentire le sue mani che gli sfioravano il viso. Si sorprese come, dopo anni e dopo aver ormai conosciuto ogni centimetro di pelle, un semplice contatto come quello gli provocasse brividi e lo facesse sentire semplicemente... bene. E poi c'era il profumo dei suoi capelli, che ogni volta lo destabilizzava.
Chiuse gli occhi e avvertì le mani di Hermione che, con cautela, si insinuavano tra le ciocche dei suoi capelli ormai scomposti. Sentì le sottili dita della ragazza spostarsi sulla fronte, toccargli le palpebre, la guancia ispida e poi con l'indice passò a sfiorargli il naso fino a raggiungere le labbra. Ne seguì lentamente il contorno, un paio di volte. Solo quando Ron aprì gli occhi e le posò un bacio sul polpastrello, Hermione si fermò.
«Mi piace quando mi accarezzi così» sussurrò Ron che, una volta aperto gli occhi, prese a guardarla assorto. Hermione strinse le labbra in un sorriso, poi d'impeto affondò la testa nell'incavo del collo, si strinse a lui e mormorò qualcosa.
«C-come dici?» chiese Ron con un po' di difficoltà, sia perché sembrava che Hermione volesse strozzarlo, sia per i suoi ricci che gli coprivano quasi completamente la faccia.
«Grazie per essere... così» ripeté Hermione staccandosi appena da lui, senza sciogliere la stretta attorno al suo collo, mentre con la mano gli solleticava la nuca.
«Così... come?» chiese Ron mentre la stringeva di più a sé.
«Così. Così te. Così sbadato eppure così attento alle cose che contano davvero. Anche per me questo istante è importante, Ron» gli bisbigliò sulle labbra mentre con la mano passò ad accarezzargli il collo. Ron le posò un bacio sulla tempia, poi, preso da una sensazione positiva e dall'entusiasmo, si spostò all'orecchio e continuò a baciarla seguendo una linea immaginaria che lo condusse fino al collo a cui dedicò particolare attenzione. La baciava dolcemente, mentre percepiva il suo dolce odore e le sue sottili dita vagare tra i capelli, con una lentezza e un'accortenza tali da fargli venire i brividi.
Erano molte le cose - quelle piccole cose - che amava, che aveva vissuto e che continuava a voler vivere.
Le risate cristalline dei suoi bambini, i loro abbracci che, seppur piccoli, erano in grado di regalare tutto ciò che di bello c'era. Ed erano, in realtà, gli abbracci più grandi che potesse ricevere. Quando li vide per la prima volta in vita sua e per poco non pianse dalla felicità. solo un po'.
La prima parola, i primi passi, la prima magia, il primo giorno di scuola. E quando sarebbe arrivato il giorno della partenza per Hogwarts? Oh, lì sarebbe scoppiato dalla gioia... e dalla tristezza.
Il primo bacio con Hermione o quella volta in cui si era reso veramente conto che il solo guardarla, gli provocasse delle nuove, strane, bellissime sensazioni. E quando, un tempo, si sentiva arrossire se incrociava il suo sguardo o quando era lei ad arrossire, e a lui piaceva così tanto, la trovava adorabile. E lo faceva tutt'ora! O ancora, quando aveva percepito le sue mani accarezzargli il viso, quel giorno di quel freddo autunno, sperduti nel nulla, dopo la disastrosa fuga dal Ministero e la paura che la faceva da padrona. E quella notte in cui entrambi si erano scambiati paure e timori. E si erano capiti e i loro occhi si erano cercati e le loro mani intrecciate per poi rimanere così per l'intera notte, perché entrambi sentivano di dover dare sicurezza e avevano bisogno di riceverne altrettanta. E lui aveva pensato molto a quella notte, nei giorni seguenti.
Quanti momenti aveva rubato loro, il tempo? 
E quanti gliene donava e gliene avrebbe donato ancora?
Era certo che non avrebbe mai dimenticato quei brevi istanti e le forti sensazioni che aveva avuto l'opportunità di provare.
Avrebbe abbracciato e coccolato i suoi bambini ancora e ancora.
Avrebbe baciato, sfiorato, stretto a sé Hermione, sempre.
Ora la sentiva veramente lì, vicino a lui. Percepiva il suo caldo respiro e il suo odore si insinuava prepotente fra le narici. Sapeva di zucchero a velo, e a lui l'odore di quel bagnoschiuma piaceva tanto. E i suoi ricci gli solleticavano ogni centimetro di pelle su cui si poggiavano. Sentiva le sue mani che lo accarezzavano dolcemente. E sentiva il sapore di quelle labbra che conosceva così bene.
Quella giornata era stata davvero generosa con lui, gli aveva regalato molti istanti e piccole cose da assaporare ancora, da ricordare e nelle quali perdersi. Perché sono proprio le piccole cose, quelle semplici, ma non scontate, che nascondono dentro di sé profondità inimmaginabili.

 
 
 
NOTE:
Bambini maghi in una scuola Babbana. 
In questa storia, Rose ha cinque anni e frequenta la scuola Primaria, una scuola Babbana. Ora, io mi sono documentata, ho cercato informazioni ma a quanto pare zia Jo non ha detto nulla riguardo l'educazione dei figli di Ron e Hermione prima di Hogwarts (spero di aver cercato bene e di non essermi persa niente). È venuto fuori un ragionamento tutto mio: Hermione, nata e cresciuta in una famiglia Babbana, è stata istruita in una scuola Babbana prima che fosse ammessa ad Hogwarts, no? Quindi ho pensato che lei ci tenesse al fatto che i suoi bambini ricevessero anche quel tipo di istruzione (si può scegliere se mandare i proprio figli in una scuola Babbana o no). Mi sono messa nei suoi panni e penso che anch'io avrei fatto lo stesso. Credo che i bambini, seppur avessero un posto assicurato in una scuola di Magia e Stregoneria, avrebbero dovuto comunque socializzare con i loro coetanei e imparare anche cose riguardanti il mondo Babbano (seppur noiose, eheh). Insomma, stiamo parlando di Hermione, vi pare che non li avrebbe mandati a scuola? ;)
Per quanto riguarda la reazione dei genitori alla prima magia di Hugo, ho pensato che fosse un evento importante nelle famiglie di maghi, un po' come la prima parola o i primi passi. E, inoltre, volevo specificare che non so da che età possa manifestarsi il primo segnale, ma non mi pare ci sia un'età precisa :)


Angolo di un'autrice che sperimenta (?)


Vuole essere un'esperimento, già. Di solito non mi cimento in racconti del genere, così... ehm, leggeri, diciamo. L'idea per questa storia mi è venuta osservando una semplice scenetta in famiglia. Quindi l'idea c'era ma non è stato semplice svilupparla, non saprei spiegare veramente il perché (?) sono andata un po' a rilento, a dir la verità. Mi sono divertita (come sempre quando si tratta di leggere/scrivere di questi due) ma devo ammettere che non sono soddisfatta del risultato, non al 100%. Ho persino pensato di mollarla a metà, ma poi, dopo aver trovato un po' di ispirazione, ho pensato che forse sarebbe stata carina nel complesso. Adesso, come mai prima d'ora, avrei davvero bisogno di consigli. T.T La trovate superficiale? Vi ha fatto sorridere almeno un po'? I bambini come sono stati gestiti? E Ron insieme a loro? E Ron/Hermione? Spero davvero di non aver alimentato troppo la dose di fluff! D: Okay, basta. u.u Nelle note c'è tutto quel che ritenevo di dover spiegare, non ho altro d'aggiungere ;)
Aspetto qualche parere e, come sempre, il mio ringraziamento va a chi perderà del tempo per leggere, recensire e a chi la inserirà tra le seguite/preferite. GRAZIE ;)

Un saluto, maghi e streghe!
Peace, love and Romione
Jess

 


La storia si è classificata seconda al contest Gli opposti si attraggono
indetto sul forum di EFP da Red Wind.


È sempre per le piccole cose che ci si perde.
di bemyronald

Vincitrice del 2° premio
5 recensioni

Grammatica: 8/10

Stai attenta alle virgole, non si possono mettere tra il soggetto e il verbo oppure vicino ad una congiunzione, a meno che non si tratti di un inciso. Mi dispiace molto che la tua storia sia penalizzata da questo aspetto tecnico.

Stile: 5/5

Il tuo stile è ottimo: molto espressivo, non ridondante, in grado di supportare al meglio la vena comica che hai voluto imprimere a questa storia, in alcuni punti. Ho letto tutto di un fiato, con passione e immaginando ogni scena come se la vedessi, anche per questo.

Caratterizzazione dei personaggi: 5/5

I personaggi erano perfettamente IC, davvero impeccabile sotto questo aspetto, importantissimo nelle fan fiction.

Trama: 10/10

La trama, trattandosi di una OS, era perfetta e ho apprezzato molto la lunghezza, in quanto a me piace leggere e se apprezzo una storia, come in questo caso, spero che sia il più lunga possibile. Molto originale, anche perché ambientata nel futuro dei personaggi, e abbastanza assortita.

Attinenza al tema: 10/10

Il pairing è una delle cose che mi ha colpito di più di questa storia, per vari motivi. Tanto per cominciare è un canon. Tranne casi eccezionali od opere che non hanno pairing, io preferisco di gran lunga le coppie già presenti, anzi scelgo le opere anche in base a quanto mi piacciono le coppie. Insomma, se un autore, e non uno qualunque in questo caso, decide che due personaggi (che ha creato lui) debbano formare una coppia ci sarà un motivo, no? Chi sono io per mettermi allegramente a scombinare tutto? Questa è la mia filosofia in generale. Nello specifico, nonostante non mi sia mai messa a fangirlare su HP, mi piace molto la Romione, anche perché mi ci ritrovo molto. Dopo tutto questo sproloquio, posso dirti che hai ben evidenziato nel loro rapporto le loro differenze caratteriali, seguendo perfettamente le indicazioni del bando.

Gradimento personale: 10/10

Mi è piaciuta davvero tanto e non penso affatto che sia superficiale. Anche io sono più per le storie ricche di avventura (ad esempio i fantasy) e spesso un po' tristi, sia come scrittrice perché temo sempre di finire nel banale, che come lettrice perché talvolta le storie troppo "tranquille" risultano noiose. Ma, purtroppo o per fortuna, nella vita la maggior parte delle situazioni non prevedono avventure mirabolanti e perciò chi scrive non dovrebbe ignorare il tema della vita quotidiana, anche se è difficile da trattare. "Perché sono proprio le piccole cose, quelle semplici, ma non scontate, che nascondono dentro di sé profondità inimmaginabili.": in questa storia hai distillato uno dei più importanti segreti per essere felici, non solo con questa frase, ma portando anche un eccellente esempio, quindi non credo proprio che si possa definire superficiale!

+3 punti bonus (consegnata entro il 25/06)
Totale: 99/100
   
 
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