Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: mizuki95    13/06/2014    1 recensioni
Un bambino arrivato da fuori le mura porterà con sé molte domande, ma anche una speranza.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Mikasa Ackerman, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Buona sera a tutti. Oggi sarò breve, perché muoio dal sonno. Revisionando il capitolo precedente ho notato un errore mardonale, che domani correggerò subito. Parlando di questo capitolo... che dire? Finalmente il passato di Leìn si fa più chiaro, e compare il mio adorato Jack *w* E' molto più rude e diretto rispetto al passato, ma questo perché non sa cosa dire a Leìn, dopo quello che ha fatto. Chi vorrà guardarlo con quegli occhi, nel loro rincontro c'è un sottinteso di yaoi (in senso unico, tra l'altro), ma dipende solo da voi. Io, di mio, non ufficializzo nulla, sia perché non mi va di trattare questioni amorose sia perché Jack non ha mai manifestato questo sentimento verso qualcuno. Però, e questo si vede chiaramente ora e più avanti, prova affetto verso il bambino, ed è questo che lo spingerà a rischiare la sua "copertura" per salvarlo. Compare anche Jeanne - anzi, la fine di Jeanne. Ho spoilerato molto più di quello che pensavo, ma è importante per farvi capire come si sono svolti i fatti, anche perché gli altri erano rimasti dall'altra parte della nave, e se Jeanne fosse riuscita salire... molte cose sarebbero cambiate, ecco. Ma questo, ripeto, lo capirete più avanti. Come al solito, prego chi ha capito come andrà a finire la storia di non guardare con sdegno questa storia, ma di seguirla comunque. Jean appare per poco, giusto per mostrare che SPOILER. La parte con Christa la progettavo da un po', mi mancava solo l'occasione... ed eccola qua! xD Anche perché, originariamente, il capitolo saltava tutto l'ambaradam con Jean e Christa, saltando direttamente al flashback su Jeanne e all'incontro con Jack. Vi avverto, comunque, che il prossimo capitolo sarà un po' più lungo del solito. Questo perché Leìn avrà particolare bisogno di rimanere in scena, visto che è l'ultimo capitolo dedicato alla sua storia. La storia è formata da dieci capitoli, è vero, ma come ho già detto a qualcuno, solo i primi otto riprendono il presente, mentre gli ultimi due contengono le pagine tradotte del diario di Matt, con cui capirete tutto. Ora vi lascio, spero che il capitolo vi piaccia! Se vi va, recensite per farmi sapere che ne pensate! :)
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Ci volle del tempo, ma riuscirono a calmarlo. Eren era sconvolto all’idea che esistessero altre persone in grado di trasformarsi in giganti. Perché sapevano trasformarsi? C’entrava forse – si chiedeva – quello che suo padre aveva nascosto nella cantina della loro casa, a Shinganshina? Hanji, d’altro canto, tentava in tutti i modi di chiedere informazioni al bambino sul gigante Jeanne, ma questi non rispondeva da quando si era accucciato sulle proprie ginocchia. Rivaille, nel mentre, cercava di capire cosa fosse rappresentato nel quarto disegno, rimasto incompiuto, convinto che potesse essere d’aiuto.
 
 In quel momento, Leìn, sollevo la testa e si guardò intorno. Aveva sentito qualcosa, qualcosa di conosciuto, ma non capiva da dove provenisse. Armin, che gli era accanto, gli teneva una mano sulla spalla sinistra tentando contemporaneamente di tranquillizzarlo e di farlo sentire a suo agio «Non avremmo dovuto farlo, nemmeno pensarci!» esclamò una voce. Riconoscendola, il bambino tornò in posizione eretta, cercandone la provenienza e ignorando Hanji «Non credo che tu abbia ragione. E’ la disperazione a farti parlare, tu non hai nessuna colpa» disse un’altra voce. Parlavano a bassa voce, ma Leìn li sentiva bene.
 
Dato che nella stanza non li vedeva, corse verso la porta ed uscì dalla stanza «Dast… no, Xander. Tu non puoi capire. Io non ho solo dato il mio consenso, vi ho proprio preso parte!» «Mark? Xander?» chiamò il bambino, ma nessuno gli rispose né apparve nel corridoio. Prima che Armin e gli altri potessero raggiungerlo, Leìn corse via «Li hai aiutati. Gli hai dato una speranza. La stessa che aveva l’intera umanità. Non devi sentirti in colpa per aver provato a realizzare quella speranza» ribatté Xander «”Dobbiamo riconquistare il mondo, i giganti ci hanno tolto quello che era nostro” ci dicevamo, ma eravamo soltanto avidi. Avremmo dovuto accontentarci di quello che avevamo, e invece siamo andati oltre. Non ho affatto aiutato quei bambini! Sono destinati a morte certa a causa nostra! A causa mia! Li ho condannati tutti!» gridò Mark, adesso perfettamente udibile. Correva in giro e li chiamava, ma non otteneva risposta. Li sentiva, ma perché non li trovava?
 
 «Leìn!» lo chiamò Eren mentre lo inseguiva, ma il bambino non si voltò. Anche quando lo chiamò Armin, non si fermò né si voltò. Uscì passando da sopra il muro che circondava l’edificio, e si mescolò con gli abitanti della città. «Mark! Xander!» li chiamava ormai gridando, ignorando la gente che lo fissava e si voltava quando passava «Mark! Xander!».
 
Smise di correre quando vide in lontananza Mark, di schiena, in mezzo al mercato. Aveva i polmoni doloranti per la corsa e per l’aver gridato i nomi degli amici, nonostante questo lo chiamò a gran voce e lo raggiunse dopo aver accelerato il passo. Appena gli fu vicino non si fermò, ma gli saltò sulla schiena, abbracciandolo con forza e facendolo cadere a terra, com’era sua abitudine quando salutava il dottore.
 
 Era davvero felice per aver trovato qualcun altro del gruppo. Sicuramente, pensava, erano riusciti ad arrivare. Si guardò intorno per vedere anche Xander, di cui aveva udito la voce, e gli altri, ma vide solo volti sconosciuti. Stupito, stava per chiedere informazioni al ragazzo, quando lo vide in volto: non era Mark.
 
 «Ehi! Mi hai scambiato per un albero? Scendi, ragazzino!» sbottò quello togliendoselo da sopra le spalle e voltandosi completamente diede a Leìn la sicurezza di esseri sbagliato. «M-Mark…?» provò a domandare, dandosi mentalmente dello stupido per aver confuso l’amico con quello sconosciuto. Udendo quel nome, il ragazzo lo afferrò bruscamente per le spalle e gli domandò «Mark? Intendi Marco Bott? Lo conoscevi?».
 
 Leìn rimpiangeva come poco volte in vita sua di essersi allontanato dal fratello.
 

 
Eren, Armin e Mikasa si erano separati dai superiori per cercare meglio il bambino. Prima di dividersi, Erwin aveva spiegato ai ragazzi la sua teoria sul piccolo: la lingua sconosciuta, il pallore della sua pelle, lo strano comportamento, l’atteggiamento che aveva con le persone che non avevano i capelli biondi, quella strana caratteristica dei capelli striati di biondo che lui e i personaggi del disegno avevano, la zattera che probabilmente era una nave mal disegnata, l’accenno al mare contenuto nel quaderno di Matt Russell e molte altre cose, suggerivano che il bambino provenisse da fuori le mura. Se ciò era vero, non solo il piccolo si era sicuramente in un posto in cui non era mai stato prima, ma c’era anche il rischio che attaccasse qualcuno come aveva fatto con Ymir.
 
 Mentre lo cercava gridando il suo nome e correndo, Eren si sentì afferrare per la manica destra della giacca. Si fermò e, voltandosi, scoprì che quella mano apparteneva a Christa. La ragazza teneva stretto al petto un sacchetto di carta marrone con l’altro braccio, che gli consegnò dicendo «Mi dispiace per quello che è successo prima, spero che quel bambino ora stia un po’ meglio. E’ solo un pensiero, ma spero che possa perdonare Ymir, non voleva fargli del male, ha agito d’impulso… mi dispiace tanto!».
 
Armin accettò le scuse della bionda, mentre Eren aprì il sacchetto ed estrasse da esso dei vestiti molto semplici di color verde spento per bambini. Non solo, pensarono i due ragazzi, Christa non aveva nessuna colpa, Ymir era stata attaccata per prima e Leìn era nel torto, ma la ragazza gli aveva pure comprato dei vestiti per sostituire quelli rovinati che indossava. “E’… un angelo!” pensarono i due all’unisono, meravigliati da tanta bontà.
 
Ma Mikasa, che sapeva leggere le espressioni sul volto del fratello adottivo come se fosse un libro aperto, gli tolse di mano il sacchetto con il suo contenuto, ringraziò frettolosamente l’altra ragazza e ricordò ai due ragazzi che erano occupati. Anche loro salutarono e ringraziarono velocemente la biondina e tornarono subito alla ricerca del bambino.
 
Durante la ricerca, i tre si imbatterono in Jean, di spalle e inginocchiato in mezzo al marciapiede. Lì per lì lo ignorarono, ma quando lo sentirono esclamare ad alta voce «Non capisco nulla di quello che dici! Parla come una persona normale, diamine!» lo raggiunsero velocemente, trovando conferma al loro sospetto: stava parlando con Leìn, che parlava a ruota libera.
 
Vedendo il biondo, il bambino corse ad abbracciarlo. «Conoscete questo marmocchio?» domandò Jean, visibilmente infastidito «Mi è praticamente saltato addosso dicendo “Mark! Mark!”. Ho pensato che forse si stesse riferendo a Marco e gli ho spiegato che è morto, ma non solo non capisce una parola, per giunta parla una lingua tutta sua e ha iniziato a prendermi a pugni!».
 
Armin, che non voleva spiegare tutta la storia, si limitò ad annuire con la testa e a ringraziarlo per averlo trovato, per poi salutarlo e seguire Eren e Mikasa, che non gli avevano rivolto parola. Riportarono il piccolo dov’erano prima, raggiunti una manciata di minuti dopo dai superiori.
 
Rivaille se ne andò via visto che la sua presenza non era necessaria, mentre Hanji disse ad Erwin «Per ora non riesco ad ottenere informazioni dal bambino, per cui vorrei tornare a concentrarmi sul quaderno. Se ho capito come decifrarlo, ce la dovrei fare in pochi giorni, forse in un mese. Sono convinta che lì dentro ci siano le risposte che cerchiamo» «Fai come ritieni opportuno, io rimarrò con i ragazzi per un po’».
 
Eren e Mikasa insistettero per rimanere anche loro, e l’uomo li accontentò. Passarono buona parte del pomeriggio ad insegnare al bambino qualche parola per facilitare la comunicazione. Al tramonto il piccolo aveva imparato qualche parola – nonostante sbagliasse un po’ la pronuncia -, cosa che lo aveva stancato molto. Si addormentò con la testa e le braccia appoggiate sul tavolo, dunque fu portato da Eren in braccio fino al letto di Armin, che lo condivise con il piccolo senza problemi.
 
 
Sapeva che non era finita. Il caos regnava sovrano intorno a lui, udiva le grida di dolore dei sopravvissuti e dei feriti, ma non riusciva a stare al fianco del fratello in lacrime: qualcosa non quadrava.
 
 Lasciò Matt alle cure di Fiona e degli altri per correre verso la prua, ma lungo il ponte la sua attenzione fu attirata da qualcosa appoggiato alla ringhiera. Le si avvicinò, per scoprire che erano delle dita. Guardò giù e vide Jeanne che penzolava, aggrappata alla ringhiera, che cercava di darsi la spinta con le gambe per riuscire a salire sulla nave. «Ehi, marmocchio! Dammi una mano, sbrigati!».
 
 Lui non si mosse per aiutarla; anzi, si mosse solo per togliere il pugnale dalla fodera che portava alla cintura. «Che stai facendo?!» strillò ancora la ragazza «Aiutami subito, oppure…» «Non ti lascerò più fare quello che vuoi» disse il bambino con voce ferma, accostandosi ulteriormente alla ringhiera. Impugnò il pugnale, rivolgendo la lama al cielo annuvolato in cui si scorgeva il bagliore delle stelle e della luna, e colpì con tutta la forza che aveva il mignolo sinistro della castana, rompendole l’osso.
 
 Jeanne gridò dal dolore, ma Leìn non si fermò lì e le ruppe con un altro colpo anche l’anulare «Che cazzo fai, bastardo?!» esclamò la ragazza irata, piangendo dal dolore e cercando più velocemente di prima un appiglio per i piedi «Hai rovinato tutto, venendo qui. Matt ti ha salvata, ti ha aiutata, e tu lo hai ripagato rovinandogli la vita. Non avremmo dovuto ascoltarti. Per colpa tua sono tutti morti, anche papà… anche la mamma. Anche se mi ha coperto gli occhi con la mano, ho visto il corpo della mamma» un altro colpo si abbatté sul dito medio, seguito da uno scricchiolio e dall’ennesimo grido di Jeanne «E’ tutta colpa tua!» esclamò il bambino, distruggendole anche il dito indice. «Non ti perdonerò mai! Mai!» e le ruppe il pollice.
 
 La ragazza s ritrovò a penzolare con più instabilità di prima, dato che solo la mano destra la teneva aggrappata alla nave e lontana dalle onde tumultuose e agitate sotto di lei. Con la mano sinistra sanguinante e il viso rigato dalle lacrime, provò a convincere il bambino per riuscire a salire sulla nave «M-mi dispiace per la signora Caroline, non avevo previsto che rimanesse a terra… Ma non mi scuserò per Beth, ha avuto quello che si meritava per aver tentato di rubarmi il mio unico amico. Fammi salire, ti spiegherò tutto…».
 
 Il sesto colpo ricadde sul pollice destro. Leìn non si sentiva nel torto. «Con le tue spiegazioni nessuno tornerà in vita» il dito indice fu il successivo dito a rompersi, e Jeanne perse la pazienza «Piccolo bastardo! Se salgo ti…» «I giganti non dovrebbero esistere» la interruppe, e la guardò negli occhi «Il mondo è degli umani, i giganti hanno rubato ciò che ci appartiene. I giganti devono sparire. Devono morire, tutti. Quindi segui i tuoi simili!». Un ottavo dito fu rotto, ormai la sopravvivenza di Jeanne era legata ad un filo.
 
 «Se continuo a gridare qualcuno arriverà! E Matt saprà che cosa hai fatto ad una sua amica!» «Ma davvero?» domandò ironico il bambino, per poi spezzarle un altro dito «Sono tutti occupati proprio a causa tua, con i feriti e quant’altro. E anche se mio fratello dovesse scoprirlo… io gli rivelerò che sei un gigante. A chi pensi che crederà? A chi pensi che voglia più bene, a suo fratello o ad una “straniera” arrivata da chissà dove?»
 
«No, non puoi farlo! Ti prego!» lo supplicò, mentre scivolava lentamente verso il basso «E perché no? Tu ti trasformerai come hai fatto poco fa, e lui vedrà con i suoi occhi!» «Non voglio che lo scopra! Ti scongiuro, non dirglielo! Non ti minaccerò più, ti spiegherò perché l’ho dovuto fare… » «E’ troppo tardi! Non voglio giganti al fianco di mio fratello! D’ora in poi…lo proteggerò io!» gridò, e le ruppe il mignolo.
 
 «Figlio di…!» stava dicendo la ragazza, ma prima che completasse la frase il bambino le tagliò la gola con un movimento veloce della mano. Con la nave in movimento e senza più appigli alla suddetta, Jeanne cadde all’indietro.
 
 Aveva un’ultima possibilità: se si fosse ferita, sarebbe riuscita a trasformarmi in gigante. Sarebbe riuscita a salire sulla nave usando il gigantesco corpo come ponte e, con le mani rigenerate, avrebbe strangolato quel maledetto marmocchio.
 
Ma Leìn aveva previsto ogni parola di questo suo pensiero. Sorriso con una cattiveria dipinta sul viso che non aveva avuto, ed esclamò «Maaaaaatt!».
 
 Non poteva mostrarsi al biondo nell’altra forma.
 
 Non voleva che Matt scoprisse il suo segreto.
 
 Con nuove lacrime a bagnarle il viso, non lottò.
 
 Non fece nulla.
 
 Cadde in mare, e Leìn non vide il suo corpo salire a galla neanche una volta.
 
Da allora, non vide più Jeanne.
 
 
Si svegliò di soprassalto, con il cuore che batteva veloce. Voltandosi, vide che il biondo dormiva accanto a lui. Lo abbracciò, appoggiò la testa su quel metto magrolino. Sentendo il battito lento e regolare del cuore di Armin, dopo poco il proprio si calmò.
 
Fu in quel momento che udì un suono conosciuto. Ma non era il suono prodotto da un’ocarina a colpirlo, nonostante l’ora tarda, ma la musica. Una musica che aveva sentito molte volte, che aveva pure suonato mentre il suonatore cantava sulle note di quella musica. Si alzò di scatto e rimase fermò in quella posizione, ma poi scese dal letto e silenziosamente uscì dalla stanza. Cercando di passare inosservato, riuscì ad uscire da quel luogo e tornò in città.
 
Seguì il suono fino a quando non incrociò qualcuno. La città era deserta, ma quella persona avanzava verso di lui con passo lento ma deciso. Appena gli fu vicino, Leìn vide i corti capelli neri del ragazzo, da cui spiccavano la corta e irregolare frangia e la lunga e liscia ciocca bionda che affiancava la guancia destra. Occhi azzurri lo guardavano, mentre le labbra si distendevano in un sorriso furbesco, che ben conosceva «Ero sicuro che avresti seguito la musica»
 
«Jack!» esclamò il bambino, abbracciandolo «Pensavamo che fossi morto!» aggiunse, tra le lacrime e col cuore colmo di felicità «Eh, esagerati!» rispose il ragazzo, con la mano destra poggiata sulla spalla sinistra del piccolo, che domandò «Come hai fatto ad arrivare qui?» e l’altro, stringendosi nelle spalle, spiegò «Sai, è bastato modificare qualche documento di qua, far scomparire qualche novellino di là, apparire poco, essere amichevole ma distaccato, evitare certe persone… ed ecco qua Jack O’Lantern, nuovo membro del corpo di Guarnigione. Piuttosto… perché stai appiccicato ad Armin?»
 
 «Chi? Io sto con mio fratello» rispose quello tranquillo, mentre si asciugava le lacrime «Non so perché, ma parla la lingua degli abitanti di questo posto e fa finta di non capirmi. Penso di aver fatto qualcosa che lo abbia fatto arrabbiare…». Per una manciata di secondi il sorriso sulle labbra di Jack scomparve, per poi essere seguito da una fragorosa risata.
 
Il ragazzo si piegò in avanti dalle risate mentre Leìn, che aveva rotto l’abbraccio, gli chiese «Perché ridi?» «Tu… tu credi che Armin sia Matt? Davvero? A quando i cani volanti? La carne vera nella mensa militare? E i giganti vegetariani?» «Non prendermi in giro! Matt è Matt! Sei solo invidioso perché è giunto qui prima di tutti!» sbottò il piccolo, offeso. Jack smise di ridere e, diventando serio, domandò «Ah, sì? Se lui è Matt, che fine hanno fatto gli altri?»
 
«Ci… siamo separati qualche giorno fa» rispose l’altro con esitazione, improvvisamente insicuro, con lo sguardo rivolto verso il basso «Mi hanno mandato come al solito in avanscoperta, e poi… poi… gli altri arriveranno presto, ne sono sicuro. Li sto aspettando con pazienza. Se mio fratello è già qui, significa che gli altri sono da queste parti, forse hanno già oltrepassato le mura gigantesche che circondano la città. E poi oggi ho sentito le voci di Mark e Xander, anche se non sono riuscito a trovarli…». Il moro insistette «”Qualche giorno”? ma se vi ho lasciati un mese fa! Che c’è, hai perso la cognizione del tempo? Ma va bene, tanto poi lo ricorderai o, perlomeno, capirai. Ti conviene farti adottare da qualcuno di qua, è l’unico posto dove sarai al sicuro. Se vuoi io…» «Non ho bisogno di essere adottato! Rimarrò al fianco di mio fratello!» esclamò il bambino, interrompendolo.
 
Aveva compreso che non sarebbe giunto da nessuna parte, per cui il ragazzo decise di cambiare argomento «Sei più pallido del solito, hai fatto l’iniezione? Su, dai qua» e con un movimento sbrigativo gli tolse il borsone. Ma quando vi guardò dentro, scoprì che i barattoli di sangue non c’erano. Stupito, ascoltò la spiegazione di Leìn «Mio fratello ha voluto che glieli restituissi, ma non ricordo se me l’ha fatta di recente. Forse vuole controllare qualcosa»
 
 «O forse Armin» esclamò alzando il tono della voce pronunciando quel nome «Li ha dati a quella pazza del corpo di Ricognizione ed ora sono in mano ai militari! E il diario? Gli hai dato pure il diario di viaggio di Matt? Ti rendi conto di quante informazioni ci siano, là dentro?» «Ma Matt…» provò a dire l’altro, che venne subito interrotto «Smettila di parlare di lui!».
 
Calò il silenzio. Jack si rese conto di aver perso la sua proverbiale calma, e cercò di calmarsi «Questa discussione non doveva andare così. Scusa, non volevo gridarti in faccia» disse «Ma con tutti questi “Matt di qua, Matt di là” sei snervante, mezza tacca. È un peccato che tu sembri e ragioni come un bambino, altrimenti… » «Ehi, non sono un bambino! E quando crescerò sarò più alto di te, vedrai!» «L’importante è crederci, tappo».
 
 Sorridendo tra i baffi, il ragazzo frugò nella borsa e gli consegnò il pugnale, poi affermò «Comunque sia, vedrò di recuperare il sangue. Senza rischi grosso, almeno questo ricordalo» «Non ce n’è bisogno, Matt me lo restituirà quando ce ne sarà bisogno. Perché ti interessi tanto di me? Hai sempre detto che non vuoi bene a nessuno. E questa è la seconda volta che ti preoccupi per me»
 
 «E’ così, infatti. Trovo poco sensato pensare tanto al bene di qualcuno al di fuori di me stesso. Ma ti darò comunque una mano, ragazzino, perché di questo passo mi ritroverei ad averti sulla coscienza, e non sia mai che io debba pensare tanto a qualcuno che non sia io. Seriamente, fatti adottare, o rimarrai solo come lo sono stato io» «Ti ho detto che sto con Matt, e gli altri arriveranno presto» ribatté il bambino, infastidito dalla cocciutaggine dell’altro.
 
Jack smise definitivamente di sorridere, e con un tono di voce serio che raramente Leìn lo aveva visto adoperare, disse…
 

 
Armin ed Eren giravano per la città deserta, leggermente illuminata dalle prime luci dell’alba. Quando si era svegliato, infatti, il biondo si era ritrovato solo nel letto. Aveva cercato Leìn per tutto l’edificio, ma senza successo. Allora aveva svegliato Eren per farsi aiutare nella ricerca, e il ragazzo dagli occhi verdi propose di cercarlo in città.
 
Lo ritrovarono prima che il sole sorgesse, attirati dal pianto che udivano. Vedendo il biondo, Leìn gli andò incontro e lo abbracciò forte, continuando a piangere. Armin ricambiò l’abbraccio tentando nel frattempo di tranquillizzarlo, mentre Eren recuperava l’arma da terra.
 
Nella mente di Leìn risuonavano le ultime parole pronunciate da Jack, prima che si allontanasse e scomparisse all’orizzonte «Non arriverà nessuno».
  
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