Come on, Doctor, show me the stars.
17. Of coming-of-age
during wartime, and never reaching the proper age {Twelve/Clara}.
Sfogliare i polverosi tomi della biblioteca assume un significato diverso, ora
che è venuto a conoscenza della verità: certo, il Dottore non può trattenere un
gran sospiro, ma il suo sguardo sembra aver rubato qualcosa alle stelle.
«Adesso capisco perché ti sei completamente
dimenticato di me ieri», ammette Clara, avanzando in sua direzione, «Dottore,
non mi dispiacerebbe se mi leggessi qualcosa ogni tanto».
Il Dottore sospende improvvisamente la lettura e chiude il volume, alzando una
vigorosa nube di polvere nell’aria; poi, armandosi di un gran sorriso,
dichiara: «Non sono storie da ascoltare prima di andare a letto».
Clara lo segue con lo sguardo, cercando di capire quale sarà la sua prossima
mossa, dopodiché spunta alle sue spalle.
«Una volta hai detto che siamo tutti storie, alla fine».
«È stato molto tempo fa», ammette il Dottore,
elevando fieramente il capo.
Ed è in quel momento, in quel prezioso e incerto attimo di malinconia, che
Clara Oswald capisce che a parlarle non è più lo stesso volto.
Sono gli occhi di chi ha vissuto, le labbra di chi ha sofferto, le mani di chi
ha combattuto: il Dottore è sempre lo stesso uomo, ma è anche il prodotto di tanti individui differenti.
«Possiamo creare altre storie, però», asserisce Clara, mentre intreccia le dita
del Dottore nelle sue, sorridendo per entrambi.
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Okay, ho cercato di immaginare come
potrebbe essere Twelve. E io lo vedo più come una
sorta di “primo Dottore”, apparentemente burbero ma con un cuore tenero. E
anche un po’ nostalgico, se vogliamo, sebbene alla ricerca di Gallifrey.
Prossima:
Doctor – The Ring of Akathen (il mio personale contributo a questo episodio,
entrato nella rosa dei miei preferiti).