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Autore: Name of fire    13/06/2014    1 recensioni
La vita corre parallela ai cambiamenti, tuttavia i cambiamenti non permettono di dimenticare il passato, che accompagnerà sempre l'uomo, volente o nolente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ogni tanto, come adesso, mi sento terribilmente sola. Questa sensazione di vuoto in realtà mi perseguita da sempre. In particolare quando penso ai miei genitori. Essere lasciati soli è brutto, ma quando ad abbandonarti è un'amica, un amore, un animale che tanto hai amato una ragione alla fine te la fai. Quando invece ad abbandonarti sono stati la donna che ti ha portata in grembo per nove mesi e l'uomo che ti dovrebbe proteggere dai mostri sotto il letto la situazione è diversa, la ferita è più profonda e la nebbia della solitudine più fitta. La donna che più avrebbe dovuto amarmi mi ha abbandonata appena sono uscita dal suo caldo ventre. Mi ha lasciata indifesa contro la cattiveria del mondo.
Riempiendo il vuoto che le ho lasciato con un bicchiere d'alcool scadente, comprato in un supermercato qualsiasi. Me la immagino impassibile mentre mi portano via da lei.
E' incapace di crescere sua figlia ed è impassibile.
E' una donna a cui la vita toglie tutto ed è impassibile.
E' una madre che verrà disprezzata, giudicata dalla sua creatura ed è impassibile.
Dietro di lei vedo mio padre. Abbassa il volto, E' un'ombra silenziosa che si dissolve.
Mia madre la immagino molti anni più tardi, durante una cena con amici di vecchia data.
Ora sta bene. La vedo, nel suo elegante vestito nero, mentre si fa versare da bere. Gioca con la collana che ha al collo e guarda il bicchiere. Forse le apparirà il mio volto. 
Forse riconoscerà in quel liquido rosso sangue il falso amico che ci ha divise. Un amico traditore che sorridendo le ha portato via un pezzo di vita, le mie prime parole, le mie confessioni, i miei abbracci, le porte sbattute, la pace fatta in silenzio, le coperte condivise, i viaggi in auto, le carezze e il mio amore. L'amore di una figlia.
Allora chissà cosa farà.
Berrà comunque? Nonostante il nodo alla gola? Nonostante quei pensieri che le urlano i suoi errori? O forse nemmeno penserà a queste cose? Sta di fatto che a volte mi sento terribilmente sola. E quando mi sento così debole, quando vedo i muri delle mie sicurezze crollare, vorrei potermi voltare e rifugiarmi tra le braccia di quella donna.
Ma non lo faccio per due motivi :
La odio per quello che ha fatto.
Se mi voltassi non troverei nessuno.
Nessuno. Solo un edificio.
Tutti questi pensieri mi riempiono la testa mentre gli occhi fissano il confine davanti a me.  
Un confine immaginario, una linea invisibile che mi divide dal resto del mondo. Lo chiamiamo "il confine" perché delimita tutto ciò che è sicuro e definito, tutto ciò che conosciamo da sempre. Fin da piccole ci è stato vietato superarlo, se non con la supervisione di un adulto.
Un adulto.
Quello che sono io, oggi. Che poi cosa dimostra che io sia un'adulta? I miei diciotto anni?
Diciotto anni.
Di muri pieni di crepe.
Di letti in fila.
Di pensieri rinchiusi.
Di sogni soffocati.
Diciotto anni qui dentro e oggi sarò libera, finalmente.
"Allora Elena, qui hai l'indirizzo del ristorante in cui lavorerai. Hanno bisogno di qualcuno che li aiuti con i piatti. Ti spiegheranno tutto loro. Questo invece è l'indirizzo della camera in
affitto dove alloggerai. I primi tre mesi te li paghiamo noi, finché non sarai economicamente indipendente. Capito?"
Annuisco.
"Bene, credo sia tutto. Puoi andare quando vuoi."
Abbasso il volto. "Grazie."
In quel "grazie" c'è ogni cosa: ogni gesto fatto per me, ogni rimprovero ed ogni insegnamento. E suor Teresa lo sa. Non è il primo grazie del genere che riceve.
E' il millesimo sussurrato dalle giovani donne che lascia andare.
"Buona fortuna bimba."
Prendo la valigia e mi stringo nel cappotto, perché il freddo dell'addio mi avvolge.
Cammino e attraverso il confine, il mio confine: un cancello in ferro battuto, che mi consegna alla libertà di una vita ancora da vivere. Prima di richiuderlo dietro di me guardo un'ultima volta la mia casa. L'orfanotrofio Sant'Anna con i muri pieni di crepe, che segnano i suoi anni come le rughe segnano il volto della donna che mi guarda da lontano.
Giurerei che ha gli occhi lucidi, suor Teresa.
   
 
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