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Autore: Black_in_Pain    13/06/2014    6 recensioni
Questa storia riprende da dove tutto si è concluso. Dove il libro ci ha lasciati. Semplicemente, una ghiandaia imitatrice che cerca di risanare le proprie ali e recuperare il suo canto, una volta ritrovata la libertà.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo quattordici! Vi prego di perdonare la mia assenza così lunga, ma lo studio, e tante altre faccende, mi hanno tenuta lontana da EFP e dalla normale vita di tutti i giorni. In compenso, ho avuto tempo per riflettere e concludere finalmente questa Fanfic! Eh, già. Questo è l'ultimo capitolo e spero proprio di aver chiuso con il botto. Mi sono impegnata tanto, sopratutto nelle ultime righe, che secondo me sono un po' il riassunto di tutto il mio lavoro. Vi prego, quando arrivate in fondo leggete le note che ho scritto, perchè riguardano la proposta/sorpresa accennata nei capitoli precedenti! Grazie mille a chi avrà ancora voglia di leggere e farmi sapere cosa ne pensa!!
Un bacio. E ancora scusa!!

Ragione

Quando diciamo che non abbiamo mai lo spazio necessario per fare tutto, è vero. Il tempo passa essenzialmente veloce e a volte non ci accorgiamo nemmeno di quanto le varie situazioni ci sfuggano dalle dita, come granelli di sabbia. Perché alla fine è così: crediamo di poter permetterci di rimandare tutto arrivando  a perdere le occasioni più importanti, miseramente.
Non so quando ho deciso che non mi sarei più fatta scappare nulla, che non mi sarei più tirata indietro nel dimostrare ciò che provo. Forse è da questo preciso istante, mentre con una mano saluto la mamma, e con l’altra mi asciugo gli occhi. Sta salendo sul vagone diretto al Distretto 4 e indossa un abito azzurro, simile alle sue iridi. L’hanno chiamata ieri sera, richiedendo la sua presenza per alcuni casi urgenti  giunti in ospedale. Senza di lei non riescono proprio a gestire i pazienti nell’ordine corretto, quindi ha deciso di partire il prima possibile.
Penso di essermi sentita vagamente infastidita da questo cambio di programma. So bene che la vita di dieci persone vale più della mia, ma lei è pur sempre mia madre. E io non lo accetto. Si è scusata un milione di volte, invocando il nostro perdono. Peeta non trovava modi per rassicurarla e io non avevo niente da aggiungere. Dare voce ai miei pensieri sarebbe stato dannoso per tutti, e di peggiorare di nuovo il nostro rapporto non ne avevo le forze. Quindi ho lasciato correre, come faccio sempre.
Straordinariamente, Ranuncolo le ha permesso una carezza veloce, poi è fuggito, nascondendosi dietro al divano. Avrei voluto raggiungerlo anch’io e rannicchiarmi accanto a lui, codarda come sono.
«Non credevo ti sarebbe dispiaciuto tanto» dice Peeta, asciugandomi le lacrime che scendono sulle guance.
Sto ancora guardando la mamma e cerco di non farle capire che sto soffrendo «Infatti è così.»
Lui ride e mi lancia un’occhiata storta «E allora perché piangi?»
«Non sto piangendo» mento, tirando su con il naso.
Peeta sorride, esasperato, e mi accarezza le braccia. Fortunatamente, non infierisce e io continuo la mia sceneggiata, costruendo un’espressione seria e impassibile. La mamma mi sussurra un flebile “ciao” e io contraccambio con una frase simile, anche se vorrei urlarle altro. In poco tempo il vagone comincia a muoversi e lentamente la sua figura inizia a scomparire. Il cuore mi batte forte,  mentre osservo il treno andarsene e, quando ormai è già lontano, perdo battiti. Magari se il nostro abbraccio prima di separarci fosse durato più a lungo, ora non mi sentirei così insoddisfatta. E adesso è tardi, mia madre sarà da qualche parte, seduta a guardare fuori dal finestrino, che riflette serenamente sul  nostro confronto intenso e vero come non mai. Mi auguro che i malati del Distretto 4 siano veramente messi male, altrimenti,  se scopro che erano solo casi banali, giuro che vado su tutte le furie e mi arrabbio sul serio.
Peeta dice che è inutile rimanere lì, ferma a far nulla e che è il caso di tornare a casa, o per lo meno di inventarci qualcos’altro. Accetto la proposta, convinta di non avere più niente che mi trattenga in questo luogo ricco di addii.
Passeggiamo stretti l’uno all’altro, chiacchierando tranquillamente di cose poco importanti, ma che a quanto pare aiutano l’attuale situazione. Lo guardo spesso, assimilando ogni poro della sua pelle e lui giocherella con la mia treccia, facendosela passare tra le dita. E’ davvero bello. Me ne rendo conto solo in questo periodo, dove sono rilassata e senza pensieri. Io, al contrario, temo di non essere all’altezza. Le cicatrici, il viso stanco, il fisico troppo magro. Non sono proprio l’immagine della donna desiderabile. Eppure, gli piaccio.
«Ho qualcosa su viso?» chiede lui, accorgendosi del mio esaminare persistente.
«No, non preoccuparti» sorrido, diventando lievemente rossa. «Stai benissimo.»
Peeta non si imbarazza e sostiene il mio discorso «Anche tu.»
Annuisco con fare ironico e gli suggerisco che certe cose con me non funzionano. So che lo pensa sul serio, ma sono anche sicura che abbia la mente traviata da quello che ho fatto per lui e da tutti i momenti trascorsi insieme.
«Io non scherzo» afferma con tono inflessibile. «Non vorrei altre, al di fuori di te.»
«Nemmeno Johanna?»
Rimane sbalordito e mi osserva con stupore «Cosa centra Johanna, adesso?»
Rammento la battuta che ha fatto a Gale e di quanto io ci sia cascata «Così, era una mia curiosità. E’ del tutto lecita, visto che quando si è spogliata in ascensore sia tu che Haymitch non avete opposto resistenza.»
Lui sbianca, ricordando la scena in questione «Mi porti ancora rancore per quel gesto, vero?»
«Può darsi» rido, pizzicandogli un fianco.
Torna rilassato e proseguiamo la nostra camminata, non conoscendo neanche noi la meta definitiva.
Arriviamo vicino ai boschi e stiamo per deviare al Villaggio dei Vincitori, quando gli propongo di venire con me, per addentrarci nella natura.
«Se vuoi cacciare, non ti conviene. Siamo entrambi consapevoli del fatto che faccio talmente rumore da spaventare tutti gli animali presenti nei dintorni» mormora, sbuffando.
«Non voglio andare a caccia… solo farti vedere un luogo in cui passavo la mia infanzia.»
Pare lusingato, perché le pupille gli si dilatano e il fiato diventa affannato. Gli accarezzo un braccio, per poi prenderlo per mano e condurlo tra la vegetazione. E’ davvero scoordinato, inciampa ovunque e si perde appena lo lascio solo. Di figli non ne ho bisogno, ho già lui a cui badare.
Alla fine, dopo varie imprecazioni e cambi di strada, giungiamo al lago dove io e mio padre andavamo a fare il bagno. La visione di quel luogo mi rimanda ricordi importanti. Il bacio con Gale, per esempio.
Eppure, non mi sconvolge e il mio corpo è calmo e controllato.
Peeta esamina tutto il perimetro, andando a raccogliere un sasso, che poi getta nelle acque torbide del laghetto.  «E’ qui che passavi le tue giornate?» domanda. «E’ tipico tuo.»
Ho sempre dichiarato di essere un libro aperto e questa ne è l’ennesima conferma.
Gli dico che poco lontano da lì c’è una piccola baracca e che mi sono presa la briga di ristrutturarla meglio che potevo. Quando glielo faccio presente, Peeta mi trafigge con un’espressione interrogativa  che non mi riesce di decifrare «Non è che vuoi uccidermi e occultare il mio cadavere, vero?»
Appena comprendo il senso delle sue parole, mi irrigidisco. Un ibrido, un assassina, ancora?
Ma poi qualcosa, una luce rassicurante, che catturo dai suoi lineamenti,  mi fa intuire che è tutta una presa in giro.
«Beccata» ammicco, circondandolo in un abbraccio. Lui mi bacia piano, e il contatto dura un secondo.
«Te lo permetto» mormora sulle mie labbra. «Se sei tu, posso anche morire.»
Questa frase mi mette tristezza, però è l’unico modo in cui riesce a darmi prova del suo amore incondizionato. «Andiamo» lo invito, accompagnandolo all’interno di quella casetta improvvisata.
 E’ abbastanza in ordine. Pulita, almeno. Ci sono un paio di coperte di un rosso sbiadito e qualche oggetto di vita quotidiana. Nel complesso, è accogliente.
«Carina» commenta e io rido.
Ci accoccoliamo sulle assi in legno e ci copriamo con quello che c’è. Alla fine, stiamo per congelare, quindi, recuperati alcuni fiammiferi e un po’ di legna, accendo un fuoco niente male. Ci scaldiamo le mani e respiriamo l’odore di cenere bruciata. Mi  guardo in giro e scorgo una scatola di fagioli e qualche pentola. Se mai venisse fame a uno dei due, o a entrambi, il cibo non mancherà.
Rimaniamo vicini per minuti interminabili ad ascoltare il respiro dell’altro, come se fosse la melodia migliore di sempre. Ma io non desidero sprecare questa occasione. Peeta mi ha dato l’immaginabile, tutto se stesso, mentre io l’ho ricambiato cedendogli la metà di ciò che posso realmente offrigli. Perciò questo è il momento di ripagarlo come si deve.
«Comunque, nemmeno io vorrei altri, oltre te» aggiungo, tornando al discorso di prima.
Lui annuisce ed è estremamente serio «Ma…»
«Nessun ma, per una volta.»
Gli circondo il collo con le braccia, baciandolo dolcemente. Lui mi avvolge il busto, attirandomi più vicino. Inerisco la mano tra i suoi capelli biondi, testandone la morbidezza, e gli accarezzo il capo, ossessiva. Mi ritrovo con pensieri confusi e offuscati dal desiderio, senza via di scampo. Salgo a cavalcioni sulle sue cosce e con le gambe mi aggrappo alla schiena dritta e tesa. Non devo pesare molto, perche lui non si lamenta. Restiamo avvinghiati in una morsa indistruttibile, incapaci di separarci. Voglio Peeta e lo voglio adesso.
«Mi ami. Vero o falso?» chiedo, pur sapendo già la risposta.
Lui sorride «Vero.»
«Vero» ripeto.
Dalla testa, passo alla sua schiena, sfiorandola con le mani. Sono fredde, forse congelate, e il gesto gli causa brividi interminabili. Mi scuso e faccio per riportarle a posto, ma lui non me lo concede, supplicandomi di non smettere. Alla fine, a forza di sfregarle sulla sua pelle bollente, diventano calde e piacevoli.
Peeta solleva la maglia di cotone che indosso e la sostituisce con le dita ruvide e incredibilmente gentili.
Ansimo piano, soffocando la mia reazione sulle sue labbra.
«Che stiamo facendo, Katniss?»
«Non lo so» sussurro, zittendolo definitivamente. 
Succede tutto così in fretta, eppure ho la capacità di distinguere ogni singolo particolare, ogni movimento. Siamo distesi tra le coperte rossicce che ho portato qui, con le gambe che si intrecciano e i respiri che si uniscono. Ho sempre creduto che sarebbe stato terribile, complicato ed estremamente sgradevole. Invece, siamo coinvolti da una moltitudine di sentimenti diversi: passione, paura, piacere, complicità e un po’ di dolore.
Tremo  quando  Peeta prende da me, e rilasso i muscoli quando ricevo da lui. E’ un susseguirsi di scambi a pari merito. Qualcosa di intenso e puro. Incondizionato.
Peeta mi cura, si preoccupa e io non faccio altro che accogliere le sue premure, sperando di star soddisfando le sue aspettative. E’ proprio vero che non poterei dividere una cosa simile con un altro. Neanche con Gale. Magari sarebbe  bello, ma non così. Questo è il massimo.
Siamo sfiniti e ci sosteniamo a vicenda, con dolcezza. Lui mi osserva, facendomi arrossire, e io evito i suoi occhi, perchè troppo pieni di emozioni complesse. Mi accarezza la il fianco, arrivando fino alle cosce, per poi tornare alla spalla, al seno e al mio viso beato.
«Grazie» conclude, prima di addormentarsi come un bambino.
Grazie. Devo avergli dato molto, e questo mi commuove. Piango di felicità, in silenzio, nascondendo il volto contro il suo petto e ringrazio qualcuno più in alto di me, per avermi aiutato. Osservo il fuoco che si sta spegnendo e mi accorgo di avere i capelli sciolti e sparsi ovunque. Il petto di Peeta si alza e si abbassa a intervalli regolari, e  il suo cuore battere nella norma. Ascolto il mio, che, al contrario, va come un treno e pulsa sangue ovunque. «Grazie a te» mormoro, la voce che trema. 
Riposiamo per qualche ora, poi, con imbarazzo, decidiamo di immergerci nel laghetto, che con l'arrivo del pomeriggio ha perso il suo gelo. Raccolgo un po’ d’acqua sul palmo della mano e gliela rovescio sui capelli, facendoli diventare scuri e lucidi. Lui fa lo stesso, e le ciocche mi si appiccicano sulla fronte, ma Peeta le tira all’indietro, massaggiandomi la cute. Il sole non è limpido e qualche nuvola minaccia il cielo, però la temperatura è gradevole e noi stiamo bene. Brilliamo alla luce dei raggi e quando non riesco più a sostenere il suo sguardo, mi immergo nel lago, rinfrescandomi il volto paonazzo. Andiamo avanti così per chissà quanto, laviamo via il sudore, il dolore e il passato, lasciando nuovo spazio a quello che verrà. Ora la pelle di entrambi è pronta ad accogliere nuovi strati di situazioni, perche sappiamo di poterla rigenerare quando vogliamo, basta aiutarci  l’un l’altro.
In questo momento molte consapevolezze si fanno strada nel mio subconscio, e permetto che vadano ad inondarmi la mente, raggiungendo un verdetto conclusivo.
Ho passato la vita cercando di trovare il senso  del terrore e del ingiusto, senza mai capire che era la bellezza ad aver bisogno di spiegazioni . Ho oltrepassato confini che dovevano rimanere tali e sono rimasta nascosta dietro a muri invisibili, che necessitavano di crollare. Non potevo sapere che in una baracca, insieme al ragazzo del pane, avrei scoperto la vera ragione ad ogni dubbio della mia esistenza.
Perché anche una Ghiandaia imitatrice, portatrice di fuoco e distruzione, ha il diritto di volare libera e, in fine, spegnersi nelle acque della normalità, per esalare l’ultimo grido di vendetta ed emettere il suo primo canto sincero.  

Eccoci qua! Oddio spero vi sia piaciuto questo capitolo finale!! Ho messo la mia intera anima e a tratti sono davvero soddisfatta. Perdonate gli errori che avete trovato, ma non sono perfetta e certe cose mi sfuggono, ma questo lo sapete già. La proposta/sorpresa di cui vi parlavo è questa : Ho deciso di aggiungere un capitolo Extra che racconterà un momento futuro dei nostri personaggi. Un salto di tempo consistente che servirà a voi lettori per sapere come finisce veramente la storia e come le cose si siano evolute nel corso degli anni. E' una PROPOSTA, quindi se non ritenete l'idea opportuna, non farò niente di tutto ciò. Dovete farmi sapere vuoi cosa ne pensate... io posso solo aspettare! Per ora ringrazio chi ha letto la fanfic e ha avuto voglia di farmi sapere cosa ne pensava, dandomi anche consigli e suggerimenti per correggere il testo. Grazie a tutti, davvero. Spero vogliate fare un ultimo sforzo e recensire il mio ultimo capitolo, dicendomi anche se la proposta risulta fattibile... Attendo con ansia... 
Un bacio infinito come l'universo!!
Pain.
  
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