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Autore: Serpentina    13/06/2014    6 recensioni
Lei: ha deciso di dedicarsi anima e corpo al lavoro, nonostante una migliore amica determinata a ravvivare la sua vita sentimentale, "più piatta dell'elettrocardiogramma di un cadavere". Dopo una cocente delusione, ha deciso di fare suo il mantra: "segui il cervello, perchè il cuore non ti porterà mai da nessuna parte".
Lui: strenuo sostenitore del motto "segui il cervello, perchè il cuore non ti porterà mai da nessuna parte". Il suo obiettivo è fare carriera, non ha nè tempo, nè voglia di perdersi dietro ai battiti di un organo che, per lui, serve soltanto a mandare in circolo il sangue.
Così diversi, eppure così simili, si troveranno a lavorare fianco a fianco ... riusciranno a trovare un punto d'incontro, o metteranno a ferro e fuoco l'ospedale?
Nota: il rating potrebbe subire modifiche.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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Welcome back! Scusate la lunga assenza, ma quando stacco la spina tronco ogni rapporto con la tecnologia, compreso il computer. Comunque, eccomi di nuovo qui, con un nuovo capitolo che farà la gioia delle fan dei fratelli Weil… sì, c’è anche Alex!
Prima di lasciarvi alla lettura, millemila grazie ad abracadabra, Bijouttina, Calliope Austen, elev e Faith00 per le recensioni, a Erica_Writer, madewithasmile, roncatella, StellaC e SugarKane, che seguono la storia, e a Marty_0202 e francesca01, che la preferiscono. *lancia caramelle*

 



A magic first date




“Le sciocchezze smettono di essere tali se compiute da persone di giudizio.”
Jane Austen, Emma

Astrid Eriksson, oltre ad essere una donna perspicace, era la discrezione personificata: negli ultimi due giorni di congresso si era accorta delle occhiate di fuoco e dei sorrisetti maliziosi che si scambiavano i suoi due pupilli, ma aveva deciso di fare la finta tonta e non immischiarsi, limitandosi a comunicare al suo fidato vice, il dottor King, la buona riuscita del piano.
“Quell’uomo ne sa una più del diavolo”, pensava, osservando divertita Franz e Faith che si punzecchiavano come di consueto al duty-free dell’aeroporto, ma con un linguaggio del corpo inequivocabile e una luce diversa nello sguardo; conosceva bene quella luce, era tipica degli innamorati. Avrebbe dato qualunque cosa per poterla recuperare, anche solo per un istante. Sven si era dimostrato un piacevole imprevisto, ma non era il suo tipo, senza contare che un uomo dell’età di suo figlio l’avrebbe fatta sentire vecchia.
Anche Faith era dotata di un acuto spirito di osservazione, difatti notò la lieve nota di tristezza nell’espressione del primario, e si affrettò a informare Franz.
–Guarda, ha gli angoli della bocca leggermente piegati verso il basso e le palpebre semichiuse. Secondo te cos’ha?
–Boh- rispose lui, facendo sfoggio della tipica cecità maschile ai dettagli. –Forse sonno.
–Non capisci proprio niente!- lo rimbeccò lei, roteando gli occhi. –E’ triste! E dobbiamo scoprire perché!
Dobbiamo?- esalò Franz, preoccupato dalle implicazioni poste dall’uso della prima persona plurale.
–Dobbiamo- ripeté Faith, agitando un pugno con aria imperiosa. Giulio Cesare che passava il Rubicone le faceva un baffo, quanto a determinazione. –Ti ha assunto, Franz, schiudendoti una brillante carriera, a me ha offerto la salvezza da Solomon. Le dimostreremo la nostra riconoscenza restituendole il sorriso.
–Hai ragione- annuì, convinto. –Se lo merita. Però non ho idea di cosa possa averla rattristata o preoccupata… il figlio?
–Non credo, da quando il padre ha divorziato dall’amante, poi seconda moglie, si è riavvicinato alla madre.
–Ah, sì?- chiese, stupito. Era stata sua insegnante, adesso era il suo capo, e non sapeva nulla della sua vita privata, a parte che aveva un figlio idiota. Bella figura di merda! –Beh, allora… l’ex marito?
–E’ sempre il primo sospettato e spesso il colpevole - motivo in più per non sposarsi, tra parentesi- ma in questo caso lo assolverei- asserì la Irving.
–Perché?- ribatté Weil. –Hai appena detto che sta divorziando per la seconda volta… forse vuole tornare sui suoi passi e la proffa non sa se dargli o meno una seconda possibilità.
–Dopo quello che le ha fatto l’unica cosa che il Grande Capo dovrebbe dargli è un calcio nelle palle da spedirlo su Plutone, anche se non è più un pianeta- soffiò. –Sarebbe una stupida a riprendersi merce avariata.
Merce avariata? Non sei un po’ dura? Voglio dire, ha commesso un errore…
–Un errore?- sibilò Faith, irrigidendosi. –Dimenticare gli occhiali a casa è un errore, tentare di aprire l’armadietto con la chiave sbagliata è un errore, mandare un messaggio idiota a uno sconosciuto perché hai digitato male il numero del destinatario è un errore. Tradire non è un errore. I vostri gingilli penzolanti, per quanto dotati di una certa indipendenza, non vanno a spasso da soli e non si infilano in buchi a caso senza il consenso del proprietario!
–Sono pienamente d’accordo, ma da come ne parli sembra che vorresti punirlo con la castrazione!
–Hai mai tradito, Franz?- gli chiese Faith, nei suoi occhi un misto di timore e speranza.
–No- rispose senza esitazione. –Credo nel dialogo e ho il coraggio di troncare un rapporto che non funziona.
–Sei mai stato tradito?- incalzò la Irving, con una strana smorfia.
–Spero di no!- esclamò lui ridacchiando.
–Lo spero anch’io per te- rispose Faith, tremendamente seria, e si allontanò.
In quel momento Franz si rese conto che essere un “fidanzato in prova” si sarebbe rivelato un’impresa più ardua del previsto.

 
***

Sapeva che ignorandolo sarebbe passata dalla parte del torto, ma questo non la fece desistere: non gli rivolse la parola per tutto il viaggio in aereo, girandosi verso il finestrino quando accennava a voler aprire bocca. A costo di passare per stronza, avrebbe seguito l’istinto di farlo penare, stare sulla graticola gli avrebbe fatto bene.
Dal canto suo, Weil aveva intuito di averla fatta arrabbiare, ma non ne capiva il motivo; non aveva detto niente di male, l’aveva contraddetta, non offesa…
“Valla a capire!”, pensò, sorseggiando della Coca-Cola, una fonte di caffeina più appetibile della brodaglia che gli americani spacciavano per caffè. “Il bello, poi, è che ha la capacità di farmi sentire in colpa senza sapere perché… ma se crede che le chiederò scusa, casca male! Sono un uomo, io, non un cagnolino da mettere al guinzaglio! Se vuole chiarire, dovrà fare lei il primo passo!”
Una volta atterrati a Londra, recuperate le valigie, Faith salutò educatamente Astrid e Franz e si sedette su una panchina in attesa di Marcus. Dato che aveva concordato con suo fratello di incontrarsi nello stesso punto, Franz si sedette accanto a lei, fissandola insistentemente mentre borbottava sommessamente e armeggiava col cellulare.
–Non è raggiungibile?
–Non risponde- ringhiò Faith, seccata, aggiustandosi la sciarpa; a differenza di Miami, a Londra si sentiva che era febbraio.
–Forse è impegnato- concesse lui, sforzandosi di mantenere un tono neutro.
–E’ stato lui a insistere per venirmi a prendere, altrimenti sarei già in metropolitana!- sbraitò la Irving, infervorandosi. In quel momento, a conferma del detto “parli del diavolo e spuntano le corna”, il telefono squillò. Faith rispose col sorriso sulle labbra, poi mutò espressione, assumendone una da far gelare il sangue. Dopo aver annuito e sibilato vari “Capisco”, chiuse la conversazione con un freddo –Dica al dottor Best che lo ringrazio dell’offerta, ma stasera sono impegnata. Arrivederci.
–Dottor Best? Non è un tantinello formale per uno con cui vai a letto?- le fece notare Franz, guadagnandosi un’occhiataccia.
–Uno: chi ti dice che ci sono andata a letto? Due: quel… mollusco, quella… ameba ha osato farmi chiamare dalla sua segretaria per comunicarmi che ha un intervento in corso, per cui non può venire a raccattarmi, ma può mandarmi un taxi, se voglio! Un taxi!
–Non capisco quale sia il problema- osservò Franz, stringendosi nel cappotto. –Tanto devi mollarlo. O hai cambiato idea?
–Non ho cambiato idea, ma detesto chi non mantiene le promesse- asserì Faith, risentita. –Bell’opinione hai di me, comunque, se pensi che cambi idea con la stessa frequenza con cui mi cambio le mutande!
–Non intendevo questo- esalò Franz, pensando subito a un modo per sfruttare a suo vantaggio il “bidone” di Best. –E non intendevo mancarti di rispetto, prima. Non so cosa ho detto che ti ha fatta alterare, ma so che è colpa mia, quindi… scusa.
–Sono io a doverti delle scuse- pigolò Faith, intenerita nel vederlo sinceramente dispiaciuto. –Sono troppo permalosa. Se penso al tempo che ho sprecato a mandarti mentalmente a fanculo, invece di baciarti…
Weil non se lo fece ripetere due volte: si fiondò sulle sue labbra e, nelle pause tra un bacio e l’altro, disse –Possiamo recuperare adesso…
–Mmm… grazie di non esserti presentato, Marcus- sussurrò scherzosamente Faith, mentre Franz lasciava una scia di baci delicati lungo la linea della mandibola fino al lobo dell’orecchio.
Il rumore di un clacson li destò da quel meraviglioso sogno ad occhi aperti. I due sobbalzarono, imbarazzati e sorpresi, suscitando l’ilarità del guidatore, che esclamò –Piano, piccioncini, ci sono dei minorenni qui!
Franz strinse i pugni e replicò –Ti sto odiando profondamente, Xandi, sappilo!
–Se l’odio potesse uccidere sarei un miracolo della medicina: mi odi profondamente almeno una volta al giorno!- rispose Alexander Weil, la strafottenza fatta persona, per poi scendere dall’automobile e aiutare Franz a caricare i bagagli. –Hai chi ti porta a casa, Faith?
–La metropolitana.
–Ma quale metropolitana e metropolitana!- sbottò Alexander. –Vieni con noi!
–Faith viene con noi? Che bello!- trillò Hans dall’abitacolo.
–Non posso crederci!- sbraitò Franz, dandosi una manata sulla faccia. –Perché cavolo te li sei portati dietro?
–Perché Serle è stata chiamata d’urgenza e questi demonietti non volevano saperne di aspettarti a casa.
Hans annuì e chiese, dimostrandosi materialista come lo zio –Mi hai portato un regalo grande, vero? Fa niente se non l’hai preso a Wilhelm, lui ha solo un anno, ma a me devi averlo preso!
–Ho comprato due regali giganteschi- rispose Franz, mimando con le mani l’enormità dei regali. –Uno per Wilhelm, e uno per te.
–Ah, sì? E com’è?
–Fichissimo!- gli assicurò Faith, che aveva deciso, dopo molte insistenze, di accettare il passaggio. –Niente robetta da mocciosi, garantisco io.
Hans si dimenò in una sorta di danza della gioia, poi, appena valigia e borsone della Irving ebbero preso posto nel bagagliaio si sporse ad abbracciarla e disse –Faith vicino a me!
Franz, tra il divertito e lo sconcertato, prese posto sul sedile anteriore, e sbuffò, fingendosi offeso –Ma come? Preferisci lei allo zio?
Hans arrossì e si rimise a sedere composto, ma Faith, che godeva nel punzecchiare Franz, lo agguantò e gli schioccò un bacio sulla guancia, cinguettando –Sono io che preferisco tuo nipote a te. E’ così adorabile!
Il bambino, compiaciuto, assunse un’aria di superiorità ed esclamò –Ti ho fregato, zio!
Alexander ridacchiò, quindi si girò verso il figlio e gli diede il cinque asserendo –Questo è lo spirito giusto!
Imbronciato, Franz incrociò le braccia e sbuffò –Vi siete coalizzati contro di me. Bravi. Vorrà dire che i regali fichissimi resteranno in valigia.
–Hai portato un regalino anche a me?- esalò Alexander, illuminandosi (forse sua moglie non aveva torto nell’affermare che essere sposata con lui equivaleva ad avere tre figli e nessun marito). –Questo cambia tutto! Grazie, grazie, grazie! Posso darti un bacio?
–Preferisco quelli di Faith, ma… fa pure- rispose il fratello, pentendosene nel momento in cui venne investito dalle travolgenti manifestazioni d’affetto di Xandi.
–Ecco, a questo proposito… com’è successo?- domandò Alexander, aggrottando le sopracciglia. –Botta in testa? Minacce? Droghe? Ipnosi?
–C-Cosa?
–Come ti ha convinta?- riprese il maggiore dei fratelli Weil. –E’ impossibile che una donna sana di mente voglia stare con Franz, perciò illuminami… come ha fatto?
Franz, indignato, espresse il suo disappunto per l’uscita infelice di Alexander e le risate incontrollabili di Faith e Hans (Wilhelm era abbastanza piccolo da preferire un giochino alle chiacchiere degli adulti). La Irving si sbellicò, prima di ritrovare il fiato per rispondere –Dai, Alex - posso chiamarti Alex, vero?- sai che non si può resistere al fascino tormentato del qui presente Franz. Quale donna non sogna al suo fianco un uomo apparentemente freddo e scostante, che le dimostra il proprio affetto subissandola di parole oltraggiose?
–E quale uomo non sogna una donna apparentemente bisbetica che lo contraddice in continuazione?- replicò l’interessato con un sorrisetto. Cogliere le occasioni al volo era la sua specialità, e questa era ghiottissima. –Infatti… stavo giusto pensando di chiedere a questa apparentemente insopportabile creatura se vuole uscire con me.
Faith trattenne a stento un sorriso, si rivolse al bambino alla sua sinistra e gli chiese –Che dici, Hans, tuo zio merita una possibilità?
–Ma sì, dai- asserì lui scrollando le spalle. –Anche perché io sono troppo piccolo!

 
***

I colleghi di Faith e Franz, Grande Capo in testa, rimasero parecchio delusi nel constatare che le rose che tanto avevano sperato di veder fiorire erano rimaste boccioli: i due, a parte essere un po’ più gentili l’uno verso l’altra, si comportavano esattamente come prima, con tanto di battibecchi e competizioni serrate per stabilire chi, a dispetto dell’anzianità, fosse il migliore patologo. Quello che la congregazione di pettegoli nota come Dipartimento di Patologia ‘A. Reid’ non sapeva era che, non appena lontani da sguardi e orecchie indiscrete, Faith e Franz si abbandonavano a effusioni tutt’altro che caste. Se solo il deposito dei coloranti avesse avuto il dono della parola…
Il “bello” è che, tecnicamente, lei stava ancora con Marcus: si era recata diverse volte al suo studio per parlargli, ma non l’aveva mai trovato. Logorata dall’incertezza e dalla frustrazione - Franz aveva deciso che non sarebbero usciti insieme finché non lo avesse mollato- si sentì miracolata quando il dottor Best si presentò a casa sua, interrompendo il rito del venerdì sera, suscitando quindi l’avversione degli amici di Faith e, soprattutto, di Agatha, che rizzò il pelo e gli soffiò contro, impedendogli di sedersi sul divano, obbligandolo a prendere posto su una scomodissima poltrona di design ( regalo di Bridget).
Una volta accomodatosi in cucina, Marcus si passò una mano tra i capelli (chiaro sintomo di nervosismo) e disse –Faith, ho molto di cui scusarmi…
–Comincia da quando mi hai bidonata all’aeroporto- sibilò lei, calcando volutamente la mano: desiderava che si lasciassero senza rimpianti e, pensava, mostrarsi scontrosa avrebbe aiutato in tal senso.
–Ti ho avvertita!- si difese lui, alzandosi in piedi. –Non hai ricevuto la telefonata della mia segretaria? Ero in sala operatoria, non a ballare!
–Te lo concedo. E il resto?
–Quale resto?
–Hai appena detto di avere molto per cui scusarti. Capisco che voi “taglia e cuci” parlate col bisturi, ma credevo aveste consapevolezza di cosa esce dalla vostra bocca.
–Sì, cioè, no, cioè… Faith, ti giuro che non è successo niente di male, però… spero non la considererai una mancanza di rispetto…
–Taglia corto- sbuffò la Irving, supportata da Agatha, che agitò la coda in segno di avvertimento.
–Beh, ecco, ricordi cosa dissi la sera della cena con la tua amica? Quella in cui mandasti a quel paese il mio amico Gavin e te ne andasti? Ecco, è successo esattamente questo.
–Hai insultato Gavin anche tu? Era ora!
–Ehm… no. Solo che - e spero non te la prenderai- ecco… mentre ci, ehm, frequentavamo, ho… continuato a, uhm… uscire con le mie pazienti. Niente di che, eh, semplici cene, niente dopo, lo giuro,, e soltanto per non perdere le mie fedelissime, ma… ci tenevo a dirtelo, ecco, perché mi ha fatto capire che io e te…
–Ti ringrazio della sincerità, Marcus- asserì Faith, voltandosi verso la libreria, poi nuovamente verso Best, nervoso come non mai, che le rivolse un mezzo sorriso accattivante. –Le tue parole mi hanno liberato dall’onere di soppesare le mie. Non sono arrabbiata con te, e sai perché? Perché ho scoperto che non mi importa. Potrei mentire, potrei usare questa mancanza di riguardo nei miei confronti come pretesto per darti il benservito, magari condendo la scenetta patetica con un mare di lacrime - tanto per aggiungere un tocco di melodramma- ma non sono il genere di donna che di diverte a prendere in giro un uomo… diciamo perbene- concluse storcendo il naso.
–Non capisco.
–Te lo spiego, caro: ho lottato invano contro l’evidenza. Sin dal primo momento che ti ho visto l’intuito mi ha suggerito ciò che i fatti hanno dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio, ossia che il tuo egocentrismo, la tua smania di protagonismo e la tua incredibile faccia tosta ti rendono l’ultimo uomo sulla Terra con cui potrei mai stare!
–Ancora non capisco…
–Ti sto mollando! Chiaro il concetto?
Marcus rimase a bocca aperta, rigido come uno stoccafisso per più di un minuto, quindi, incassato il colpo (aveva segretamente sperato di essere lui a lasciare Faith), se ne andò senza una parola.
Faith si accasciò sul divano accanto a Diane, emise un sospiro di sollievo ed esalò, dopo un lungo sorso di birra –Almeno questa è fatta!

 
***

Alexander era un idealista, non un illuso, e sapeva - perché suo fratello, non a caso da lui ribattezzato “Erode junior”, glielo ripeteva in continuazione- quanto i figli modificassero irrimediabilmente la vita di una coppia, arricchendola, sì, ma anche sottraendole momenti di svago la cui mancanza, a volte, portava alla fine del rapporto. Eppure, nonostante i funesti presagi di Franz, Alexander non avrebbe saputo immaginare la propria quotidianità senza quelle piccole pesti.
–C’è troppo silenzio. Cosa sta architettando Hans?- chiese con voce pastosa Serle, girandosi sul fianco per dargli il bacio del buongiorno.
–Niente. Dorme. I regali dello zio li hanno sovreccitati, sono crollati appena hanno toccato il materasso.
–Alex, stai dicendo che… abbiamo del tempo tutto per noi?- sussurrò Serle, avvinghiandosi koalescamente al marito. –E’ un miracolo!
Carpemus opportunitatem, bella bionda!- rispose Alexander, attirò a sé la sua dolce metà e prese a baciarla con tutta la foga possibile, dato il parziale intontimento del risveglio. Si tolse la t-shirt dei Clash con cui dormiva d’inverno, spogliò Serle del pezzo di sopra del pigiama e riprese a ricoprirla di baci, mormorando, tra un bacio e l’altro –Ora ricordo perché ti ho sposata!
–Alex- esalò lei poco dopo, cercando di scostarlo. –Alex, il telefono!
–Al diavolo il telefono, tu sei più importante- rispose lui, la privò dell’intimo e si premurò di coprirli col lenzuolo; Hans aveva il vizio di entrare senza bussare, perciò meglio evitare di rendere una eventuale situazione imbarazzante ancora più imbarazzante.
Si vide, però, costretto a sospendere la piacevole “ginnastica” mattutina quando attaccò la segreteria, e la voce di Franz ululò –Fratello degenere! Io ho bisogno di aiuto e tu non rispondi per fare porcherie con tua moglie! E non provare a negare, ti conosco troppo bene! Ti chiamerò incessantemente finché non..
–Ecco, ho risposto! Contento?- ruggì Alexander, con le risatine di Serle in sottofondo. –Si può sapere che vuoi?
–Oh, Xandi, mia unica salvezza… ho bisogno di un posto per lo spettacolo di stasera.
–Sicuro! E magari vuoi pure che ti procuri un invito per un tè con la regina! Per chi mi hai preso, mago Merlino? E’ tutto esaurito, ergo… niente posti. Semplice, no?
–Xandi, porca miseria, non prendermi in giro! Sono nel panico: esco con Faith, stasera, e voglio sorprenderla!
–Aha! Panico da primo appuntamento!- esclamò Alexander. –Rilassati, fratellino, sono sicuro che Faith è di gusti semplici, con pizza e cinema te la cavi.
–Non mi accontento di cavarmela!- sbottò Franz. –Voglio stupirla, voglio…
–Che te la dia? Non ti sapevo tanto materialista. Mi deludi- concluse per lui Alexander, per poi uggiolare di dolore, colpito da una gomitata della moglie, che gli mise davanti agli occhi il biglietto in suo possesso. –Ok, la smetto di deriderti e pongo fine alle tue sofferenze: Serle ha rinunciato al suo, tanto, sta dicendo, ormai ha visto abbastanza. A posto così?
–Oh, sì, sì. Ringraziala di cuore da parte mia, mi sdebiterò appena possibile! E vergognati, mia cognata mi vuole più bene di te!

 
***

Faith adorava le sorprese, l’aspettativa e l’adrenalina che le davano l’ignoto e il mettersi nelle mani di un’altra persona. Franz non le aveva fornito istruzioni su come vestirsi, a parte un laconico “normale”, aggettivo abusato e dai molteplici significati. La Irving, con la collaborazione di Abigail, Bridget e Agatha, aveva interpretato quel “normale” come “comoda, ma con gusto”: scartati un’infinità di gonne e vestiti (proposti, manco a dirlo, da Abigail), aveva optato, in barba al freddo, per un semplice paio di leggins, scarpe col tacco per un tocco elegante e un vivace mini-kimono rosso a fiori, teoricamente della sua taglia, ma che in realtà (come non aveva mancato di osservare Abigail) le copriva a malapena il sedere.
–In compenso mette in mostra il davanzale- asserì Bridget, scrutandola con precisione certosina alla fine della lunga preparazione. –Se non dovesse sbavare entro la fine della serata, preoccupati.
–B, il punto è proprio questo: non deve sbavarle dietro, deve corteggiarla!- obiettò Mrs. Cartridge, scuotendo il capo. –Non vai bene, F, comunichi troppa disponibilità! Non stai cercando una botta e via, sei una donna al primo appuntamento con qualcuno che ti piace e che vuoi conoscere meglio. Conciata così al massimo scoprirai se è capace di slacciare il reggiseno con una mano sola.
–Ne è capace- rispose Faith senza riflettere, poi si coprì la bocca con le mani e arrossì furiosamente.
Le altre due, invece, impallidirono, strabuzzarono gli occhi e strillarono –Oh. Mio. Dio. L’avete fatto! Quando? Dove? Come? Perché?
–Non l’abbiamo fatto!- gridò Faith di rimando. –Diciamo che… ecco… a Miami ci siamo fatti un po’, ehm, prendere la mano, ma non è successo niente!
–E niente succederà per un bel pezzo- sentenziò Bridget con sussiego. –Ho letto su ‘Vanity Fair’ che, secondo una recente ricerca, una coppia per durare dovrebbe rimanere in astinenza per sei mesi, in modo che le endorfine non offuschino i centri cerebrali del pensiero critico. Nel tuo caso, se si considera come inizio quando l’hai baciato prima di Natale, dovreste trattenervi fino a… giugno.
Faith, superato l’iniziale sbigottimento, rivolta una smorfia ironica ad Abby, che ancora boccheggiava come un pesce rosso, replicò –Giugno? Tu sei fuori di testa!
–So che può sembrarti assurdo, ma se ci pensi B non ha sparato una cavolata enorme come al solito- intervenne Abigail, che aveva recuperato l’uso della parola. –Con Kyle hai prima fatto sesso, poi tentato di essere una coppia, e guarda com’è andata a finire, o meglio, dove sei andata a finire… dritta dritta tra le braccia di Cyril, che non mi pare ti abbia trattata benissimo. O sbaglio?
–Beh, no, ma… giugno!- pigolò Faith. –Siamo a febbraio, è praticamente impossibile che resista altri tre mesi senza farlo, Franz è così… Franz!
–Posso darti qualche consiglio, se vuoi: ho resistito a Ben per anni!- si offrì gentilmente Abigail.
Bridget sbuffò una risatina perfida e ribatté –Sì, certo, così alla povera Faith si tapperà il buco! F, te lo dico da amica: anche io ho passato dei periodi di carestia, e posso assicurarti che la necessità aguzza l’ingegno; troverai dei metodi alternativi per divertirvi insieme, qualcosa che non sia docce fredde e fumetti per bambini.
–I manga non sono per bambini!
Faith, sforzandosi di ignorarle, approfittò del battibecco tra le sue migliori amiche per cambiarsi, e sostituire i leggins con dei jeans e il kimono con una maglia accollata, ma semi-trasparente.
–Mi spiace dover porre fine a questo match di boxe verbale, ma devo andare a raccattare il mio bel mezzo tedesco.
–Che cosa? Vai tu da lui?- esclamarono in coro Abigail e Bridget, entrambe esterrefatte.
–Siamo nel ventunesimo secolo, ragazze, aggiornatevi- ridacchiò Faith, prima di chiudere a chiave la porta di casa. –Il galateo moderno prevede che chi ha la patente scarrozzi chi non ce l’ha, a prescindere dal sesso. E poi sono un’ottima guidatrice, alla faccia del detto “donna al volante, pericolo costante”!

 
***

–Complimenti per la scelta, Franz. Molto originale. Non ho mai assistito a uno spettacolo di magia dal vivo!
–Mai? Ho fatto centro, allora!- trillò Weil compiaciuto.
–Oltretutto ho sentito un sacco di commenti positivi su Lord Xandor. Si dice sia abilissimo, sebbene i suoi spettacoli siano un tantino, ehm, macabri, ma a me non dispiace, anzi!
–Buono a sapersi, perché ha l’abitudine di coinvolgere il pubblico nei numeri, e alcuni sono, beh, un po’ inquietanti.
In quel momento le luci si spensero, si accesero i riflettori sul palcoscenico e Lord Xandor apparve in una nuvola di fumo viola, coperto dalla testa ai piedi dal costume di scena.
Faith soffocò le risate nella mano: sembrava il Dracula di Stoker!
Le risate cessarono quando, per il numero di chiusura, Lord Xandor annunciò che si sarebbe avvalso dell’aiuto del pubblico.
–Tu!- tuonò, indicandola. –Sì, tu, bella bruna. Vieni.
La Irving si alzò tremante e raggiunse il mago, che chiese al pubblico di incoraggiarla con un applauso e la chiamò per nome.
–C-Come s-sa il mio nome?
–Ci crederesti se ti dicessi che l’ho visto con l’occhio della mente?- rispose con la voce camuffata da un trasformatore. –No, non rispondermi. Ho sentito il tuo fidanzato chiamarti Faith. Ora, Faith, vedi quella bottiglia? Spaccala!- lei obbedì e il mago annuì in segno di approvazione. Prese i cocci e li coprì con un sacchetto di carta, fece lo stesso con due cuscinetti in gommapiuma della stessa dimensione, li mescolò e ordinò a Faith di fare altrettanto.
–D-Devo indovinare dov’è la bottiglia rotta?- domandò Faith, sollevata: rispetto ai numeri precedenti, tutti lamette, sangue, fuoco, questo era una bazzecola! “Forse si rammollisce sul finale”, pensò.
–In un certo senso- sibilò Lord Xandor. Se non avesse avuto il volto coperto, lo si sarebbe visto sogghignare. –Dammi la mano, da brava. Bene, e adesso… dov’è la gommapiuma?
–Qui- rispose lei senza esitare, salvo poi pentirsene quando il mago, stringendole il polso, tentò di schiaffare la mano sul sacchetto. Faith, ovviamente, oppose resistenza, ma lui non volle sentire ragioni, e ridacchiò –Di cosa hai paura? Se hai indovinato, non ti farai nulla!
–E s-se avessi sbagliato?- squittì Faith, ma, con sua enorme sorpresa, scoprì che aveva visto giusto; giocherellò con la gommapiuma mentre si godeva l’applauso del pubblico, e il sorriso radioso di Franz, prima che il mago le imponesse di scegliere una seconda volta.
“Oh, merda, ho il cinquanta per cento di probabilità di finire al Pronto Soccorso con la mano rotta! Cazzo, cazzo, cazzo, perché capitano tutte a me?”
–So cosa stai pensando. Vedi il bicchiere mezzo vuoto, come tutti. Perché, invece, non ti concentri sul cinquanta per cento di probabilità di colpire il sacchetto giusto?

 
***

–E’ stato emozionante, non è vero?- esclamò Franz, saltellando sul posto come un bambino. Lo spettacolo era terminato, ed erano in fila per ottenere un autografo di Lord Xandor.
–Traumatizzante, piuttosto- sibilò Faith a denti stretti: non avrebbe dimenticato facilmente quella sera. –Dopo quello che mi ha fatto passare, pretendo l’autografo con dedica e una foto!
Franz assunse una strana espressione, ma lei non vi badò, perché l’assistente del mago (una simpatica signora sulla sessantina, al posto delle classiche ragazze semi-svestite) li invitò ad entrare, salutando Franz con particolare entusiasmo, come se già lo conoscesse.
–Mi hai scoperto. Sono un fan sfegatato- si giustificò.
–Oh, Franz, sai fare tante cose, ma mentire non è tra queste- rispose Faith, prima di avvinghiarsi al mago per una foto ricordo.
–Ehi, ehi, ehi! Piano con le mani!
–Oh, andiamo, Franz, non sarai geloso!- ridacchiò la Irving.
–Non di lui- le assicurò. –Sono decisamente più sexy.
–Non è affatto vero!- abbaiò il mago, togliendosi la maschera.
Franz allargò il ghigno, Faith rimase a bocca aperta: Lord Xandor era…
–Alexander? Tu… tu… sei un mago?
–Beh, sì. L’ho scoperto all’età di undici anni, quando un Mezzogigante mi ha prelevato per farmi frequentare una scuola di magia e salvare il mondo con lo pseudonimo di Harry Potter. Poi mi sono arricchito vendendo i diritti della storia a J.K. Rowling.
–Davvero spiritoso- borbottò Faith, intollerante alle prese in giro alla sua saga del cuore. –Sai, non mi ero mai chiesta che lavoro facessi, ma devo dire che è adatto a te.
–Concordo. Comunque, ora che hai sperimentato l’entità dei miei poteri, un avvertimento: fai soffrire mio fratello, e ti userò per il numero della donna segata in pezzi… senza pannelli di sicurezza.
Faith sostenne il suo sguardo e asserì –Tranquillo, grande mago, ho intenzione di fare molte cose a tuo fratello, e soffrire non è sul menu.

 
***

Sulla via del ritorno iniziò a piovere; la tipica pioggia inglese: non abbastanza copiosa da potersi definire un temporale, ma da costringere ad aprire l’ombrello sì.
–Mi dispiace da morire, finora era andato tutto alla grande- gnaulò Franz. Una sua ex lo aveva accusato di non aver previsto che il meteo avrebbe sbagliato.
–Tranquillo, ho sufficiente intelligenza da non incolparti per questo inconveniente meteorologico- lo tranquillizzò Faith. –Inoltre mi piace la pioggia, una volta ho fatto il bagno sotto la pioggia, insieme ai miei cugini, Donnie e Mike.
–Donnie e Mike che vivono nel Kent?
–Te ne ho parlato? Non lo ricordo… d’altronde, parlo talmente tanto quando mi trovo a mio agio con qualcuno, che questi desidererebbe non avermi mai incontrata.
–Se è un modo per scoraggiarmi, ti informo che è inutile, non basterà la tua parlantina a spaventarmi!- replicò Franz.
I due scoppiarono a ridere e continuarono a parlare del più e del meno, mentre la pioggia battente si infrangeva su Nina, immediatamente rimossa dal tergicristallo. Il traffico diede loro occasione di discorrere a lungo, toccando, tra i vari argomenti, l’incredibile abilità di Faith come creatrice di coppie.
–Non pavoneggiarti, la tua è semplicemente fortuna- osservò Franz.
Faith sbuffò e scosse il capo.
–Abby e Ben, Evangeline e Andrew, Helen e Alan, Diane e Oliver, l’unico dei suoi fidanzati che non sembrasse un fenomeno da baraccone - e forse è proprio il motivo per cui l’ha lasciato, le piacciono i tipi grotteschi- Erin e Chris… fortuna, dici? La fortuna può aiutarti una volta, poi basta. Ti costa tanto ammettere che possiedo un dono?
–Rimango della mia opinione: la tua è soltanto fortuna. Volendo essere generosi, fortuna mista a un pizzico di spirito di osservazione. Comunque, spero che la pianterai con questa stupidaggine di voler accoppiare tutti i nostri amici… purtroppo, le tue predizioni hanno il brutto vizio di avverarsi.
–Non tutte- ribatté mestamente Faith, per poi animarsi. –Ma bando alla tristezza, devo concentrarmi sul prossimo obiettivo.
–Ti prego, dimmi che non è chi penso che sia- esalò Franz, coprendosi il volto con le mani. –Stanne fuori, o finirà male.
Faith, sperando non nominasse Maggie o Harry James, che aveva temporaneamente accantonato, piegò le labbra in un sorrisetto di superiorità e cinguettò –Perché mai? Le sono affezionata quanto te, e desidero la sua felicità.
–Il Grande Capo non è una ragazzina ingenua, se avesse voluto un uomo l’avrebbe già trovato. Senza il tuo aiuto- ringhiò Franz.
–Sciocchezze- obiettò Faith. –Il Grande Capo non ha un uomo perché il divorzio l’ha distrutta e ha preferito dedicarsi al lavoro. Ora, però, ha riacquistato la serenità, è professionalmente realizzata e può rimettersi sul mercato. In fondo l’hai detto anche tu che è uno schianto!
–Beh, sì, però…
–Sapevo che non avresti obiettato- sospirò lei, prima di inondare di imprecazioni un malcapitato autista, reo di averle tagliato la strada.
–Al contrario, ho molte obiezioni al riguardo. Non stiamo parlando di una bambola, non sei più la bambina che si divertiva a far sposare Barbie e Ken, devi capire che sono persone in carne e ossa, e non è giusto che tu li ferisca per autocompiacerti della tua perspicacia.
–La tua è soltanto invidia: invidi il mio cervello e la maniera in cui lo uso per far felici gli altri!
–Fammi il piacere!- sputò Weil. –Meglio non avere un briciolo di cervello, che usarlo come fai tu!
Rimasero in religioso silenzio per il resto del tragitto, perfino mentre Faith lo accompagnava al portone.
Ruppero il silenzio in contemporanea.
–Senti, volevo… prima tu!
–Scusa se ho offeso la tua intelligenza. La ammiro e ammiro l’uso che ne fai… quasi sempre- disse Franz con una luce divertita nello sguardo.
–E tu scusami per aver rovinato questa serata. Hai ragione, la proffa non è un soggetto adatto a testare la mia abilità nel creare coppie- pigolò Faith, lo baciò per sancire la riappacificazione e aggiunse –Ciò, però, non mi impedirà di guidare altri sulla via della felicità… il tuo amico Harry ha dannatamente bisogno di una donna, non trovi?
Franz scrollò le spalle, rassegnato, Faith ridacchiò e, dopo un altro, lungo, passionale bacio si allontanò pensando “Se sarà sempre così facile averla vinta con lui, credo che diventerò la donna più viziata d’Inghilterra!”.
La ricerca dell’anima gemella della professoressa Eriksson era soltanto rimandata.

Nota autrice:
Che dite, avrei fatto meglio ad accorciare il capitolo, oppure la lunghezza compensa in qualche modo l’attesa?
Spero mi farete sapere il vostro parere sul primo appuntamento dei due patologi in amore e sul lavoro di Alexander. Dite la verità, non ve l’aspettavate, eh?
Chissà cosa riserva il destino a Faith… emulerà con successo la Emma letteraria, o combinerà pasticci?
Au revoir.
Serpentina
   
 
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