Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: sophie97    13/06/2014    5 recensioni
Sono passati ormai tre mesi dalle ultime avventure dei nostri protagonisti e molte cose sono cambiate: Semir non è più in polizia, Clara aspetta un bambino e Ben ha un nuovo collega. Ma cosa succederà quando un nuovo caso piomberà tra le mani della polizia autostradale? Una storia di viaggi in terre lontane, di ricerche, amori e tradimenti, di amicizia, di fiducia e di paura. Un turbinio di fatti che sconvolgerà le vite degli ispettori toccandole una per una, questa volta forse con troppa violenza.
Consiglio, nonostante non sia necessario, di leggere prima di questa le altre storie della serie per comprendere meglio alcuni punti della trama.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Jager, Kim Kruger, Nuovo personaggio, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dieci ritagli di Cobra 11'
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Indagini e porte chiuse

Quando, la mattina successiva, il sole sorse timidamente su El Fahim, Semir dovette suo malgrado cominciare a prendere in considerazione le ipotesi di Ben: Max era uscito la notte precedente e non era più tornato, avevano provato a chiamarlo e non aveva mai risposto.
Affacciatosi alla finestra, l’ispettore l’aveva poi scorto nel piazzale, mentre si allontanava velocemente in compagnia di quella che gli sembrò la stessa donna che avevano conosciuto sulla soglia della sede dell’organizzazione del traffico d’organi.
Era lui la talpa, d’altra parte era stato piuttosto chiaro fin dall’inizio.
A quanto pareva Max Rieder si era liberamente preso gioco di loro e ci era riuscito anche fin troppo bene.

 

Sebastian uscì soddisfatto dal comando della polizia criminale di El Fahim, con un pezzo di carta in mano che non smise di contemplare fino a quando non raggiunse il capo, Alex Bronte, nella hall dell’albergo.
Il commissario dell’LKA, non appena seppe del mandato, esultò felice come non mai, almeno in questo era riuscito a precedere quegli incompetenti dell’autostradale. Era servito tempestare di chiamate il capo della polizia, Bronte aveva ottenuto esattamente ciò che voleva, un mandato di perquisizione.
A questo punto doveva semplicemente passare all’azione, ma prima si sarebbe dovuto ben organizzare: lui e il suo sottoposto erano soltanto in due, il che era un po’ rischioso. Tuttavia mai sarebbe andato a chiedere all’autostradale di unirsi a lui, anche semplicemente per una questione di orgoglio, e nemmeno avrebbe chiesto aiuto alla polizia del luogo.
Non si fidava di quei turchi, nemmeno un po’. Gli avevano detto che l’analisi dei proiettili non era ancora terminata, quando il giorno prima avevano garantito che sarebbe stata pronta per la mattina seguente.
Alzò le spalle disinteressato, si sedette sul comodo divanetto beige dell’ingresso dell’albergo con il suo sottoposto e pensò.
Lui e Sebastian Fudger dovevano assolutamente organizzarsi per l’irruzione alla base del traffico d’organi e dovevano farlo in fretta.

 

 

Il telefono di Ben squillò per l’ennesima volta in quella piccola stanzetta d’albergo che quella mattina sembrava somigliare più ad un centralino.
«Sì, Jager.».
«Ben? Ciao Ben, sono Hartmut...».
«Hartmut!» esclamò il ragazzo corrucciando la fronte e attirando l’attenzione del collega accanto a lui «Ciao, cosa succede?».
«Ragazzi, ditelo che vi manca la mia presenza nelle indagini!» esclamò il rosso con orgoglio.
«Da morire Einstein, se qui va tutto a rotoli d’altra parte un motivo ci sarà!».
«E io ovviamente ho la soluzione ai vostri problemi.».
Ben attivò il vivavoce e posò il cellulare sul comodino, sempre più stupito dalla telefonata del collega della scientifica.
«So che avete avuto qualche contrasto con Bronte, il commissario dell’LKA, è così?».
«Sì.» annuì l’ispettore continuando a non capire dove l’altro volesse arrivare.
«Ecco, io ho per voi una notizia buona e una cattiva, da dove parto?».
«Da quella cattiva.» propose Semir, incuriosito.
«Bronte ha ottenuto il mandato di perquisizione per la base del traffico d’organi, ma questo l’avreste comunque scoperto da soli più tardi.» spiegò Hartmut «La notizia buona è che mi sono messo in contatto con la polizia locale di El Fahim, mi sono fatto spiegare per filo e per segno cosa fosse successo e loro mi hanno accennato di alcuni proiettili che probabilmente sarebbero risultati utili alle indagini. Allora io ho cominciato a porre pressione su questi poliziotti per saperne qualcosa di più e alla fine sono arrivato addirittura a “contrattare”: pensate un po’ che solo ieri sera ho fatto...».
«Einstein, ti prego, taglia, non abbiamo tutto il giorno!» lo redarguì Semir come accadeva sempre quando il collega si dilungava troppo in infiniti ed inutili discorsi.
«In due parole, ho la copia delle analisi dei proiettili che i colleghi turchi mi hanno mandato via mail e non hanno ancora consegnato a Bronte e al suo ispettore.».
«Ma bene, fantastico! E?».
«E l’arma apparteneva ad un carico sequestrato dalla polizia anni e anni fa, non si sa come sia potuta tornare in circolazione... della polizia tedesca tra l’altro. Inoltre ho un’altra cosa importante da dirvi: sui proiettili e sulla pistola c’erano delle impronte digitali di un uomo ancora da identificare, ma anche le impronte di un altro uomo... le impronte di Max.».
Silenzio.
«Magari aveva toccato l’arma per sbaglio, oppure...» continuò Hartmut tentando di dare una valida spiegazione alla sua scoperta.
«No Einstein...» lo interruppe Semir «La spiegazione c’è ed è una sola, questa ne è l’ennesima conferma: Max è la talpa nella polizia, Ben aveva ragione.».
«Mi dispiace...».
«Non importa, almeno adesso sappiamo di chi poterci fidare e di chi no. Non ho ancora capito come tu sia riuscito ad ottenere queste analisi ma grazie Einstein, ci sei stato di enorme aiuto!».
«Prego ragazzi, figuratevi!».
«Sai come sta la Kruger, Hartmut?» domandò Ben, preoccupato.
«Non è ancora fuori pericolo anche se ha passato la notte senza ulteriori problemi... speriamo che si rimetta presto.» spiegò il rosso.
«Ma sì, manico di scopa è forte, ce la farà... Ciao Einstein, ci sentiamo!».
«Va bene, vi aggiorno appena ho novità!» e il tecnico chiuse la chiamata, ritornando al suo fedele computer.


 

Rebecca aprì la porta della stanza senza fare rumore e aspettò che anche Max, dietro di lei, entrasse prima di richiudersi la porta alle spalle.
La stanza era buia e la ragazza aprì un po’ le persiane, mostrando al nuovo arrivato uno spettacolo orribile. Una decina di bambini dormivano uno vicino all’altro sul pavimento, con le mani legate e le espressioni beate, ignare.
La chirurga posò sul pavimento poco distante da loro il vassoio con i viveri e l’acqua che sarebbero serviti ai bambini non appena si fossero svegliati, quindi rimase immobile a guardarli per qualche istante.
«Loro non sanno niente?» domandò Max in un sussurro. Rebecca scorse in quella voce curiosità, interesse, ma non dolore. Il tono con cui quella semplice domanda era stata pronunciata era freddo, distante.
«No, non sanno niente. Vengono rapiti in giro per tutto lo Stato, solitamente prima è stata fatta una ricerca sulle condizioni di salute di ciascuno di loro. A volte ci capita di dover trattare anche con adulti ma la maggior parte delle richieste sono di organi molto giovani.» spiegò la ragazza.
«Capisco.».
L’uomo fece per uscire dalla stanza quando si sentì tirare per la giacca da qualcuno. Si voltò, abbassò lo sguardo e notò una bambina che lo chiamava. Aveva le mani slegate.
«Marie, cosa ci fai sveglia a quest’ora? È mattina, torna a dormire.» le sussurrò Rebecca abbassandosi per guardarla negli occhi.
Era bella, gli occhi blu sul viso incorniciato da folti capelli rossi, avrà avuto più  meno cinque anni.
«Reb, non ho più sonno, posso venire di là con te? Chi è questo signore, un tuo amico?».
«Sì piccola, è un mio amico. Ora non posso, e sai che Igor non deve vederti. Torno più tardi.» si scusò la ragazza guardando la bambina negli occhi. A guardarla bene gli assomigliava un po’... come faceva Marie ad assomigliare ad uno sconosciuto, ad un criminale come Max Rieder? Rebecca si rialzò e uscì dalla stanza seguita da Max, senza dare alla piccola occasione per replicare.
La bambina rimase immobile in piedi a fissare la porta che si chiudeva davanti ai suoi occhi.

 

 

Altro mistero: chi è questa Marie?
Grazie sempre a chi continua a seguirmi, a presto!
Sophie :D

  
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