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Autore: stillaseeker    13/06/2014    5 recensioni
"L'amore è così breve, ma dimenticare è così lungo." (Pablo Neruda)
Di tutti posti in cui imbattersi nel suo ex, doveva essere da Tesco mentre indossa il suo maledetto pigiama. Alle cazzo di tre del mattino.
[University!AU]
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note della traduttrice: Eccoci qua! Capitolo breve ma fondamentale ai fini della storia, come leggerete fra poco :D si tratta di un flashback volto a spiegare esattamente cos’è successo fra Sherlock e John, dopodiché non rimarrà che un ultimo capitolo per il gran finale.

Grazie davvero a quanti hanno letto e/o commentato fin qui, spero che non vogliate troppo picchiare Sherlock una volta arrivati a fine pagine XD

Un abbraccio e alla settimana prossima con l’ultimo capitolo!

 

Ellipse <3

 

 

 

 

 

CAPITOLO 3

 

 

Quello di cui John si ricorda di più è la pioggia.

 

Spesse, incessanti sferzate di pioggia, che si trasformano in grandi lacrime mentre scivolano contro le finestre del 221, e il rombo di un tuono che scuote i paralumi. Di notte, la pioggia diviene un sussurro, filtrando tra le ombre della loro camera da letto – può essere ancora chiamata la loro camera se Sherlock non c'è? - un gentile accompagnamento per il rigirarsi inquieto di John, la testa sul cuscino di Sherlock, non abituato al silenzio di Baker Street senza Sherlock lì dentro.

 

Come la maggior parte delle cose con Sherlock, era iniziata con un messaggio.

 

Sono a Cambridge a trovare un'amica. Ci resterò per un mese. Somministra 20 ml di iodio alle dita in congelatore ogni 4 giorni. - SH

 

Aveva pensato che fosse uno scherzo, all'inizio. Sherlock – via per un mese? A trovare un'amica? Nel corso della loro relazione, aveva sentito Sherlock menzionare Cambridge solo due volte – una volta per ricordarne i laboratori meglio attrezzati, e un'altra quando aveva accennato, in modo molto contorto, al fatto che gli sarebbe piaciuto portare John in barca sul Cam[1]. Per la scienza, naturalmente. Per valutare la distribuzione ideale del peso di due persone e i tempi di percorrenza fra i tratti in cui si naviga più facilmente dove il fiume è meno profondo...smettila di sorridermi, John. Smettila. Smetti- mi fai il solletico! John!

 

Sherlock non aveva mai menzionato alcun amico. John non aveva pensato che ne avesse avuti – cosa per cui si era rimproverato subito e con vergogna.

 

Sherlock non scopre mai le proprie carte – John lo sa, e lo ama per questo. Non hanno bisogno di dirsi delle parole per dimostrare cosa sono l'uno per l'altro. Solo perché stanno insieme da più di un anno non significa che John abbia bisogno di conoscere ogni aspetto della vita di Sherlock. Sherlock è brillante in modo eccezionale e stupefacente, dotato di una genialità che un po' abbatte John ogni volta che ci riflette troppo – è così sorprendente che anche qualcun altro a Cambridge lo apprezzi?

 

Dopo una settimana, la regolarità dei messaggi di Sherlock diminuisce. Messaggi ridicoli, come cifrati, che danno indizi a John sull'incognita che sono i giorni di Sherlock - “Ogni travestimento è un autoritratto, John” … “Ho appena cercato 'La frusta'[2] su Google. Un affascinante spaccato sulla depravazione umana” - pian piano si riducono a otto al giorno, a quattro, a due... a uno solo un giorno sì e uno no.

 

John cerca di non prendersela a male. Sherlock si distrae con facilità. Sembra preso da un qualche sperimento con la sua amica – o amici? Più di uno, forse? - e John è abbastanza sicuro del suo rapporto con lui per non invidiare il fatto che Sherlock si stia divertendo. Sembra interessato, impegnato. La cosa fa sorridere John, accoccolato nella penombra della loro camera da letto, mentre pensa alla familiare faccia da Sono nel bel mezzo di un esperimento, va' via, John di Sherlock, ascoltando il lieve picchiettio della pioggia alla tenue luce dell'alba.

 

Poi – un giorno, John riceve un messaggio da un numero sconosciuto.

 

Allora. Tu sei John.

 

Chi sei? JW

 

Il 'ragazzo' di Sherlock. Che cosa adorabile.

 

John stringe le dita a pugno. Attorno a sé, può sentire i familiari rumori dell'atrio che si svuota, ma si sente come gelato sul posto.

 

Sei tu la persona che Sherlock è andato a trovare a Cambridge? JW

 

A trovare. È così che si dice a giorno d'oggi?

 

John sa di avere un caratteraccio. Come il perclorato di sodio, il suo temperamento irascibile divampa all'improvviso, in maniera esplosiva – una conflagrazione che muore rapidamente, lasciandolo di solito con una lieve nausea. Gli fa venire in mente suo padre.

 

Chi sei? JW

 

Tornando al menù dei messaggi, John scrive un nuovo sms.

 

Sherlock, stai bene? Scrivimi quando ricevi questo messaggio.

 

Il suo telefono vibra. John guarda il numero sconosciuto sullo schermo, lo stomaco che gli si attorciglia.

 

Scommetto che il tuo 'ragazzo' scopa in maniera incredibile. Non riesco a farlo stare zitto.

 

John, in maniera confusa, si accorge che Mike gli sta dicendo qualcosa – devono andare alla prossima lezione, il professor Kwan è piuttosto severo per quanto riguarda i ritardi – ma ogni cosa sembra svanire di fronte al battito incessante del suo cuore.

 

Ha una costrizione al petto. Per un assurdo momento, John si chiede se nella stanza si sia materializzato un elefante che si  sia seduto su di lui.

 

Il suo cellulare vibra di nuovo. È Sherlock.

 

Smettila di seccarmi, John. Sono occupato. - SH

 

All'improvviso John sente di non riuscire a respirare.

 

 

::

 

 

Cambridge è più verde di quanto John si aspetti. La città è immersa nella luce rossastra del tramonto, coi grandi prati e i cortili attraversati dalle ombre allungate di olmi secolari e di ciliegi.

 

John non riesce a ricordare una singola cosa del viaggio in treno da Londra. Non riesce neppure a ricordare cos'ha detto a Mike e Billy – qualcosa su Sherlock, e Ho bisogno di vederlo, probabilmente. Si chiede che aspetto debba aver avuto – Sarah continuava a chiedergli se si sentiva bene.

 

I suoi due messaggi successivi a Sherlock sono stati privi di risposta.

 

Sa dove alloggia Sherlock – Sherlock si è fatto inviare un pacco che è arrivato a Baker Street la settimana scorsa. L'indirizzo lo porta a uno dei college lungo il fiume. John ferma alcuni studenti, chiedendo la direzione per Cripps Court.

 

Non riesce ad arrivarvci – qualcosa, un qualche istinto interiore, gli fa alzare lo sguardo dalla sua conversazione con un nervoso studente del primo anno, e intravede una mano grande e dall'ossatura sottile, avvolta intorno alla guancia di qualcun altro. Una testa ricciuta dolorosamente familiare, fronte a fronte con qualcuno dai capelli altrettanto scuri, in un angolo di un cortile illuminato dagli ultimi raggi del tramonto.

 

John serra gli occhi.

 

Per un attimo, il mondo rimane lo stesso – è ancora un mondo che conosce.

 

Quando riapre gli occhi, Sherlock – il suo Sherlock – è abbracciato a una ragazza, il corpo intrecciato al suo, e stanno ridendo, le teste piegate l'una verso l'altra. John non ha mai sentito Sherlock fare quel particolare tipo di risata – è bassa, seducente, quasi predatoria; l'equivalente uditivo della mano di Sherlock, che sta giocando con il bordo della gonna della ragazza, accarezzandole la coscia con piccoli movimenti circolari.

 

“Sherlock.” La parola gli esce di bocca, quasi senza suono. In un qualche modo, è a meno di cinque metri di distanza, vicino quanto basta per vedere dei riflessi ramati sulle ciocche della nuca di Sherlock.

 

Sherlock non lo sente, ma la ragazza sì. I suoi occhi blu si spalancano quando vede John. Le sue braccia, avvolte mollemente attorno al collo di Sherlock, si abbassano.

 

Sherlock si volta, le sopracciglia leggermente aggrottate, e poi – in una frazione di secondo che spezza il cuore a John – il suo volto si illumina di gioia. “John!”

 

C'è un lieve alone di rosso intorno alla bocca di Sherlock, dell'esatto colore del rossetto della ragazza.

 

“Perché te ne sei andato da Londra? Cosa ci fai qui?” È la prima volta da un mese che John sente quella voce, e chiude le mani a pugno per contrastare l'impulso di crollare in ginocchio. “Chi – chi è questa?”

 

“Oh! Irene. Abbiamo lavorato insieme per il mio ultimo progetto prima che io me ne andassi.” La felicità svanisce, poco a poco, dal volto di Sherlock. Dopo un attimo di silenzio, Sherlock si morde il labbro inferiore, uno dei suoi segnali di nervosismo. “È piuttosto brava in chimica.”

 

John sente il proprio viso torcersi in un sorriso. “Ci scommetto.”

 

“John -” Sherlock sgrana gli occhi, dalle iridi di un chiaro e incredibile blu-verde. “Perché sembri-”

 

John lo interrompe. “E cosa ci fai con lei, qui a Cambridge? A cosa ti serve...” John respira, la voce che si fa più fievole, più bassa “un intero mese?”

 

Irene fa un passo avanti. Con l'angolo dell'occhio, John la vede aprire bocca, e sbatte un pugno contro il muro di mattoni.

 

“STA' ZITTA.”

 

La folla attorno a loro ha smesso di parlare – piccoli gruppi di persone, che stringono le loro cartelle coi libri, paralizzate dallo stupore. Si sta facendo buio; John riesce a sentire il vento che si alza.

 

“John-” La voce di Sherlock si è ridotta a un sussurro. “Ti sanguina la mano.”

 

“Dimmi, Sherlock.” John quasi non riesce a sopportare di guardarlo, di guardare il panico che fiorisce sul volto di Sherlock. Batte le palpebre, ingoiando il groppo che ha in gola. “Avanti.”

 

“È solo un esperimento, John.” La bocca di Sherlock trema, incerta, prima di distendersi in uno di quei suoi sorrisi automatici; il lieve, incontenibile arricciarsi di labbra che usa quando vuole convincere John a prendere parte a un qualche piano avventato e cervellotico. Non essere noioso, John.

 

John non riesce a farne a meno – ride.

 

“È tutto un esperimento per te, non è vero? Maledetto robot.”

 

“John, per favore-” Sherlock fa un passo verso di lui, solleva una mano come per toccarlo, e John non può sopportarlo. Non può sopportare tutto questo. C'è una furia che sta montando dentro di lui, una furia che si riverserà su Sherlock se John lo tocca, e John non riesce a sopportarne il pensiero. Gira su se stesso, evitando del tutto Sherlock, e schianta il pugno contro il muro. Sente un suono scricchiolante, qualcosa che d'istinto riconosce come non buono, per niente buono. Sbatte le nocche contro il muro – ancora, e ancora.

 

“Solo – vattene.” John non riconosce la propria voce. È irregolare, interrotta da respiri ansanti, come singhiozzi. “Vattene, Sherlock.”

 

L'ultima cosa che ricorda di quel giorno è il volto di Sherlock, e l'espressione di incredulità sconvolta, perplessa e angosciata su di esso, come un cuore completamente spaccato.

 

 

 

::

 

 

 

Note della traduttrice:

 

[1] Il Cam è il fiume che collega Cambridge con il Mare del Nord.

[2] Fate la prova e cercate anche voi La frusta, o meglio, The whip hand su Google. A me sono usciti millemila risultati oltre al cortometraggio di MacMackin XD

 

   
 
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