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Autore: dreamlikeview    14/06/2014    4 recensioni
Castiel è un angelo, ama e ammira la razza umana, e desidera profondamente essere uno di loro, un umano. Nonostante agli angeli sia vietato interagire con gli uomini, viola le leggi del Paradiso, salvando una famiglia di cacciatori da un nido di vampiri, e da quel momento il suo desiderio aumenta a dismisura, spingendolo a fare una pazzia.
Un accordo gli permetterà di vivere sulla terra, e di comportarsi come un umano. Ma quale sarà il prezzo da pagare?
[Angel/Human!Cas, Hunters!Winchester Brothers, Destiel, semiAU, long-fic]
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Desclaimer: Nessun dei personaggi mi appartene, ed è una cosa brutta e ingiusta. Tutto ciò che è qui scritto, non lo è per fini di lucro, l'unica cosa che ci guadagno è la soddisfazione personale.

Crediti: A Lu! Come sempre, per il banner e la pazienza che ha nel sopportarmi.


 

 
L’orologio ticchettava, segnando incessantemente lo scorrere del tempo, dei secondi, dei minuti delle ore, e Castiel era divorato dall’ansia. Non credeva di dover passare i suoi ultimi momenti sulla terra in quello stato: solo, triste, senza una minima speranza. Sam era con Dean, gli stava parlando probabilmente, ma sarebbe servito a ben poco, il maggiore era fin troppo orgoglioso, e non avrebbe mai perdonato Castiel, non immediatamente almeno. Fissava quell’orologio attaccato alla parete di fronte al letto, ed era dannatamente inquietate, la lancetta produceva un fastidioso ticchettio che scandiva il tempo, e quindi secondi che mancavano alla sua vita, ogni volta che la lancetta lunga, quella dei minuti, avanzava di un posto, ad ogni giro compiuto dalla lancetta dei secondi, sentiva la sua vita scorrere via dalle sue mani, come se non potesse più controllare nulla. Non sapeva come sarebbe morto, sarebbe arrivato quel demone, che gli aveva parlato qualche settimana prima? Sarebbe arrivato Lucifer in persona? O Metatron? O peggio, uno degli arcangeli?
Non lo sapeva, ma più passava il tempo, più aveva paura, e più voleva Dean al suo fianco, non per farsi salvare - sentiva l’odio per il cacciatore nei propri confronti fin troppo bene, anche se non erano insieme - ma solo per compagnia, per morire accanto alla persona da lui amata. Non era una richiesta immensa, in fin dei conti, no?
Sperava di poter conservare i ricordi positivi, affinché gli orrori, che avrebbe vissuto all’inferno, potessero essere alleviati. Niente sembrava dargli pace, però. Era trascorsa un’ora da quando Sam era andato via, e ancora non era tornato, quindi stava ancora parlando con Dean? Era stato terribile vederlo in quello stato, così furioso, e terrificante. I suoi occhi, prima limpidi, carichi di affetto e riconoscenza, dopo erano scuri, carichi di odio e disprezzo, Castiel non si era mai sentito più triste. Sapeva che non sarebbe finita esattamente come sperava (una bella vita da umano, con qualcuno che lo amasse), e non si aspettava nemmeno una reazione positiva da parte di Dean, ma era rimasto spiazzato e senza parole a quella reazione così violenta. Cosa avrebbe dovuto dire? Mille scuse non sarebbero bastate, e lo capì quando Sam rientrò nella stanza, scuotendo la testa. Il minore dei Winchester gli spiegò di aver parlato con il fratello, di aver provato a farlo ragionare, di avergli spiegato ogni cosa, e di essersi guadagnato un vaffanculo e quasi un pugno in faccia.
«Ma non ti lascio solo, Cas» lo aveva rassicurato, sedendosi accanto a lui «per quello che vale, resterò io accanto a te».
Castiel si era sciolto in un sorriso meno tirato di quanto lo fossero stati quelli precedenti, non credeva che Sam potesse mettersi così a sua disposizione, non credeva che potesse dirgli che gli sarebbe rimasto accanto, nonostante avesse deluso sia lui che il maggiore. Non aveva parole, era di nuovo senza un modo adeguato per ribattere. I Winchester avevano questo potere, a quanto pareva.
«Sei gentile, Sam, davvero… ma Dean…» cercò di dire, balbettando parole sconnesse tra di loro, non voleva che i Winchester si separassero per colpa sua, non voleva che Sam scegliesse lui al fratello, non voleva che Dean restasse completamente solo.
«Dean è mio fratello, litighiamo sempre» lo rassicurò, scuotendo la testa «non devi preoccuparti, preoccupati piuttosto di come… insomma… lo sai» balbettò incapace di rassicurarlo. Era una realtà dura da accettare, avrebbero perso Castiel per sempre, e probabilmente sarebbe diventato uno dei loro più acerrimi nemici: sarebbe diventato un demone, uno stupido e viscido demone.
«Vorrei… vorrei salutarlo» disse semplicemente, ma Sam scosse la testa, con un’espressione triste e rammaricata, Dean era stupido.
«Non c’è, è uscito, ha detto…» sospirò, non voleva dare un’ulteriore botta a Castiel, ma non poteva fare altrimenti «non tornerà presto, almeno non per ora» gli spiegò cercando di usare le parole in modo che l’ex-angelo potesse assorbirle nel modo migliore, ma nulla sembrava essere al proprio posto, non in quel momento, non quando tutto stava cadendo rovinosamente sulle spalle di Castiel, senza che egli se ne accorgesse, ne avesse almeno un avvertimento. In fondo, voleva solo salutarlo, niente di più, ma per i suoi peccati e le sue bugie era questo il prezzo da pagare. Nessuno gli aveva mai detto che sarebbe stato così difficile e doloroso, se ne accorgeva solamente in quel momento, quando stava per morire, e non avrebbe voluto altri che Dean, che ancora rancoroso nei suoi confronti era scappato, come suo solito. Dean scappava sempre davanti alle difficoltà, davanti a ciò che non andava secondo il suo modus pensandi. Doveva arrendersi all’evenienza e accettare il fatto di non avere altri che Sam, durante la sua morte.
«Non importa» si ritrovò a rispondere, cercando di mettere meno emozioni che poteva nella voce, che però uscì dalle sue labbra rotta, spezzata dal dolore che provava, spezzata dal pianto imminente che lo attendeva.
«Cas, posso… se vuoi, sfogati, io sono qui» gli aveva detto Sam, e lui non aveva retto, aveva portato le mani contro il proprio viso, ed era scoppiato in lacrime, come un perfetto idiota, aveva iniziato a piangere, a singhiozzare, lasciando scorrere via tutto il dolore che provava, aprendosi a quelle spiacevoli sensazioni che provava da quando Dean gli aveva urlato contro, e poi lo aveva picchiato. Piangeva senza poter fare nulla per fermarlo, schiavo di quelle sensazioni, di quei forti dolori che provava. La sua imminente morte era segnata da quell’orologio che continuava a ticchettare incessantemente, che continuava a ricordargli ehi, ti rimane poco tempo da vivere, e lo vivrai senza Dean. E lui non riusciva a far altro che lasciarsi trascinare da queste spiacevoli emozioni, crogiolarsi in esse e singhiozzare come un bambino piccolo.
Sam, in difficoltà, lo abbracciò, cercando di consolarlo. Non aveva mai visto Castiel in quello stato, e non lo aveva mai visto così abbattuto. Dean era uno stupido a non capire, eppure sapeva quanto anche suo fratello soffrisse.
Il suo cuore era scisso in due – il bene di Dean o il bene di Castiel? – ma non poteva far altro, in quel momento, che consolare l’ex-angelo prossimo alla morte, e poi… beh, avrebbe consolato suo fratello dalla sua perdita e dai sensi di colpa, e poi sarebbero tornati alla loro vita, o almeno sperava andasse così. Nella sua vita, niente era come sembrava, purtroppo.
 
Dean era scappato, non riusciva a credere che Castiel gli avesse mentito, e cosa ancor peggiore, che Sam, suo fratello, colui che da bambino aveva accudito, e protetto dai pericoli del paranormale per tutta la vita, fosse dalla parte del traditore. Non poteva pensare di essere stato doppiamente tradito, sia dal fratello che dall’… amore? Doveva smetterla di pensare a Castiel come “l’amore della sua vita” era patetico, non poteva ridursi in quel modo, non per uno stupido… angelo?
Dannazione, era davvero un angelo? Figuratamente lo aveva pensato, insomma, chi non avrebbe definito la bellezza di Castiel angelica? Ma… che fosse un angelo, un angelo vero con le ali e poteri strani, non lo aveva mai messo in conto. Ed era diventato umano per cosa? E perché lo aveva ingannato in quel modo?
Aveva davvero creduto che qualcuno potesse amarlo incondizionatamente come credeva facesse Castiel? Perché non riusciva a capacitarsene? Era sempre stato bravo a mascherare i suoi sentimenti, a sembrare il solito duro senza cuore, il ragazzo che aveva chiuso il proprio cuore al mondo, colui che scopava con tutte le ragazze facili, lui il donnaiolo vittima di un angelo, che a poco a poco gli aveva conquistato il cuore, senza che se ne accorgesse. E gli era entrato così dentro, da farlo sentire uno stupido, perché dannazione aveva pianto per lui, e aveva provato qualcosa di così forte da sentirsi uno stupido solo pensando di averlo provato. Quando gli aveva dichiarato tutta quella verità, rimarcando sul fatto che senza di lui sarebbe morto in poco tempo, senza il suo amore, si era sentito preso in giro, perché lo aveva ingannato? Perché gli aveva mentito?
Io mi fidavo di te, Castiel, perché lo hai fatto?
Si era trattenuto dal piangere davanti a lui e aveva scaricato tutta la sua rabbia su di lui, picchiandolo, colpendolo con quanta forza aveva; peccato che in quel momento, non ne avesse a sufficienza.
Certo, lo aveva conciato male, ma non tanto male quanto avrebbe voluto. In quel momento si era sentito così furioso, umiliato e ingannato che avrebbe voluto trovare la forza in sé per uccidere lui stesso Castiel, ma non l’aveva trovata, forse preso dai sentimenti che provava verso di lui. Era riuscito a resistere fino a quando lui era andato via, fino a che non era sparito, e a quel punto era scoppiato in lacrime, la frustrazione, il dolore, la tristezza e l’umiliazione lo avevano coinvolto, travolto e aveva pianto, lui che non aveva mai pianto in vita sua per qualcuno che non fosse suo fratello. Era riuscito a trascinarsi in camera sua, e a restare lì a contemplare il soffitto per ore, forse addirittura un giorno intero, pensando a cosa ne sarebbe stato di lui.
Poi Sam era arrivato, forse era sera quando era arrivato, aveva sperato in un supporto da parte sua, tant’era a pezzi, ma il minore aveva iniziato a raccontargli di aver parlato con Castiel, di essersi fatto spiegare ogni cosa, e il motivo per cui l’avesse fatto, ma a Dean tutto quello non importava, importava solamente che gli avesse mentito. Gli aveva detto del rischio che Castiel correva, gli aveva raccontato del motivo perché avesse fatto quella scelta, ma Dean non voleva ascoltare, per una sola volta voleva solo essere consolato, perché stava così male che da solo non avrebbe superato niente, ma no, la sua maledetta vita da cacciatore doveva mettersi anche contro di lui, ancora una volta, e il suo stesso fratello gli si rivoltava contro, rendendolo per la millesima volta solo.
Era sempre stato solo, ma – porca puttana, Sam, io ti sono stato vicino quando stavi male per qualcosa, perché tu devi difendere il traditore? – perché anche suo fratello doveva renderlo tale? Forse era tutto un brutto gioco del suo destino, o il karma, non lo sapeva, ma tutto ciò che lo circondava era contro di lui, niente andava mai bene, allora perché perdere tempo con i sentimenti? Non ne valeva la pena. Era stato ferito fin troppe volte, e non poteva sopportare altre delusioni, non in quel momento, per questo aveva snobbato suo fratello, uscendo dalla camera e poi dalla casa, era saltato sull’Impala ed era corso via velocemente. E ora, mentre guidava superando i cento chilometri/orari non riusciva a far altro che auto-commiserarsi e rendersi ancora più ridicolo, cercando di… fare cosa esattamente? Distrarsi o cosa?
Voleva solo dimenticare, guidare e dimenticare tutto quel dolore e quelle sensazioni così sgradevoli, forse conosceva anche il modo, ma necessitava di allontanarsi da quel luogo almeno di quattro stati. Non sopportava più nulla.
Guidò con i finestrini abbassati del tutto, il vento che gli toccava il volto e gli spettinava i capelli, la musica – rigorosamente rock – a tutto volume, cercando di non pensare a nulla, di evitare qualsiasi pensiero riguardante la situazione che si era lasciato alle spalle. Guidò fino a che non sentì di essere troppo stanco per continuare a guidare, e allora fermò l’auto fuori al primo bar disponibile della città in cui era giunto, città della quale ignorava il nome. Non aveva notato il luogo dove fosse, aveva solo guidato in linea retta, svoltando solamente quando obbligato, e non sapeva minimamente dove si trovasse. Non importava in quel momento, l’unica cosa che voleva era entrare in un bar e dimenticare tutto, bere fino a dimenticare il suo nome, e magari distrarsi con una ragazza, pur sapendo che qualsiasi cosa avesse fatto con una di loro, la sua mente sarebbe volata sempre al moro dagli occhi azzurri, l’angelo che si era lasciato alle spalle. Non avrebbe voluto, ma non poteva di certo controllare i suoi pensieri, no?
Scese dall’auto, sbattendo la portiera, e dopo aver chiuso l’auto, entrò in una bettola del tutto inospitale. Era un piccolo bar di periferia, le porte erano cadenti, le finestre sembravano chiuse da anni, e l’insegna fuori era sbiadita, illeggibile, non era il massimo, ma in quel momento andava più che bene, nonostante una volta entrato la puzza di alcol e vomito penetrò nelle sue narici, disgustandolo, non si perse d’animo e raggiunse il bancone di legno, cadente anch’esso.
Si sedette su uno sgabello – che scricchiolò non appena il suo sedere lo toccò – e ordinò immediatamente qualcosa di forte.
Fantastico, sono così disperato da andare in un luogo così schifoso. – pensò, scuotendo la testa. Come aveva fatto a ridursi così? Ad essere così patetico? Si rifugiava in un bar cadente e puzzolente, dopo aver guidato per chilometri interi, e tante ore, senza mai fermarsi per allontanarsi dalla delusione e dallo schifo che sentiva circondarlo. Dean non sapeva cosa gli prendesse né riusciva a spiegare il suo stato d’animo, era talmente deluso e amareggiato, a pezzi, da non riuscire a capire cosa esattamente dovesse fare in quel momento. Si limitò a trangugiare avidamente il primo, poi il secondo, il terzo, il quarto drink senza accorgersene, e ben presto divennero dieci, poi quindici, fino a che non perse il conto e non sentì la testa leggera.
Voleva solo dimenticare, beveva per dimenticare. Non era facile per lui perdere il controllo, abituato a bere dosi massicce di alcol, ma voleva farlo, voleva per una volta lasciar andare i pensieri, e dimenticare, anche solo per una sera, anche solo per una notte, anche solo per un’ora, ma voleva dimenticare.
Sebbene tutto fosse successo solo poche ore prima, Dean non riusciva a capacitarsi di quanto effettivamente quell’ennesima delusione gli avesse fatto tanto male.
Perché sì, forse sono davvero innamorato di quel figlio di puttana, ma lui mi ha solo usato per pararsi il culo, allora io bevo per dimenticarlo! Cazzo, sono diventato patetico. Dean Winchester è un patetico ragazzo che beve per dimenticare chi ama, sono un cazzone, una ragazzina di tredici anni con la sua prima cotta. Cretino, coglione. – si insultò mentalmente da solo, mentre scolava quello che doveva essere il ventesimo o trentesimo bicchiere di qualche sostanza alcolica sconosciuta. Il suo fegato un giorno lo avrebbe mandato a quel paese, avrebbe beccato una cirrosi epatica, e sarebbe morto.
Anche i suoi organi erano contro di lui.
Forse erano i fumi dell’alcol a fargli fare ragionamenti così stupidi e contorti, ma non poteva fare altrimenti, era così che si sentiva, e stava male. Non riusciva ad avere altri pensieri, altre priorità, l’unica che aveva, era il prossimo bicchiere da bere, nient’altro.
Sarebbe morto in quel bar, ne era certo, ormai era completamente ubriaco.
 
Castiel sospirò per l’ennesima volta. Le ore avevano iniziato a scorrere con troppa velocità, e ormai aveva totalmente rinunciato a contarle. Sam gli aveva proposto di trovare un ultimo caso, per distrarsi, ma lui non voleva cacciare senza Dean. Era preoccupato per lui, non era rientrato la notte precedente, e ormai era nuovamente buio. Il suo ultimo giorno, la sua ultima notte.
L’ultima luna e le ultime stelle che avrebbe guardato da umano. Ricordava perfettamente due mesi prima, quando le aveva viste per la prima volta, ricordava di esserne rimasto affascinato. La luna era così immensa e luminosa, mentre splendeva nel cielo. Conosceva tutti i nomi di tutte le stelle esistenti, conosceva ogni loro piccola particella, ma non si era mai soffermato a guardarle con gli occhi da umano, come aveva fatto negli ultimi due mesi. Guardava fuori, e sperava che oltre quelle stelle, i suoi fratelli stessero bene, che tutto andasse bene in paradiso, ma da esso era tagliato fuori, ricordava che Metatron avesse marchiato le sue costole con i sigilli enochiani, in modo che non potesse essere rintracciato da qualunque angelo, e a distanza di due mesi, avvertiva ancora gli echi del dolore inflitto al suo corpo, durante la separazione della sua grazia.
Non l’avrebbe più riavuta, sarebbe rimasto un umano e da tale sarebbe morto, si era venduto per un desiderio, e ora ne stava pagando il prezzo. Si sentiva così strano, e così svuotato da tutto. Come avrebbe fatto a resistere? Morire sarebbe stato doloroso come perdere la grazia? No, forse niente era peggiore di quel dolore, magari morire sarebbe stato diverso, magari sarebbe morto nel sonno, e non avrebbe sofferto. Si sarebbe addormentato, per non svegliarsi mai più.
«Castiel!» esclamò Sam irrompendo nella sua stanza, interrompendo i suoi pensieri «non voglio che tu te ne resti qui a deprimerti, non durante la tua ultima notte da umano» gli disse per spronarlo, ma Cas rispose con un gesto negativo del capo.
«Non saprei cosa fare, e non dovresti andare a cercare Dean? Manca da molte ore» il suo tono era troppo sottotono, sebbene Castiel non avesse mai avuto una voce squillante, Sam si accorse che fosse ancora più bassa delle altre volte. Era così cupo, pensieroso, strano «per favore, Sam, lasciami solo».
«Non se ne parla, io non ti lascio qui a marcire da solo nella tua noia. Non crogiolarti nel dolore prima di viverlo» cercò di rincuorarlo, ma come poteva rincuorare un uomo che stava per morire? Sarebbe stato come dire ad una gallina: non preoccuparti, ti spezzo il collo solo per poter mangiare! – e di certo la gallina avrebbe preferito vivere piuttosto che diventare un pranzo o una cena.
«Non so più niente, sento solo questo… questo sentimento che mi toglie il fiato, e vorrei… vorrei solo Dean accanto a me».
Sam gli si avvicinò con cautela, appoggiandogli una mano sulla spalla, cercando davvero di non fargli pesare l’assenza del fratello, ma non poteva competere, non avrebbe mai potuto, Castiel era maledettamente innamorato di Dean, così come quest’ultimo lo era dell’ex-angelo, solo che… era troppo orgoglioso per tornare indietro, mettere da parte e perdonare.
«Mi dispiace, avrei voluto far di più e farlo restare con te».
«Non importa, Sam, non è colpa tua» disse guardandolo «tu sei troppo buono a restare qui con me. Non lo merito».
Sam lo guardò per un attimo, senza capire come mai si comportasse in modo così remissivo, perché non lottava per andare a riprendersi Dean e farsi aiutare da lui? Perché non lottava per salvarsi? Non sopportava l’idea di perdere qualcuno a cui tenesse, senza muovere un muscolo, eppure per Castiel non poteva, perché in lui non c’era la volontà di sopravvivere, forse si era pentito della scelta, forse se fosse tornato indietro, non avrebbe mai scelto di barattare la sua immortalità, la sua grazia, per diventare umano ed unirsi a quel disordine di famiglia che erano i Winchester, insieme a Bobby, ma se non l’avesse fatto, Dean non avrebbe mai aperto gli occhi all’amore, e non avrebbe mai provato qualcosa di tanto forte per qualcuno, da starci male.
«Cas, posso chiederti una cosa?» gli chiese allora, il dubbio lo stava corrodendo, non lo faceva ragionare con il giusto criterio, e no, non poteva accettare che lui morisse, senza togliersi quel dubbio, avrebbe avuto qualcosa con cui consolare Dean, perché era sicuro, al cento per cento, che il fratello, una volta appresa la morte del moro sarebbe impazzito, o peggio, si sarebbe chiuso in se stesso.
«Certo, Sam, tutto» accettò l’angelo, spostando nuovamente lo sguardo sulla finestra, continuando a scrutare il cielo notturno costellato di stelle che si vedevano poco a causa di enormi nuvoloni grigi che ne coprivano una parte, probabilmente presto sarebbe venuto giù un bel diluvio.
«Tu… insomma, ti penti di essere arrivato fino a questo punto?» pose la sua domanda, scrutando il volto del moro, che si distese in un sorriso malinconico e al tempo stesso rilassato. Castiel sospirò, prima di rispondere, cercando di essere il più chiaro possibile.
«No, Sam, non mi pento. Sai… con Dean mi sono sentito più vivo di quanto non mi fossi sentito prima, e beh… con te è stato come avere un fratello a cui poter dire tutto, mi hai consolato e mi hai suggerito come conquistare Dean, a te ho chiesto consigli su come approcciarmi a lui, e tu mi hai insegnato quanto sia bello leggere» il sorriso di Castiel da malinconico divenne riconoscente e i suoi occhi blu si posarono sul cacciatore «no, non mi pentirò mai di tutto questo, e se tornassi indietro lo rifarei, solo… vi direi prima la verità» strinse le spalle, rispondendo alla muta domanda, che avrebbe seguito la prima, di Sam «meglio una vita breve, ma intensa con voi, che una vita lunga e immortale senza di voi» spiegò, malinconico.
«Anche se significasse diventare un demone?»
«Non diventerò demone» rispose convinto, guardandolo con sicurezza «si diventa demoni solo dopo essere stati torturati, e dopo aver torturato altre anime, io non cederò. Sono pur sempre un angelo del Signore, e non mi piegherò al male» l’antica fierezza di un angelo risplendeva nuovamente in lui, e il minore dei Winchester restò quasi ammaliato da quel comportamento del moro. Sam lo guardò con uno sguardo che andava dall’orgoglioso all’ammirato, senza riuscire ad aprire bocca, nonostante stesse per morire, nonostante Dean lo avesse abbandonato ad un destino più che crudele, Castiel era lì e sorrideva, ed era riconoscente ai Winchester per l’affetto a lui dimostrato durante quei mesi, e poi quelle parole sull’essere angelo e non piegarsi al male lo avevano affascinato, doveva riconoscerlo, il loro angioletto aveva parecchia forza d’animo.
«Oh Cas» mormorò, slanciandosi verso di lui e avvolgendo le braccia attorno alle spalle del moro. Lo avvicinò al proprio petto stringendolo forte, Castiel non riuscì a trattenere un sorriso, ma rimase leggermente impassibile. Solo con Dean si era spinto così oltre con il contatto fisico e l’invasione degli spazi personali, e con Dean, beh, non era tutto così… tranquillo. «questo è il momento in cui ricambi l’abbraccio» sussurrò Sam al suo orecchio, divertito dalla reazione dell’altro.
Come avevano fatto a non pensarci prima? Castiel doveva essere per forza un essere sovrumano, nei rapporti umani era impacciato, e ogni cosa che vedeva era una novità, a meno che non fosse cresciuto con i lupi – in stile Mowgli – doveva esserci per forza in lui una natura sovrumana, anche perché la sua educazione era impeccabile, e quindi era impensabile che fosse una sorta di nuovo Mowgli.
Titubante, Castiel ricambiò l’abbraccio di Sam, indeciso in un primo momento se appoggiare le mani sulle sue spalle o sui suoi fianchi, alla fine optò per i fianchi, perché le spalle di Sam erano davvero enormi, per uno mingherlino come lui.
Il cacciatore batté una mano contro la sua spalla, cercando di rassicurarlo ancora una volta, sperando che quello fosse tutto un brutto sogno, e che il giorno dopo Dean fosse stato a casa e Castiel vivo.
«Ti resterò accanto, Cas, so di non essere all’altezza di Dean, ma… voglio farlo, non posso lasciarti solo, sei come un fratello per me» cercò di sorridergli, staccandosi da lui, senza però togliere la mano da sopra la sua spalla. Avrebbe davvero voluto proteggerlo da tutto, ma non era nelle sue capacità, era impotente in quella situazione.
«Grazie Sam» Castiel gli rivolse un sorriso pieno di gratitudine, guardandolo «mi faresti un ultimo favore?»
«Tutto quello che vuoi» accettò il cacciatore, e l’angelo sorrise leggermente, e alzandosi prese dal comodino di legno una piccola busta per le lettere, stringendola tra le dita come un piccolo tesoro, come se quella fosse una sorta di ultime volontà del defunto.
«Consegna questa a Dean» disse avvicinandosi a lui, porgendogliela «per favore».
«Lo farò, Cas».
 
Dean non si rendeva conto di dove fosse, forse era nella sua auto, nei sedili posteriori.
L’ultima cosa che ricordava era una chioma rossa e delle labbra appoggiate sulle sue, i fumi dell’alcol che gli davano alla testa, non favorivano il suo ricordare gli avvenimenti. Probabilmente, accecato dalla rabbia, dal dolore e dalla frustrazione aveva bevuto – sì, perché era ubriaco fradicio – e aveva rimorchiato una giovane e bella ragazza, dai capelli rossi, perché il rosso era l’unico colore che vedeva in quel momento, oltre ad un blu innaturale, bellissimo, angelico. Si trovava nella sua auto, ne era certo, e questa ragazza gli stava attaccata addosso, mentre lui la denudava e la baciava con irruenza, quasi violenza, mentre quegli occhi tanto belli e blu facevano capolino nella sua mente ancora una volta. Perché nonostante fosse ubriaco, ed avesse una ragazza sotto di sé, che voleva essere scopata da lui, non pensava ad altro che a lui? Non era una cosa normale, era da folli. Nemmeno tutto l’alcol del mondo, avrebbe cancellato quegli occhi dai suoi ricordi. Perché in quel momento avrebbe voluto l’angelo lì? Perché non gli andava bene la ragazza?
C’era un ronzio fastidioso nell’auto, ed era più che sicuro che fosse il suo cellulare che squillava.
Perché il suo cellulare squillava così tanto? Chi lo chiamava? Oh, al diavolo.
La giovane afferrò il suo viso e lo baciò con trasporto, e Dean la lasciò fare, perché doveva distrarsi, ma mentre la baciava, pensava a lui, e si eccitava al pensiero di possederlo di nuovo, di averlo con sé in quel momento, ma gli aveva fatto del male, non voleva perdonarlo, non ancora. La giovane gemeva il suo nome, si era accorto solo in quel momento di aver iniziato a scopare con lei, ma non riusciva a provare piacere, era come se fosse inibito da tutto. Cercò di focalizzare il volto di Castiel, le mani di Castiel e i suoi occhi nella sua mente, solo quello riuscì a farlo sentire abbastanza eccitato da farlo muovere con velocità, e venire con un grido soffocato.
«Cas…» ansimò, spostandosi da lei. La sbronza lentamente passava, e lei lo guardava con uno sguardo a dir poco allucinato.
«Cas? Mi hai chiamata Cas?»
«Io beh…» lei gli sfiorò la fronte con le dita, e lui si sentì di nuovo energico, vivo e… non ubriaco? Che diavolo era successo in quel momento? Cosa gli aveva fatto? Oh cielo, che schifo! Ho scopato con una fattucchiera! «che diavolo mi hai fatto?!»
«Non posso sostenere una discussione con un ubriaco e ti ho guarito» affermò lei, guardandolo con lo sguardo a dir poco infuriato, va bene, sta’ calmo, Dean, hai fatto un errore, eri ubriaco. «e sì, sono un angelo, come il tuo Cas».
«Come? Io…oh mio dio, che schifo!» esclamò il giovane Winchester, guardandosi intorno, trovando solo gli sportelli della sua auto a chiuderlo in gabbia. Perché non era rimasto con Cas? Perché aveva fatto lo stupido? E per di più, lo aveva tradito con un altro angelo, un angelo femmina! «perché? Cosa avete voi figli di puttana piumati che venite a sedurmi, eh?!»
«Non credere di essere importante, Winchester, o bello» sputò lei acidamente «il mio compito era tenerti lontano da Castiel mentre un demone probabilmente lo sta torturando e uccidendo, peccato, potevi salvarlo» disse lei con superficialità, guardandolo divertita.
Dean sentì la rabbia invaderlo. Perché si era lasciato fregare? Aveva fatto davvero un casino del genere per il suo maledetto orgoglio? E ora, Castiel… no, non poteva essere morto. Non ancora, non poteva.  
«Perché? Perché a me?! Che ho di tanto speciale? Sono solo un orfano, che caccia i mostri con il padre adottivo e il fratello minore!»
«E’ Castiel che ha scelto voi, mica siamo stati noi a dirglielo, anzi. Lui ha disobbedito, e non è ben visto dagli altri angeli e gli arcangeli, soprattutto Raphael» spiegò lei, mentre il cacciatore si tratteneva dal prenderla a pugni solo perché l’essere donna di quell’angelo glielo impediva «Metatron si sta organizzando per bene, userà la sua grazia come elemento finale del suo incantesimo, caccerà via tutti gli angeli e tornerà in paradiso come vincitore, e io… beh, sono sua complice».
«Non capisco, perché… cosa c’entra la grazia di Castiel?»
«Castiel è solo una pedina nelle mani di Metatron, solo un povero idiota che si è fatto coinvolgere» continuò la sua spiegazione la ragazza, mentre gli occhi di Dean si dilatavano, tanto da far sembrare che da un momento all’altro le sue pupille potessero uscire fuori dagli occhi «comunque, appena Metatron avrà conquistato il paradiso, scatenerà l’Apocalisse e tutte voi scimmie senza peli, morirete» dichiarò lei, quasi solenne «peccato che tu e Castiel non assisterete» terminò, sfoderando la spada angelica – uguale a quella di Cas! – e tentò di colpire Dean, mancando il colpo, affondando nei sedili morbidi, in pelle dell’Impala di Dean, che spalancò gli occhi indignato. Nessuno toccava la sua piccola, nessuno si prendeva gioco di lui, e nessuno ingannava il suo angelo. Non appena la rossa cercò di colpirlo di nuovo, lui le afferrò il polso e con un gesto fulmineo deviò la pugnalata, che si infranse contro lo stomaco della ragazza, che esplose in un mare di luce bianca e pura. Dean ebbe appena il tempo di coprirsi gli occhi, prima di ritrovarsi con la spada angelica nella mano, e l’auto invasa da una luce abbagliante.
Restò qualche secondo intontito. Doveva fare un attimo il punto della situazione, perché… era necessario, si sentiva confuso, e troppe nozioni e novità lo avevano investito in troppo poco tempo, non capiva cosa accadesse. Allora:
Uno. Aveva nominato Castiel durante un orgasmo, e questo avrebbe dovuto fargli capire che fosse realmente innamorato di lui.
Due. Aveva ucciso un angelo, e si compiacque con se stesso per la sua prontezza di riflessi.
Tre. Doveva lavorare di nuovo su quei fantastici interni in pelle per l’Impala, ma ci avrebbe pensato un’altra sera.
Quattro. Doveva disinfettare l’auto, c’erano germi di angelo in essa.
Cinque. Era un idiota, non aveva capito che Castiel fosse sul serio in pericolo e ora rischiava davvero di perderlo
Sei. C’erano almeno dodici ore di viaggio, sarebbe arrivato direttamente la mattina dopo, ma aveva ancora tempo, giusto?
Sette. Doveva sbrigarsi.
Otto. Sam lo aveva chiamato trenta volte in due ore, trenta volte. Trenta.
Velocemente si rivestì e ringraziò la puttana per avergli fatto passare la sbronza solo per poter litigare con lui, e accese il motore della sua bambina, cercando di riprendere un minimo di contegno. Oh al diavolo il contegno, il mio angelo ha bisogno di me!
«Andiamo, baby, raggiungiamo Cas!» esclamò sgommando a tutta velocità.
Perché Castiel doveva stare bene.
Castiel non doveva ancora morire, non era il suo tempo. Non ancora, non poteva morire senza che Dean gli avesse dichiarato tutto ciò che aveva capito di provare, non sarebbe morto senza sapere che a Dean non importava che fosse un angelo, avrebbe potuto essere un mostro qualsiasi, un demone o un mutaforma, avrebbe sempre amato quegli occhi così blu da far sciogliere il ghiacciaio che era il cuore di Dean, non sarebbe morto senza sapere di essere amato, non morirai perché ho bisogno di te.
Perché sì,  Dean Winchester amava Castiel, ora lo sapeva, e avrebbe fatto di tutto per tenerlo con sé, sempre.
Cas, non morire, se muori, giuro che ti raggiungo all’inferno e ti uccido io!
 
Improvvisamente, Castiel avvertì un immenso dolore al petto, c’era come una forza dentro di lui che gli dilaniava le membra, in breve il dolore si estese anche allo stomaco e poi alla testa, fino alle gambe. L’ex-angelo con un urlo si lasciò cadere sul letto, abbattuto da quel male fisico, iniziò a capire che la sua ora fosse arrivata, che a momenti sarebbe morto. Sam era andato a prendere delle birre da bere nell’attesa estenuante, ma Castiel aveva già iniziato a stare male. Si contorceva dal dolore e chiamava il nome di Dean, come a volerlo chiamare accanto a sé, sperando che il cacciatore lo sentisse e facesse terminare quel dolore. Era come un fuoco dirompente, un’esplosione di tossine, sentiva il suo corpo sempre più debole, e i dolori sempre più forti. Dalla sua bocca uscivano solo urla di dolore e in breve Sam, lasciando cadere le birre per terra, che si infransero al suolo con un gran fragore, accorse correndo accanto al letto in cui il moro era caduto. Cercò di aiutarlo a mettersi seduto, cercò di facilitargli la respirazione, ma per Castiel ogni cosa era un’esplosione di dolore, temeva che da un momento all’altro il suo corpo collassasse dall’interno, prima di esplodere in mille pezzi. Il dolore era sempre più acuto, e non riusciva a placarlo. Anche Bobby accorse, subito dopo che Sam ebbe urlato il suo nome, incitandolo a fare in fretta, e a portare bende e acqua fredda. Castiel scottava, era come se avesse avuto la febbre, ma centuplicata. La sua fronte era bollente, e il suo corpo teso fino allo spasmo a causa dei dolori che provava. I due cacciatori, unite le forze, riuscirono a farlo distendere, tenendolo fermo, Sam, allora, iniziò a bagnare la sua fronte con dell’acqua gelida, tentando di abbassargli la temperatura corporea, che faceva solo sì che l’acqua evaporasse dalla pezza bianca appoggiata sulla fronte del moro. Sam non riusciva a ragionare, vedeva un amico, un fratello, in quelle condizioni, ed era impotente, non poteva fare nulla, se non restare accanto all’angelo fino alla fine.
«Dean… Dean… Dean…» sussurrava Castiel tra gli spasmi e i gemiti di dolore, teneva gli occhi chiusi, e il volto contratto in una perenne espressione di dolore, Sam non sapeva cosa fare. Avrebbe voluto chiamare suo fratello, ma… oh al diavolo, Castiel ha bisogno di lui, in questo momento. – pensò, prima di prendere il telefono e digitare il numero del maggiore. Dopo diversi squilli, la linea cadde. Sam non si arrese, tentò di chiamarlo infinite volte, senza ottenere risposta.
Intanto, Castiel stava sempre peggio, anche se la febbre, dopo una serie di impacchi di acqua gelida e ghiaccio, sembrava essere diminuita. Il suo respiro era leggermente più regolare, sembrava che i dolori fossero cessati, e lo pensò fino a quando non vide Castiel tossire sangue, sangue rosso, vivo, sangue umano. Deglutì, decretando che fosse più grave di quanto pensasse. Il cacciatore non sapeva cosa fare, non poteva fare nulla, si limitava a fissare inerme e impotente l’ex-angelo che lentamente agonizzava dicendo addio alla sua breve – ma intensa – vita umana.
Perché Dean era tanto orgoglioso quanto stupido? Perché preferiva rimuginare sul passato e non affrontare la verità?
Dannazione, era davvero un idiota.
Strinse forte la mano di Castiel, cercando di rassicurarlo, senza troppi risultati, perché lo vedeva soffrire e non poteva fare nient’altro che aiutarlo a bere, bagnargli la fronte con dell’acqua fredda e tenergli la mano per rassicurarlo. Sapeva quanto l’angelo preferisse la presenza di Dean, al suo posto, ma Dean era irraggiungibile.
«Sam, fallo smettere» gemette Castiel, aprendo leggermente gli occhi «ti prego, non lo sopporto più…»
«Che cosa, Cas?»
«Il dolore, lo sento, lo sento come quando… quando Metatron ha fatto l’incantesimo come…» fece una pausa, per dare spazio ad un acuto gemito di dolore, dovuto ad una fitta alla schiena «come quando mi sono state tolte le ali…»
Sam non poteva sapere quanto fosse stato doloroso, non avendo termini di paragone, era impossibile poterlo descrivere, ma Castiel gliel’aveva raccontato, e davvero non doveva essere una cosa positiva, da come lo aveva descritto l’ex-angelo, era come perdere una mano o un piede: Sam, tu cosa proveresti se qualcuno ti staccasse pezzo dopo pezzo i piedi? Partendo dalle dita, fino ad ogni centimetro di pelle, per poi finire per strappartelo dalla caviglia? Esatto, dolore. Ed è lo stesso, le ali sono andate via pezzo dopo pezzo, piuma dopo piuma, fino a che… non mi è rimasta la cicatrice della loro presenza e basta. Ricordò una delle conversazioni avute con lui durante quella giornata. Aveva voluto farsi raccontare ogni singola cosa, e poi aveva fatto la domanda sulle ali.
Era stupido quanto suo fratello, a volte.
«Castiel, mi dispiace davvero tanto…» vorrei poter fare qualcosa per te, ma non posso.
«Chiama Dean…» lo supplicò ancora perché dannazione, stava morendo e avrebbe voluto farlo tra le braccia di Dean, non con altri, nonostante Sam gli fosse accanto – e sì, apprezzava davvero lo sforzo del giovane Winchester – avrebbe tanto voluto che al suo posto ci fosse stato Dean, perché… beh, Dean era il suo amore, e non poteva di certo essere sostituito, anche se il sostituto era suo fratello minore. Sam non aveva il coraggio di dire a Castiel che Dean non rispondesse, che probabilmente era in uno squallido bar a rimorchiare qualcuna, semplicemente si limitò ad esaudire il desiderio del moribondo, e tentare ancora, sperando che Dean quella volta decidesse di prendere il cellulare, anche solo per mandarlo al diavolo.
Non costava nulla, no? Ma il telefono gli cadde di mano, quando, voltandosi per chiedere qualcosa a Castiel, davanti a lui apparve un uomo dall’aria elegante, serio. Aveva un sorriso che ricordava un ghigno maligno, barba corta sul volto, capelli scuri. Indossava uno smoking, e forse era quello a conferirgli tutta quell’eleganza che Sam aveva visto in lui. Poi, improvvisamente i suoi occhi mutarono di colori, diventarono rosso cremisi, e allora il cacciatore capì di trovarsi di fronte ad un demone.
Castiel fu colto da un nuovo spasmo, e tossì violentemente sputando ancora sangue. Era forse la presenza di quello a farlo sentire ancora peggio? Cosa non aveva capito di tutta quella storia?
«Ciao ragazzi» esordì con uno strano accento inglese «vedo che ciò che si narra in giro è vero, c’è un angelo caduto» il ghigno divenne un sorriso malefico «sarò felice di portarlo dov’è giusto che stia».
E allora Sam – con riluttanza – capì. Quel demone era stato mandato lì per prelevare Castiel, che in quanto angelo sarebbe finito all’inferno per il patto che aveva stretto con l’altro angelo.
«Chi sei tu?» chiese l’angelo, distrutto dai dolori lancinanti che lo trafiggevano come mille lame appuntite.
«Crowley» si presentò il demone, ghignando malignamente «carino il trucchetto del sangue, vero?» chiese con una nota di scherno nella voce «andiamo, ci divertiremo insieme» fece avvicinandosi al letto in cui era riposto Castiel. Sam sfilò un pugnale dalla cintura dei pantaloni, e si parò davanti all’angelo, cercando di proteggerlo, ma con un solo gesto della mano, il demone lo spinse dall’altro lato della stanza. Il giovane si riprese quasi subito, e partì di nuovo all’attacco, ma quel demone era più potente di lui, e lo inchiodò al muro con un campo di forza invisibile, lasciando tutta la sua attenzione sull’angelo che avrebbe dovuto torturare una volta giunti ai piani bassi, angelo che si ostinava a guardarlo come se fosse superiore, irritandolo.
«Sai meglio di me di dover aspettare che i due mesi siano scaduti del tutto» sussurrò Castiel stremato dai dolori, fino a che il suo respiro fosse uscito dalle sue labbra, avrebbe sperato nel ritorno misericordioso di Dean, la luce della speranza, sebbene fosse piccola, fioca e pallida, splendeva in lui. Sam lo aveva aiutato, nonostante tutto, l’avrebbe fatto anche Dean, no?
«Sai meglio di me che il tuo cacciatore preferito non arriverà» incalzò il demone.
«Vedremo, e non toccare Sam, lui non c’entra nulla» il dolore lo sfiniva, ma un angelo non poteva farsi mettere i piedi in testa da un demone, non sarebbe mai accaduto, nemmeno in quel caso. Sono un angelo del Signore, non mi piegherò al male. – quell’affermazione di Cas volò nella sua mente, rincuorandolo. Si fidava di lui, e sapeva che una volta data la sua parola, lui l’avrebbe rispettata, qualsiasi fossero state le conseguenze.
Il demone acconsentì e liberò Sam dal campo di forza e sparì nel nulla, senza però regalare all’ex-angelo un minimo di sollievo, al contrario, a lui parve che i dolori si intensificarono nel momento in cui il demone sparì. Sarebbe morto tra atroci dolori, senza Dean?
No, lui arriverà, lui arriva sempre.
Dove sei, Dean?
 
Il cuore di Dean batteva troppo velocemente, a causa dell’ansia, della paura e della preoccupazione. Non sapeva come avesse potuto essere tanto stupido, cieco, idiota. Non aveva capito prima cosa stesse accadendo, non si era accorto che l’angelo avesse bisogno di lui, aveva chiuso la mente, aveva chiuso il cuore e anche le orecchie. Non aveva ascoltato le sue richieste d’aiuto, né aveva prestato attenzione a ciò che suo fratello aveva provato a spiegargli, aveva messo un paraocchi e un paraorecchie, ed aveva seguito il suo stupido orgoglio, che lo aveva spinto a rifiutare Castiel, e a tradirlo, facendosi mettere nel sacco da un altro angelo.
Quanto cazzo posso essere stupido?
Sfrecciava con l’auto, superando tutti i limiti di velocità, ignorando le regole della strada, superando qualsiasi auto si trovasse davanti, doveva muoversi, doveva salvarlo.
Solo tu puoi salvarmi, Dean, il tuo amore può farlo. gli aveva detto. E lui lo aveva picchiato, aveva lasciato vincere la rabbia, ma… era deluso, si era sentito tradito, quando aveva capito che fino a quel momento non avesse conosciuto sul serio Castiel, si sentì come tramortito. L’ex-angelo lo aveva preso per i fondelli, ma non era con fini cattivi, così come gli aveva spiegato Sam, o almeno voleva crederci. Perché quello che c’era stato tra lui e Castiel andava oltre un semplice rapporto occasionale, andava oltre tutto ciò che potesse essere concepito dalla mente umana. Il loro rapporto era di quanto più bello e puro esistesse al mondo, Castiel tra le sue braccia diventava un blocco di cera da modellare, ed era dannatamente adorabile, quando arrossiva, quando sorrideva, quando si imbarazzava, quando non sapeva cosa dire. Era tutto così chiaro, adesso, nella sua mente. Voleva Castiel, avrebbe voluto sempre e solo lui, allora perché era andato via? Perché aveva paura di perderlo? Perderlo e non rivedere mai più il suo trench beige, terribilmente fuori moda, i suoi capelli piumosi e scuri, e i suoi occhioni blu? Perderlo e non baciarlo mai più, non sentire più il suo corpo sotto le sue mani?
Perderlo e non potergli dire di amarlo? Come poteva?
Doveva far presto, doveva raggiungere la rimessa di Bobby, al più presto, e salvarlo dal terribile destino che lo attendeva, Cas, il suo Cas, non poteva diventare un demone, non lo avrebbe mai permesso.
Premette il piede sull’acceleratore, continuando a guidare con velocità, mentre superava città dopo città e vedeva paesaggi cambiare sotto i suoi occhi. La sua bambina doveva resistere, e raggiungere quel luogo al più presto. Maledisse se stesso per essere andato così lontano, maledisse se stesso per non aver capito prima di dover restare con lui, maledisse se stesso per non aver risposto prima a Sam. Ormai il minore si era arreso, non chiamava più, poteva essere scatenato da due cause: la prima, che si fosse davvero arreso, capendo che Dean non volesse essere disturbato; la seconda, che il cacciatore tentava di eliminare dalla sua mente, che fosse tardi e Cas fosse... andato. No, no, no, non morire, Castiel, non morire! – eliminò subito la seconda opzione e sperò nella prima.
Doveva essere la prima.
L’orologio segnava le tre del mattino, mentre Dean su strade poco sicure, e poco illuminate correva a tutta velocità nella sua auto, per raggiungere il suo amato angelo e dirgli ciò che per lui provasse, non poteva essere già morto. Dean non lo accettava.
 
Intanto Castiel, parecchi chilometri più in là, combatteva contro il tempo, tra la vita e la morte, aspettando l’ultima speranza, che non arrivava, lasciandolo in una dolorosa agonia priva di qualunque cosa. Il dolore era troppo intenso, non riusciva più a sopportarlo. Si era esteso in tutto il corpo, e ogni singolo movimento, comportava un dolore atroce in ogni angolo del suo corpo, anche in quelli più nascosti. Il suo respiro era sempre più lento, come i battiti del suo cuore, non avrebbe resistito a lungo, sarebbe morto prima, avrebbe fatto una delle peggiori fini esistenti, solo perché aveva desiderato far parte di un mondo che non era il suo, aveva desiderato di essere un uomo, e ora… come un uomo stava morendo tra atroci sofferenze. Male fisico, a causa delle torture infernali che lo tormentavano già dall’ultimo istante della sua vita umana, che all’inferno sarebbero state ben peggiori, e male psicologico, dovuto all’assenza di Dean, che se fosse stato presente avrebbe alleggerito tutto, gli avrebbe stretto la mano, come stava facendo Sam.
Erano le tre di notte, mancavano solo sette ore alla sua morte.
Avrebbe resistito perché sapeva che questo fosse solo un assaggio di tutto ciò che avrebbe vissuto all’inferno.
 
Dean guidava da tre ore. Erano le sei del mattino, ed era solo a metà strada. Aveva sonno, era stanco e gli facevano male i piedi, la testa, gli occhi bruciavano come se in essi ci fossero dei tizzoni ardenti, e le mani formicolavano. Non doveva pensare, doveva guidare, doveva arrivare dal suo Castiel, e dirgli tutto, prima che fosse troppo tardi. Era stanco, vedeva opaco, eppure continuava a guidare con in mente una precisa meta: Casa di Bobby. Doveva raggiungere Castiel, doveva farlo al più presto, non poteva permettere che gli accadesse qualcosa, non in quel modo, non quando lui era stato un completo idiota.
Doveva farcela, doveva restare sveglio. Si fermò una sola volta, in un autogrill, per comprare una decina di bicchieri di caffè, con la scusa di una comitiva di amici in viaggio, e fatto rifornimento anche di benzina, riprese la sua folle corsa verso casa.
Guidò per ore, ed ore ad una velocità improponibile, promettendosi che avrebbe poi riparato tutti i danni causati all’auto a causa di quella folle corsa, ma non importava, l’unica cosa importante era Cas.
Tre ore dopo, erano ormai le nove e mezzo del mattino, il sole era sorto da un pezzo – e sì, aveva ammirato l’alba per un paio di minuti, giusto per poter sgranchire le gambe, perché guidare a quella velocità per la bellezza di dieci ore filate, per tutta la notte, non era esattamente riposante – quando finalmente i suoi occhi si illuminarono alla vista del cartello «Benvenuti a Sioux Falls». Capì di essere vicino, ce l’aveva fatta, era arrivato. Gli ci volle circa mezz’ora per attraversare la cittadina e raggiungere la rimessa del padre adottivo. Fermò l’auto, e si precipitò fuori dalla vettura, quasi inciampando.
Doveva raggiungere Castiel, doveva prenderlo tra le sue braccia e baciarlo, non poteva più aspettare, doveva dirgli che lo amava.
«Cas! Cas, sono qui!» urlò entrando, vedendo un’innaturale silenzio in quella che era la loro casa, corse nella stanza del minore, ma si accorse che fosse vuota. Nessuno lo aveva sentito?
Poi un urlo agghiacciante raggiunse le sue orecchie, e CAS! – pensò immediatamente. Senza badare al tremore delle sue gambe dovuto alla stanchezza, e agli occhi che quasi gli si chiudevano, corse nella stanza che avevano assegnato all’angelo, ritrovandosi davanti suo fratello e Bobby con gli occhi coperti; una luce abbagliante lo costrinse a coprirsi gli occhi, al centro della luce, troneggiava Castiel, che sembrava pervaso dal dolore e dalla sofferenza. Avrebbe voluto raggiungerlo, ma c’era come un campo di energia tra lui e il moro, che gli impediva di andargli vicino.
Poi tutto cessò, e di Castiel non rimase altro che il trench sgualcito. Il cacciatore si lasciò cadere sulle ginocchia, sconfitto.
Erano le dieci del mattino, e Dean Winchester dopo una notte intera passata in auto a guidare come un folle, senza sosta, aveva perso tutto nell’esatto momento in cui aveva varcato quella soglia. Sentì un vuoto dentro, indefinibile.  
«Dean» sussurrò Sam, accorgendosi della sua presenza.
«Ragazzi» lo seguì Bobby, avvicinandosi a lui, e appoggiandogli una mano sulla spalla «mi dispiace tanto».
I due cacciatori decisero di lasciarlo solo per un attimo, Sam gli passò accanto e gli sfiorò la spalla, in un muto gesto d’affetto, dicendogli con quello, che quando avesse voluto, avrebbero condiviso insieme quel dolore. Poi insieme a Bobby abbandonò la stanza, lasciando il maggiore da solo a contemplare il punto in cui Castiel era svanito nel nulla, dopo aver urlato.
Dean restò lì, immobile. Non era arrivato in tempo, aveva fallito, aveva permesso che gli portassero via Cas, aveva permesso che egli morisse, e… non aveva fatto niente, si era ubriacato, e aveva scopato con una donna, che lo aveva trattenuto lontano da Castiel.
Era tutta colpa sua. Non v’erano altri colpevoli.
Gattonò fino al trench sgualcito di Castiel, dopo quelli che parvero secoli, e lo afferrò tra le sue braccia. Lo piegò con cura, e ne accarezzò la stoffa, senza riuscire a pensare a nulla di sensato, senza riuscire a smettere di ripensare a quanto fosse stato stupido, ed egoista. Lo avvicinò al naso e ne inspirò il profumo. Era tutto ciò che di Castiel gli rimaneva.
«Ti amo, figlio di puttana, io ti amo, torna qui, torna qui» sussurrò al trench, come se Castiel tramite esso potesse sentirlo, come se non fosse tutto perduto, per colpa sua «io ti amo, Castiel, l’ho capito, l’ho capito, ti amo, adesso torna da me» non permise a nessuna lacrima di scendere giù dai suoi occhi, ma continuò a stringere il trench del suo angelo smaniosamente, sperando che l’indumento lo riportasse indietro «ti supplico non lasciarmi solo…» ogni parola era una stilettata di dolore dritta al petto, ogni respiro era una pugnalata «ho bisogno di te, torna qui, ho bisogno di te». Le sue suppliche erano vane, inutili, Castiel non sarebbe tornato, e lui aveva perso tutto, per mero egoismo.
Poi la stanchezza prese il sopravvento su di lui, tutte le ore passate sveglio a guidare, insieme al colpo duro appena subito lo colpirono con violenza, spingendolo a chiudere gli occhi ed accasciarsi per terra. Non voleva piangere, e non lo avrebbe fatto, ma una sola lacrima sfuggì al suo controllo, e non appena il suo corpo toccò il pavimento, il sonno e la stanchezza lo avvolsero e si addormentò, o forse svenne, non ne era ben sicuro, ma vide tutto nero, e sentì il pavimento sotto di sé, prima di perdere ogni percezione con la realtà. L’unica cosa certa era il trench di Castiel stretto tra le sue mani.
Aveva fatto un errore, aveva tentato di rimediare, ma era stato inutile, lo aveva perso ed era tutta colpa sua. Se solo non fosse stato così orgoglioso, se solo lo avesse ascoltato, se solo… è colpa mia. Tutta colpa mia. – fu il suo ultimo pensiero, prima di essere avvolto dalle tenebre e lasciarsi trasportare dalla stanchezza. Quel dolore, era troppo anche per uno come lui.
Quando Sam andò a controllare il fratello, lo trovò in quello stato con l’indumento del moro stretto contro il petto, in un gesto disperato di tenerlo con sé. Non poté fare altro che alzare il fratello dal pavimento con non poca fatica, e trascinarlo nella sua stanza, senza però togliergli quel pezzo di stoffa tra le mani. Aveva sentito il fratello dire quelle parole, ammettere di amarlo, e di aver bisogno di lui, lo aveva supplicato di tornare, pregato di non lasciarlo solo, lo aveva sentito bene.
Peccato solo che ormai fosse troppo tardi.
Castiel non sarebbe tornato mai più con loro.

 
To be continued...



_________________________________________________________

Hello!
Come qualcuno ha immaginato, Castiel è morto. Un minuto di silenzio per lui, e uno di vergogna per Dean che scopa con angeli femmine che vogliono ucciderlo. 
Scrivere la scena het è stato un trauma. Un trauma traumatizzante. 
Ebbene, il nostro Cas è all'inferno, e a prenderlo è stato nientemeno che il nostro amato Crowley. (spargiamo amore per i demoni e odio per gli angeli.) Eeeh, quindi ci siamo immersi nella parte triste della storia.
Il capitolo è il più lungo di tutta la ff, perchè il parallelismo tra ciò che accade a casa di Bobby, e ciò che accade a Dean non poteva essere diviso. Ma c'è una cosa positiva. Dean ha capito di amare Castiel! Un applauso per Dean!
Povero Sam che è stato tutto il tempo a chiamare Dean e consolare Cas, è un piccolo angioletto Sammy. 
La battuta di Sam sull'abbraccio è presa direttamente dalla nona stagione. 
Vi avviso che siccome sono nel pieno degli esami, aggiornerò solo di sabato, perchè è il mio giorno libero lol ma ci stiamo dirigendo verso la fine.
So... spero che la storia continui a piacervi, e continuiate a seguirmi. 
Al prossimo capitolo!
   
 
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