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Autore: Eli Ardux    14/06/2014    2 recensioni
"Ho spesso pensato a come ti avrei detto addio un giorno. La morte è inevitabile, in fondo. Eppure non pensavo sarebbe successo così in fretta. Mi sono spesso immaginata invecchiare al tuo fianco. E sai, ricordare tutte quelle bellissime bugie fa male. Ma fa ancora più male pensare che tu stia leggendo tutto questo mentre io non sarò al tuo fianco. Mi dispiace, Sirius. Mi dispiace provocarti questo nuovo peso. Mi dispiace non averti suscitato un’altra volta un sorriso. O forse ci riuscirò ancora. Forse, tra molti e molti anni, ricorderai ancora quella stramba ragazza che ti ha insultato così pesantamente. Ricorderai ancora, magari, il calore di un abbraccio, quando il mondo inizierà a diventare freddo."
***
Dal capitolo 46
«Non è stata una mia scelta!» Sirius aprì le braccia, esasperato. Entrambi avevano alzato di nuovo la voce. «Sì invece» «Cosa?! Donna ma ti senti quando parli?» La bocca di lui si contorse dalla rabbia. «Calmati per Merlino» Elisa raccattò una borsa appoggiata al suo fianco, sulla panca, gettandogliela. I libri andarono a cozzare contro il braccio proteso dal ragazzo per difendersi, rotolando poi a terra poco più in là. «Non dirmi di calmarmi!»
Sirius x nuovo personaggio
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Perché si era lasciata convincere?
 
Perché. Si. Era. Lasciata. Convincere.
 
Non riusciva ancora a darsi una risposta, e dire che ci stava pensando da ben dieci minuti! Non riusciva proprio a capire cosa l’avesse spinta ad accettare la proposta di quel vecchio con la barba.
 
Forse, si rispose da sola, era stata l’astuta decisione di sua madre di far leva sul fatto che quello era il suo posto, tra la sua specie, e non tra un branco di tigri. Di questo, lei non ne era molto convinta.
 
Correre tra gli alberi, arrampicarsi su massi, nuotare nel fiume... era ben scettica sul fatto che tutto questo fosse peggiore della sua vita futura.
 
No, non riusciva proprio a capacitarsene.
 
Una vocina sarcastica dentro la sua testa, però, aggiunse che c’era più di una cosa che in quel momento non capiva.
 
Innanzitutto, perché era circondata da ragazzini di undici anni?!
 
Perché una stramba signora, dall’aria molto arcigna, li aveva accompagnati in una stanza e gli aveva detto di aspettare?
 
E soprattutto... perché aveva accettato di frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts??
 
Un mormorio concitato di voci la distolse dai suoi pensieri. Si voltò stancamente e si ritrovò a fissare un gruppetto di ragazzini che la fissavano con aria interrogativa. «Quanti anni hai?»   le chiese uno di loro. «Quattordici» rispose lei semplicemente.
 
La verità in quel momento le pareva la strategia migliore. 
 
«Perché allora sei qui?» Insistette lui. Respirò profondamente, sentendo quel briciolo di pazienza di cui era dotata andarsene con uno sbuffo. Perché non poteva, chissà, lanciargli un qualche incantesimo. Tra tutti quelli che le erano stati insegnanti da Silente – aveva scoperto il nome dell’anziano – le sarebbe bastato anche uno dei più semplici.
 
L’uomo le aveva spiegato molto. Le aveva illustrato il mondo magico e babbano, illuminandola su alcuni particolari che non capiva. Le aveva inoltre spiegato che, in teoria, Hogwarts ammetteva alunni dagli undici anni in su ma, non avendola trovata prima, urgeva fare uno strappo alla regola. Di certo lei non lo avrebbe pregato, si ripeteva.
 
Dopo un anno di studio ed esercizio intensivo per recuperare tre anni di scuola, faceva finalmente ingresso in quest’ultima. Ormai si era riabituata alle stranezze di quel mondo, come se tutto quello facesse parte della sua stessa anima da sempre. A conti fatti, pensò, era proprio così.
 
Si girò incurante della domanda del ragazzino fastidioso. Altre cose urgevano la sua attenzione. Dei fantasmi fecero ingresso nella stanza facendo urlare molti neostudenti. Dopo l’iniziale meraviglia e spavento, la sua attenzione fu occupata da altro. L’incoglita sulla cerimonia di smistamento l’aveva tormentata per tutto il viaggio.
 
Analizzando la situazione scartò a prescindere la possibilità che fosse un duello tra maghi poiché, a giudicare dalle facce preoccupate di molti di loro, gli altri ragazzi non sapevano alcun incantesimo. Anche l’idea che la prova potesse consistere in una zuffa non la convinceva affatto.
 Magari, si disse, l’avrebbero messa in condizioni tali che, per evitare infortuni o pericoli mortali, avrebbe dovuto utilizzare la magia.
 
Un senso di panico le attanagliò le viscere. Si ricordava ancora molto bene della sua particolare magia involontaria e di come lo stesso Silente fosse preoccupato. L’anziano, infatti, le aveva dato un’unica raccomandazione.
 
Doveva controllarsi.
 
Naturalmente, le aveva detto, con il tempo avrebbe imparato a gestirla ma, per il momento, il problema persisteva. E lei sarebbe stata ritenuta responsabile delle sue azioni. Doveva evitare di accoppare gente, in poche parole. Ripensando al ragazzino urta-nervi si appuntò mentalmente di ricordarsene.
 
Con un sorriso ripensò alle quattro case: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Non sapeva perché, ma sentirle nominare dalla severa signora le aveva risvegliato una sensazione di calore nel petto che nemmeno lei sapeva di poter provare. Era come se quelle parole fossero nella sua mente da molto tempo, parole che, nemmeno lei, sapeva di aver mai udito prima. 
 
Mano a mano che i minuti passavano la sua ansia iniziò a crescere. Solo quando la signora tornò smise di agitarsi sul posto in quella strana danza dell’ansia. Erano pronti a riceverli. Che diamine voleva dire?
 
La quattordicenne fece un bel respiro. Nessuno avrebbe mai saputo, no? Un po’ rincuorata dalla sua promessa interiore si apprestò a seguire la donna. I muscoli tesi non le faciitarono la camminata rigida con cui seguì la folla attraverso la porta d’ingresso. Quando la Sala Grande si aprì alla sua vista un senso di basita incredulità la investì. Era immensa.
 
Il soffitto rifletteva il cielo all’esterno. Milioni di candele illuminavano tutto il suo immenso splendore. Quattro tavoli erano disposti paralleli e, intorno ad essi, vi sedevano tutti gli studenti. Sul fondo della Sala, staccato dagli altri quattro, un altro tavolo – probabilmente quello degli insegnanti - faceva la sua comparsa.
 
E fu allora che lo vide.
 
Al centro del grande tavolo, al posto riservato al preside, sedeva Albus Silente. La ragazza rimase qualche secondo a fissarlo e sperò con tutto il cuore che la sua mascella fosse ancora al suo posto... aveva dei seri dubbi.
 
Come un puzzle, pezzi di ricordi iniziarono a comporsi nella mente.
 
Per esempio la frase enigmatica  « Ci vedremo più presto di quanto tu immagini». 
Un sorrisetto spuntò sulle sue labbra. Silente era un gran mago, questo lo sapeva, ma ora aveva anche conferma sulle voci riguardanti la sua saggezza.
 
La ragazza continuò a camminare al seguito della donna la quale, suppose lei, doveva essere un’insegnante. Molti sguardi seguirono la quattordicenne durante il tragitto e no, non si sbagliava, erano proprio puntati su di lei, su una giovane, magra ragazza con gli occhi marroni e i capelli castani. Quasi sovrappensiero si passò fieremente la mano tra questi, ravvivandoli. I suoi capelli corti erano per lei motivo d’orgoglio. Quel taglio maschile era per lei l’urlo della sua indipendenza e ribellione.
 
La professoressa si fermò davanti alla tavolata degli insegnanti. Al suo fianco un cappello da mago, che pareva aver sicuramente vissuto tempi migliori, era appoggiato ad uno sgabello in legno.
 
Dopo che ebbe cantato la sua filastrocca, però, la neo studentessa si dovette ricredere.
Quindi dovevano solo indossare un cappello.... poteva andare peggio pensò con un briciolo di sollievo.
 
Fu così che la professoressa cominciò a chiamare i ragazzi. Ragazzo dopo ragazzo la folla intorno a lei veniva sempre meno. La ragazza deglutì rumorosamente, cercando invano di scacciare quel senso di panico crescente che pareva stritolarle lo stomaco.
 
«Stevenson Elisa»
 
 
Angolo autrice
Salve a tutti. Vi devo ringraziare... siete arrivati alla fine del capitolo, quindi GRAZIEE. Ci tengo però a precisare dei particolari. Il primo è il nome della protagonista. Io non volevo ASSOLUTAMENTE chiamarla come me. Anche se adoro il mio nome, non volevo perché non mi sembrava giusto. Ho cercato molti nomi, ma poi per disperazione ho scelto il mio. Il secondo è la situazione, poiché adesso è mooolto “statica” e forse non ci capite nemmeno molto. Con il tempo però vedrete che si scoprirà qual’è il suo segreto. Detto questo spero vi sia piaciuto, se volete scrivere delle recensioni per dirmi cosa ne pensate mi fareste un grande favore.
Un bacione e al prossimo capitolo
Eli
 
 
   
 
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