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Autore: Selhen    14/06/2014    3 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella notte non avevo chiuso occhio se non per un rada ora in cui il mio sonno era stato anche tormentato da incubi. Avevo trascorso tutta la mattinata un po’ nervosa, consapevole di quello che mi sarebbe aspettato nel pomeriggio.
Ferma davanti al mio piatto di zuppa, raccoglievo il brodino col cucchiaio e lo ributtavo dentro senza realmente avere voglia di mangiare. Avevo deciso di trascorrere il tempo che mi separava dall’attacco ad allenarmi ai manichini della piazza di Pandemonium, così pagai frettolosa il piatto di zuppa che avevo lasciato intero al tavolo e mi diressi a passo lento verso la piazza.
Quella mattina l’aria di Pandemonium era più opprimente del solito, o forse ero io che percepivo tutto in maniera alterata. Tirai  entrambe le pistole fuori dai foderi. Scaricare due pallottole su quei manichini, forse, avrebbe sfogato il mio senso di oppressione.
Fissai per qualche minuto l’ampio colonnato che circondava il laghetto artificiale della piazza, dando le spalle ai manichini, poi i miei occhi si accesero, la furia asmodiana del combattimento mi pervase e i tratti del mio viso si trasfigurarono. Urlai e mi voltai di scatto scaricando una serie di colpi sull’inerme manichino, centrandolo in pieno.
Mi abbandonai alla piacevole sensazione di galleggiare nell’incoscienza, di non essere me stessa, premendo il grilletto, una pallottola dopo l’altra, contro quel manichino che avrebbe potuto essere benissimo un potenziale elisiano.
Mi fermai all’improvviso. La pistola fumante per l’ultimo colpo appena sparato. Il mio viso tornò rilassato e le mie mani si strinsero convulsamente alle armi. Mi lasciai cadere sul pavimento, in ginocchio, abbassando il capo con gli occhi chiusi e i capelli mi nascosero il viso.
Avrei avuto il coraggio di riempire di pallottole un elisiano?
È per questo che sei stata addestrata… tuonò la mia coscienza.
Depositai le armi nel fodero dopo avervi impostato la sicura e attraversai la strada del mercato e il ponte Vifrost per raggiungere il teletrasporto.
“Dove ti spedisco?”, mi chiese il responsabile sorridendomi pronto ad aprire un portale.
“Katalam Nord”, annunciai. Il portale si aprì galleggiando nell’aria e il tizio mi sorrise: “Beh ragazzi, in bocca al lupo per la Sillus”.
Ricambiai il sorriso poco convinta e mi lanciai dentro il passaggio finchè non finii coi piedi sul suolo della fortezza asmodiana di Katalam.
Un’enorme folla di asmodiani pronti alla battaglia mi accolse. Chi rideva, chi urlava ordini, chi schiamazzava. Uomini, donne in armatura, vecchi, giovani. Era un giorno importante. Riprendersi la Sillus era essenziale, era una fortezza che si trovava in un punto troppo strategico, per rinunciarvi. Avremmo dovuto raggiungere le montagne innevate del Katalam Nord e lì contrastare la minaccia elisiana che si era impossessata della fortezza.
“Benvenuta Selhen”, mi salutò Death quando mi notò tra la folla, “vieni qui, con i membri della nostra legione. Durante l’attacco dobbiamo stare uniti”.
Un po’ spaesata lo seguii, lui mi sorrise e mi tirò per un braccio per non farmi perdere tra la folla.
Salutai con un cenno del capo tutti gli altri componenti della legione. Bard, John, Arker, poi, poco lontano da noi, lo notai. C’era Shad, e accanto a lui Ethun, l’elegante chierichessa  dai capelli neri legati in una comoda crocchia affermata alla testa con un ricco fermaglio.
Vidi Shad vagare tra la folla con lo sguardo e fermare i suoi occhi di ghiaccio su di me per qualche secondo.
Nel vederli insieme provai una sensazione di malinconia e girai lo sguardo contrariata.
A un certo punto fu Death a distogliermi da quei pensieri con i suoi ordini.
“Bene ragazzi, prendiamo il teletrasporto dritti dritti per i monti Sillus e lì ci disporremo in formazione per avviarci con tutti gli altri verso la fortezza”.
“Si va a fare a fette un po’ di elisiani!”, esultò Bard.
Non mi pronunciai, mettendomi in fila per il teletrasporto ai monti Sillus e una volta attraversato il varco, mi si parò davanti un’ampia distesa di neve.
Allargai le braccia sollevando lo sguardo. Lasciai che dei soffici fiocchi di neve si depositassero sui miei spessi guanti di pelle.
Evocai Daf. La mia cagnolina era brava a fiutare elisiani se ce ne fossero stati nei dintorni, poi, quando arrivò Death, ci disponemmo tutti in formazione.
Vidi Shad poche file avanti  me. Aveva evocato uno spirito del vento che stava provvedendo a proteggere con tutta una serie di formule specifiche. Ethun dal canto suo era intenta a distribuire incantesimi di protezione per tutto il gruppo.
Estrassi le armi dal fodero, e come tutti mi misi in marcia. Quella per me sarebbe stata la prima volta che avrei visto così tanti elisiani tutti insieme. Rabbrividii. Chissà se avrei avuto anche l’occasione di rivedere il tizio elisiano che mi aveva risparmiata.
Quando giungemmo alla fortezza le sentinelle elisiane si misero in allerta e chiusero il grande portone d’ingresso della fortezza.
“Abbattere le barricate!”, stava urlando Death ai suoi uomini, così come tutti gli altri capi di legione.
Sulle nostre teste oltre alla neve silenziosa cominciarono a piovere migliaia di frecce sibilanti. Presto, troppo presto, era iniziata la carneficina mentre i nostri forzavano per sfondare le difese.
Con orrore vidi molti asmodiani cadere sotto le punte affilate delle frecce di difesa.
Alla fine un pesante rombo al di sopra del clangore delle armi cozzanti, annunciò che il portone era crollato e che avevamo il via libera per la fortezza.
Notai con immensa preoccupazione che il nemico era in sovrannumero. Un’orda di elisiani impazziti si riversò verso di noi dalle porte della Sillus cominciando, freddamente, a mietere vittime. Vidi Shad respingere un attacco facendosi scudo con la magia e sbaragliare l’elisiano di fronte a lui con una serie di incantesimi vincolanti, il tutto mentre un altro gli puntava un revolver a etere alla tempia, cogliendolo di sorpresa, alle spalle.
“Shad!”, urlai terrorizzata. Fu istintivo. Sparai una serie di colpi precisi sull’elisiano che stava per colpire Shad vedendolo accasciarsi sulla neve che iniziò a colorarsi di rosso per il sangue. Rimasi inorridita, incredula, con e pistole ancora tra le mani.
Shad si voltò a guardarmi. Mi sorrise e rivolse lo sguardo sul cadavere dell’elisiano con le candide ali richiuse su di sé. Lo vidi rituffarsi all’attacco dopo un ultimo sguardo incerto e anch’io iniziai a muovermi tra la folla. Come se fosse tutto rallentato mi guardai intorno.
Vidi elisiani cadere sotto le armi affilate degli asmodiani, e asmodiani perdere la vita sotto i duri colpi elisiani.
In quell’affollarsi di immagini mi chiesi se in quel posto ci fosse Velkam e quante vittime avesse mietuto fino a quel momento.
Un rumore assordante attirò nuovamente la mia attenzione. Il frastuono veniva dall’alto. Mi distanziai dal gruppo per via di un elisiano che mi piombò addosso. Sparai un colpo dritto nel suo torace con un revolver lasciandolo morto ai miei piedi e scavalcandone il cadavere alla ricerca del mio gruppo, ma a quanto pareva, erano bastati quei due secondi di distrazione a farmi perdere tra la folla. Imprecai, sollevando gli occhi al cielo e li sbarrai quando la luce del giorno si oscurò all’ombra di una dredgion. Una velivolo pieno zeppo di soldati dell’abisso.
“Balaur in vista!”, sentii urlare tra i combattenti.
“Una dredgion!”, disse sorpreso qualcun altro.
“Ritirata! Ritirata!”, stavano ordinando i nostri generali. Era evidente che contro due forze contrastanti non avremmo mai potuto farcela. Gli elisiani erano già in sovrannumero e gli uomini balaur, i mostri dell’abisso, come li chiamavano, erano altrochè pericolosi.
Gli asmodiani avevano iniziato ad arretrare proprio nel momento in cui un enorme numero di balaur si era riversato dalla dredgion all’ingresso della fortezza.
Approfittando della distrazione degli elisiani intenti a respingere l’attacco balaur ci demmo alla ritirata. Per quel giorno la fortezza era perduta, non avremmo avuto nulla da fare.
Sgomenta mi accorsi che un gruppo di balaur aveva cominciato ad avanzare verso gli asmodiani in fuga. Mi lanciai tra gli alberi del bosco che circondavano la fortezza e mi diedi alla fuga, come tutti, alla ricerca del teletrasporto che mi avrebbe riportata alla fortezza di Katalam, ma nel panico non mi accorsi di avere imboccato la strada sbagliata. Un gruppo di balaur in avanscoperta mi notò.
“Mannaggia!”, imprecai accelerando la corsa mentre i balaur si lanciavano all’inseguimento.
“No, no, no”, dissi tra me mentre Daf abbaiava all’impazzata. Ero nei guai, guai seri. I balaur erano troppi e io una sola. E se nella corsa avessi beccato un elisiano? Quello avrebbe approfittato del mio svantaggio e mi avrebbe fatta fuori.
Avevo corso per centinaia di metri, nella speranza che il nemico rinunciasse all’inseguimento, ma i maledetti balaur sembravano non voler mollare l’intento. Data la mia agilità non mi era stato difficile mettere tra me e loro un certo vantaggio di distanza. Sentivo Daf abbaiare come una forsennata mentre stentava a starmi dietro, poi, per tentare di seminarli mi gettai tra due cespugli e cozzai contro qualcosa di duro ruzzolando per terra.
Alzai gli occhi giusto il tempo di accorgermi che ero appena andata a finire addosso ad un elisiano. E che in quella radura non c’era un solo nemico, bensì due.
Le cose andavano di male in peggio.
Il mio sguardo cadde sul tizio che avevo investito e lo riconobbi.
“Velkam!”, dissi sollevata e col fiatone. “Ci sono dei balaur, salvati!”, boccheggiai senza fiato.
Stavo davvero dicendo ad un elisiano di salvarsi?
Fu l’unica cosa che potei dire prima di ritrovarmi una spada puntata alla gola.
Velkam era in piedi di fronte a me e mi fissava come se cercasse di trattenere una risata, il suo compare invece, a quanto pareva, sembrava essere un po’ più ostile.
“Lasciala Gaar”, ordinò nella sua lingua facendo un cenno col capo per invitarlo a mettere via l’arma.
Sentii l’assassino dietro di me muoversi con incertezza e riporre le spade.
“E così adesso te la fai con gli asmodiani, capo?”.
Alla battuta del suo amico Velkam rispose con una smorfia mentre tirava fuori una freccia dalla faretra e la incoccava coi sensi allerta. “Arrivano”, annunciò piano prima di sparire totalmente dalla mia vista. Cacciatori, pensai. Potevano rendersi invisibili.
“Vuoi prenderti tutto il divertimento, amico?”, disse allegramente l’altro scomparendo a sua volta.
Fu un attimo. I balaur sembravano essersi duplicati nell’inseguimento. Sei balaur mi accerchiarono con sguardi furiosi mentre io ero ancora per terra, senza alcuna possibilità di reagire. Poi un movimento dell’aria mi annunciò che Gaar, l’amico di Velkam, si era mosso fulmineo ricomparendo proprio dietro due balaur per colpirli alle spalle con entrambe le sue spade e mozzarvi la testa. I suoi movimenti erano rapidi, proprio come quelli di un assassino freddo e letale che si rispetti. Rimasi impressionata.
I due baaur si accasciarono per terra seguiti da un terzo colpito alla giugulare da una freccia di Velkam che era riapparso arrampicato sul ramo di un albero. Lo vidi incoccare altre due frecce contemporaneamente e stendere altri due balaur per terra che vennero immediatamente freddati dalle spade dell’altro elisiano.
Rimaneva l’ultimo balaur, che ostinato si era lanciato contro di me con la spada sguainata. Ebbi giusto il tempo di vedere una nuova freccia fulminea conficcarsi nel collo dell’ultimo balaur, il quale, colto di sorpresa, stramazzò per terra.
Ancora a bocca aperta per la rapidità con cui due soli elisiani avevano fatto fuori sei balaur ufficiali, riposi le armi che avevo sguainato senza utilizzarle. Vidi Velkam scendere con passo ovattato dal ramo su cui era arrampicato e fermarsi a pochi passi da me per chinarsi a guardarmi. Piegò il capo da una parte e un sorrisetto gli lineò il viso. I suoi occhi verdi, prepotenti, scrutarono i miei. “Ci reincontriamo, Selhen”.
Lo guardai dal basso, il mio nemico. “Ti ricordi il mio nome?”, gli chiesi meravigliata.
Lui intanto aveva risposto l’arco, e Gaar lo aveva affiancato per osservarmi come se fossi un animale da circo.
“Anche tu ricordi il mio”, rispose lui ammiccando con aria scontata.
“Mi hai salvata per la seconda volta”, continuai sempre deconcentrata dal suo sguardo, ignorando totalmente la presenza dell’altro elisiano.
“Velkam, vuoi spiegarmi?”, aveva chiesto il tipo. Adesso che lo vedevo meglio i suoi capelli erano rossi e scompigliati. Portava due orecchini al sopracciglio ed era alto e snello. Caratteristiche essenziali per un assassino veloce e scattante. I tratti del viso erano morbidi e giocosi.
“Non c’è nulla da spiegare, Garr”, gli rispose secco Velkam. “Torna alla fortezza piuttosto. Avvisa i legionari di vederci tra un’ora a Sanctum per una riunione”.
Garr annuì vagamente offeso. Era consapevole che fosse un ordine come un altro per toglierselo di torno.
“Non la prendi in ostaggio?”, suggerì l’assassino prima di rimettersi in cammino.
“Ho detto, vai…”, concluse Velkam con tono autoritario.
Gaar sbuffò e si allontanò con una scrollatina di spalle. “Vabeh, se lo dici tu”.
Io che ero stata a sentire tutto il dialogo senza averci capito una parola mi ero rimessa in piedi un po’ incerta. Al cospetto di Velkam non sapevo mai cosa dire.
“Grazie, ancora una volta”, dissi solamente.
Eravamo rimasti soli. Vidi Velkam inumidirsi le labbra nervoso ma accettare quel grazie senza replicare nulla.
Ne approfittai ancora qualche minuto per osservare da vicino quel Daeva elisiano. Aveva ricominciato a nevicare, e i soffici e leggeri fiocchi di neve si impigliavano tra i nostri capelli.
“Non ho fatto assolutamente nulla”, disse Velkam all’improvviso.
Corrugai la fronte. “Appunto”, annuii curvando le mie labbra rosse in un sorriso.
“Mh”, grugnì lui dando un calcio alla neve sotto i suoi piedi.
Senza alcun preavviso, e d’istinto, mi sporsi verso di lui, che tornò a essere guardingo. Gli lasciai un innocente bacio sulla guancia, e potei percepire il suo profumo.
Sapeva di sole, di caldo, di fiori esotici e deserti caldi. Così diverso da Shad che mi ricordava la notte scura e le piogge invernali.
Mi bloccò le braccia con un movimento fulmineo da entrambe i polsi, pronto a colpire se ce ne fosse stato bisogno. La mia eccessiva vicinanza lo aveva turbato, e mi parve privo di difese. Furono solo pochi secondi, poi scosse il capo e lasciò i miei polsi arretrando di qualche passo mentre si toccava la guancia là dove le mie labbra lo avevano sfiorato.
Immaginai che per lui fosse stata un’esperienza singolare, essere così vicino ad un asmodiano e non essere attaccato. Ma infondo, cosa avevamo di diverso io e lui? Dov’era scritto che dovevamo odiarci senza nemmeno conoscerci?
“Avrei potuto ucciderti, se fossi stato un po’ più avventato”, mi disse con tono inespressivo puntandomi addosso i suoi occhi verdi.
“Non avevo alcuna intenzione di aggredirti”, risposi io con tono neutro.
“Lo so, ho già capito che tipo sei”, un sorrisetto malizioso gli trasfigurò il viso. “Sei una fanatica della pace e dell’amore fraterno tra Daeva elisiani e asmodiani”. Scosse il capo ridendo. “Mi dispiace infrangere i tuoi sogni dolcezza, ma è un’utopia”.
Aprii la bocca per ribattere , ma lui stava già riprendendo a parlare. “E comunque un gesto del genere non verrebbe visto di buon occhio, nemmeno dal tuo popolo, quindi non farlo più”.
Da come parlava mi diede l’idea che volesse impartirmi una lezioncina di vita. Peccato che io nella vita, avevo sempre fatto di testa mia. La sua mancata ostilità, oltretutto, non faceva che accrescere la mia curiosità nei suoi confronti.
“Un’elisiana, da noi, è stata condannata a morte per avere intrattenuto relazioni con un asmodiano”, concluse riprendendo l’arco tra le mani.
Guardai il meraviglioso arco brillare tra le sue mani, ne rimasi affascinata. Annuii tristemente. Non sapevo che si potesse arrivare a tanto. La pena di morte, addirittura.
“Mi dispiacerebbe se dovesse finirti così”, continuò lui con un mezzo sorriso prendendo una freccia tra le mani. “Infondo, sei l’unica asmodiana che mi sta simpatica e che incontro per la seconda volta senza uccidere”.
Si levò il cappuccio sulla testa. Sotto il nero della pelle della giubba il roseo colore della sua pelle, e la cicatrice che gli tagliava l’occhio, obliqua, risaltarono più del solito.
“Adesso sarà meglio che vada, la mia legione mi aspetta a Sanctum per una riunione”.
Mi rivolse un sorriso bellissimo che mise in risalto i suoi denti bianchi e perfetti. I suoi occhi verdi e luminosi mi guardarono un’ultima volta poi mi voltò le spalle e si dileguò. Vidi solo i cespugli da cui mi ero lanciata poco prima essere investiti da qualcosa di incorporeo e capii che aveva abbandonato la radura. Ero rimasta sola, tra i cadaveri di balaur silenziosi e senza vita, col cuore che batteva un po’ più forte del solito per via di quel sorriso mozzafiato.
  
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