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Autore: Selhen    11/06/2014    2 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando riaprii gli occhi era già mattino inoltrato. Il cupo sole di Asmodae illuminava con la sua luce debole la terra e le case di Pernon.
Mi risvegliai dopo quello che mi parve solo qualche minuto ma già la luce entrava prepotente nella stanza insinuandosi  tra le tende della finestra. Con un grosso sbadiglio mi misi a sedere sul letto e mi stropicciai gli occhi, pronta ad affrontare quella nuova giornata.
Raccolsi i vestiti che avevo depositato malamente ai piedi del letto la notte prima, e chiamai lo shugo servitore perché mi portasse una bella tazza di caldo latte di brax.
Quando Mnerunerk venne, allegramente, con un grosso vassoio tra le mani, gli rivolsi un enorme sorriso.
“Buongiorno cara, jang jang”, disse.
Ridacchiai al suo modo strampalato di parlare e a quel verso finale che rendeva ogni cosa che diceva buffa e simpatica.
Afferrai la mia tazza di latte e la tracannai senza tanti accorgimenti. Di Mnerunerk non mi intimidivo, mi conosceva dai giorni della mia ascensione, da quando, insomma, ero diventata una Daeva e mi era stato assegnato quell’alloggio a Pernon con tanto di shugo maggiordomo.
“Oggi siete in splendida forma, padrona, jang jang”.
Rivolsi il mio sguardo allegro allo shugo che mi stava osservando con i baffetti tremolanti. “E tu sei un ruffiano come sempre, Menrunerk!”, risi.
Mnerunerk parve imbarazzato da quell’affermazione, perché dondolò sul posto guardandosi le zampette.
Il suono del campanello distolse la sua attenzione dai suoi piedi e vidi Mnerunerk volare alla porta per accogliere il nuovo arrivato.
Doveva trattarsi di Saephira, la mia migliore amica. Una barda strampalata e lunatica con cui avevamo trascorso insieme gli ultimi anni da umane prima dell’ascensione.
“Buongiorno sorellina!”, udii dall’ingresso, poi una massa di capelli argentei mi coprì la faccia e mi sentii stritolare.
“Ciao tesoro!”, la accolsi con un abbraccio.
Saeph mi stampò un grosso bacio sulla guancia e si sedette stancamente sul letto col suo ampio ed elegante gonnellone da barda.
Era una ragazzina bassa ed esile, raffinata nell’aspetto ma un po’ meno nei modi. I capelli argentei e ondulati finemente acconciati e stretti con un fermaglio dietro la testa, con la frangia che le copriva parzialmente la fronte. Le labbra sottili e disegnate erano rosee nel viso estremamente pallido, come il mio. Gli occhi celesti coronati da lunghe ciglia e alle sue spalle non potevano non mancare un’arpa e un archetto, essenziali ad ogni bardo per evocare la loro magia con l‘ausilio della musica.
“Pernon è in subbuglio oggi!”, disse lei stendendosi sul letto e puntellando un gomito per reggersi il mento. “I mercanti hanno invaso la piazza con le loro mercanzie”.
Mi infilai il corpetto mentre la ascoltavo e chiesi a Saeph di aiutarmi a tirare le cinghie.
“Oggi vieni con me a Pandemonium” le annunciai.
“A Pandemonium?! Ma non ho tutti questi soldi per andare a far compere nei negozi di lusso di Pandemonium!”
“Shhh”, la zittii con un’occhiataccia.
“Credevo ci limitassimo al mercato di Pernon!”, piagnucolò.
Avevo finito di indossare gli stivali e mi diedi una controllatina allo specchio rifacendomi il trucco in modo accurato. Con la matita nera tracciai un disegno sotto l’occhio sinistro. Per quanto potesse sembrare strano non era difficile trovare gente, tra gli asmodiani, con tatuaggi e trucchi pesanti che gli decorassero il viso, o in alcuni casi, perché no? Glielo deturpassero anche.
Quando fui pronta e messa in tiro dissi a Saeph di seguirmi e salutai con un bacio sul capo il mio shugo servitore.
L’aria fresca e il profumo di fiori di Pernon mi accolse, gli uccellini cinguettavano pigri e il rumore di passi e parlottii concitati mi indicò che la città era ormai completamente sveglia.
Pernon, la città della pace, il posto utopico in cui ogni asmodiano poteva dormire sonni tranquilli, lontano dalla minaccia elisiana o della guerra.
Io e Saephira ci recammo al teletrasporto dove pagai per entrambe e attraversammo un profondo varco che ci risucchiò oltre lo spazio e il tempo per catapultarci coi piedi per terra sul suolo della piazza di Pandemonium.
Salutai con un cenno della mano il responsabile del teletrasporto di Pandemonium, ci conoscevamo da un pezzo, poi rivolsi lo sguardo verso Saephira che stava fissando incantata un bel tipo asmodiano intento a esporre i propri bottini di guerra al miglior offerente.
“Chi è?”, le chiesi.
“È un tipo della mia legione, un tribuno, ed è bello”, terminò con occhi languidi.
Ridacchiai. Saeph e le sue cotte improvvise! Era ancora alle prime armi e questo spiegava il perchè di quello sguardo affranto. Tra gli asmodiani, per quanto si fingesse di no, il rango contava parecchio.
“Diventerai anche tu forte e valorosa, e allora farai colpo su di lui!”. La oltrepassai dirigendomi verso il ponte Vifrost per attraversare la coperta e rumorosa strada del Mercato che portava alla piazza principale. Con Saephira sempre alle mie spalle proseguii dritta per un po’ e svoltai a destra alla volta di una gradinata, facendo ingresso nella imponente e lussuosa Strada della Prosperità. Davanti a noi si parò il magnifico Colosseo di Triniel dove spesso si svolgevano sanguinosi combattimenti tra Daeva.
“No Selhen, davvero, torniamo a Pernon!” protestò Saephira tirandomi per un braccio.
La ignorai e continuai a camminare fino alle gradinate che portavano al negozio di abiti più lussuoso che ci fosse a Pandemonium: la Boutique di Vanahal.
Salutai i numerosi commessi presenti e mi rivolsi alla mia commessa di fiducia. In quanto soldato e responsabile di missioni piuttosto fruttuose potevo permettermi abiti del genere, e poi avevo un’immensa passione per i vestiti di ogni genere.
“Un vestito per questa signorina qui?” dissi sorridente indicando la mia amica. La ragazza, dal canto suo, era sbiancata, consapevole che neanche se avesse ipotecato casa sarebbe riuscita a pagare un vestito del genere.
La commessa incaricata tirò fuori uno dei suoi abiti più belli, un tubino di scaglie rilucenti che lasciò tra le mani di Saephira perché lo provasse.
“Su provalo”  la incitai vedendola dubbiosa mentre contemplava l’abito di ottima fattura.
Piccola e fine com’era, quell’abito le stava un incanto.
“Sei meravigliosa”, la accolsi quando la vidi uscire dal camerino. “Lo compriamo!” conclusi rivolgendomi alla commessa.
Vidi Saephira, abituata ai soliti gonnelloni, contemplarsi preoccupata la gonna corta, io intanto avevo già sborsato alla commessa i due milioni di Kinah per pagare.
“Ehi, ehi!”, protestò la mia amica, “Selh! Che stai facendo?”.
Le sorrisi, “è un regalo, un mio regalo. Trattalo bene!”.
 
Avevamo trascorso la mattinata così, per le vie di Pandemonium. Per quel giorno avevo deciso di tralasciare le mie missioni e dare una mano alla mia migliore amica per  trovare un tizio a cui avevano ordinato di recapitare una lettera. Pranzammo insieme alla taverna Apellbine e lì, ne approfittai per raccontare della mia curiosa avventura con l’elisiano. Saephira rimase affascinata.
“Che gentiluomo! Era bello?”, domandò tutta esilarata.
Mi balenò nella mente il suo sorriso, i suoi occhi verdi disarmanti. Annuii. “Bello quanto pericoloso”.
Lei non rispose, parve piuttosto crucciarsi. “Perché dobbiamo odiarci?”, sospirò, “perché la guerra? Non sarò mai pronta per la guerra”.
“Sebbene io sia più forte e addestrata di te, non mi sento pronta neanch’io”, dissi tristemente ripensando alla guerra che imperversava nelle guarnigioni del Katalam.
“Voglio credere che un giorno sarà tutto finito”, terminò Saephira buttando giù l’ultimo sorso di vino annacquato. “Sarei così curiosa di vedere un elisiano da vicino”.
Sbattei le palpebre e le mie iridi rosse tremolarono. “Non penso che quando proverai l’atroce dolore di una freccia tra le costole dirai la stessa cosa”.
Saephira arricciò il labbro. “Sono davvero così crudeli?”.
Sospirai. “Buona parte”. Senza dilungarmi ulteriormente in quella conversazione mi alzai in piedi per andare a pagare.
“Adesso devo salutarti Saeph, il capo legione mi aspetta”. Un velo di tristezza mi trasfigurò il viso. “Devo andargli a riferire i miei insuccessi”.
La mia amica annuì e mi stritolò in un abbraccio. “Grazie di tutto Selh”, sorrise guardandosi il vestito nuovo. “E grazie per questo”, lo indicò con una mano.
“Figurati”, le sorrisi dolcemente prima di uscire dalla taverna con un ultimo cenno di saluto e lasciarla seduta al tavolo.
 
Io e Death ci eravamo dati appuntamento all’ingresso del tempio dell’oro, in un angolino appartato dove avremmo potuto parlare, e quel posto non era tanto distante dalla taverna nella quale avevo appena mangiato con Saephira.
Raggiunsi il sontuoso portone in pochi passi e varcai la soglia, svoltando la parete. Infondo al tempio doveva esserci Death, il grosso omaccione col coprifronte e i capelli ribelli color argento, tanto grande quanto buono.
Lo vidi, proprio nell’angolo in fondo.  Portava una pesante armatura di combattimento e uno spadone fissato alla schiena. Tutto di lui faceva pensare alla forza e all’imponenza.
Quando mi vide da lontano mi salutò allegramente con la grande mano guantata tornando poi a tuffarsi in un’accesa conversazione con un interlocutore che da lontano non riuscii a riconoscere perché parzialmente nascosto da una colonna.
Allungai il passo nella sua direzione portando nervosamente indietro una ciocca di capelli. Abbozzai un sorriso dalla sua parte pensando mentalmente a come impostare il discorso, quando all’improvviso mi si raggelò il sangue nel vedere il misterioso interlocutore di Death.
Capelli blu notte come gli occhi, barbetta e viso dai tratti spigolosi. Gelidamente bello.
Shad.
Era così intento a parlare che non mi aveva ancora notata, ma a me il cuore era iniziato a battere all’impazzata.
Ripensai al nostro primo e unico bacio, alle notti di pianto che solo Saephira aveva saputo sopportare e alleviare, a quella mancanza assurda, a quel vuoto che niente e nessuno era stato in grado di colmare.
Shad era là, davanti a me, dopo mesi che non lo incontravo. E la sua bellezza e la sua sicurezza erano spiazzanti come sempre.
Mi feci coraggio e tirato un profondo respiro raggiunsi Death ostentando una falsa sicurezza. “Buongiorno Death… Shad”, lo liquidai con un cenno del capo senza degnarlo di uno sguardo.
“Guarda un po’ chi abbiamo qui”, mi accolse Shad come se nulla fosse. Sentii il suo sguardo bruciante addosso, mi stava fissando sfacciatamente mordendosi il labbro inferiore col suo solito ghigno.
Death mi sorrise dolcemente. “Ciao piccola Selh, per fortuna ieri te la sei cavata anche tu”, si grattò una guancia appoggiandosi alla parete. “Io e Shad stavamo parlando della disfatta di ieri e beh…”, rise, “stavo provando a persuaderlo mostrandogli tutti i vantaggi nel tornare nella nostra legione”.
Pensai a che incubo sarebbe stato se Shad fosse tornato in legione, ma ovviamente Death non poteva essere a conoscenza dei nostri precedenti. Deglutii visibilmente in difficoltà, volevo chiudere subito quella conversazione e tornare a casa.
“Su, riferiscimi come sei riuscita a tornare ieri!”, mi incalzò Death.
Annuii e mi lanciai a capofitto nel racconto, parlando della sosta sul fiume, dell’elisiano clemente e di come avevo quasi rischiato la vita in agguato. In tutto ciò mi sforzai di ignorare Shad, che ovviamente quando parlai di Velkam si intromise.
“Guarda, guarda, la piccola Selh, fa strage di cuori tra gli ufficiali elisiani più pericolosi! Velkam poi…”, rise sarcastico.
Lo fulminai con lo sguardo. “Perché? Lo conosci?”.
“Certo che lo conosce”, intervenne Death, “Velkam è il capo di una delle più pericolose e devastanti legioni elisiane. Ritieniti molto fortunata. Per poco Shad non ci lasciava le penne, sotto le sue spade affilate”, scoppiò a ridere.
“E alla signorina bastano un paio di occhioni a calamita per farsi risparmiare, mmh, dovevo nascere donna”, riprese Shad, a quanto pareva divertito dalla discussione.
“Non c’è arma più letale della seduzione!”, scherzò Death.
Mi imbronciai. “Io non ho fatto assolutamente nulla, Death!”.
Shad si era messo a braccia conserte a scrutarmi. Il suo sguardo era indecifrabile. Stava pensando anche lui a quello che era successo tra noi?
“Ad ogni modo, ti ho convocata anche per annunciarti dell’altro”, disse Death. “Per domani io e Shad abbiamo organizzato un’alleanza per riconquistare la fortezza di Sillus, a Katalam Nord. I generali elisiani ce l’hanno soffiata ieri notte e dobbiamo riprendercela. Si va in guerra!”.
Guerra. Ecco che tornava nuovamente quella parola che odiavo.
“E tu, per la prima volta, sarai dei nostri”, concluse placido Shad battendomi amichevolmente una spalla.
Rabbrividii a quel tocco e i nostri sguardi si incrociarono per un attimo, riaprendomi una voragine nello stomaco.
“Hai mangiato, ammaliatrice di elisiani?”, mi domandò Shad assolutamente tranquillo.
Esitai a rispondere, poi annuii frettolosamente.
“Che peccato, e io che volevo invitarti a pranzo”.
Death scoppiò a ridere. “Io credo che andrò ad abbuffarmi alla Apellbine. Sapete che senza cibo non combatto bene!”, si stiracchiò. “A presto giovani,e ciao a te, traditore!”, diede una pacca a Shad apostrofandolo scherzosamente. “Da noi sei sempre il benvenuto, in legione, diglielo Selh!”.
Sorrise congedandosi con un cenno e lasciandoci soli, faccia a faccia, per la prima volta dopo tanto tempo.
Abbassai lo sguardo imbarazzata e umiliata, non avrei avuto la forza di controbattere alle sue battutine, non in quel momento.
“E così sarei il benvenuto?”, disse placido ridacchiando mentre assumeva un’espressione pensierosa. Non risposi.
“Ti trovo cambiata” esordì Shad in un nuovo tentativo osservando le mie nuove armi e la mia nuova tenuta. Sorrise enigmatico, “Cresci bene”.
Mi fece cenno di seguirlo e un po’ incerta eseguii. Ci mischiammo tra la folla della piazza finchè lo vidi svoltare verso la strada della Prosperità.
“Dove andiamo?”, gli chiesi.
“In nessun posto”, rispose lui tranquillo, “avevo voglia di fare due passi”.
Proseguimmo per il viale e lo vidi soffermarsi al colonnato di fronte il distretto di Vanahal, là dove quella mattina io e Saeph avevamo comprato l’abito.
“Come ti trovi nella nuova legione?”, chiesi tentando di fare conversazione, imbarazzata.
“Non bene”, disse lui enigmatico sedendosi sul bordo dell’aiuola rigogliosa, tra una colonna e l’altra. “Ma neanche male”.
Sospirai, le sue solite risposte elusive. Rimasi in piedi, distante. Non volevo abituarmi alla sua presenza perché sapevo che tra qualche minuto sarebbe sparito. Ormai lo conoscevo bene.
“E tu? Come stai?”, mi chiese a bruciapelo.
Male… avrei voluto dire, ma mentii. “Bene, tiro avanti e do il massimo per migliorarmi”.
Un sorriso sincero gli illuminò il viso, poi balzò in piedi. “Tempo al tempo e diverrai forte”, disse annuendo per poi indugiare con lo sguardo sulle mie labbra.
“Ci vediamo alla Sillus, Selhen”, terminò facendomi l’occhiolino.
“Ci vediamo ala Sillus, Shad”, replicai freddamente le sue stesse parole.
“Vado, la mia legione mi attende”, terminò lui tranquillo. Aprì un portale con un movimento del braccio e prima di buttarsi dentro mi mandò uno sfacciato bacio con la mano.
Quando vi fu sparito dentro, il varco rimase ancora a galleggiare nell’aria per qualche secondo, poi svanì.
Avevo pensato con orrore che rivivere quel momento sarebbe stato terribile, ma così non fu. Mi stavo abituando all’assenza di Shad, e ogni giorno che passava, il dolore era sempre meno lacerante.
Evocai Daf, la mia cagnetta, e mi chinai ad accarezzarla pensierosa. Lei scodinzolò.
“Vieni Daf, torniamo a casa”, le dissi dolce e malinconica raddrizzandomi. A passo lento mi preparai a tornare a Pernon, cercando di evitare il pensiero di Shad per tutto il viaggio di ritorno.
Che io ci fossi riuscita o no, a evitarlo, quello non era importante. Dopotutto domani ci saremmo rivisti alla Sillus. A quanto pareva ero destinata a dovermelo ricordare sempre, e la ferita si riapriva, ricominciava a sanguinare. Avrei sanguinato il doppio, in uno dei momenti più inopportuni. In guerra.
 
[In questo angolo dell'autrice voglio approfittare per ringraziare Andrea, che mi segue sempre e mi supporta con le sue entusiasmanti recensioni. E le mie migliori amiche: Mikachan e la Saephira della storia, a cui ovviamente mi sono ispirata u.u
Non so quando potrò aggiornare il prossimo capitolo. Volevo postarvi le immagini di Velkam e Selhen, ma non so come fare. Qualcuno che mi sappia consigliare? Bacione.]
  
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