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Autore: Mirajade_    15/06/2014    4 recensioni
Anni di guerre e rivolte hanno portato a nulla… morte e sangue. Città oramai impossibili d’abitare e specie estinte da tempo, come la razza umana.
La Terra è completamente deserta e i pochi abitanti non sono umani e riempiono a mala pena una città. Una città che viene usata per allenare, per distruggere e uccidere, dove i bambini non conoscono i loro genitori e vagano da soli, cercando qualcosa in luoghi rivoltanti o uccidendo. Lì i ragazzi imbracciano armi e eseguono sacrifici. Lì gli adulti muoiono per pessime condizioni di vita.
Un mondo parallelo, diviso in quattro terre, rischia di cadere in mano a un dittatore che vuole solo potere, uccidendo… uccide, nella terra di cui è padrone, giovani ragazzi mandandoli in arene, alla ricerca di anime potenti. Lì sei ragazze sono diverse, e sperano di morire velocemente, chiudendo gli occhi e pregando che la lama che le trafiggerà sarà quella del proprio, fratello, amico, guerriero.
Nasceranno, vivranno , soffriranno, ameranno, moriranno e piangeranno sangue.
L’unico, loro, desiderio è quello di finire nell’Altro Lato della Luna.
***
Aulampia era il nuovo angelo, la nuova divinità, la nuova guerriera.
||SOSPESA||
Genere: Fantasy, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Dawn, Gwen, Heather, Sierra | Coppie: Alejandro/Heather, Bridgette/Geoff, Duncan/Courtney, Duncan/Gwen, Trent/Gwen
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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They say pain is an illusion
This is just a bruise
And you are just confused
But I am only human
I could use a hand sometimes
I am only human
 

 
La lama passava sopra il polso scuro dividendo in due la pelle. Dalla ferita usciva copioso il liquido rosso scarlatto iniziando a macchiare le mattonelle ocra di quel luogo sacro.
La ragazza iniziò a piangere, non per il dolore fisico, ma per il dolore provato durante i suoi diciotto anni di vita, quando veniva derisa, quando veniva torturata, quando doveva inchinarsi davanti ai superiori.
La statua d’oro guardava le gocce rosse e il suo viso sembrò farsi più cupo.
 
-Dov’è?!- chiese Sierra  alle due donne, le Retturanti, le donne della giustizia, della morte, coloro che decidevano chi doveva morire e chi non, le servitrici del dittatore Cristopher.
Indossavano lunghe vesti nere con un cappuccio che copriva loro il viso magro, quasi ossuto, facendo risaltare i lunghi capelli argentei.
Dietro di loro un’imponente porta era chiusa da grosse catene d’oro. Incisa fino alla fine, si estendeva come una gigantesca statua di pietra pronta ad uccidere chiunque l’ avrebbe attraversata: si entrava vivi, si usciva morti.
-Ho chiesto dove l’avete portata!- ripeté Sierra anche se sapeva che delle donne senza lingua non potevano parlare.
-Se non volete dirmelo, la cercherò io!- scostò le donne e cercò d’aprire la porta ma fu respinta indietro da una strana forza. Le Retturanti si trovavano ai suoi lati con gli occhi privi di colore, completamente bianchi, i palmi delle loro mani erano rivolti verso la ragazza che le guardava con odio.
-Non potete farlo! E’ potente! Riesce ad essere autonoma, a combattere, sa cavarsela da sola ed è una delle migliori allieve dell’istituto- gridò la quattordicenne presa dal panico.
Il portone si aprì e due guardie vestite completamente di nero si affrettavano a trasportare un minuto corpo di una dodicenne. Le palpebre erano abbassate e i capelli verde muschio era legati in un chignon in parte disfatto che lasciava delle ciocche libere sul viso chiaro della ragazza.
Sierra guardò il corpo e urlò disperata coprendosi la bocca con una mano.
-Cosa avete fatto?! Jack, Jack svegliati per favore- le guardie si erano fermate come se le avessero concesso di dare un ultimo sguardo alla sorella e di salutarla come si deve.
-Jack, per favore, svegliati!- accarezzò la guancia della sorella e subito dopo si accasciò a terra piangendo lacrime amare mentre il suo intestino le si aggrovigliava.
Le guardie si allontanarono con il corpo mentre lei stringeva le sue braccia all’altezza della pancia come per far alleviare il dolore troppo forte,sentiva la voglia d’urlare farsi sempre più grande, di piangere. Uscì un'altra figura dalla porta che guardò disgustato la ragazza accasciata a terra e se ne andò seguito dalle Retturanti.
Sierra alzò il viso completamente umido mentre immaginava quell’uomo coperto dalle fiamme; le braccia erano ancora strette intorno alla sua pancia mentre lei incominciava a eseguire respiri forzati e spezzati.
Era da sola.

 
Il ricordo di quella vicenda era come una ferita che ardeva intensamente, aperta.
Si appoggiò con la schiena alla statua mentre guardava un punto indefinito della grande stanza sacra sentendo il suo braccio perdere lentamente consistenza.
Le piaceva la sensazione di vuoto che si formava mentre la lama la lesionava, e pensava ogni volta al viso perfetto dell’imperatore coperto di tagli, e rideva, mentre il sangue le imbrattava gli abiti ei suoi pensieri volavano a immagini macabre di morte e tortura dove la vittima era solamente uno.
Cody premette l’indice sull’erba sporca di sangue e lo strofino con il pollice per capire da quanto tempo quel liquido scarlatto si trovava sparso sul manto verde.
Non era il tipo che amava la pratica durante le ore di lezione, si dilettava di più sulla teoria e sulla storia delle divinità, greche,romane,egizie,indiane,taoiche e soprattutto la storia d’Aulampia, dei suoi segreti, delle sue magie. Nonostante il regolamento prevedesse che non si doveva avere a che fare con l’altra specie, neanche con la loro storia, lui ogni tre giorni entrava nell’immensa biblioteca di libri impolverati: in pochi leggevano quei manuali ricchi di cultura e storia.

-Già finito?- chiese la bibliotecaria, la signora Harada, una donna di venticinque anni che per sfortuna o per fortuna non aveva ereditato nessun potere solamente la capacità di vedere il futuro, ma non sempre le sue previsioni erano esatte.
-Si. Sapevate che le sacerdotesse racchiudevano i loro templi sotto terra?! E che possono entrarci soltanto con un incantesimo del sangue?!- il ragazzo posò il libro dalla copertina blu su un tavolino ed iniziò a girare per la grande biblioteca salendo sulla scala a chiocciola e prendendo alcuni libri impolverati.
I suoi occhi brillavano di felicità come quando un bambino si ritrovava davanti ogni sorta di dolce.
-Cody, ti ho sempre detto di non prendere i libri dell’ultimo scaffale! Sai che le regole prevedono di non sapere nulla delle sacerdotesse e della loro storia, se ti scoprissero ti ucciderebbero senza pensarci- la signora Harada guardò dal basso il ragazzo che si mordeva freneticamente il labbro.
-Sono disposto a rischiare. Sa quanti segreti, quanta meraviglia, racchiude la magia di quelle ragazze?!-
-Ho saputo che domani inizierà il programma dell’imperatore. Scommetto che sarai emozionato nel vedere da vicino una sacerdotessa-
-Non proprio… sono molto… sadiche e vendicative a causa della discriminazione dei guerrieri e dell’imperatore-

Cody si riscosse dai suoi pensieri e si ricordò del tredicesimo capitolo sui luoghi sacri delle sacerdotesse.
Il sangue essendo ancora fresco poteva ancora portare in qualche tempio e sentiva che la ragazza dai capelli viola si trovava lì, forse a pregare su una statua della sua divinità.
Poggiò il palmo di una mano sul liquido mentre con l’altra estraeva il lungo pugnale dal suo stivale.
Sapeva che avrebbe dovuto fare un grande sforzo: per un guerriero era molto doloroso e affaticante attraversare un portale che racchiudeva un incantesimo di sangue.
Chiuse gli occhi e sentì la terra mancare sotto i suoi piedi e l’aria farsi più densa, faceva fatica a farla entrare e uscire dai propri polmoni. Quando il senso di vuoto scomparve aprì gli occhi ritrovandosi con il sangue fino al gomito.
Cerco di incassare più aria possibile per evitare d’urlare quando avrebbe sentito piano le sue ossa frantumarsi e ricomporsi e gli occhi lacrimare un intenso liquido bruciante.
Abbandonò il pugnale per terra non avendo coraggio di guardarlo come se si sentisse in colpa, poi lo prese e lo tirò facendolo conficcare su un fuoco intagliato nel muro, le sembrò di sentire il crepitio di quelle fiamme espandersi nella stanza, sembrava un verso strozzato, ma ingoiò l’ipotesi che qualcuno fosse lì con lei con amarezza e sollievo.
Ripensò a quante volte aveva sognato che da quel corridoio comparisse la figura di sua sorella con il suo solito sorriso.
Sentì dei passi e d’istinto si alzò in piedi contraendo le mani, come se dovesse sfoderare dei lunghi artigli, e il sangue,che giaceva per terra, si cristallizzò e si alzò in aria prendendo la forma di lunghe spine, puntate tutte verso il corridoio dal marmo blu e ocra.
Si avvicinò lentamente mantenendo con la sola forza del pensiero le spine di sangue in aria e raccolse il pugnale conficcato nel muro.
Sentì tossire.
-Chi è la?!-
Non ricevette risposta. Poi lo vide mentre si muoveva zoppicante massaggiandosi il polso con gli occhi rivolti verso le pareti intagliate.
-Ah…- disse lasciando cadere le spine con un suono che ricordava degli spilli –sei solamente tu…-
Il ragazzo smise di guardare le pareti e mentre si sentiva il suono di un osso che si ricomponeva la squadrò con sguardo indifferente e le labbra socchiuse.
-Che ci fai qui? Come sei entrato?!- Sierra sbatté a muro il ragazzo puntandogli il pugnale alla’altezza della gola.
Cody mostrò un sorriso di superiorità:- E’ la prima volta che vengo minacciato da un’autolesionista- avvicinò la sua mano alla ferita sul polso di Sierra che si ritrovò, dopo pochi secondi, con la schiena sul muro.
-Cosa vuoi da me?!- chiese gridando
-Voglio ricordarti che abbiamo degl’ordini da seguire. Non posso lasciarti un attimo da sola prima del completo oscuramento del sole- il ragazzo la lasciò andare ed inizio a vagare per la stanza, fermandosi su qualche parete e ammirando i segni incisi.
-Che stai facendo?!- chiese la ragazza vedendo Cody incantato da quelle mura.
-Sto leggendo, mi pare ovvio-
-Da quando i guerrieri sanno leggere certi geroglifici?- la ragazza iniziò a passarsi lentamente la mano sopra la ferita facendola richiudere.
-Beh, non lo dico per vantarmi, ma penso di essere l’unico che è in grado di farlo. E’ proibito avere a che fare con la vostra storia-
Sierra si affianco a lui iniziando a guardare anche lei quei segni cercando di capirli ma con scarso successo: era proibito anche alle sacerdotesse di leggere i geroglifici, potevano rivelare leggende e segreti che avrebbero causato rivolte.
-Ora basta! Andiamocene- disse Sierra stanca di fissare le pareti nella speranza di capire qualcosa
-Queste storie sono fantastiche…- disse quasi in un sussurro Cody
La ragazza si allontanò da quelle pareti sospirando un “Seguimi” mentre si dirigeva dietro la grande statua d’oro. Sette pedane erano poste intorno ad un altare con una sfera di luce simile a quella tra le mani della statua.
-Le sette figlie di Aulampia- disse Cody ammirando le sette postazioni
-Aulampia non aveva figlie- rispose la ragazza con tono di superiorità
-La maggior parte lo pensano. Su queste pareti si narra che Aulampia abbia donato il suo sangue a sette neonate-
-Anche se fosse sarebbero morte. Parliamo di cinquecento anni fa-
-No, se il sangue si tramanda seguendo le leggi di Mendel-
-Le leggi di chi?!-
-Mendel. Mai studiato genetica?-
-Non studiamo materie Gaerele*-
-Neanche noi se per questo ma molti libri ne parlano. Secondo Mendel esistevano caratteri dominanti e recessivi. Quelli dominanti, come dice il nome, prevalevano su quelli recessivi. Il sangue di Aulampia era come un carattere recessivo: si trovava sulle loro figlie ma non lo mostravano, così le primogenite di queste ragazze portavano dentro di loro quel sangue senza, però, saperlo e mostrarlo.
La leggenda narra che coloro che avranno tutte diciotto anni ,quando quel sangue si “mostrerà” sotto forma di potere, ma non si sa di preciso in quale anno avverrà. E’ scritto anche che ci sarà una traditrice che verrà ripudiata dalle sorelle e dalla madre-
Sierra rimase affascinata da quella storia e per un secondo le balenò in testa l’idea che forse lei sarebbe stata una di quelle sette ragazze.
-Muoviamoci- disse poi facendo un respiro strozzato
Si mosse velocemente su una pedana, doveva essere la terza.
-Dopo di me vai tu. Non perdere tempo a controllare le altre: non funzionano.-
Sierra si posizionò sopra la pedana e venne avvolta da fiamme dorate e blu. Sentì la sua pelle bagnarsi a contatto con quelle fiamme magiche, divine, bagnarsi d’intenso calore che però non bruciava.
Aveva letto che certe pedane volevano far provare un piacere pungente mai esistito che cambiava di persona in persona.
Riaprì gli occhi e riconobbe il grande istituto e le grandi macerie di un tempio distrutto che la circondava. Sotto di lei la pedana aveva cambiato colore, dal marrone al nero.
Spostò lo sguardo su una torre dell’istituto, dove un grande orologio segnava l’ora.
Gli restavano venti giorni, sette ore, ventisei minuti prima di morire e ricongiungersi a sua sorella.
 
Heather si  massaggiava quasi violentemente il marchio nella speranza di non sentire più dolore ma sentiva ogni frammento di pelle bruciare fino ad arrivare alle vene sentendo il suo braccio più leggero.
Ogni volta che passava la mano sopra il marchio le vene rosso-nere si facevano sempre più evidenti espandendosi verso il gomito e poi verso la spalla.
-Hai bisogno d’aiuto?- gli chiese  Alejandro appoggiato ad un muro dell’istituto davanti a lei.
Da quando avevano lasciato l’aula grande non avevano osato parlarsi nonostante la curiosità di Heather di sentire la voce del ragazzo davanti a lei. Si era precipitata fuori non aspettando nessuna delle sue amiche uscendo dall’Istituto come per nascondersi da tutte quelle occhiate di pietà rivolte verso di lei e forse era così: detestava essere compatita soprattutto dalle sue compagne ne tantomeno da qualche guerriero con un briciolo di cuore.
Si era seduta in angolo della grande pianura sperando di essere da sola ma i suo desideri non vennero ascoltati.
-Ricordami perché non posso mandarti in ipotermia e farla finita con te- Heather non distolse lo sguardo dal suo braccio ma poté vedere Alejandro che sfoggiava un sorriso rivelando perfetti denti bianchi. Non si era soffermata a guardarlo ma aveva memorizzato ogni particolare di lui, dai capelli corti sopra la nuca, agli occhi verde chiaro che tendevano al castano, al pizzetto sul mento, all’orecchino d’argento scuro che dava un aria molto più carina alle orecchie leggermente a punta.
-Forse perché, non saprei, è un ordine?!- disse ironicamente Alejandro con fare ovvio mentre il suo accento si faceva spazio tra le sue parole.
Heather si zittì non avendo la minima intenzione di iniziare un discorso cercando di distogliere ogni tipo di pensiero che avesse come punto chiave Alejandro ma la curiosità si faceva sempre più viva tra ogni riflessione.
-Qual è il tuo potere?- disse infine il ragazzo
Heather ghignò:- Vuoi una dimostrazione?!- il ghigno si trasformo in un falso sorriso caldo e sensuale e contemporaneamente crudele.
Alejandro la squadrò imitando leggermente l’espressione della ragazza davanti a se. Pian piano sentì le sue labbra farsi fredde e sentiva dei piccoli cristalli tra il solco delle due labbra che bruciavano leggermente fino a farle intorpidire. In pochi secondi si ritrovò le labbra ricoperte di ghiaccio, incapace di muoverle.
-Prima regola se vuoi sopravvivere accanto a me…- disse la ragazza mentre Alejandro si sfiorava le labbra e cercava di parlare –…mai fidarsi dei miei ghigni… anzi mai fidarsi di me- si alzò diretta verso la sua stanza.
Era già vicino all’istituto quando una creatura dal manto bianco le si parò davanti. Era un leone albino che ringhiava ferocemente. Non si fece intimidire da un micio troppo cresciuto come diceva lei.
Si girò verso Alejandro che ora era alzato poco distante da lei. Anche se aveva le labbra congelate Heather sapeva che stava ghignando sotto quello strato ghiacciato che trasmetteva odio.
-Carino il tuo animale domestico-
Alejandro alzò un sopracciglio ed indicò le labbra. La ragazza,controvoglia, le scongelò.
-Capisco che eri attratta da queste labbra ma addirittura congelarle, chica, è esagerato-
-Punto uno: Preferirei morire sventrata che provare un singola emozione, come la pietà, che riguardi te. Punto due: Non chiamarmi chica! E punto terzo: togli il tuo animale da qui!-
Alejandro sorrise, non era un ghigno, era un sorrise di puro compiacimento. Alzò la mano in aria rivolgendo il palmo verso l’animale famelico che si dissolse in una nube bianca che pian piano si infiltro tra le narici del ragazzo fino ad arrivare nei polmoni e prendendo possesso di una parte di quel corpo, o meglio, dell’involucro di due anime.
Gli occhi del ragazzo divennero per qualche secondo di un bianco intenso per poi ritornare il verde smeraldo che caratterizzava tanto quel viso dalla pelle scura.
Heather si rigirò eseguendo un smorfia strana, storcendo piano il labbro inferiore, come se non volesse far trasparire la sorpresa e la curiosità di scoprire i segreti di un’altra specie.
-Non so se mi hai sentito… ma dobbiamo rimanere in coppia fino a quando il cielo non si sarà oscurato-  proferì il ragazzo, ora, abbastanza seccato del comportamento della sacerdotessa –Chica- lo disse con un tono di prepotenza e superiorità che mirava solo a far scatenare l’ira della ragazza che cercava di contenersi. Tra tutte lei era quella con maggiori problemi nel controllo dei propri poteri.
-Vuoi giocare?- enunciò infine la ragazza che dopo un lungo respiro fece affluire tutta la sua forza nella mente e nel corpo che iniziava pian piano a diventare d’un bianco latte, quasi cadaverico, un color ghiaccio che faceva rabbrividire chiunque. Le sue iridi avevano assunto un colore azzurro-grigio –Allora giochiamo!- disse infine mentre si girava verso il ragazzo e congelava l’erba sotto i suoi piedi per poi fare uscire lunghi e acuminati stalagmiti di ghiaccio, che però non avevano intenzione di ferire il ragazzo.
Lui si mosse velocemente schivando ogni stalagmite.
“Bravo, ma non abbastanza” pensò Heather mentre sul suo volto si formava un ghigno, uno di quella sadici, che sapevano di strategia infallibile.
Chiuse gli occhi e li riaprì. Questa volta le stalagmiti iniziarono ad uscire più velocemente dal terreno, bloccando il ragazzo con le spalle a muro, che si limitò a sorridere.
-Sei brava, per essere una strega-
Heather si avvicinò velocemente e puntandogli una stalagmite al collo quasi gridò:- Che cosai hai detto?! Io non sono una strega. Io sono un essere superiore a te, ecco cosa sono-
-E sei anche egocentrica, chica-
-Prova a paragonarmi un’altra volta ad una misera strega e giuro che desiderai di non essere mai nato- la ragazza si allontano questa volta con l’intenzione di andare nella sua stanza fregandosene delle regole mentre il ghiaccio si scioglieva ad ogni tocco dei suoi piedi nudi – E per la cronaca… so di essere brava-  ghignò sadicamente al ragazzo e lo lasciò libero.
Mentre i suoi passi si facevano sempre più veloci sentiva il dolore al braccio farsi sempre più forte e i poteri scivolargli via dagl’occhi sotto forme di gocce sanguigne che si cristallizzavano e lasciavano i medesimi segni del sangue cicatrizzato.
Quelle erano lacrime di dolore miste ad angoscia, lacrime che non erano cristalline, non erano pure, erano macchiate da un potere troppo forte e troppo grande che ogni volta consumava internamente quella ragazza. Le vene del braccio iniziarono a pulsare come il congegno che faceva scorrere il liquido rossastro all’interno di loro, forse stava guarendo o stava peggiorando.
Si guardò indietro pregando che Alejandro non l’avesse seguita e ringraziò Aulampia quando non vide nessuno attraversare i corridoi, soltanto qualche ragazza che non voleva assistere alla lezione per fumare qualche sigaretta con fiori di Melania.*
Salì velocemente le scale fino ad arrivare al terzo piano dove lunghi corridoi partivano per i dormitori e i bagni. Si avviò per un corridoio le cui pareti erano piene di porte, finestre, e radici di ciliegio secco, arrivò davanti alla porta della sua stanza, consumata dal tempo, con qualche foro che era stato richiuso da resina o fiori di albicocco procurati da Bridgette. Entrò sbattendo violentemente la porta, così forte che si sentì un boato prolungarsi per un minuto, all’interno e all’esterno di quella stanza.
Pensò a come fosse stata stupida, dimostrando i suoi poteri, mettendo a rischio la propria vita, e soprattutto aver fatto vedere il proprio dono all’avversario che, forse, in quel preciso istante stava pianificando qualcosa per ucciderla nel giorno della sua prematura e orrenda morte.
Guardò il pavimento e richiuse le mani in un pugno così stretto che piccole gocce di sangue iniziarono a delineare le impronte delle mani.

La bambina si chinò un ultima volta a terra per prendere i suoi libri che erano caduti “accidentalmente”.
-Che c’è Heather?! Dove sono i tuoi poteri!- disse la bambina di appena otto anni  dal corpo goffo e brutto mentre calpestava incessantemente i libri della bambina dai lunghi capelli che ingoiava con immenso dolore le lacrime.
-Non lo vedi, Sugar?! E la solita, piccola sacerdotessa, che dice di avere grandi poteri ma non sa neanche raccogliere dei libri senza farseli calpestare- disse sorridendo malignamente Anne-Marie che assieme alla cugina,più grande di lei di pochi mesi, si prendeva gioco della sacerdotessa che non aveva intenzione di reagire anche se la maggior parte degli occhi delle studentesse erano puntati su di lei.
Era in quel momento che desiderava che qualcuno la venisse a salvare, magari la sua migliore amica, Jasmine, ma lei era più grande e quindi stava in un altro piano a vedersela con le piccole bullette che ogni giorni disturbano le sue compagne.
-Smett..tela- disse Heather singhiozzando
-Perché mai?! Così chiami il gigante… anzi no, la giraffa, del quinto piano?!- domandò Sugar che guardava le bambine intorno a se nella speranza di farle ridere, cosa che non accadde: tutte guardavano con sguardo annoiato, come se quella scena si ripetesse ogni giorno.
Nel frattempo per terra si stava formano un grande alone ghiacciato che tendeva ed espandersi.
-Ho detto basta!- la bambina si alzò urlando. Le mani erano completamente bianche e una stalagmite si conficcò tra il polmone e il cuore di Sugar che iniziò a lacrimare per il dolore e per il veloce soffocamento.
Le bambine lì intorno iniziarono a correre verso le loro stanze mentre le urla si facevano sentire e pian piano la sacerdotessa di ghiaccio iniziava a perdere i sensi mentre vedeva gocce perfette,rosse e calde caderle sulle mani pallide.
Svenne e l’ultima cosa che sentì furono le urla e il pianto di una cugina disperata. Ora lei era il mostro.

Ora lei era il mostro. Mostro perché a ucciso un innocente, mostro perché  le era piaciuto, mostro perché era stata causa di urla,dolore e pianti. Mostro perché al posto suo fu uccisa la sua migliore amica le cui ultime parole furono “Vivi la tua vita, Heather. Scappa da qui e porta giustizia in questa terra. Mi fido di te piccolo pupazzo di neve”.
 

*Gaerele: significa terresti; babbani;mondani;capitolini… (insomma i  comuni mortali)
*Fiori di Melania: sono dei fiori simili alla droga costituiti di sangue e polline. Chiamati fiori di Melania perché la leggenda racconta che il sangue che scorre tra le vene di quei fiori è lo stesso sangue dell’eroina Melania.

 

ANGOLO AUTRICE
Allora ragazze cosa ne pensate?!
Onestamente penso che sia il capitolo più penoso che abbia mai scritto, non mi convince pienamente, ma spero che possiate, quanto meno, apprezzarlo.
Allora avete già notato che ci sono i personaggi della nuova stagione e ce ne saranno molti altri in futuro.
A proposito della nuova stagione. Che ne pensate?! A me sta piacendo veramente molto e adoro Amy, anche se è la solita…ehm… str***a XD (?) che sottomette la sorella ma adoro la cattiveria anche se mi dispiace per la povera Saemy
Oltre alle due fantastiche gemelle, mi piace molto anche Sky, perché  ha le converse U.U…  oltre a questo (LOL) mi piace molto questo personaggio atletico che sa già qual è il suo scopo:vincere.
Prima di salutarvi vi dico che da ora e in poi i titoli di questa FF saranno i titoli di varie canzoni quindi se siete interessati ad ascoltarle premete il titolo.
Vi lascio con questa immagine photoshoppata da me, nella speranza che possa piacervi, raffigurante la nostra Heather e alla prossima CUPCAKES.
 (attrice: Megan Fox)

 
   
 
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