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Autore: asia_mia    15/06/2014    6 recensioni
«Io non voglio una relazione con lui…»
Alza lo sguardo e lo posa ancora su di me, stavolta è fragile, incerta, si morde il labbro inferiore e trattiene il respiro, non lo aggiunge eppure glielo leggo in faccia che ciò che pensa è ‘…voglio una relazione con te’.
«Elena..»
Scuoto la testa e mi allontano di un altro passo, lascio che un Oceano inondi lo spazio tra di noi, lascio andare zattere nel blu più profondo, senza provare minimamente a lanciargli un’àncora con cui restare aggrappate alla terra ferma.
Mi allontano e non ci sono già più.
Lei però è ancora lì, dall’altra parte della riva.
«Non dire niente per favore. Ho capito, tu non sei in grado e anche se lo volessi, questo non cambierebbe le cose.»
«Vedo che siamo d’accordo.»
«C’è solo una cosa che ti sfugge.»
«Quale?»
Fa un passo avanti, si butta in mare aperto e io resto a guardarla dalla mia sponda, sicura e conosciuta.
«Io non sono una bambolina nelle vostre mani. Non potete decidere al posto mio. Tu non puoi controllare me, cosa faccio o con chi voglio stare.»
«Ma posso controllare me, ed è quello che ho intenzione di fare.»
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alaric Saltzman, Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Pazzo, pazzo, pazzo...
 
Io non riesco a togliermi questi ricordi dalla testa.
E’ una specie di follia che ha cominciato a svilupparsi
io ho cercato con tutto me stesso di lasciarti andare..
ma c'è una specie di follia che mi sta mangiando vivo.
 
Ho finalmente visto la luce,
e ho finalmente realizzato
cosa sei per me.
 
E adesso ho bisogno di sapere
se questo è vero amore,
o se è solo la follia che ci sta mantenendo a galla,
ma quando mi volto e vedo tutti
i litigi stupidi che abbiamo avuto, capisco che
era questa specie di follia che prendeva il controllo.
 
Ho finalmente visto la luce,
e ho finalmente realizzato
di cosa hai bisogno.
 
Pazzo, pazzo, pazzo...
 
E adesso ho finalmente visto la fine
e non mi aspetto che a te interessi
e ho finalmente visto la luce
e ho finalmente realizzato
che ho bisogno del tuo amore,
che ho bisogno del tuo amore.
 
Vieni da me, in sogno
vieni e salvami.
Sì, lo so, non posso sbagliarmi
e forse sono troppo testardo,
il nostro amore è...
 
follia.”

 
(Madness _ Muse)
 
 
 
 
 
 
Damon
 
Quando mi volto, dopo aver chiuso la porta alle spalle di Stefan, sono ancora indeciso se pentirmi per aver rinunciato a questa uscita con lui, che forse poteva risparmiarmi un ennesimo faccia a faccia con Elena, in uno spazio troppo piccolo per non straripare, o sentirmi sollevato e lasciarmi salvare dalla mia soluzione numero uno, dopo questa giornata infernale.
Non avrei neanche voluto mentire a Stefan, non di nuovo visto che si tratta di lei e mi sento un po’ sporco, non mi piace più questa situazione, perché lo so che ora sono amici, che non c’è mai stato niente tra di loro, eppure non so cosa provi lui davvero e mi sento comunque in colpa per il fatto che lei sia qui adesso, per qualcosa che non ha nulla a che vedere con un favore che le avevo chiesto.
Ma è proprio nell’istante in cui alzo lo sguardo su di lei, che mando a monte tutti i miei sentimenti contrastanti e trovo la mia risposta.
E’ quando la scopro schiacciata nell’angolo più lontano del divano, con le gambe raccolte e strette tra le braccia, il mento poggiato sulle ginocchia e la frangetta che le scende sul viso, coprendole quegli occhi bassi, che capisco che non mi importa nient’altro se non lei e il motivo del suo stato.
E sono disorientato, confuso dalla sua presenza in casa mia, dal suo essermi venuta a cercare, mi spaventa anche un po’ ma esito perfino ad avvicinarmi, per timore che possa ripensarci, che possa sgattaiolare via con una scusa qualsiasi, che ormai riuscirei a riconoscere ad un miglio di distanza.
Per questo la lascio un po’ lì, da sola con i suoi pensieri, mentre io sto con i miei e le do tempo di mettere ordine e tornare da me, che sono ancora qui.
Mi avvicino alla credenza dove tengo gli alcolici, tifo fuori una bottiglia di bourbon, ne verso un po’ in un bicchiere e lascio Elena fisicamente da sola, solamente per andare a prendere una lattina di coca cola nel frigo. Bevanda che io assolutamente non bevo e che ho comprato raccontandomi che fosse per Caroline, così da fargliela trovare quando sarebbe tornata a trovarmi,  ma sapendo benissimo, anche, che Elena beve quasi unicamente questa.
Torno in soggiorno con la lattina in una mano e lei è ancora lì, sul divano, nella stessa posizione di quando l’ho lasciata.
Mi volto per afferrare il mio bicchiere di bourbon, lasciato sul piano dello scaffale ed è solo allora che finalmente parla.
 
«Io e Matt ci siamo lasciati
 
Sono felice di essere ancora di spalle, perché così non può vederli i miei occhi che si aprono un po’ di più, la mia mascella che si contrae, la mia mano che esita ad afferrare quel bicchiere, non può sentirlo il mio respiro che si ferma e il ghiaccio intorno al mio cuore che si incrina leggermente.
Sapevo che sarebbe successo, non poteva continuare a mentire così a lui e a se stessa, perché sì lo so io e lo sa pure lei che quel tizio non c’entrava niente con lei, non c’entrava con la pelle, solo che ci ha voluto provare, si è messa in gioco, perciò va bene così.
Va bene, però non capisco allora a cosa sia dovuto il suo stato.
E’ troppo turbata, triste, per essere una sicura della sua scelta, per una storia che non avrebbe dovuto portare conseguenze.
Per questo decido di voltarmi, avvicinarmi al divano e sedermi accanto a lei, vicino ma non troppo da sfiorarla, schiaccio la schiena sul divano e alzo le gambe per poggiarle sul tavolino di fronte a me. Quando lo faccio lei sussulta leggermente, non si sposta, non si chiude ancora di più, resta lì, ferma, con lo sguardo basso e le labbra contratte e io le concedo ancora tempo, per essere pronta, per spiegarmi perché è qui.
 
«Posso chiederti una cosa?»
 
Risponde alle domande che mi stanno passando per la testa con una richiesta, lo sussurra quasi imbarazzata, si morde il labbro e io annuisco, una volta.
 
«Secondo te sono una bambina immatura che non riuscirà mai ad avere una relazione vera e sincera con qualcuno?»
 
Sono costretto a voltarmi verso di lei, per guardarla di traverso, preso alla sprovvista dalla timidezza della sua domanda e dal carico della risposta che si aspetta.
L’angoscia che leggo sul suo volto, le labbra tirate in dentro, la fronte corrugata, gli occhi piccoli, traballanti, colpevoli, mi montano una rabbia che mi fa impazzire.
Non ho bisogno di chiederle da chi venga questa insinuazione che le si è appiccicata addosso, faccio due più due e il risultato mi sembra fin troppo chiaro.
Quel Mattew è un vero stronzo.
Neanche io sarei mai arrivato a scaraventare in faccia ad una donna una cattiveria del genere, solo perché mi sta lasciando, solo per farla sentire inadatta, quando quello meno adatto di tutti qui è solo lui.
Vile, insensibile, bastardo.
Se ce l’avessi qui davanti lo prenderei a pugni fino a fargli sanguinare il cervello, che a quanto pare non sa usare, gli farei rimangiare tutto, parola per parola, fino a cancellare questo sguardo basso e umiliato dal volto di Elena.
Non sopporto che qualcuno la metta in dubbio in questo modo, che le tolga il sorriso, lei che dovrebbe solo imparare vivere un po’ di più, che ha imparato a camminare sui tacchi alti per sentirsi all’altezza di essere donna. Invece c’è ancora qualcuno che continua a farsi forte e a sentirsi superiore sul dolore e l’umiliazione degli altri.
Non lo accetto, non quando si tratta di lei, non lo merita, non merita niente di tutto questo, se è questo che c’è fuori, se sono questi gli uomini per cui l’ho lasciata andare, tanto valeva che stesse con uno come me.
La osservo ancora ed è così piccola, chiusa in se stessa ma con gli occhi grandi fissi nei miei a cercare una risposta, un’àncora che sa che non riuscirei a negarle.
Ed infatti non intendo lasciarla affogare stavolta.
 
 
 
 
 
 

Elena

 
Il volto di Damon è passato dallo stupore alla rabbia in un battito di ciglia e ora ha uno sguardo indecifrabile, mi osserva con una strana espressione accesa negli occhi, qualcosa che non avevo mai scorto prima.
Non sono riuscita a fare a meno di precipitarmi qui, da lui, dopo aver pianto tutte le mie lacrime per un uomo che ha colpito esattamente le mie ferite scoperte, i miei punti deboli, quelli per cui continuo a mentire, a voler essere qualcun'altra, qualcuna un po’ più donna, un po’ più sicura, un po’ meno bambina, qualcuna che non si porta dietro le sue paure di non essere come dovrebbe.
Non sono riuscita a fare a meno di precipitarmi qui, da lui, che mi conosce più di quanto pensi, che ha smosso un mare dentro di me, che ha paura di me, come io di lui, che mi attrae e mi respinge, come io faccio con lui, ma riesce a vedermi come nessun altro uomo, riesce ad entrarmi dentro e a vedermi nuda senza che io gli dica niente, senza che lui pronunci una sola parola.
 
«Dimmi una cosa che nessuno sa.»
 
Damon interrompe i miei pensieri costringendomi a guardarlo confusa, frastornata. Sbatto le ciglia per metterlo a fuoco e rendermi conto di cosa mi stia domandando, cercando un senso che non trovo.
 
«Cioè?»
«Una cosa qualsiasi, anche stupida, che non hai mai raccontato a nessuno, nemmeno a Caroline.»
 
Continuo a non capire, a non sapere dove voglia arrivare, cosa c’entri questo con la domanda che io ho rivolto a lui, ma alla fine decido di smetterla di voler trovare una spiegazione ad ogni cosa e mi fido, allento leggermente la presa dalle mie gambe e abbandono il suo sguardo per farlo ruotare verso il soffitto.
Provo a raccogliere i ricordi, arriccio la bocca e porto un dito sulle labbra, soprappensiero.
Ce l’ho, finalmente la trovo una cosa che nessuno sa, nemmeno Caroline.
 
«Ho rubato un braccialetto ad una mia amica, quando avevo sette anni..»    
 
Torno con gli occhi su di lui, assumendo uno sguardo un po’ colpevole e un leggero sorriso furbo e infantile.
 
«Lei l’ha cercato per più di una settimana, ha pianto tantissimo, io l’ho consolata con tutte le mie forze, ma non gliel’ho mai restituito.»
 
Damon mi guarda incredulo, spalanca la bocca teatralmente e apre la mano, libera dal bicchiere, sul suo petto a fingere un colpo che non pensava potesse infliggergli l’immagine, fintamente perfetta, che ho finora provato a dare di me.
 
«Bugiarda e ladruncola che non sei altro!»
 
E’ ironico, lo capisco dal suo tono alto e costruito con cui si prende gioco di me, eppure un po’ è lui a colpire me, a scalfire un pezzo della mia corazza.
 
«Ehi! Me l’hai chiesto tu!»
«Si ma pensavo a qualcosa come.. dormo ancora con una bambola o una volta ho finto un orgasmo! Ci credo che non l’hai mai detto neanche a Caroline! Non ti avrebbe per nessuna ragione al mondo lasciato avvicinare a lei e alle sue cose!»
 
Io arrossisco violentemente e intanto lo colpisco con dei piccoli pugni sulla spalla mentre continuo a ripetergli che è uno stupido, stupido, stupido!
Lui ride cercando di schivare al meglio i miei colpi, che però lo centrano lo stesso e io metto il mio solito broncio, incrociando le braccia sotto il petto.
 
«Avanti allora, mister ‘correttezza e perfezione’ dimmelo tu un segreto di te che nessuno sa!»
«Non ci penso proprio!»
«Dai, io te l’ho detto ora devi fare lo stesso!»       
 
Lo so che risulta un tono da bambina implorante, ma ora che mi sono un po’ scoperta, non voglio essere lasciata da sola a sentir freddo, voglio che anche lui condivida una cosa stupida e che nessuno sa, con me.
Voglio avercelo anch’io qualcosa di lui, che sia solo mio.
Damon sbuffa sonoramente e alza gli occhi al soffitto caricando il gesto con la sua testa che si scuote da una parte all’altra.
Alla fine però, mi fa un sorriso storto e abdica, concedendomi una piccola vittoria.
 
«Va bene, va bene. Solo perché sei tu.»
 
Sorrido trionfante e sono pronta a continuare a pungolarlo nel caso mi stia prendendo ancora in giro.
Lui però ci pensa per qualche secondo, beve un sorso del suo liquore, socchiude gli occhi, fa una smorfia con la bocca e si gratta una guancia in modo distratto, poi blocca lo sguardo in un punto indefinito del salone.
 
«Nell’ultimo cassetto dell’armadio, ho una foto di me da bambino in braccio ai miei genitori. L’ho infilata lì quando loro si sono trasferiti e non l’ho mai più tolta.»
 
 
 
 
 
 

Damon

 
Elena mi guarda con ancora il suo sorriso vincente sul viso, la bocca socchiusa e le proteste bloccate sulle labbra, che non avrebbe avuto intenzione di far cessare, se non mi fossi deciso a parlare.
Le sue braccia sciolgono il nodo che aveva stretto per fingere un’aria minacciosa che non le si addice proprio, cadono sulle sue ginocchia che intanto si sono spostate verso di me, come tutto il suo corpo, sfiorando la mia gamba destra.
Anche il suo sguardo si addolcisce e le sue labbra si distendono, aprendosi in un sorriso piccolo, buono, tenero.
Apre appena una mano che ha poggiato sulla pelle delle sue gambe avvolte solo da degli short, vorrebbe toccarmi, avvicinarsi, dire qualcosa di dolce, ma non lo fa. E’ disorientata dalla mia confessione sincera e profonda, che racchiude un pezzo di me che lei può finalmente vedere e che io le concedo senza troppa fatica.
 
«Questo sì che è un vero segreto..»
 
Dice solo, io scrollo le spalle e finisco il liquido ambrato all’interno del mio bicchiere, prima di poggiarlo sul tavolino davanti a me. Lo bevo tutto d’un sorso e lo lascio scivolare amaro giù in gola, per compensare la tenerezza della mia ammissione.
Elena continua a fissarmi senza parlare, stupita e con quello sguardo da cerbiatta che mi sta mettendo davvero in difficoltà, che non so più come gestire, come allontanare.
All’improvviso poi, raddrizza la schiena e si sistema meglio sulle ginocchia, prendendo più spazio su questo divano e dentro di me, mi guarda decisa e si abbraccia di nuovo i gomiti ma stavolta con fare determinato e risoluto.
 
«Voglio cambiarla.»
«Cosa?»
«La cosa che nessuno sa, voglio cambiarla!»
 
Io la guardo perplesso mentre lei mi sfida sicura.
 
«Elena mica è una gara!»
«Lo so, ma voglio cambiarla lo stesso!»
 
Io assumo un’espressione rassegnata, scuoto la testa per dare più forza al mio essere contrariato, e per prendermi ancora un po’ più gioco di lei, prolungando il suo broncio, talmente adorabile che non riesco a farne a meno.
Le concederei tutto questa sera.
 
«Ok. Avanti, spara.»
 
Lei mi sorride soddisfatta, annuisce con un sorriso vittorioso e poi torna seria, prende un respiro, abbassa lo sguardo sulle sue mani strette l’una nell’altra, resta in silenzio per alcuni secondi, come a raccogliere il coraggio e poi torna a posare gli occhi dentro i miei.
 
«Ogni tanto mi nascondo ancora nell’armadio dei miei genitori, come facevo quando ero piccola, per sentire ancora l’odore di mio padre.»
 
Lo dice tutto d’un fiato, con un velo di tristezza che mi arriva sulla pelle e mi fa rabbrividire.
Sono io stavolta a restare senza parole, a guardarla con lo stesso sguardo tenero che lei mi ha concesso pochi minuti fa.
Si è scoperta, mi ha mostrato un pezzo di quella pelle che continuava a nascondere sotto il lenzuolo, è riuscita ad essere sincera, a non aver paura, a scavalcare quel recinto senza sentirsi costretta o giudicata. E l’ha fatto istintivamente e genuinamente, come fosse la cosa più naturale al mondo, per questo adesso le sorrido alzando soltanto un angolo della bocca, per non spaventarla proprio ora.
E’ bella Elena, è bella da morire quando sceglie di essere vera.
 
«Dai, ora tocca di nuovo a te.»
 
Recupera un pizzico di lucidità, che le colora lo sguardo di divertimento e competitività, e mi sfida di nuovo.
 
«Cosa? No! Già è tanto che te ne abbia detta una!»
«Damon!»
 
Mi ammonisce con lo sguardo e con la voce, gonfiando le guance, ritornando a mettere il broncio e alzando il mento e le labbra strette più vicino a me.
 
«Non è giusto che tu sappia due cose di me e io solo una!»
«Sei tu che hai voluto cambiarla! La decisione era a tuo rischio e pericolo!»
 
Provo ad alzarmi, più per ritrovare quell’ossigeno che lei, troppo vicina a me, mi sta togliendo ma Elena è più veloce, mi afferra la maglia per farmi risedere sul divano e si avvicina ancora, ordinandomi con un solo sguardo, di svelarle un altro segreto.
Stringe forte la stoffa tra le sue mani e io sono completamente inerme sotto la sua presa, riuscirei tranquillamente, se solo volessi, a liberarmi delle sue dita su di me e ad alzarmi da questo divano, eppure non lo faccio.
Resto qui, con lo sguardo leggermente alzato, per incontrare il suo che mi sovrasta, insieme a tutto il suo corpo e mi intima di concederle un’altra piccola vittoria e io lo vorrei.
Vorrei tanto concedergliela.
Vorrei davvero dirle una cosa che nessuno sa.
Vorrei farglielo vedere come il mio mare ora scorra quieto e lineare nei suoi confini, come il mio orgoglio, le mie ferite, addirittura quelle che lei ha volontariamente deciso di infliggermi, umiliandomi e respingendomi, le mie stesse tempeste, riescano a curarsi e placarsi sotto un suo unico, profondo, delicato, sguardo.
Perché tutto quello che sono, tutto ciò che non merito, tutta la mia libertà che ora non c’è più, che mi ha lasciato perso, adesso è qui, nei suoi occhi grandi, nel modo in cui lei si fida di me, nella dolcezza con cui mi restituisce alla mia, nelle sue paure che sono pure le mie.
E allora, mi chiedo come sia possibile..
Chi sia stato l’artefice di un trucco del genere.. perché io non mi sono mai distratto, non le ho mai, mai, perse di vista le carte che avevo ben strette tra le mani, le ho sempre tenuto sotto controllo, invece, qualcuno me le ha scambiate da sotto il naso.
Ha invertito le mie con quelle di Elena, io ho le sue e lei ha le mie.
Io ora sono sicuro di me e di ciò che voglio e lei no, lei ha ancora paura che tutto questo sia ancora troppo grande per lei, che io sia troppo, nonostante mi senta niente.
Lei è il fiume in piena e io la casa dal recinto bianco.
C’è qualcosa che non va’.
C’è uno scambio di ruoli e di emozioni che non era previsto.
C’è che..
 
Credo di essermi innamorato di te Elena.
 
Ecco cosa c’è.
Ecco il mio segreto che nessuno sa e che vorrei poterti dire ma tu non sei ancora pronta a sentirlo.
E io sono ancora troppo traumatizzato dalle mie emozioni e dai miei pensieri per rovesciarti addosso tutto questo mare, in cui annegheresti e in cui io non riuscirei a salvarti stavolta, pur volendo.
Ecco perché l’unica verità insignificante che riesco a dire è questa.
 
«Sono stato picchiato da un bambino molto più piccolo di me quando avevo dieci anni, ma ho sempre raccontato di essere caduto dalla bici.»
 
Eccola un’altra cosa che nessuno sa Elena, un’altra cosa che ora condividiamo insieme ma che ci tiene ancora lontani, per darci tempo, per darne a te, per farti abituare alla mia verità, per darmi la possibilità di fare spazio in me e farti entrare come meriti, come merito, come solo tu sapresti fare.
Lei scoppia a ridere, riportandomi alla realtà, staccando le mani da me in un gesto naturale, che però mi fa male alla pelle, per avvicinarne una alla bocca a coprire quel meraviglioso sorriso che ora c’è lì proprio sulle sue labbra.
 
«Io sarò anche una ladruncola.. ma tu sei proprio un pappamolla!»
 
E’ lei stavolta a prendermi in giro, a ridere di me, a farmi sentire un bambino di dieci anni che ancora una volta viene messo a tappeto da qualcuno che non si aspettava, che non avrebbe mai pensato potesse avere la minima chance.
Mai fidarsi di occhi innocenti e di anime che sembrano pure.
 
«Finirai per slogarti la mascella se non la pianti!»
«Scusa.. scusa..»
 
Ci prova a ridarsi un contegno, a controllare quelle smorfie della bocca che vorrebbero esplodere ancora in altre mille risate, si mangiucchia perfino un labbro per mantenersi seria ma non ci riesce, i suoi occhi che brillano e sorridono continuano a tradirla e a mandarmi in confusione.
Ed è così libera, così vera, così sincera e bella, che non posso non sorridere anche io e concederle finalmente la risposta alla domanda con cui si era presentata qui stasera, da me.
 
«Vedi, quando vuoi e con chi vuoi, ce l’hai una relazione vera e sincera..»
 
 
 
 
 
 
Elena
 
«Vedi, quando vuoi e con chi vuoi, ce l’hai una  relazione vera e sincera..»
 
Le risate che ho cercato di frenare fino a questo momento, muoiono sulle mie labbra che si schiudono non riuscendo però a far entrare aria. Anche i miei occhi si allargano un po’ e si specchiano in quelli di Damon che ora sono dolci, trasparenti, di un azzurro vivo che mi spoglia senza mettermi in imbarazzo.
Mi vede.
Io mi sono fatta vedere.
Lui mi ha guidata fin qui, forse consapevole, forse no, ha cancellato la mia tristezza, mi ha presa per mano per tutto il tragitto e solo adesso che ha risposto alla mia domanda, mi sono accorta della sua mano sulla mia, che mi ha accompagnato e tenuta salda per non farmi annegare.
Mi ha salvata, di nuovo e come solo lui riesce a fare, quando sceglie di farlo, mi fa perdere nelle sue oscure mareggiate e poi mi riporta fuori, lasciandomi la mano quando il pericolo è finito.
Per farmi camminare da sola e prendersi cura di me, ad un passo di distanza.
Più mi avvicino a lui, più lo conosco, meno lo idealizzo, più mi rendo conto che ha ragione, che a volte non si ha altra scelta che essere se stessi, non si può fare altro che straripare e inondare tutto ciò che ci circonda solamente perché ci si sente in trappola, stretti in qualcosa che ci soffoca.
La facciata perfetta che volevo mantenere si è sporcata di colore. Si è macchiata di leggerezza.
 
Ma perché devo nascondermi?
A chi importa se nessuno me lo fa pesare?
 
Il sorriso che gli regalo e che si allarga piano, stupito, è il mio grazie per tutto questo.
E’ un grazie che mi sale dalla pancia ed esce dalle labbra ancora socchiuse, fino a farmele aprire in modo autentico, pulito perché sporco di me.
E forse lui può capirlo, può vederlo quanto sia profondo, quanto le sue parole, il gioco che ha costruito per arrivare a ridarmi fiducia, a pensare che forse non serve sforzarsi di essere all’altezza, forse lo sono e basta, mi abbiano toccato, fino a lasciarmi senza niente da dire, vuota e riempita.
Ora non ne ho più bisogno.
Lui vede quello che cerco di nascondere, me lo tira fuori, lui sa chi sono, prima ancora di me e gli sta bene.
 
Damon inclina la testa guardandomi di sbieco, alza un angolo della bocca e mi fa tremare il cuore per quel suo modo di accennare un inchino, di dirmi ‘non c’è di che’, senza dirmelo.
So che mi ha concesso una pausa, una parentesi a causa del mio stato d’animo, ma si aspetta ancora una risposta a quella provocazione che mi ha lasciato sulle labbra e sulla pelle qualche sera fa.
Perché lui dovrebbe essere ancora arrabbiato, deluso, da me, dal mio comportamento, dalle mie incertezze, perché sono io adesso che gli sto scivolando via, che ho messo dei paletti alla sicurezza che avevo di voler stare con lui.
Ma adesso, di quei paletti, non ne scorgo la minima traccia.
Siamo così vicini eppure non riusciamo a toccarci.
Lui abbassa lo sguardo, mi concede un ultimo sorriso, che stavolta è più una smorfia e si raddrizza per potersi allontanare, alzandosi da questo divano.
Sono sempre io però che lo trattengo ancora, che afferro di nuovo la sua maglia e lo costringo a risedersi, portandomi ad un soffio dal suo viso, sono io che adesso lo guardo negli occhi con l’unico scopo di farmi perdonare, di restituirgli quella parte di sé, che ha lasciato su di me.
 
«Non andartene di nuovo.»
 
La mia voce ha un tono diverso, più duro, secco, deciso.
Anche lui mi guarda in modo diverso, ha capito che la parentesi è finita, che siamo tornati quelli di quella sera nel parcheggio, lui è ancora quello che mi lascia andare e io sono quella che non riesce a dargli quella risposta a cui lui non crede neanche.
 
«Sei tu che sei lontana.»
«Sono qui adesso.»
«E’ tardi Elena..»
«Non mandarmi via.»
 
Scuote la testa, debole, controllato.
 
«Ne riparliamo domani..»
«Questo significa che posso restare qui?»
«No..»
«Perché?»
«Perché domani potresti aver cambiato idea e io non voglio essere responsabile di nessun senso di colpa.»
«Sono io che sto scegliendo di restare, tu non mi stai obbligando a fare niente.»
«Non voglio incasinare la vita di nessuno.»
«Smettila di decidere per me. Non puoi essere così presuntuoso da credere di sapere cosa sia giusto per me.»
 
Lo guardo immobile, con la voce che si alza leggermente per essere certa che la mia determinazione gli arrivi chiara e precisa, una mano sul suo cuore e una sulla sua guancia, che ancora graffia per questa sua barba trascurata che gli segna il viso stanco e provato e gli fa apparire lo sguardo ancora più azzurro e profondo, eppure non riesco ad entrare del tutto, manca quel qualcosa che non riesco ad afferrare.
Ho la sensazione che si stia trattenendo, c’è che qualcosa che non so, qualcosa che tiene per sé ma che mi lega a lui e non riesco ad allontanarmi nemmeno di un millimetro, perché ogni passo indietro, è un passo lontano da lui e fa male, male da non riuscire a respirare.
 
«Elena..»
 
Lo sento che è bloccato, lo so che vuole cedere, lo vedo il suo sguardo che vaga dai miei occhi alle mie labbra e poi si sposta sul soffitto e su quel bicchiere vuoto, poggiato sul tavolino accanto alla mia coca cola, che so che ha comprato per me ma non me lo dirà mai.
Vedo le sue mani che si contraggono, che resistono all’impulso di toccarmi, di sfiorarmi il viso, le guance, i capelli.
 
Fidati di me, Damon.
Guardami e fidati di noi.
 
Premo un po’ di più la mano che ho sulla sua guancia, per farlo girare nella mia direzione, per bloccare i suoi occhi dentro i miei e lui mi lascia fare.
Si lascia sfuggire un sospiro stanco, arreso. Poggia la testa, voltata verso di me, sullo schienale del divano e mi guarda immobile, senza più sfuggire.
E quando lui punta i suoi occhi dentro di me in questo modo, io mi sento imprevedibile, come se fossi libera.
Libera di essere me, di avvicinarmi a lui, poggiare la testa ad un palmo dalla sua, sullo schienale di questo divano, accoccolarmi accanto al suo corpo, bloccare i miei respiri e respirare la stessa aria che mantiene in vita lui.
Restiamo occhi negli occhi, cuore dentro cuore, con la mia mano sui battiti del suo e le sue immobili, strette in un pugno.
Quando scivolo via quella che premevo sulla sua guancia, per coprire quei pugni chiusi, lui ne segue il tragitto con lo sguardo, schiude piano le mani e si lascia accarezzare.
Mi lascia giocare con le sue dita, incastrare le mie dentro le sue e mentre lo faccio, mentre mi ancoro a lui, sciolgo le mie incertezze e non ho più paura.
 
«Sono certa Damon…»
 
Torna a guardarmi, sorpreso e confuso da quel sussurro che mi esce dalla bocca e gli arriva sulle labbra.
 
«Se tu volessi me, se tu fossi disposto a stare con me, se non sfuggissi più, sarei certa di voler stare con uno come te.»
 
 
 
 
 
 
Damon
 
Il mio cuore si ferma, il mio respiro si interrompe, l’espressione del mio viso si apre in un misto di stupore, sconcerto e paura.
Il modo in cui riprende le mie parole, risponde alla mia provocazione, mi spiazza e non mi lascia il tempo di pensare, di decidere, di oppormi.
Elena si avvicina ancora di più a me e con gli occhi incatenati sulle mie labbra, arriva a sfiorarmele e a farmi godere del suo sapore buono, dolce, vero.
E’ sicura ora, è lei a decidere per me, a scegliere per entrambi e per una volta, per la prima volta, sono stanco di resistere.
Ho bisogno di lei, ho bisogno che sia lei stavolta a salvarmi da me.
Voglio solo che lo sappia a cosa sta andando incontro, voglio gettare sul tavolo le mie carte, mandare a monte la partita, farglielo vedere che non ho nessun punto in mano.
 
«Ho venduto la mia agenzia. Non ho più niente Elena.»
 
Glielo sussurro sulla bocca, mentre lei apre i suoi occhi dentro i miei.
Schiude le labbra per dire qualcosa, aggrotta la fronte per rimproverarmi di non averglielo detto all’inizio, per averle rivelato segreti insignificanti che nessuno sa e non averle detto una cosa così importante, non essermi scoperto fino a questo punto, mentre lei invece l’ha fatto.
Sono pronto alle sue domande, alla sua predica, perfino ai suoi pugni e al suo alzarsi e andarsene, invece non fa niente.
Non dice niente.
Mi guarda e basta.
Lo fa per un tempo interminabile e io mi sento infinitamente nudo sotto quello sguardo, tanto che sono costretto ad allontanare i miei occhi da lei e lasciarmi sfuggire un sorriso sarcastico, che non sa di niente, se non di me.
 
«Fa’ l’amore con me.»
 
E poi me lo chiede, sottovoce, piccola, risoluta, imbarazzata, mi concede in cambio del mio niente, l’unica cosa che l’ha sempre tenuta al riparo, al sicuro, al coperto.
L’unica cosa che non la scopriva del tutto con me.
Mi costringe a spalancare gli occhi dentro i suoi, sorpreso dalla sua richiesta, dalla sicurezza della sua reazione, dal suo essere tutto, tranne che una bambina immatura.
Dal suo essere pronta a darmi ogni parte di sé.
Dal suo seguire, per una volta, i suoi istinti.
Indietreggio appena con la testa ma lei resta lì, senza scappare, senza venire a riprendermi.
 
«Alla faccia del non riuscire ad avere una relazione vera e sincera!»
 
Minimizzo perché mi ha letteralmente preso alla sprovvista e lei esplode in un sorriso dolce ed impacciato, bellissimo, come lei, come tutto di lei.
Mi colpisce appena con un pugno sul petto, facendo spuntare sul suo viso un piccolo broncio mentre mi dà del cretino e inclina la testa per nascondermi lo sguardo imbarazzato.
Voglio godermi ancora un attimo questo suo essere una donna – bambina, questo suo delizioso imbarazzo mentre dà voce ai suoi desideri, mentre si nasconde da loro ma non da me.
E lo so che probabilmente domani uno dei due farà un casino per allontanarsi, per difendersi da questa follia che ci sta consumando, che ci sta salvando, ma adesso siamo qui e non c’è nessun altro posto in cui vorrei essere.
Le prendo il viso tra le mani, lo alzo su di me e le sfioro la pelle con i polpastrelli dei pollici e poi, mentre lei chiude gli occhi assaporando i miei gesti, poso le mie labbra sulla sua fronte, sugli occhi socchiusi, sulle guance rosate, sul naso ed infine sulle sue labbra.
Quelle labbra calde e morbide che mi fanno definitivamente crollare.
Copro completamente la sua bocca con la mia, le tolgo quell’adorabile imbarazzo e le restituisco la sicurezza che i suoi desideri coincidano esattamente con i miei.
Quello che accade dopo, non riesco a distinguerlo.
Elena che si aggrappa al colletto della mia t-shirt e mi tira verso di sé, premendo ancora di più la sua bocca sulla mia.
Io che faccio pressione con il mio corpo sul suo, fino a farla distendere con la schiena sui cuscini.
Lei che schiude le labbra per cercare il mio sapore, io che glielo concedo e che scivolo con la mano dal suo viso al collo, accarezzandole la clavicola, il seno, la pancia, il fianco e premerla sulla sua gamba che si apre appena, lo spazio necessario per incastrarmi perfettamente sopra di lei.
Poi risalgo, con la stessa mano e mi insinuo sotto la sua maglia, che lei mi aiuta a sfilare, inarcando automaticamente la schiena.
E’ lei a liberarsi della mia e a conficcarmi le unghie sulla schiena mentre scendo a baciarle il collo e le scosto il reggiseno per coprire con le labbra il suo seno.
Le passo una mano dietro la schiena, supero la barriera dell’intimo e la apro sulla sua pelle, librandomi di quell’accessorio, che ormai non serve più a coprire alcun segreto.
Ormai l’ho già vista nuda.
L’ho vista dentro e non ho mai visto niente di più bello.
Lei non lo sa, non lo può sapere quant’è bella quando si sente guardata, quando sente che qualcuno sta vedendo proprio lei.
Non sa neanche cosa significhi per me, averla qui, senza il bisogno di fuggire, di mettere maschere o tirare sù barriere, di scoprire ogni centimetro del suo corpo e impararlo a memoria, impararne i desideri e le reazioni più profonde.
Il sorriso malizioso con cui mi richiama a sé, il mio nome che le esce dalle labbra, il suo sguardo languido e acceso dal desiderio, mi riportano su di lei, a ricercare il suo sapore, a perdermi nei suoi occhi.
Le mangio l’aria, la stessa che si è presa da me, perché lei è il mio respiro in questa giornata in apnea, percorro con la bocca quei pezzi di pelle su cui mesi fa avevo lasciato l’impronta dei miei denti, della mia rabbia, glieli accarezzo con il dorso della mano, proprio lì, nell’incavo del collo, giù sulla pancia e nell’interno coscia.
Lei mi lascia fare senza resistenze, senza scivolare via, senza mollare la presa dalla mia schiena, che continua a stringere contro di sé, contro il suo seno, come se stavolta, fosse lei ad aver paura di un mio cedimento, di un ripensamento.
Come se potessi fermarmi dopo la sua richiesta, dopo ciò che ha acceso dentro di me.

 
 
 
 
 
 
Elena
 
Le mani di Damon sono dappertutto, le ondate di piacere che mi avvolgono mi fanno perdere lucidità, mi lasciano brividi su tutto il corpo, fino alla punta dei piedi, che sono costretta ad arricciare quando una sua mano slaccia i miei short e mi libera di tutto, insinuandosi oltre ogni barriera.
Mi accarezza e mi bacia senza mai fermarsi, senza mai darmi modo di respirare, non so più dove trovare ossigeno per farlo, ansimo al solo contatto delle sue mani su di me.
Mani che mi erano mancate da morire, che avevano lasciato i loro segni su di me e che ora li stanno curando, ora si stanno riprendendo lo spazio che meritano e che si erano conquistate.
E ad ogni carezza il mio cuore sbatte sempre di più sulla mia pelle per poter schizzare fuori e io mi sento sempre più viva, più vera, più donna, più me e più vicina a lui.
E’ da togliere il fiato Damon quando mi guarda, quando i suoi occhi liquidi di piacere incontrano i miei e mi sommergono con tutto quell’azzurro, quando ricambiano qualcosa che è solo nostro e di nessun altro.
E’ disarmante il modo in cui mi bacia il collo mentre la sua mano si perde tra le mie gambe facendomi gemere, spalancare la bocca in cerca di un’aria che mi sembra di non trovare più dentro questa stanza e stringere con forza una mano sul cuscino sotto la mia testa, incastrando l’altra tra i suoi capelli.
Ma lo è ancora di più quando risale con la mano libera, facendo pressione sul fianco, sulla pancia, tra il mio seno, quando arriva sul mio collo e mi afferra il viso per cercare ancora le mie labbra come se la sua aria fosse lì, sulla mia bocca, come se il suo ossigeno fossi io.
E poi mi chiama, con la sua voce roca ed impaziente, mi chiama per tenermi lì con lui, mi chiama quando sente che non ce la fa più.
E allora gli slaccio i jeans, lui mi aiuta a sfilarli e, mentre gli mordo il labbro inferiore per trattenerlo su di me, sento il suo sorriso malizioso aprirsi nella mia bocca.
Schiudo ancora di più le gambe per accoglierlo e sono già pronta per lui, non ha bisogno di fare nient’altro, il suo solo respiro irregolare e accelerato, il suo cuore che batte dentro il mio, le sue mani su di me, mi bastano per lasciarlo entrare senza difficoltà.
Lui mi guarda per un istante quando si accorge che non c’è più nessun ostacolo tra me e lui, quando capisce qual è la reazione del mio corpo al suo. Mi bacia ancora, con quel sorriso provocante, copre completamente le mie labbra e un gemito strozzato mi esce dentro la sua bocca quando si decide finalmente ad entrare in me, in modo secco, sicuro, per poi fermarsi e darmi modo di abituarmi a lui, dentro di me, completamente dentro di me.
Mi mordo il labbro per trattenere un altro gemito e un altro ancora quando ricomincia a muoversi, piano, con una pazienza e una lentezza calcolata, che mi annebbia il cervello e mi porta a superare il limite prima ancora che possa rendermene conto.
Quando riapro gli occhi, trovo ancora i suoi sopra di me, ad un centimetro di distanza, che mi guardano con quell’azzurro così potente con cui non si sono mai colorati, con un desiderio che io gli ho sempre negato, ma che ho provato dalla prima volta in cui mi ha sfiorato la pelle.
Posa una mano sulla mia guancia e mi accarezza lieve, dolcissimo, mentre si muove esperto e deciso ed ancora spinge dentro di me, più regolare e più forte e io lo assecondo, mentre ondate di piacere continuano ad invadermi e cerco ancora le sue labbra e quel sapore buono ed inconfondibile che solo uno come Damon ha.
Quel sapore che ora è il nostro segreto che nessuno sa.
Il mio e quello di Damon, che raggiunge il piacere insieme a me, mentre io chiudo gli occhi ed inarco la schiena per prolungarlo il più possibile e lui crolla addosso a me, nascondendo il viso tra i miei capelli e respirando a fatica.
Tutto ciò che vedo quando riapro gli occhi sono un soffitto bianco, una massa di capelli corvini e il candore di un corpo roseo e sudato che respira insieme a me.
Con il mio stesso tempo.
Con le mie stesse voglie.
Nudo, come nuda mi sento io adesso, non solo perché lo sono davvero, ma perché finalmente l’ho sentita la sua mano che si allungava per afferrarmi il cuore e non farlo cadere.
Ed ho fatto l’amore con lui in mille modi diversi fino a questo momento, l’ho fatto mentre il suo mare mi inondava e io non riuscivo a respirare, l’ho fatto mentre lasciavo che i suoi occhi mi entrassero nelle viscere, l’ho fatto mentre gli chiedevo di abbracciarmi, mentre gli urlavo addosso che diavolo di problemi avesse.
Ho fatto l’amore con lui ogni volta che lui riusciva a vedermi dentro e ogni qualvolta il suo mare scavava tra le fessure delle mie barriere.
E' meraviglioso fare l’amore con lui in questo modo, ma per la prima volta lo è molto di più perdersi così, l’uno dentro l’altro, senza fiumi che fanno affogare o recinti che ci tengono lontani.
Ed è bello, è stupendo averlo scoperto in questo modo, adesso, senza preavviso, dando voce a desideri che avevo mandato giù fin dentro lo stomaco per non sentirli più.
Rispondendo all’istinto più che alla ragione, come fa lui, come mi ha insegnato lui.
Adesso che sono sicura di potermi mostrare, non mi importa più di essere giusta, adeguata, adatta, non mi importa più se lui mi guarda in quel modo, se per lui vado bene comunque, nonostante tutto.
Per questo stasera ho voluto ridargli tutto, per questo ho voluto colmare il suo sentirsi niente e la sua insicurezza con l’unica cosa di me che ancora non aveva, con l’unica certezza di me che potessi dargli.
E ora non posso far altro che far scivolare le mie braccia su di lui e stringerle intorno al suo corpo, affondare una mano tra i suoi capelli ed accarezzarli, piano, fino a far tornare regolari i nostri respiri.
Fino a far rientrare il resto del mondo in questa stanza e sperare che domani arrivi il più tardi possibile.
 
 












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Ta - ta - ta - tan!!

Siete vive?
Spero non siate state investite dai troppi unicorni che correvano liberi tra i prati in fiore!
Battete un colpo se ci siete.. 

Sono un po' in ansia.. perchè non è così che doveva andare, avevo piani leggermente diversi, ma questi due hanno preso il sopravvento e mi hanno messo all'angolo! Se lo sono scritti da soli questo capitolo, lunghissimo e dove i protagonisti sono soltanto loro - egoisti che non sono altro! ;-)
Quindi.. non credo ci sia molto da dire..
Finalmente accade.
Lui si rende conto, per primo, di cosa prova, mette da parte i suoi meravigliosi difetti che tengono fuori le persone e lei non ha più paura, si lascia vedere, cede al gioco che Damon mette in atto per farla fidare di lui e le tira fuori il suo essere vera, senza forzarla, senza neanche chiederglielo.. si lascia guidare fino a volersi mostrare del tutto, rendendo insignificante la sensazione di non avere più niente che prova Damon.
Vedremo cosa accadrà quando dovranno fare i conti con la razionalità e come gestiranno la loro nuova "relazione - non relazione".

Intanto un bacio a tutte!
E grazie davvero con il cuore per ogni vostro commento...

Ale

 
  
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