Rigor Mortis
Capitolo I
Kuroko Tetsuya, giovane promessa del basket conosciuto come: "Il sesto uomo fantasma della Generazione dei Miracoli", trovato impiccato nel suo piccolo appartamento di periferia.”
Questa
era la notizia apparsa il terzo giorno di febbraio su quotidiani come
Asahi Shinbun e Tokyo Shinbun e che aveva lasciato tutti senza fiato,
attoniti e inermi di fronte al peso schiacciante della
realtà.
Non
ci avevano messo molto, gli ex membri della Generazione dei Miracoli,
per recarsi in quella tranquilla zona di periferia, come in
pellegrinaggio, ancora spaesati e increduli di fronte alla notizia di
una morte così prematura. Di un suicidio.
In fondo alle scale, il
nastro giallo e nero della polizia e due agenti avevano ostacolato il
passaggio degli ex membri della Generazione dei Miracoli e neppure le
doti persuasive di Akashi erano servite per farli desistere dal loro
incarico.
Kise, Midorima, Murasakibara, Akashi e Momoi erano
rimasti raccolti ai piedi di quelle scale; qualcuno aveva pianto,
qualcuno si era appoggiato al muro e aveva nascosto il viso fra le
mani, esasperato: la presenza della polizia era una prova sufficiente
per rendersi conto che non si trattava di uno scherzo, per realizzare
che Kuroko era morto davvero.
Colui che li aveva guariti e riuniti
era morto, e di quella giornata sarebbero rimasti solo il crepitio
della carta di giornale sotto le dita e il suono sommesso della
pioggia.
Momoi era scoppiata in lacrime nel momento in cui aveva
scorto il nastro della polizia e sembrava incapace di smettere,
continuava a chiedersi ad alta voce perché Kuroko avesse
commesso un
gesto simile.
Kise, dal canto suo, non riusciva neppure a
muoversi, si sentiva schiacciato contro quel muro nel quale,
paradossalmente, aveva sperato di trovare un sostegno.
Akashi e
Midorima, invece, avevano cercato di strappare qualche informazione
agli agenti, mentre Murasakibara era rimasto alle spalle del primo
proprio come un bambino che, in cerca di protezione, si attacca alla
sottana della madre.
Dopo trenta minuti di attesa straziante,
Aomine aveva sceso le scale ed era passato sotto il nastro della polizia per
raggiungerli, rimanendo in silenzio anche dopo tutte le domande che
gli rivolsero.
Aomine aveva avuto sfortuna: c'erano stati tre
delitti in zona, quella mattina, e a lui era stato assegnato quello
di Kuroko, ragion per cui, con quell'immagine orribile marchiata a
fuoco nella mente, non si sentiva ancora in grado di parlare e, pur comprendendo benissimo il perché
si
trovassero già tutti lì, non li
voleva avere intorno, anzi se avesse potuto li avrebbe fatti scomparire con uno schiocco di dita.
Dopo un paio di minuti era riuscito a dire
qualcosa, aveva boccheggiato il minimo indispensabile:
aveva spiegato ai cinque che
non si trattava di suicidio, che tutto era stato inscenato,
perché
il cellulare, il telefono e il computer di Kuroko erano scomparsi,
dimostrando l'ovvio intento dell'assassino di nascondere le prove;
aveva anche espresso la propria opinione, concordante con quella
degli altri agenti: senza dubbio l'omicida era qualcuno che conosceva
bene Tetsuya, qualcuno di cui si fidava.
Infine, Aomine li aveva informati
che erano tutti sospettati. Nessuno escluso.
«Satsuki.»
la voce di Aomine vibrò di nervoso.
«Rispondi alla domanda e non
farmi perdere tempo.» neanche a lui piaceva l'idea di
interrogarli
tutti e di essere interrogato a sua volta: nessuno, dopo una simile
notizia, avrebbe voluto subire un trattamento simile, essere tenuto
per ore in centrale e passare da una cella all'altra a rispondere
alle più disparate domande.
«Io ...» Momoi affondò le mani fra
i capelli e lasciò che le dita si intrecciassero alle
ciocche
morbide, tirandole appena.
«Io non lo so-» le tremò la voce, le
labbra fremettero in un spasmo di dolore e gli incisivi sprofondarono
in quello inferiore, in una manifestazione di rabbia
silenziosa.
«Come non lo sai? Satsuki, rispondi a questa cazzo di
domanda!» Aomine non sospettava di Momoi, affatto, ma
sentirla così
esitante non gli piaceva affatto, a dare risposte così vaghe
e
inutili, senza concedere alla polizia neppure una piccola
informazione, rischiava di cadere in una trappola penale e
burocratica ben peggiore di un interrogatorio in centrale.
«Satsuki.»
Aomine la chiamò di nuovo e si sporse appena verso di lei,
lasciando
aderire i palmi al piccolo tavolino: aveva ricominciato a piangere e
si era affrettata ad afferrare un altro fazzoletto e nascondersi il
viso in quel pezzo di carta bianca.
«Quando è stata l'ultima
volta che l'hai visto? Non puoi non saperlo.» Satsuki era
senza
dubbio una delle persone che avrebbe potuto dare le risposte
più
accurate, per una ragione ben precisa che Aomine conosceva
perfettamente.
«L'altra ... l'altra settimana.»
«Che
giorno?»
«Venerdì, venerdì pomeriggio.»
«Il ventotto,
quindi?»
Momoi annuì appena e si soffiò il naso, per poi
sollevare gli occhi arrossati e gonfi di lacrime verso
l'altro.
«Dai-chan, s-sono la principale ...»
singhiozzò e
cercò di immagazzinare più aria possibile nei
polmoni «sospettata,
vero?»
Aomine la guardò in silenzio e batté la punta
della
penna sul blocchetto, inspirando profondamente.
«Indubbiamente
sì, sei una dei principali sospettati.» Aomine si
torturò la
radice del naso con le dita, poi riprese con un sospiro
«stiamo
analizzando le impronte digitali e i capelli, ma non c'è
dubbio che
quelli fossero i tuoi.»
Momoi deglutì appena e prese un'altra
fazzoletto, asciugandosi gli occhi e tirando su col naso un paio di
volte.
«Dai-chan, è ovvio che ci siano i miei capelli e
le mie
impronte digitali in casa di Tetsu-kun.» dovette fare una
pausa non
appena pronunciò quel nome e si lasciò sfuggire un sospiro
tremante, lasciando scivolare il capo all'indietro per ricacciare le
lacrime «e-eravamo fidanzati, fino ad una settimana
fa.»
Ecco
per quale motivo Momoi avrebbe potuto fornire risposte più
precise e
attente rispetto agli altri.
«Vi siete lasciati
venerdì?»
«Sì.»
«Lo hai lasciato tu? O ti ha lasciato
lui?»
Le dita di Momoi accartocciarono il fazzoletto inzuppato di
lacrime, scavarono nella carta fino a bucarla: una risposta sincera
le sarebbe costata una reclusione ancor più restrittiva e
duratura
nella gabbia dei sospettati.
«Mi ... mi ha lasciato lui.»
Aomine
non perse tempo e appuntò immediatamente l'informazione sul
blocchetto; Momoi, dal canto suo, sentì di aver firmato la
sua
condanna a morte.
«Ti farò ancora qualche domanda e poi ti
lascerò andare.»
«Dai-chan, come avete fatto a scoprire di
Tetsu-kun?»
Aomine stava per rispondere e finì per imporsi il
silenzio mordendosi la lingua: non era facile interrogare la sua
migliore amica d'infanzia, ovviamente c'era molta più
confidenza di
quanta se ne potesse avere con un altro potenziale assassino
sconosciuto e non si sentiva in grado di essere severo e irremovibile
come al solito.
«Le domane le faccio io.» magari glielo avrebbe
detto, ma solo dopo essersi assicurato che non fosse lei la
colpevole, anche se indubbiamente le prove di cui disponevano erano
più a suo sfavore che a suo favore. Comunque Momoi sarebbe venuta a saperlo
ugualmente, magari alla televisione, o magari dalla stessa persona
che quella mattina aveva trovato il corpo di Kuroko e aveva
telefonato in centrale, visto che anche lui era uno dei
sospettati.
Momoi capì e non insistette: era il suo lavoro,
dopotutto, e lei doveva limitarsi a rispondere alle domande, a
pregare che Aomine non le chiedesse qualcosa che richiedesse
l'ennesima risposta compromettente.
«Come
mai avevi le chiavi dell'appartamento di Tetsu?»
Finalmente
Aomine sentì di poter mettere un po' della
severità che aveva
risparmiato a Momoi in quell'interrogatorio, deciso ad incastrare chi
gli stava di fronte in quel momento - perché sì, ne era sicuro: quello era il colpevole -.
«Saranno affari miei,
Aomine.»
Aomine rimase in silenzio per qualche attimo e poi
scosse la testa con un ghigno divertito.
«Vuoi che ti sbatta
subito in cella, Kagami?»
Kagami ricambiò lo sguardo torvo di
Aomine, poi sfiatò appena e rivolse il proprio sguardo
altrove,
putandolo al pavimento.
«Beh, cinque anni di amicizia non sono
pochi.» Kagami cominciò a torturarsi il lobo
dell'orecchio con le
dita e Aomine non seppe dire se si trattava di semplice imbarazzo o
di uno sciocco tentativo di mantenere la calma ed evitare di
scoppiare a piangere davanti a lui come aveva fatto Momoi.
«C'era
confidenza, ecco.»
«Da quanto tempo avevi le sue chiavi?»
«Più
o meno ... mhn, cinque mesi, direi.»
Sorprendentemente,
interrogare Kagami si stava rivelando più facile del
previsto.
«Andavo abbastanza spesso a casa sua e alla fine mi ha
duplicato le chiavi.»
Aomine sollevò il proprio sguardo in un
moto di sincero interesse.
«Non sei stato tu a
chiedergliele?»
Kagami negò appena con il capo e Aomine aggrottò
leggermente la fronte, scettico.
«Siete rimasti così tanto in
buoni rapporti? Insomma, non avete mai litigato?» questa
volta,
Aomine non poteva negare di avere anche dell'interesse personale a
porre quelle domande e ad ascoltarne le risposte.
«A volte ci
sono state delle incomprensioni, ma che io ricordi non ci sono mai
stati litigi seri, fra me e Kuroko.» Kagami
deglutì e abbassò il
capo, sfregandosi gli occhi con le mani.
«Ti viene in mente
qualcuno con cui Tetsu potrebbe aver avuto dei problemi? Ti ha
raccontato qualcosa di particolare, negli ultimi tempi?»
Kagami
ci pensò su solo per qualche attimo, poi sospirò
appena e riprese
con un po' di fatica.
«No, qualche settimana fa mi aveva
assicurato che avrebbe lasciato Momoi, ma per il resto
non—»
Aomine
lo bloccò con un rapido cenno della mano, aggrottando la
fronte
confuso.
«Assicurato?» Kagami aveva parlato come se Kuroko
glielo avesse dovuto, come se avesse finalmente acconsentito alle sue
pressioni per lasciare Momoi.
Kagami, che aveva sussultato appena
e aveva assunto una posizione piuttosto rigida ed innaturale,
guardò
nuovamente a terra, boccheggiando qualcosa di insensato.
«Kagami,
che tipo di rapporto c'era, fra te e Tetsu?» Aomine non
avrebbe mai
voluto giungere ad una situazione del genere, mettersi a fare domande
per scoprire se Kagami e Kuroko erano più che amici come
aveva
spesso sospettato.
Anche Kagami, dal canto suo, non aveva affatto
voglia di parlare di una cosa del genere.
«Avanti.» Aomine
sembrò quasi ringhiare, inforcando la penna e preparandosi a
scrivere.
Kagami rimase a fissare la superficie liscia del
tavolino che, vuota e fredda, pareva segnare un confine fra lui e
Aomine.
«I-io e Kuroko ... beh ...» Kagami avrebbe fatto
fatica
a dire una cosa del genere con Kuroko ancora in vita, figuriamoci ora
che era morto, ora che era consapevole quanto significato avesse
perso la sua stessa vita.
Sospirò rumorosamente e protese il capo
all'indietro solo per qualche attimo, chiudendo gli occhi e cercando
di fare mente locale.
«Sì, avevamo una relazione.» ma la
vergogna che provò in quel momento, pronunciando quelle
parole, non
fu niente in confronto al dolore che aveva cominciato a corrodergli
il petto, alle lacrime che gli stavano bruciando gli occhi e che con
tanta fatica stava cercando di contenere.
Aomine cercò, seppur con fatica, di
mantenere la sfera personale separata da quella lavorativa e
cominciò
a scrivere, schiarendosi appena la voce.
«E da quanto tempo?»
La
confessione di Kagami poteva aggravare ancor di più la
posizione di
Momoi, pensandoci bene: poteva trattarsi di un comunissimo delitto
dettato dalla gelosia, compiuto dopo aver scoperto il tradimento di
Kuroko.
«Da sei mesi.»
Aomine annuì appena e risollevò lo
sguardo verso di lui non appena ebbe finito di scrivere.
«Per
questo ti ha dato le chiavi.»
«Sì, diceva di essere innamorato
di me e che era intenzionato a lasciare Momoi, ma non voleva farlo in
modo brusco.»
«Lei lo sapeva?»
«Non credo proprio.»
«E
Tetsu ti ha per caso raccontato com'era la sua relazione con lei? Sai
se negli ultimi tempi avevano litigato?»
Kagami negò appena con
il capo.
«No, è difficile litigare con Kuroko.»
solo in quel
momento Kagami si rese conto che avrebbe dovuto parlare al passato e
intrecciò le dita ai capelli, socchiudendo di nuovo gli
occhi.
«Abbiamo finito?»
«Hai il porto d'armi?»
Kagami
sussultò nuovamente e sbatté le palpebre un paio
di volte, sorpreso
da quella domanda.
«Cosa?! E perché dovrei avere il porto
d'armi?»
«Negli Stati Uniti è facilissimo ottenerlo, e
visto
che fino a qualche anno fa vivevi lì—»
«Secondo te mi porto
un'arma sull'aereo? Così mi scambiano per
terrorista?»
Kagami sbuffò innervosito «non ce l'ho,
comunque.»
Aomine annuì
appena e diede un'occhiata al foglio: aveva raccolto abbastanza
informazioni, poteva anche lasciarlo andare.
«A parer mio
dovresti essere tu il primo a cui fare un interrogatorio.»
Aomine
inarcò appena un sopracciglio e rimase in silenzio,
incitando
l'altro a continuare con la sola forza dello sguardo.
«Visto che sei un poliziotto potresti anche
abusare della tua posizione, e poi sono già due anni che ti
occupi
di omicidi, quindi avrai una buona esperienza nel campo, no?»
«Ti
rendi conto delle cazzate che dici, vero?» Aomine
schioccò la
lingua infastidito.
«Devo ricordarti cosa ha trovato la pattuglia
in casa tua?»
«Ancora quella storia?» Kagami sembrò
soffiare e
tornò sulle difensive «se avessi voluto scappare
avrei comprato un
biglietto di sola andata, e di certo non vi avrei telefonato per
dirvi di Kuroko.»
Aomine rimase in silenzio, dovendo riconoscere
che sì, effettivamente c'era un'incongruenza: perquisendo la
casa di
Kagami, gli agenti avevano trovato un biglietto aereo di andata e
ritorno per Los Angeles, dal quattro febbraio - ovvero dal giorno
dopo l'uccisione di Kuroko - all'undici, ma se Kagami avesse voluto
scappare ne avrebbe comprato uno di sola andata e, soprattutto, non avrebbe
telefonato in centrale per segnalare la morte di Kuroko.
«È una
vendetta che hai covato negli anni, vero?» quando Aomine si
alzò,
pronto ad informare Kagami della fine dell'interrogatorio, questo
ringhiò e strinse i denti, catturando la sua attenzione.
«In
tutti questi anni, tu hai ...» Kagami strinse i pugni e gli
rivolse
uno sguardo torvo, iniettato di rabbia «hai progettato
l'omicidio di
Kuroko.»
Se non avesse avuto la divisa da poliziotto indosso e
non si fossero trovati in centrale, Aomine lo avrebbe tempestato volentieri di pugni.
«Kuroko sospettava che lui ti piacesse, e
anche io, ed è così, no? Sei sempre stato geloso
del mio rapporto
con Kuroko.»
«Questa storia appartiene al passato, coglione. E
poi, se fossi stato così tanto geloso di Tetsu, avrei dovuto
uccidere te, non lui.» Aomine aveva già spalancato
la porta ed era
tornato a fissarlo, in attesa che si alzasse ed uscisse.
«Togliti
dai piedi, l'interrogatorio è finito.»
Aomine
non poteva stare in pace neppure durante la pausa pranzo. Non che
avesse voglia di mangiare dopo aver saputo della morte di Kuroko e
dopo aver visto la scena con i propri occhi, ma più
semplicemente
avrebbe preferito chiudere gli occhi e riposare, riordinare le idee e
riprendere a respirare, tuttavia pareva che qualcuno avesse deciso di
rendergli la giornata ancor più spossante.
«Si può sapere come
diavolo hai fatto a trovarmi?» chiese Aomine non appena lo
vide
prendere posto di fronte a lui, pur essendo consapevole
dell'inutilità della domanda.
«Ho i miei metodi, Daiki.» Akashi
rispose con estrema calma, leggermente divertito
dall'ingenuità che
Aomine, anche dopo tutti quegli anni, continuava ad ostentare: era
davvero convinto di potergli scappare? Ad Akashi non sfuggiva mai
nulla, soprattutto se si parlava degli ex membri della Generazione
dei Miracoli.
Aomine brontolò sommessamente: l'interrogatorio di
Akashi non era ancora avvenuto, ma in qualche modo sentiva che si
sarebbe svolto in quel momento e che sarebbe stato il sospettato a
fare le domande a lui.
Akashi otteneva sempre ciò che voleva, in
qualsiasi modo aveva sempre il coltello dalla parte del manico e si
metteva in salvo con l'ausilio di raffinati e in apparenza
inesistenti raggiri mentali.
«Non avete scoperto ancora nulla di
importante, vero?»
Aomine si trattenne dallo sbuffare: era
fastidioso dover scucire qualche informazione in più proprio
a lui
che, in corrispondenza della morte di Tetsuya, si trovava a Tokyo per
partecipare ad un torneo di shogi - una coincidenza alquanto
significativa, secondo il parere di Daiki -
«Per ora ci stiamo
concentrando su Satsuki e Kagami, che sono i principali indiziati, ma
non c'è ancora nulla di definito. I risultati delle analisi
e
dell'autopsia arriveranno nei prossimi giorni.»
«Capisco.»
La
notizia della morte di Kuroko aveva trapassato Akashi come avrebbe
potuto fare un fantasma, sembrava quasi essergli entrata da un
orecchio ed uscita dall'altro, perché era imperturbabile e
deciso
come sempre, voleva sviscerare la faccenda e capire come si erano
svolti i fatti, ma evidentemente sapeva che per farlo doveva lasciare da parte i
sentimenti.
«Voglio aiutarti, Daiki.»
«Sei un indiziato,
Akashi, esattamente quanto me.»
Le labbra di Akashi si
incresparono in un flebile sorriso divertito.
«Sappiamo entrambi
che il colpevole non è fra noi.» fece una piccola
pausa, poi si
alzò con calma e rimase a fissare Aomine dall'alto in basso,
quasi a
volergli ricordare come ai vecchi tempi che doveva stare al suo
posto, che non poteva contestarlo.
«Voglio vederci più chiaro in
questa faccenda, voglio scoprire chi è l'assassino di
Tetsuya.» non
disse altro: quelle parole bastarono per far capire ad Aomine che non
solo aveva il desiderio di scoprire l'identità
dell'assassino, ma
che prima o poi lo avrebbe fatto per davvero e che era solo questione
di tempo.
Il
cellulare venne gettato a terra e raggiunse il telefono e il
portatile con un capitombolo rumoroso, le dita si strinsero al manico
della tanica di benzina e la sollevarono, lasciando che il liquido
giallognolo fuoriuscisse dal suo contenitore e bagnasse al punto
giusto le prove che dovevano essere distrutte il più presto
possibile.
Fece qualche passo indietro e adagiò la tanica vuota a
terra, lasciando che la mano si insinuasse rapidamente nella tasca
del cappotto e ne fuoriuscisse solamente quando le dita riuscirono ad
arpionare la scatoletta di fiammiferi.
La capocchia del fiammifero
stridette lungo il bordo ruvido della scatola e si accese una piccola
fiamma, unica fonte di luce in quel garage abbandonato da
tempo.
Esitò solo per qualche attimo, stringendo il bastoncino
sottile fra le dita e osservando la fiamma tremolante, poi fece
ancora qualche passo indietro e gettò il fiammifero in cima
alla
pila di oggetti, rimanendo ad ammirare compiaciuto la fiammata che, in un
crepitio rumoroso, si sollevò immediatamente in alto e gli
frustò
il viso con un alito di calore che lo fece retrocedere ulteriormente.
Si
voltò in silenzio e, quando fu abbastanza lontano dalla pila
bruciante, gettò all'indietro la scatola di fiammiferi che,
in un
attimo, andò ad aggiungere corposità alla fiamma
troppo grande e
vorace, pronta a trasformarsi in incendio.
Quando lasciò il
garage ed entrò in macchina era notte fonda; il biancore
lattiginoso della luna, oltre un manto scuro
di nuvole turgide di pioggia, si poteva appena intravedere.
Il cellulare stava vibrando nella
sua tasca da almeno un paio di minuti, ma non aveva intenzione di
rispondere né di controllare chi fosse: inspirò
profondamente e
mise in moto, premendo immediatamente sull'acceleratore.
L'auto
sgusciò silenziosamente nella notte, parve quasi scomparire
nel
buio, mentre la luce del fuoco, alle sue spalle, si faceva sempre
più
intensa e calda.
Il
nodo di congiunzione che li aveva tenuti uniti si era sciolto,
distrutto in una piovosa giornata di febbraio: le anime che si erano
ritrovate grazie a Kuroko sarebbero ricadute molto presto nella
malattia, si sarebbero allontanate e non avrebbero più avuto
occasione di riavvicinarsi.
Da quel giorno in avanti, la
spaccatura che Kuroko era riuscito a riparare si sarebbe tramutata in
una voragine nera che li avrebbe risucchiati tutti, li avrebbe
consumati e distrutti, dal primo all'ultimo.
Angolo invisibile dell'autrice:
Adoro
i gialli, l'unico problema è che non so scriverli
perché non mi so
immedesimare abbastanza nell'assassino.
Comunque sia sappiate che
farò di tutto per depistarvi, cercherò di non
rendervela
facile.
Le idee ci sono, per ora sono poche, ma ho già in
mente come potrebbe essersi svolto il fatto, quindi non mi rimane
altro da fare se non lasciare che i personaggi agiscano, indaghino e
si diano addosso da soli, perché è proprio quello
che faranno.
Ho
ritenuto doveroso inserire il genere "dark" perché
ovviamente dopo ciò che è successo i personaggi
avranno un
comportamento diverso. E poi non dobbiamo dimenticarci che
c'è un
assassino fra loro.
Beeene, per ora non dico niente, anzi cercherò
di non dire niente neppure per quanto riguarda le prossime volte, non vi farò notare particolari
importanti perché
dovrete cercarveli da soli (non me ne vogliate!)
E se per caso
(per culo, meglio) chi mi ha mandato i prompt ultimamente e non ha
ancora ricevuto la mia risposta ha letto tutto ciò: prometto
che
presto mi metterò a lavoro, è che
martedì ho l'esame e quindi ho
passato gli ultimi giorni a studiare e ora sono nell'ansia
più
completa, quindi è probabile che mi dedicherò ai
prompt martedì
sera, quando mi sarò tolta il pensiero dell'esame e
sarò più
tranquilla ;u;
Spero che questo primo capitolo vi incuriosisca
quel tanto da farvi venire voglia di seguire la storia, alla
prossima!